Novembre 10th, 2011 Riccardo Fucile
VERGOGNOSA REINTRODUZIONE DELLA POSSIBILITA’ PER I PARLAMENTARI DI DISTRIBUIRE FONDI PER I PROPRI COLLEGI…LE OPPOSIZIONI: “VERGOGNA, PER GENOVA NEANCHE UN EURO”… LE MARCHETTE DELLA LEGA LADRONA
La commissione Bilancio del Senato ha approvato la legge di stabilità e il relativo maxi-emendamento del governo alla legge di stabilità .
La maggioranza ha votato a favore, il Pd si è astenuto, Idv ha votato contro mentre il terzo Polo non ha partecipato al voto.
Il testo sarà in aula domattina per essere licenziato in giornata.
Intanto, nelle pieghe del ddl Stabilità , arriva anche il rifinanziamento della ‘legge mancia’ in base alla quale i fondi sono decisi dai parlamentari per i loro collegi.
Lo prevede l’emendamento omnibus al ddl Stabilità presentato dal relatore, Massimo Garavaglia (Lega), che destina 150 milioni di euro per il 2012-2013 al “finanziamento di interventi urgenti finalizzati al riequilibrio socio-economico e allo sviluppo dei territori e alla promozione di attività sportive, culturali e sociali” previste dalla legge di Stabilità del 2010.
L’emendamento rifinanzia di 100 milioni per il 2012 e di 50 milioni per il 2013 la legge dello scorso anno che stanziava 50 milioni per l’anno in corso.
A sua volta questa norma riprendeva una disposizione della Finanziaria del 2003 che fu rifinanziata nei tre anni successivi.
Il nome di questa legge è dovuto al meccanismo in base al quale i soldi stanziati verranno ripartiti: sarà una risoluzione bipartisan delle commissioni Bilancio di Camera e Senato a indicare le opere a cui andranno i fondi (“attività sportive, culturali e sociali” dice l’emendamento del relatore) e che in passato hanno riguardato molti piccoli interventi di qualche decina di migliaia di euro (associazioni, parrocchie, oratori, società sportive, ecc) specie nei piccoli comuni dei collegi di senatori e deputati.
Una norma che provoca le ire dell’opposizione: “A quanto pare finora nel ddl stabilità non c’è un euro per i danni dell’alluvione a Genova e in Liguria. A fronte di questa grave inadempienza appare ancora più incredibile lo scandaloso rifinanziamento con 150 milioni di euro della legge mancia, un chiaro atto da maggioranza e governo al capolinea”.
argomento: Bossi, Costume, denuncia, economia, governo, la casta, LegaNord, PdL, Politica, radici e valori, sprechi | Commenta »
Novembre 10th, 2011 Riccardo Fucile
DURO ATTACCO AL “COMPORTAMENTO IRRESPONSABILE” DI BERLUSCONI CHE “HA MESSO I PROPRI INTERESSI DAVANTI A QUELLI DEL PAESE”…LA STRADA MAESTRA E’ UN ESECUTIVO CHE PORTI AVANTI LE RIFORME CON AMPIA MAGGIORANZA
“L’unica strada possibile per la salvezza di Roma”: è questo il titolo dell’editoriale che apre
oggi la pagina delle opinioni e dei commenti sul Financial Times.
Il sottotitolo spiega quale sia questa via da seguire: “Un governo di unità nazionale deve fare seguito alle dimissioni di Berlusconi”.
L’articolo non firmato, dunque espressione della direzione del più importante quotidiano finanziario d’Europa (e scritto ieri pomeriggio, evidentemente prima delle ultime indicazioni di Berlusconi a favore di un governo di transizione guidato da Mario Monti), comincia notando che il comportamento del Cavaliere negli ultimi giorni non potrebbe essere un migliore esempio della sua irresponsabilità politica: “Prima ha rifiutato ostinatamente di dimettersi, quindi ha voluto un voto sul budget 2010 nonostante le ammonizioni che non aveva più una maggioranza, poi dopo averlo perso ha acconsentito a dare le dimissioni ma solo secondo i suoi tempi”, e nel fare ciò ha messo “i propri interessi davanti a quelli del paese”.
La reazione di panico dei mercati è stata la drammatica risposta.
E’ vero che la situazione italiana peggiora in parte per ragioni tecniche, osserva il Ft, ma ciò spiega solo in parte quanto sta accadendo.
“Gli investitori sono preoccupati da quanto ci vorrà per risolvere la crisi politica”.
In un mondo ideale, prosegue l’editoriale, Berlusconi dovrebbe ripensarci e dimettersi subito. In alternativa, il parlamento deve approvare nel più breve tempo possibile la legge sulle misure d’emergenza richieste da Bruxelles.
Ma a questo punto nemmeno questo basterebbe.
Perciò, conclude il Financial Times, il parlamento deve anche “appoggiare un nuovo governo che porti avanti l’agenda delle riforme, guidato da una figura che può promettere con credibilità di pareggiare il budget e realizzare un piano di crescita economica.
E deve essere un governo con un’ampia base, inclusa una rilevante proporzione dell’attuale coalizione di centro-destra”.
Nonostante le sue molte debolezze, afferma l’editoriale, l’economia italiana, con una ricchezza stimata in 8600 miliardi di euro cioè quattro volte il debito nazionale, è in condizioni molto migliori della politica italiana.
“I parlamentari italiani devono fare tutto quello che possono per risolvere dunque quello che è il vero problema di Roma”.
argomento: Berlusconi, economia, Europa, governo, Stampa | Commenta »
Novembre 10th, 2011 Riccardo Fucile
L’EX MAGISTRATO ANNUNCIA “STAREMO FUORI DA QUESTO GOVERNO TECNICO”… IL PRESIDENTE DELLA CAMERA: “VOTARE ORA SAREBBE ATTENTARE ALL’INTERESSE NAZIONALE”
Divisi su Monti. Le opposizioni non sono compatte sul dopo Berlusconi.
Di Pietro e Fini ne sono un esempio.
«Idv dice no a questo governo tecnico, non gli voteremo la fiducia e ne staremo fuori» afferma Antonio Di Pietro in diretta nel programma «La telefonata» di Canale 5.
L’ex pm sottolinea che è pronto a votare singoli provvedimenti del governo Monti come, per esempio, quello per l’abolizione per le Province.
«Si paventa un governo che risponde al sistema bancario, al sistema finanziario e addirittura a quello della speculazione. Non è il sistema degli interessi dei cittadini italiani che non sono fatti dalle banche. Bisogna distinguere la realtà dalla disinformazione che è ormai in mano al sistema bancario e finanziario».
«Abbiamo creato Idv – ha concluso Di Pietro – per difendere i deboli e bilanciare la legalità della politica. I ceti deboli non debbono essere usati come carne da macello per far quadrare i conti. È troppo facile dire che per raggiungere questo obiettivo si può colpire chiunque. Questa idea per me è inaccettabile».
Di parere opposto il presidente della Camera, Gianfranco Fini, che auspica un governo forte e capace, senza andare alle elezioni, e chiede di «fare presto», perchè occorre mandare un segnale forte nel mondo e ai mercati.
Ospite di Uno Mattina, Fini ha sottolineato che «siamo un Paese che desta enormi preoccupazioni a livello europeo, sia per quanto riguarda i mercati sia per la credibilità che ha. Per cui – ha detto – abbiamo il dovere di reagire, fare presto e presentare alla pubblica opinione internazionale, ai mercati ma anche ai nostri cittadini, una ben precisa strada per uscire dalla condizione in cui siamo».
Cosa accadrà nei prossimi giorni, secondo Fini, «dipenderà da cosa decideranno le forze politiche e soprattutto il capo dello Stato», ma si deve coniugare rigore e sviluppo».
«La mia opinione – ha aggiunto il presidente della Camera – è che l’Italia abbia bisogno di un governo diretto da una personalità credibile a livello internazionale e capace di prendere di peso i problemi dell’economia. Poi ha bisogno di una maggioranza che vada al di là di quella risicatissima che teneva in piedi il governo Berlusconi e un programma ben definito, non il libro dei sogni, ma idee molto chiare».
Quanto a Mario Monti, «può essere la personalità giusta ma sarà lui a dover dire che cosa vorrà fare«.
Insomma, per Fini niente elezioni. «Capisco chi dice “andiamo a votare, andiamo a votare”, ma sarebbe un salto nel buio. Cosa facciamo – si è chiesto Fini – scegliamo le Camere, andiamo a votare con una legge elettorale che, soprattutto al Senato, non produce certezze? Sarebbe veramente attentare all’interesse nazionale».
argomento: Di Pietro, Fini, governo | Commenta »
Novembre 10th, 2011 Riccardo Fucile
ANCHE FORMIGONI TRA I PRETENDENTI, BERLUSCONI VUOLE LETTA E PALMA… IL PD VUOLE COINVOLGERE ANCHE IDV E SEL
Le riunioni dei vertici di Pdl, Lega, Terzo polo e Pd, con Berlusconi ancora in carica, si
trasformano in un vorticoso totoministri.
I democratici parlano a lungo, durante il loro vertice, dei possibili ministri che il Pdl intende salvare e quelli che al contrario pensa di sacrificare.
Nomi e cognomi. Con un criterio che già si affaccia nei contatti informali.
Tra gli schieramenti si stabilisce il principio di “veto reciproco”, la possibilità di esprimere dei no davanti a certe candidature, quindi l’apertura a “rose” per arrivare alla condivisione finale.
Silvio Berlusconi chiede di tenere al loro posto Frattini (Esteri), Nitto Palma (Giustizia), Fitto (Affari regionali) e soprattutto Gianni Letta nel cuore di Palazzo Chigi.
Per un curioso caso del destino nello stesso governo potrebbero trovarsi zio e nipote. Enrico Letta infatti è il primo dei candidati democratici per un ministero o per la carica di vicepremier.
Il Pd chiederà sicuramente il dicastero del Lavoro.
Appoggerebbe poi la nomina di Giuliano Amato all’Interno.
Sul nome dell’ex premier si sono diffuse le voci più frenetiche. Berlusconi lo avrebbe voluto come premier tecnico, contando sul sostegno del capo dello Stato.
Poi Monti ha ripreso quota, ma secondo i democratici Amato avrebbe adesso chance concrete per il ministero della Giustizia o per la funzione di vicepremier.
La linea del Pd è un mix di tecnici e politici.
«O lo subiamo o per non subirlo dobbiamo starci dentro». Nelle parole di Massimo D’Alema, al coordinamento del Pd, c’è la conspevolezza di una scelta delicatissima, ma anche la volontà , condivisa da Bersani e Enrico Letta, di affiancare a Mario Monti nel governo che verrà i dirigenti del Partito democratico.
Mettere cioè un po’ di politica nel nuovo esecutivo. E quindi i politici.
Di questo si discute nel Pd, del profilo dei ministri.
Visti i tempi strettissimi escono anche i nomi. Molto anticipato, ma il toto- governo è già una realtà .
Il presidente del Copasir, come il segretario e il vice, pensa infatti che la seconda opzione sia quella giusta, che il Pd debba essere visibile nell’esecutivo del neosenatore a vita.
«Le due strade – avverte D’Alema – hanno entrambi rischi alti. L’importante è scegliere ».
E i democratici hanno già scelto: cercare un mix di personalità tecniche e di uomini (e donne) di partito. Sono le premesse per la nascita di un vero governo di grande coalizione.
Per i ruoli tecnici i nomi sono Fabrizio Saccomanni o Lorenzo Bini Smaghi al ministero dell’Economia.
La casella di Via XX settembre andrà sicuramente a un espero fuori dalla politica.
Pier Ferdinando Casini, grande sponsor di un’intesa politica tra Pd e Pdl, cioè di larghe intese vere, non potrà sottrarsi dall’esprimere dei candidati del Terzo polo.
Il nome, a metà strada, è per il momento quello di Piero Gnudi, ex presidente dell’Enel. Non solo tecnico, ma anche un po’ politico.
Ma le spine sono fuori da questo perimetro. D’Alema ancora una volta dà voce a una fetta consistente del suo partito che parla apertamente di «suicidio».
Per tenerla sotto controllo, per favorire davvero una scelta condivisa e consapevole. «Dobbiamo tenere dentro tutte le opposizioni». A cominciare da Antonio Di Pietro, che sta in Parlamento. E per schivare il cannoneggiamento di Vendola, che naturalmente avverrebbe a danno del Partito democratico. È bene saperlo: il governo Monti farà saltare il Nuovo Ulivo. Per questo è necessario metterci dentro «segnali di cambiamento rispetto alla politica sbagliata di questi anni, idee, contenuti diversi». Non appiattirsi sulla lettera della Bce in maniera acritica, sviluppare programmi nuovi.
È l’antico rovello di un’abdicazione della politica da scongiurare a ogni costo. Altrimenti nel Pd crescerà la tentazione, attribuita anche al segretario, di far durare l’esecutivo il tempo necessario ad affrontare l’emergenza per andare comunque a votare prima del 2013.
Dall’altra parte si lavora sulla trincea della Lega.
Un ministero a Roberto Formigoni può ammorbidire i toni: lascerebbe infatti libera la poltrona di governatore di Lombardia.
Va risolto il problema degli ex An. Lo strappo di Altero Matteoli può essere recuperato magari proponendo proprio a lui una conferma.
Ma non siamo nemmeno all’inizio.
Però i mercati non si fermano.
Goffredo De Marchis
(da “La Repubblica”)
argomento: Costume, economia, emergenza, governo, Parlamento, Politica, radici e valori | Commenta »
Novembre 10th, 2011 Riccardo Fucile
MATTEOLI GUIDA GLI EX AN: IN 30 PER LE URNE… IN TUTTO SONO CIRCA 280 QUELLI CHE A PAROLE VORREBBERO TORNARE A VOTARE CONTRO 80 CHE SONO GIA’ PER IL GOVERNO TECNICO
«Sono contrario, anzi contrarissimo. Se ci sono elezioni anticipate esco dal gruppo, dal Pdl, da tutto». Giuseppe Pisanu non vuol sentire parlare di andare a votare “sotto la neve”.
Un no alle elezioni e un sì al governo di emergenza che è solo la punta dell’iceberg che si aggira pericolosamente nel mare del Pdl, dove riunioni e vertici si succedono a ritmo frenetico.
Un’altra fronda che oggi troverà corpo con la nascita di un nuovo sottogruppo del Misto alla Camera: sono in 11, si chiamerà Costituente popolare e ne faranno parte Antonione, Gava, Sardelli, Destro, Pittelli, altri “malpancisti” e i quattro di Mpa.
Il manipolo ha i numeri per partecipare alle consultazioni del Quirinale e saluta già calorosamente il governo Monti.
E intanto Pisanu coltiva un progetto simile al Senato.
Per il momento stanno alla finestra gli scajoliani, convinti che la battaglia contro il voto si debba fare dentro il partito.
Intanto per andare alle urne subito si schierano la Gelmini e Meloni, Sacconi e Romani, Brunetta e La Russa.
E visto che la guerra interna al Pdl si consuma anche nella battaglia delle cifre, Altero Matteoli fa sapere che ci sono trenta deputati con lui a sostegno delle elezioni.
Contro anche Ronchi, con l’area ex An in subbuglio che minaccia di fare l’opposizione al nuovo governo.
Ma che il fronte del no al voto sia ampio lo testimonia anche Maurizio Lupi.
Il vicepresidente della Camera, infatti, non esclude l’ipotesi di un nuovo governo. Dice che ci sono due ipotesi: «Le elezioni o un governo ampiamente condiviso che però non può essere fatto da transfughi».
E se ci fosse bisogno di altre prove, ecco il no alle urne di Ennio Doris, socio storico di Berlusconi, che dice senza mezzi termini che l’unica soluzione possibile è il varo di un governo tecnico.
L’elenco delle personalità del Pdl che prendono le distanze dal leader pronto al voto è lungo e variegato.
Ci sono per esempio il sindaco di Roma Gianni Alemanno e il governatore della Lombardia Roberto Formigoni.
Dicono no al voto anticipato Cicchitto, Verdini, un fedelissimo del premier come Luigi Vitali e si associa anche Giuliano Cazzola.
Contro le urne scendono in campo anche i deputati di Grande Sud di Miccichè.
E voci del Pdl dicono che contro il voto lavorano anche Frattini e Fitto e financo Gianni Letta.
Siamo di fronte a numeri consistenti che secondo alcuni calcoli potrebbero arrivare fino ad ottanta parlamentari.
Una frana nel Pdl che si è vista, in maniera palese, ieri alla Camera dove sul voto finale sull’assestamento di bilancio la maggioranza è scesa dai 308 voti di martedì a 294.
E in due votazioni sugli articoli è sprofondata anche a quota 283 e 281.
Ma queste defezioni come ha ricordato Gianfranco Fini, provocano un altro problema: la Camera ieri era in numero legale “tecnico”, solo perchè si conteggiavano i deputati dell’opposizione assenti, ma che avevano preso la parola.
Silvio Buzzanca
(da “La Repubblica“)
argomento: Berlusconi, Costume, economia, elezioni, emergenza, governo, PdL, Politica | Commenta »
Novembre 10th, 2011 Riccardo Fucile
LA REGIA DEL COLLE, IL PRESSING DI LETTA E CONFALONIERI: “MEDIASET CROLLA”
«Silvio, tre mesi così non li reggiamo. Da qui alle elezioni resteranno solo macerie.
Napolitano insiste su Monti: dobbiamo accettare».
Gianni Letta ha ricevuto dal presidente della Repubblica una missione ad alto rischio. Convincere il Cavaliere e sondare la disponibilità anche del centrosinistra al “governo europeo”.
Sul Colle è attiva una “sala operativa” per arrivare all’esecutivo d’emergenza: Napolitano sente Draghi, il neo governatore Ignazio Visco, Bersani, Casini, Confindustria, alcuni grandi imprenditori e i sindacati.
A palazzo Grazioli Letta si trova però di fronte un Berlusconi ancora tormentato. La Borsa sprofonda, lo spread abbatte nuovi record, il Cavaliere ha appena ribadito a radio e tv il suo mantra: elezioni, elezioni.
Ma, dopo lo shock provocato dalle parole del sottosegretario, sarà un pressing a tutto campo.
Non solo Frattini, Alfano, Fitto, lo stesso Verdini.
A farsi sentire è il cuore dell’azienda: Fedele Confalonieri.
Si presenta a via del Plebiscito e, per un’ora intera, apre gli occhi all’amico di una vita: «Mediaset sta crollando, perdiamo il 12 per cento. Devi accettare il governo Monti, altrimenti ai tuoi figli non lascerai più nulla… «.
Arriva la telefonata di Ennio Doris, amministratore di Mediolanum, l’allarme è lo stesso.
Considerazioni che aprono una breccia.
E tuttavia la diffidenza su Monti prevale ancora sul realismo. Il Cavaliere preferirebbe al limite Giuliano Amato o lo stesso Letta. «E Bossi, che non vuole assolutamente Monti?».
Berlusconi teme la rottura irreparabile dell’alleanza storica con il Carroccio.
Anche perchè la Lega gli ha appena suggerito, dopo quello di Angelino Alfano, il nome di Giulio Tremonti come presidente del Consiglio.
Fuori intanto i gruppi parlamentari del Pdl si squagliano, alcuni suoi ministri già si propongono a Casini per restare al loro posto nel nuovo governo.
Altri corrono a smarcarsi dall’ipotesi di elezioni a tutti i costi.
Nel toto-ministri entra anche Formigoni, che lascerebbe così un posto libero alla Lega in Lombardia per Roberto Maroni.
Berlusconi, che ai suoi appare «stordito », alla fine deve arrendersi per la seconda volta: dopo le dimissioni accetta anche l’odiato governo tecnico.
«È come nel ’94 – ragiona il Cavaliere nel lungo vertice a palazzo Grazioli – , siamo di fronte al bivio fra un governo del ribaltone e le elezioni. Ma io non so se stavolta siamo in grado di affrontare la fase che ci dovrebbe portare al voto. Sono cose che preferirei non dire… Se andiamo alle elezioni e a palazzo Chigi ci sono ancora io, cosa faccio se c’è il default?».
È la prima volta che dalla bocca del capo del governo affiora la parola indicibile: default. «Posso assumermi io questa responsabilità ?».
È fatta, le ultime resistenze cadono.
Gianni Letta comunica l’ultima novità : «Silvio, Napolitano sta per annunciare pubblicamente la nomina a senatore a vita di Monti. Che ne dici?».
E Berlusconi: «Mi pare a questo punto un’ottima idea».
Per Letta è il segnale del via libera e il sottosegretario ne informa subito il capo dello Stato. La rete del Quirinale si è chiusa.
Monti è «una figura di prestigio », una personalità che «da tempo», precisano al Colle, era stata individuata come meritevole del laticlavio a vita. Ma il segnale è chiarissimo lo stesso, il capo dello Stato ha messo in campo una “riserva della Repubblica” per tentare di realizzare il progetto di un governo di tutti.
A spingerlo ad accelerare è la reazione drammatica dei mercati e anche alcune dichiarazioni che lasciano di stucco.
Quelle ad esempio del ministro La Russa, che sposta in avanti di alcune settimane le lancette per l’approvazione della legge di stabilità .
Resta poi aperto il balletto surreale sulla data delle dimissioni fino alle voci di un improbabile reincarico allo stesso Cavaliere.
Napolitano, alle cinque del pomeriggio, mette fine con una nota ufficiale alle parole in libertà : dimissioni «certe», legge rapidissima, come convenuto con Fini e Schifani, e poi consultazioni lampo per un nuovo governo o elezioni.
Scrive anche che, in ogni momento, «è possibile adottare provvedimenti d’urgenza ». È un passaggio dedicato ai partner e agli investitori stranieri che temono l’impasse e non sanno che anche un governo dimissionario può fare argine ricorrendo ai decreti legge.
Alla decisione di bruciare le tappe contribuiscono alcune allarmate telefonate.
Mario Draghi, capo della Bce: «Presidente, i mercati non hanno capito la tempistica delle dimissioni di Berlusconi. Non si fidano ».
Ignazio Visco, governatore di Bankitalia: «Presidente, la situazione è pesantissima. Il rendimento sui Btp decennali è arrivato quasi al 7,5%, possiamo resistere solo fino all’8%».
Il capo dello Stato riceve Tremonti e concorda i contenuti e il timing del maxi-emendamento per l’Europa.
Poi prepara il terreno con l’opposizione sentendo Bersani e Casini: da loro riceve il via libera all’operazione Monti.
E anche Gianni Letta, nel frattempo, ha chiuso la sua missione impossibile.
Il governo Berlusconi non c’è più e il governo Monti avanza.
Ma al Cavaliere resta l’ultima consolazione.
Davanti ai suoi, sospira: «La giornata di oggi ha dimostrato a tutti gli sciacalli che il problema dello spread non ero io. Ho lasciato ma è stata la giornata più nera per i Btp».
Francesco Bei e Umberto Rosso
(da “La Repubblica“)
argomento: Berlusconi, governo | Commenta »
Novembre 10th, 2011 Riccardo Fucile
MARCO TRAVAGLIO SVELA I DODICI PUNTI DELLA BOZZA DELLA “LEGGE DI STABILITA”‘ PREDISPOSTA DAL PREMIER COME SUO TESTAMENTO POLITICO
Buona l’idea di Napolitano di fidarsi della parola di un uomo sincero e trasparente come Pompetta B. e di sottoscrivere la sua promessa di dimissioni quando pare a lui, cioè dopo l’approvazione di una misteriosa “legge di stabilità ” che nessuno conosce. Insomma di dargli qualche altro giorno di tempo.
Era già accaduto un anno fa, quando Fli presentò la mozione di sfiducia assieme a quelle delle opposizioni, ma il Quirinale pensò bene di far rinviare la votazione di un mese, dopo la Finanziaria, così intanto il Cainano si comprò una ventina di deputati e, anzichè la sfiducia, incassò la fiducia.
Vedremo quali armi persuasive userà stavolta. Verdini? Dell’Utri? Soldi? Ragazze? Lupare bianche?
Quando Chiara Danese chiamò Emilio Fede, sconvolta da una cena elegante, si sentì rispondere col pilota automatico: “Vuoi i soldini?”.
Ora forse non serviranno neppure quelli: basterà far capire ai malpancisti dell’ultima ora che un nuovo governo non ci sarà , dunque si andrà subito al voto, e tanti saluti alle speranze di pensione per i 400 parlamentari di prima nomina che per guadagnarsi disonestamente il vitalizio dopo soli 5 anni devono assolutamente completare la legislatura.
Così magari torneranno indietro in 7-8 e oplà : lui domenica si presenterà con una bella fiducia: “Dimissioni? Io avevo detto erezioni, il vegliardo avrà capito male”. Nell’attesa, siamo entrati in possesso della bozza di “legge di stabilità ” scritta a sei mani e tre nani da Culoflaccido B, Brunetta e Scilipoti, che giungerà sabato alla Camera per galvanizzare i mercati e che le opposizioni incastrate dal Colle approveranno a scatola chiusa.
La pubblichiamo in esclusiva mondiale.
1. Riforma dei mercati finanziari: immediata chiusura delle Borse finchè il titolo Mediaset non avrà smesso di scendere.
2. Riforma del diritto ereditario: quando il patrimonio appartiene al padre di cinque figli che ne vuole diseredare tre per premiare gli altri due, la “legittima” è abolita e il padre lascia i suoi beni a chi pare a lui.
3. Riforma del Codice civile: se uno è stato condannato a risarcire un concorrente per avergli scippato un’azienda, nel caso in cui l’azienda in questione sia una casa editrice, la sentenza è da ritenersi nulla e lo scippato deve restituire il risarcimento allo scippatore nella misura del doppio della cifra calcolata in sentenza. E i giudici che l’hanno emessa vanno passati per le armi.
4. Riforma del Codice di procedura penale: il “processo breve” entra in vigore con effetto immediato e retroattivo, nel senso che tutti i processi iniziati e non ancora conclusi a carico di un premier (anche se ex) si estinguono all’istante.
5. È fatto espresso divieto ai governi dei prossimi 100 anni di modificare o peggio abrogare leggi approvate negli ultimi 17 (norma facoltativa, tanto il centrosinistra non ne ha mai abrogata una).
6. Diventa immediatamente operativo il Lodo Alfano-ter, detto anche “legge dell’ex”. Tutti gli ex presidenti del Consiglio che abbiano retto il governo per almeno tre volte e per non meno di 9 anni diventano senatori a vita e godono di eterna immunità penale, civile, fiscale, sportiva e sessuale.
7. Il vertice Rai in scadenza è prorogato sine die, almeno finchè Piersilvio avrà mandato totalmente in rovina Mediaset, nel qual caso diventerà amministratore unico. 8. Nell’ordinanza che prevede multe ai clienti di prostitute appena emessa dal Comune di Arcore, la parola “multe” è sostituita con “ricchi premi”.
9. Chi ha cambiato partito negli ultimi 12 mesi verrà arrestato e interdetto dai pubblici uffici, ma solo nel caso in cui provenisse dal Pdl o zone limitrofe.
10. Le parole “legalità ”, “conflitto d’interessi” e “dimissioni” sono abolite dal dizionario della lingua italiana e soprattutto dalla Gazzetta Ufficiale.
11. L’ultimo presidente del Consiglio diventa capo dello Stato.
12.Viva la gnocca.
Ci avevate creduto, eh.
Marco Travaglio
(da “Il Fatto Quotidiano“)
argomento: Berlusconi, governo, Politica | Commenta »
Novembre 10th, 2011 Riccardo Fucile
VELOCIZZATI I TEMPI DI APPROVAZIONE DELLA LEGGE DI STABILITA’ PER FAR FRONTE ALL’EMERGENZA…IL PDL A PAROLE PARLA DI ELEZIONI, NEI FATTI TRATTA PER ENTRARE NEL GOVERNO TECNICO: SE SI VOTASSE ORA PERDEREBBE CENTO PARLAMENTARI
“Presto un nuovo governo, oppure si andrà al voto”. Giorgio Napolitano interviene
nel dibattito dopo le annunciate dimissione del premier Berlusconi.
L’Italia deve “riguadagnare credibilità e fiducia come Paese” per uscire “da una stretta molto pericolosa sui titoli del nostro debito pubblico”, aveva detto il presidente della Repubblica questa mattina: sono ”ore difficili e delicate queste”.
Che la situazione sia instabile lo ha evidenziato anche l’opposizione.
”Offriamo formalmente la disponibilità a fare in modo che la legge di stabilità ottenga il via libera entro questa settimana” ha detto Dario Franceschini riferendo l’esito di una riunione svolta alla Camera con tutte le componenti delle opposizioni.
E la stessa cosa è avvenuta al Senato, dove il capogruppo dei democratici Anna Finocchiaro ha annunciato una lettera firmata da tutte le opposizioni indirizzata al presidente Schifani, perchè “si faccia garante di una più rapida approvazione del ddl stabilità ”.
In questo clima, l’approvazione definitiva del provvedimento dovrebbe arrivare entro il fine settimana.
Nel frattempo continua nella ex maggioranza il tentativo di evitare un governo tecnico.
Mentre la voce del premier risuona tra radio e televisioni per assicurare che non si ricandiderà e che il futuro del Pdl è nelle mani di Angelino Alfano, i fedelissimi del premier agitano date e esorcizzano “ribaltoni”, anche se la fronda interna al Pdl si allarga.
Dagli scajoliani a Formigoni, in molti nel popolo della libertà hanno aperto all’ipotesi di un esecutivo tecnico.
Proprio nel giorno in cui il capo dello Stato nomina Mario Monti — il cui nome è in pole position per un esecutivo tecnico — senatore a vita.
E infatti, appena battuta la notizia della nomina, tutto il mondo politico, in modo assolutamente bipartisan, ha espresso il suo apprezzamento per la scelta del Colle.
In molti vedono questa nomina come una sorta di investitura istituzionale a pochi giorni dalle consultazioni durante le quali si verificherà se sia possibile dar vita a un governo di transizione.
Tra i primi ad esprimere le loro congratulazioni al neo-senatore a vita il presidente della Camera, Gianfranco Fini, il leader Udc, Pier Ferdinando Casini, il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani.
Ma anche settori del Pdl favorevoli a un governo di transizione, tanto che Giuliano Cazzola, senza mezzi termini afferma che “la nomina a senatore a vita di Mario Monti rafforza l’ipotesi che sia lui a guidare un ‘governo del presidente’ di alto profilo tecnico-istituzionale, che a me pare la sola possibilita’ di garantire la prosecuzione della legislatura, in questa situazione drammatica, secondo le attese dei mercati e della Ue”.
In serata, obtorto collo, anche Berlusconi è costretto a dare il via libera a Monti premier.
La situazione e’ troppo grave per poter contrapporre gli interessi del partito o personali a quelli del Paese.
E’ arrivato cosi’ il via libera di Silvio Berlusconi all’opzione Mario Monti.
Il Capo dell’esecutivo ha sentito nel pomeriggio Giorgio Napolitano per analizzare la situazione politica ed economica ed i possibili sbocchi.
Non puo’ esserci una soluzione che escluda chi ha vinto le elezioni, ma deve essere una soluzione a tempo e con un programma preciso, sarebbe stato il ragionamento del presidente del Consiglio che in ogni caso ha dato l’ok al nome di Monti.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
argomento: Berlusconi, Costume, economia, elezioni, emergenza, governo, Politica | Commenta »
Novembre 10th, 2011 Riccardo Fucile
ECONOMISTA, 68 ANNI, STIMATO IN TUTTO IL MONDO, POSSIBILE PREMIER DI UN GOVERNO TECNICO CHE SALVI L’ECONOMIA E RIDIA CREDIBILITA’ ALL’ITALIA NEL CONSESSO MONDIALE
Il suo nome circola da settimane. Come premier di un governo che gestisca l’emergenza economica.
Saranno i prossimi giorni a dire se l’economista stimato in tutto il mondo sarà davvero chiamato al tentativo – difficile – di formare un governo tecnico. Intanto però entra a Palazzo Madama.
Dalla porta più prestigiosa.
Quella che viene aperta dal Quirinale: senatore a vita.
Questo il comunicato del Colle.
“Il presidente della Rpubblica, Giorgio Napolitano, ha nominato oggi senatore a vita, ai sensi dell’articolo 59, secondo comma, della Costituzione, il professor Mario Monti, che ha illustrato la patria per altissimi meriti nel campo scientifico e sociale. Il decreto è stato controfirmato dal presidente del Consiglio dei ministri, onorevole Silvio Berlusconi. Il presidente Napolitano ha informato della nomina il presidente del Senato della Repubblica, senatore Renato Schifani. Il capo dello stato ha dato personalmente notizia della nomina al neo senatore, porgendogli i più vivi auguri”.
E in serata cominciano a circolare retroscena sull’operazione Monti.
E sul via libera di Silvio Berlusconi.
La situazione è troppo grave per poter contrapporre gli interessi del partito o personali a quelli del Paese, questa la riflessione cui sarebbe arrivato il premier.
Il Capo dell’esecutivo ha sentito nel pomeriggio Giorgio Napolitano per analizzare la situazione politica ed economica ed i possibili sbocchi.
Non può esserci una soluzione che escluda chi ha vinto le elezioni, ma deve essere una soluzione a tempo e con un programma preciso, sarebbe stato il ragionamento del presidente del Consiglio.
Una scelta maturata però con il netto no della Lega, del tutto contraria a un esecutivo di larghe intese.
Addirittura circolano anche voci su quale potrebbe essere la composizione del governo. Amato nel ruolo di vicepremier, Gianni Letta sottosegretario a palazzo Chigi, mentre c’è chi parla di Fabrizio Saccomanni all’Economia.
Solo indiscrezioni per il momento.
Nel governo potrebbero entrare alcuni esponenti del Pdl, come Fitto e Frattini.
C’è, però, ancora una parte del partito di via dell’Umiltà che insiste sulla necessità di andare alle elezioni. In particolar modo per il voto anticipato è Altero Matteoli che, a suo dire, porterebbe con sè quasi 30 deputati ex An.
Ma torniamo a Mario Monti.
Solo pochi giorni fa, in una lettera aperta a Berlusconi pubblicata dal Corriere della Sera, l’ex commissario europeo aveva difeso l’euro attaccato più volte dal Cavaliere.
“La moneta non è in crisi, è stabile in termini di beni e servizi e in termini di cambio con il dollaro. Se l’Italia non fosse nella zona euro, emettere titoli italiani in lire sarebbe un’impresa ancora più ardua”.
“Gli attacchi – continuava l’economista – si dirigono contro i titoli di Stato di quei Paesi appartenenti alla zona euro che sono gravati da alto debito pubblico e che hanno seri problemi per quanto riguarda il controllo del disavanzo pubblico o l’incapacità di crescere”.
Mario Monti è nato il 19 marzo del 1943 a Varese, dal 1995 al 1999 è stato membro della Commissione Europea, responsabile di mercato interno, servizi finanziari e integrazione finanziaria, dogane e questioni fiscali.
Nel 1965 si laurea in economia presso l’università Bocconi di Milano, dove per quattro anni fa l’assistente, fino ad ottenere la cattedra di professore ordinario presso l’università di Trento. Nel 1970 si trasferisce all’università di Torino, che lascia per diventare, nel 1985, professore di economia politica e direttore dell’istituto di economia politica presso la Bocconi.
Sempre della Bocconi assume la presidenza, nel 1994, dopo la morte di Giovanni Spadolini.
Nel 1995 diventa membro della Commissione Europea di Santer, assumendo l’incarico di responsabile di mercato interno, servizi finanziari e integrazione finanziaria, dogane e questioni fiscali.
Dal ’99 e’ commissario europeo per la concorrenza.
Editorialista del Corriere della sera, Monti è autore di numerose pubblicazioni, specie su temi di economia monetaria e finanziaria.
Anche sul piano internazionale ha partecipato e partecipa ad attività di consulenza ad autorità di politica economica, tra cui il “Macroeconomic policy group”, istituito dalla commissione della Cee presso il Ceps (Centre for european policy studies), l’Aspen institute e la Suerf (Societe universitaire europeenne de rechercheursfinanciers).
(da “La Repubblica”)
argomento: economia, emergenza, Europa, governo, Napolitano, Parlamento, Politica | Commenta »