Novembre 12th, 2011 Riccardo Fucile
DOPO MENO DI UN ANNO DALLA DENUNCIA E DALL’ADDIO DI FINI, IL PDL SI E’ SFASCIATO… SE NE VA UN PREMIER SCREDITATO IN TUTTO IL MONDO CIVILE, ALLEATO CON UN PATETICO PARTITO RAZZISTA… ORA UN’ALTRA DESTRA E’ POSSIBILE
Silvio Berlusconi non è più il presidente del Consiglio.
Dopo 1284 giorni.
Alle 21.42 ha consegnato le sue dimissioni nelle mani di Giorgio Napolitano. Fuori dal Quirinale, migliaia di persone hanno atteso il momento per ore, festeggiando e contestando al tempo stesso.
Lui è andato via da un’uscita secondaria per evitare la folla: più che un addio, una fuga.
All’arrivo del premier, del resto, qualcuno ha tirato centesimi di euro: una scena che non può non riportare alla memoria il 30 aprile del 1993, quando l’uscita di scena di Bettino Craxi fu accompagnata dallo stesso gesto, monetine fuori dall’hotel Raphael di Roma all’indirizzo del leader socialista. Alle 21.42 la notizia ufficiale del passo indietro.
La scena è la stessa: giubilo e contestazione.
E’ finita un’era durata 18 anni, la gente fa festa.
Domani sarà il giorno di Mario Monti, i prossimi mesi quelli dei sacrifici per uscire dalla crisi.
Il passo indietro del Cavaliere, comunque, è l’ultimo atto dell’esperienza governativa del Cavaliere — il presidente del Consiglio più longevo della storia repubblicana — e arriva al termine di una giornata contrassegnata da tutta una serie di tappe d’avvicinamento, prima fra tutte il faccia a faccia con il suo probabilissimo successore.
L’incontro, secondo quanto riportato dall’Ansa, sarebbe stato una sorta di tira e molla.
L’ex commissario Ue ha opposto molti niet alle richieste del Cavaliere, ma qualcosa ha dovuto cedere.
A parte l’ipotetico ingresso nell’esecutivo di Gianni Letta (per Berlusconi è fondamentale, Monti non vorrebbe, Napolitano starebbe mediando), l’ex rettore della Bocconi si è fermamente opposto alle garanzie sulla giustizia chieste da Berlusconi, che per il ruolo di Guardasigilli avrebbe proposto alcuni nomi, tra cui il magistrato Iannini, moglie di Bruno Vespa.
Netta la reazione di Monti, che ha confermato come nel suo governo ci saranno esclusivamente tecnici.
Berlusconi avrebbe invece ottenuto che tra le materie sulle quali dovrà legiferare il governo Monti non ci sarà la legge elettorale nè le Telecomunicazioni.
Se le indiscrezioni dell’Ansa saranno confermate, le televisioni e il porcellum sarebbero salvi. Almeno per ora..
Già da domenica alle 9 inizieranno le consultazioni del presidente della Repubblica, atto preparatorio per la formazione di un nuovo governo. Saranno sentiti i presidenti delle Camere e i gruppi parlamentari, con l’imperativo di fare presto: la tabella di marcia del Quirinale prevede che già lunedì, quando riapriranno Borse e mercati, ci siano un presidente incaricato e la lista dei ministri.
Parola d’ordine di Napolitano è agire in fretta per rassicurare comunità internazionale e Unione europea sugli impegni italiani.
Le dimissioni di Berlusconi sono arrivate al termine di dodici ore dense di appuntamenti, scandite da attese e incontri.
Con il via libera definitivo della Camera, in seconda lettura e senza modifiche, al ddl di stabilità già licenziato dal Senato – 380 sì, 26 contrari e due astenuti – i provvedimenti in adempimento agli impegni Ue del governo Berlusconi sono recepiti nella nuova legge di stabilità .
Si è compiuto così l’ultimo atto parlamentare del governo Berlusconi prima delle dimissioni, decise martedì scorso 7 al Quirinale dal presidente del Consiglio dopo il voto della Camera sul rendiconto generale, su cui la maggioranza a Montecitorio si è fermata a 308.
Dopo il sì alla legge di stabilità , è arrivato quello al ddl di bilancio e alla nota di variazione, con 379 voti a favore, 26 contrari e 2 astensioni.
Oltre a Lega e Pdl, i sì sono arrivati dall’opposizione del Terzo polo, i no da Italia dei valori, mentre il Pd non ha partecipato al voto.
La seduta alla Camera è stata segnata da un clima rovente all’interno e dalle contestazioni della folla, fuori da Montecitorio e in Piazza Colonna: centinaia di persone hanno esposto cartelli di protesta, urlando “dimissioni”,”vergogna” e “buffone” al premier.
Stessa scena davanti al Quirinale, all’arrivo del Cavaliere per l’atto formale delle dimissioni.
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Novembre 12th, 2011 Riccardo Fucile
MONTI HA GIA’ LA LISTA DEI MINISTRI IN TASCA, NUMEROSI I DOCENTI UNIVERSITARI: TABELLINI, SECCHI, ORNAGHI, SENN, MIRABELLI… UNICA CONDIZIONE POLITICA POSTA DAL PDL: UN MEZZO NO ALLA PATRIMONIALE
Guido Tabellini, professore di economia presso l’università Bocconi al dicastero di via
xx settembre, Carlo Secchi al ministero dello Sviluppo, il rettore della Cattolica, Lorenzo Ornaghi, all’Istruzione, Lanfranco Senn alle Infrastrutture, Cesare Mirabelli alla Giustizia, Giuliano Amato agli Esteri, Enzo Moavero sottosegretario alla presidenza del Consiglio: secondo quanto apprende l’Agi da fonti ben informate dovrebbero essere questi i nomi che Mario Monti vorrebbe portare al governo.
Solo tecnici, nessun politico, d’accordo con il presidente della Repubblica. Anche della squadra dell’esecutivo il presidente della Bocconi parlerà con Silvio Berlusconi.
Fonti parlamentari del Pdl riferiscono che Silvio Berlusconi avrebbe aperto al governo Monti.
Ponendo un’unica vincolante condizione: la presenza di Gianni Letta nel governo. Sul nome dell’attuale sottosegretario alla presidenza del Consiglio, però, c’è il no del Pd che vorrebbe solo tecnici.
Una soluzione di compromesso potrebbe portare nell’esecutivo sia Gianni Letta che Enrico.
Un’altra ‘condizione’ che, spiegano le stesse fonti, pone il Cavaliere è sul piano programmatico. Ovvero no alla patrimoniale.
L’economista, infatti, sostengono fonti di via dell’Umiltà , vorrebbe una larga convergenza anche sul programma.
Liberalizzazione delle professioni, piano di dismissioni, reintroduzione dell’Ici: sono alcuni dei punti sui quali il prossimo premier avrebbe fatto sapere di puntare.
La Lega ha già fatto capire che non appoggerà Monti, ma che potrebbe ‘sposarè alcuni punti del programma”.
«C’è chi pensa che anche sulla patrimoniale si potrebbe trovare una soluzione: ovvero ‘colpirè soltanto una certa fascia di reddito», osservano fonti ben informate.
Berlusconi, infatti, avrebbe confidato ai suoi di non voler sostenere un esecutivo delle tasse. Berlusconi ieri ha cercato per tutta la giornata di trovare una mediazione nel partito sul nome di Monti.
Inizialmente la tentazione era quella di chiedere il voto del Pdl nell’ufficio di presidenza che si terrà nel tardo pomeriggio a palazzo Grazioli. Le ‘colombe’ del partito gli hanno sconsigliano questa strada.
Il Cavaliere, secondo a quanto apprende l’Agi, ora è pronto a dire sì al governo Monti.
Anche per questo motivo il Pdl nel giro di consultazioni che si terranno al Colle dovrebbe recedere dalle intenzioni manifestate ieri: ovvero dall’idea di fare i nomi di Alfano e Dini a Napolitano.
Il presidente della Repubblica vorrebbe accelerare, in modo da ‘presentare’ ai mercati il nome di Monti già lunedì (il giuramento potrebbe addirittura esserci tra domenica e lunedì)
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Novembre 12th, 2011 Riccardo Fucile
L’ANALISI DI MARCO TRAVAGLIO: ANCHE SENZA CULOFLACCIDO, MONTI DOVRA’ AVERE A CHE FARE CON LA SOLITA CIURMA DEI BERLUSCONES… PERCHE’ NON ANDARE A VOTARE CON MONTI CANDIDATO PREMIER, APPOGGIATO DA CENTROSINISTRA E TERZO POLO, CON UN PROGRAMMA DI DUE ANNI CHE PREVEDA: PATRIMONIALE, TAGLI ALLA CASTA, GALERA PER EVASORI E CORROTTI, LEGGE SUL CONFLITTO DI INTERESSI, RIFORMA DELLA RAI ?
Dunque, se manterrà la prima promessa in vita sua, Pompetta B. si dimetterà sabato, dopo l’approvazione della legge di Stabilità .
E domenica Monti riceverà l’incarico di formare il governo, in tempo per la riapertura delle Borse, che festeggeranno l’avvento di Super Mario Bros con balocchi, profumi e maritozzi.
Del resto non sono stati gl’italiani a cacciare il Caimano (tantomeno Bersani, sebbene lui, ma solo lui, sia convinto del contrario), mala Bce, l’Ue, l’asse Merkel-Sarkozy, i mercati e la stampa estera che ha visto quel che accadeva in Italia con dieci anni d’anticipo sui bradipi del Corriere e del Sole 24 Ore. Fosse stato per la classe dirigente italiota, ce lo saremmo tenuto altri vent’anni.
La prima Liberazione, nel ’45, avvenne grazie alle truppe anglo-americane con qualche migliaio di partigiani.
La seconda avviene grazie alle truppe franco-tedesche con qualche Carlucci e Pomicino di complemento.
Dunque è soprattutto ai liberatori stranieri che il governo Monti piace e deve piacere.
Non certo a un popolo che ancora tre anni fa dava il 40% alla Banda B&B e il 34 al Partito Disperati.
Il programma del nuovo governo, scritto in francese e tedesco senza testo italiano a fronte, è ancora un mistero per tutti.
Ma tutti gli italiani sani di mente devono augurarsi che venga realizzato. Anche perchè, se ci giochiamo pure Monti, è finita.
Se siamo a questo punto, è per il disastro finanziario internazionale, che non è solo colpa nostra, e per il disastro nazionale chiamato Culoflaccido B., che è solo colpa nostra (anzi di chi l’ha votato, sostenuto e coperto).
Contro il disastro internazionale Monti non può far nulla.
Ma contro il disastro nazionale può far molto, non foss’altro perchè non si chiama Al Cafone B., anzi ne è l’antitesi antropologica.
Difficile immaginarlo con Mangano in giardino, Gelli e Craxi al piano di sopra, Tarantini dietro la porta, Ruby nel lettone e Lavitola al telefono.
Ma il materiale politico e umano con cui dovrà fare i conti è lo stesso che ha dato prova di sè negli ultimi tre anni.
Siamo sicuri che questa ciurma approverà le misure “lacrime e sangue” solo perchè a proporle non è più Banana B., ma Super Mario Bros, per giunta in piena campagna elettorale?
Se davvero Monti è l’ultima spiaggia, non sarebbe meglio andare subito al voto come in Spagna e dar modo a chi ha osteggiato il piduista B. in tempo utile (Pd, Idv, Udc, Fli, Sel) di presentarsi agli elettori con Monti candidato premier e un programma di pochi punti per deberlusconizzare il Paese (patrimoniale, tagli alle caste, galera per evasori, corrotti e cricche, legge sui conflitti d’interessi, riforma della Rai e del sistema elettorale) da realizzare in due anni, e poi tornare alle urne con la destra che fa la destra e la sinistra che fa la sinistra?
Così Monti avrebbe buone speranze di fare ciò che serve.
Cosa che oggi, con questo Parlamento, è quasi impossibile visto che, senza B., il governo non nasce neppure.
L’unico che pare averlo capito è Di Pietro, che conosce Pompetta B. dunque sa bene che, se appoggerà Monti, non lo farà gratis: pretenderà garanzie per le sue aziende e i suoi processi, imponendo il solito Letta come vice e altri manutengoli alla Giustizia e alle Comunicazioni.
Infatti su Di Pietro è partita la solita campagna, che va dal Quirinale al Pd, dal Corriere a Repubblica, per trascinarlo nel Grande Inciucio aizzandogli contro la “base”.
Resta da capire per quale strano motivo chi ha combattuto Culoflaccido B. dovrebbe andare al governo con Banana B., e per giunta da gregario, visto che l’Idv non è determinante mentre Al cafone B. sì.
La Costituzione dice che, prima di sciogliere le Camere, il capo dello Stato verifica se esista una maggioranza diversa: non che la crea lui.
E poi quando mai s’è visto un governo con tutti dentro e nessuno all’opposizione?
La democrazia è fatta di maggioranze che governano e minoranze che controllano.
Se nessuno controlla, non si chiama democrazia.
Si chiama in un altro modo.
Marco Travaglio
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Novembre 12th, 2011 Riccardo Fucile
SENZA PDL NON CI SONO I NUMERI PER UNA MAGGIORANZA
Mentre impazza il totoministri e le posizioni dei partiti sul sostegno o meno di un esecutivo
guidato da Monti sono ancora in via di definizione, un dato appare certo: senza Pdl non ci sono i numeri per una maggioranza.
Silvio Berlusconi è comunque nell’esecutivo.
Mentre la formazione del governo Monti vive ore di grande incertezza, tengono banco i numeri parlamentari su cui potrà contare il nuovo premier.
E un fatto appare certo: sarà sempre il Cavaliere a tenere saldamente le redini del controllo parlamentare del governo. I numeri, purtroppo, fotografano una situazione assolutamente chiara. E per niente rassicurante.
Il Cavaliere, insomma, è ancora qui e ci resterà a lungo. Non sarà più il presidente del Consiglio, certo, ma avrà in mano la golden share della maggioranza parlamentare e dunque, potrà decidere in ogni momento — e a suo totale piacimento — quanto tempo far andare avanti il nuovo governo.
In barba anche ad ogni accordo preso con il Quirinale che, è noto, tra un anno non avrà neppure più il potere di scioglimento delle Camere per l’inizio del semestre bianco (nel dicembre 2013).
Chi, insomma, pensava di essersi lasciato alle spalle 17 anni di Berlusconi e di berlusconismo, per il solo fatto che il Cavaliere lascerà palazzo Chigi, è bene che si fermi un attimo a riflettere.
Perchè i numeri, alla fine, in politica contano molto più delle intenzioni e quelli che sono usciti dalle urne del 2008 non lasciano spazio ad interpretazioni; comanda sempre lui.
Certo, nel Pdl molti potrebbero lasciare il Cavaliere. E la Lega non ha ancora una posizione ben definita.
Roberto Calderoli annuncia che il Carroccio non sosterrà nessun governo che non sia quello che esce dalle urne, Roberto Maroni (con i suoi alla Camera) è pronto a votare per una nuova legge elettorale e circolano indiscrezioni secondo cui Bossi potrebbe sostenere un eventuale esecutivo guidato da Lamberto Dini. Ma sono voci in libertà .
Soltanto oggi si conoscerà la posizione definitiva del Carroccio dopo la riunione del gruppo a Montecitorio convocata alle 14 proprio per decidere la linea da tenere. Insomma, ancora nulla di certo sul fronte Padano.
Il governo Monti, comunque sia costituito, potrà contare sull’appoggio del Pd, del Pdl e del Terzo Polo, con un’apertura da parte dell’Idv arrivata oggi (“ma non al buio”, ha detto Di Pietro) e l’opposizione della Lega.
Tradotto in numeri —sempre che, come sostenuto questa mattina da Pisanu, alla fine tutto il Pdl decida di sostenerlo — potrà contare su una maggioranza “bulgara” di 484 deputati alla Camera e 285 senatori a palazzo Madama (senza contare quelli del gruppo misto in entrambi i rami del Parlamento).
Una maggioranza che potrebbe apparire più che solida, anzi granitica, ma che risente di una pesante fragilità . Più visibile e netta alla Camera, meno al Senato, ma comunque chiara.
La principale architrave numerica della maggioranza a Montecitorio sarà il Pdl con 215 deputati. Che unito al folto gruppo dei responsabili (ora Popolo e Territorio), presenti solo alla Camera con 25 componenti, fanno raggiungere quota 240 “teste”.
Senza di loro, insomma, Monti avrebbe solo 244 deputati, cioè non avrebbe la maggioranza. Tradotto in sostanza politica; Monti sarà ostaggio di Berlusconi alla Camera.
E anche al Senato, dove non ci sono i Responsabili, ma il Pdl ha 130 senatori.
E Monti, sempre contando le forze politiche che si sono dichiarate disponibili al sostegno, avrà una maggioranza di 285 senatori. S
enza i 130 pidiellini, anche qui niente maggioranza e stop secco a quota 155.
Si governa male con il guinzaglio corto, si governa male (nonostante tutti gli appoggi e le benedizioni internazionali per “salvare l’Italia”) con un governo che sarà sempre e comunque ostaggio di una parte che pare decisa, comunque, ad andare presto alle urne.
Insomma, sarà Berlusconi a decidere quando far cadere il governo Monti.
E anche il perchè.
C’è poi un aspetto da non sottovalutare in tutta questa partita.
Molti deputati e senatori non hanno ancora raggiunto il numero di giorni necessari per ottenere il vitalizio (la pensione parlamentare).
Che si raggiunge dopo essere stati per almeno cinque anni (anche non consecutivi) seduti sugli scranni delle Camere.
In questa legislatura, i parlamentari che non hanno ancora diritto a ricevere il vitalizio sono 350 (in entrambe le Camere), per la precisione 247 deputati (39,2%) e 103 senatori (32,7%). In termini assoluti, è il partito democratico ad avere il maggior numero di deputati “scoperti” (84 su 206), ma anche il Pdl non scherza, con 77 onorevoli su 215 (35%).
Dato importante quello degli ex Responsabili, con 12 deputati su 25 ancora lontani dal traguardo. In termini assoluti, la maggior parte dei deputati complessivamente senza vitalizio (238 su 247) raggiungerà l’agognato numero di giorni utili per conseguire la pensione il 3 aprile del 2013.
Ossia alla fine naturale della legislatura.
La propensione di molti sarà quella di tenere in piedi il governo il più possibile, ma questo potrebbe non corrispondere alle prospettive di Berlusconi.
Al Cavaliere, d’altra parte, c’è un fatto che interessa più di ogni altra questione; rimanere con l’attuale legge elettorale.
Non è dunque escluso — e di questo si parla proprio in queste ore di profonda concitazione nel Pdl — che alla fine possa decidere di staccare la spina a Monti nel momento in cui questo dovesse tentare di cambiare il suo adorato “porcellum”.
Prima o dopo non ha importanza.
Con buona pace di tutti quelli che resteranno senza pensione e senza più posto da “onorevole”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Novembre 12th, 2011 Riccardo Fucile
FRATTINI DEFINISCE COSI GLI EX AN CHE VORREBBERO ANDARE ALLE URNE SUBITO, NEL TIMORE CHE TRA UN ANNO NESSUNO SI RICORDI DI LORO… LA RUSSA DEFINISCE UN “ATTIVISTA DEL MANIFESTO” FRATTINI, FORMIGONI CHIOSA: “DIBATTITO ARMONICO”
Il governatore lombardo Roberto Formigoni lo chiama “un dibattito armonico”.
Un eufemismo, a dire poco, se si scorre sul rullo delle agenzie il nervoso botta e risposta all’interno del Pdl sull’appoggiare o meno il governo Monti.
Da una parte ministri come Sacconi, Brunetta e gli ex An – Matteoli, Meloni, La Russa – (che potrebbero contare su circa 100 parlamentari) che alzano barricate verso un governo guidato dall’ex presidente della Commissione Ue.
E lo fanno dando vita ad un scontro senza risparmio di colpi all’interno del partito del Cavaliere. Il quale, da parte sua, sembra in seria difficoltà a far quadrare il cerchio. Sulla barricata dei “montiani”. invece ci sono il segretario del Pdl Alfano, ministri come Frattini e uomini di peso come Quagliariello e Cicchitto.
Che i toni siano alti lo si capisce da uno sfogo di Frattini – poi ridimensionato – raccolto da un cronista della Dire: “E’ bastato che crollasse tutto che questi fascisti sono tornati fuori: già ci hanno fatto rompere con fini, e adesso provano di nuovo a mandare tutto all’aria…”.
Per il titolare degli Esteri ogni ipotesi di appoggio esterno a Monti (ipotesi ventilata da alcuni settori del Pdl) non ha senso: “L’impegno a sostenere il futuro governo deve essere pieno”.
La Russa, uno dei destinatari della frecciata di Frattini, si fa perfido: “Frate chi? Frate chi? Non lo conosco, chi è un militante del Manifesto?”.
Contro Frattini si schiera anche Giorgio Holzmann, deputato ex Msi poi transitato in An, che perfidamente ricorda come Frattini sia “lo stesso ministro degli esteri che qualche mese fa si è recato alle camere per rendere pubblico un fascicolo riguardante il famoso immobile di Montecarlo e la nebulosa vicenda di società off-shore, cui lo stesso sarebbe stato venduto”.
Tocca al titolare della Farnesina abbassare i toni: “Mi spiace che mi siano state attribuite frasi certamente travisate, non corrispondenti al mio pensiero e al mio usuale modo di esprimere pubblicamente la mia opinione”.
Per il governo tecnico si schiera Quagliariello chiedendo, però, che “lasci intatte le differenze politiche che esistono nell’emiciclo. Non sacrificheremo le differenze con la sinistra su temi come giustizia, legge elettorale, principi non negoziabili”.
E se Altero Matteoli dice di non escludere “spaccature” nel Pdl, il governatore lombardo Formigoni crede che Monti “riuscirà a formare un governo che ha un unico obiettivo, salvare l’Italia dalla rovina economica e dall’attacco fortissimo della speculazione internazionale”.
E proprio sul che farà Monti e che squadra di governo formerà , si appuntano le perplessità del capogruppo Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto: “La situazione va chiarita.
Il Pdl sta discutendo ma non ha fatto ancora nessuna scelta.
Certo, alla fine del confronto ci sarà una voce sola”, ma non può avvenire tutto come fosse “una corsa contro il tempo”.
E il nodo rimarrà “finchè non Verrà chiarito quali saranno il suo programma e la sua struttura”. Struttura, ovvero ministri. Ed è forse questo il tasto dolente che agita e preoccupa, le varie anime del partito del Cavaliere.
Il tutto mentre Berlusconi chiede “uno scatto d’orgoglio”, rivendicando un ruolo decisivo per il Pdl.
“Serve un confronto, un tavolo sia sui nomi che devono entrare al governo, sia sul programma” ragiona il Cavaliere.
In pratica una sorta di ‘golden share’ del nuovo esecutivo”.
In caso contrario meglio il voto. Come chiede la Lega a gran voce: “”Noi siamo assolutamente contrari a governi che non siano quelli usciti dalle urne e saremo all’opposizione” afferma il ministro Roberto Calderoli.
Per la verità la Lega pensa ad un governo guidato da Lamberto Dini (rilanciato ieri sera dallo stesso premier).
E proprio in questa direzione gli uomini del Carroccio starebbero pressando il Cavaliere.
Stando alle cifre che i leghista ostentano al Senato Monti non avrebbe i numeri.
Ed è a questo punto che scatterebbe l’opzione Dini che già nel ’95 prese il posto di berlusconi, sfiduciato in quel caso proprio da Bossi.
Meno male che a parole vogliono andare a votare: in realtà se la stanno facendo sotto in tanti.
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Novembre 12th, 2011 Riccardo Fucile
AL SENATO NEL DDL SULLA STABILITA’ ARRIVANO GLI ULTIMI REGALI
Passano gli anni, le crisi si sommano alle crisi, ma lei è sempre lì: l’eterna legge mancia,
spuntata ieri persino nel disegno di legge Stabilità con cui Silvio Berlusconi saluta Palazzo Chigi, 150 milioni che i parlamentari potranno spendere sul territorio come gli detta l’uzzolo del momento.
Spiegare davvero cos’è, al di là dell’espressione giornalistica, è più complesso: è spesa pubblica improduttiva, soprattutto, e contemporaneamente la plastica rappresentazione della subalternità del Parlamento all’esecutivo.
Nella Prima Repubblica, per dire, la legge mancia non c’era: deputati e lobbisti s’arrangiavano da sè, senza chiedere il permesso a nessun ministro, spendendo e spandendo dopo un paio di mesi di estenuanti trattative, blandizie e ricatti, spesso notturni, nei corridoi fumosi del Parlamento.
Conoscevano l’arte, loro, di strizzare la Finanziaria fino a farne zampillare fuori soldi per una miriade di favori di collegio, privati o di cricca.
Il nuovo millennio, come si sa, è un tempo più ingrato e triste e pure piazzare l’emendamento giusto al momento giusto dentro la legge di bilancio è diventato troppo difficile.
Per evitare malumori, però, Giulio Tremonti — eterno pure lui — nel 2003 fece un patto coi suoi affamati parlamentari: voi votate la manovra com’è e io vi lascio qualche centinaio di milioni per farvi gli affari vostri o, volendo, dei vostri elettori.
La legge mancia, appunto.
Anche il governo di Romano Prodi se ne concesse una al debutto, anche se poi la abolì con la Finanziaria 2008.
Ma la legge mancia è rimasta morta solo per un annetto: nel 2009 Silvio Berlusconi e il “rigorista” Tremonti già l’avevano fatta risorgere.
Ci si fa di tutto: ponti, strade, chiese, teatri, finanziamenti per società sportive, progetti culturali e scuole.
Ne sa qualcosa la signora Manuela Marrone in Bossi, che s’è vista arrivare 800 mila euro per la sua “Bosina”, una scuola privata.
La legge mancia è l’unica funzione davvero imprescindibile di un Parlamento svuotato dalla sua funzione di legislatore dai mille decreti con mille fiducie del governo. Quest’anno, per dire, ce n’era già stata una piccola piccola a marzo, quando era stata distribuita la miseria di due milioni e seicentomila euro (parrocchie, conventi, monasteri e associazioni cattoliche l’avevano fatta da padroni).
Adesso però — tra spread, crescita zero, commissariamento internazionale, rischio default — si pensava che non ci sarebbe stato spazio per lasciare pure gli spiccioli ai parlamentari. Grosso errore: ieri alle 18 in punto il relatore del ddl Stabilità in Senato, Massimo Garavaglia, leghista, ha depositato in commissione il suo bell’emendamento.
Questo il contenuto : si rifinanzia per 100 milioni nel 2012 e 50 nel 2013 il fondo per “interventi urgenti finalizzati al riequilibrio socio-economico e allo sviluppo dei territorio e alla promozione di attività sportive e culturali e sociali ” istituito con la Finanziaria 2010, cioè la legge mancia di un anno fa.
Non si sa ancora, però, per quali decine di interventi verranno utilizzati questi soldi: ci penserà un decreto del Tesoro che recepirà la lista della spesa votata dalle commissioni Bilancio (storicamente si tratta di un voto bipartisan).
Bisogna pure ricordarsi che nel 2012 o nel 2013 si vota e non ci si presenta a casa degli amici a chiedere un favore senza portare almeno un regalino: tre milioni, per dire, nel ddl stabilità li ha rimediati pure Radio Radicale, le basteranno per finanziarsi fino a marzo, in attesa del nuovo governo.
Marco Palombi
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Novembre 12th, 2011 Riccardo Fucile
PRIME PAGINE DEI QUOTIDIANI INTERNAZIONALI DEDICATE AL POSSIBILE INCARICO A MONTI…”SOLO LUI PUO’ RIDARE CREDIBILITA’ AL PAESE, MA PREOCCUPA IL VUOTO DELLA POLITICA”
Mentre sta per uscire dal governo, Silvio Berlusconi è già uscito dalle prime pagine della grande stampa internazionale, sostituito – anche lì – da Mario Monti.
Al “professore”, come lo chiamano alcuni, sono dedicati ritratti, commenti e servizi di rilievo sui media stranieri di oggi, dalla carta stampata ai notiziari televisivi.
“Gli italiani si coalizzano attorno a Monti” è il titolone di apertura della prima pagina del Wall Street Journal, che dà conto dell’ampio sostegno espresso da numerose forze politiche per una sua guida di un governo di transizione – e del fatto significativo che gli interessi sul finanziamento del debito italiano e lo “spread” siano entrambi scesi da quando l’ex-commissario europeo è emerso come il favorito per rimpiazzare in tempi rapidi Berlusconi a Palazzo Chigi.
“Un outsider della politica”, lo definisce il quotidiano di Wall Street, osservando che è quello di cui opinione pubblica e mercati sembrano avere bisogno per ridare credibilità all’Italia e salvare il nostro paese, l’eurozona e il mondo dall’orlo del precipizio a cui si erano affacciati nei giorni scorsi.
“Ritraendosi dal burrone, l’Italia si affida a un tecnocrate”, è per l’appunto il titolo di prima pagina dell’Herald Tribune, edizione internazionale del New York Times, un cui articolo nota che, pur non essendo già l’alba di una nuova era nel Mediterraneo, si avverte una tendenza che va al di là del nostro paese.
L’ascesa di tecnocrati che riscuotono larga fiducia è confermata dalla selezione di Lucas Papademos, stimato economista ed ex-vicepresidente della Banca Centrale Europa, per prendere il posto di Papandreou come nuovo primo ministro in Grecia.
Un editoriale del Financial Times afferma tuttavia che in questo momento non basta mettere dei “manager di valore” al comando di nazioni in profonda crisi, ma “c’è bisogno di leader, la competenza tecnica non basta per Grecia e Italia”.
E’ vero che in entrambi i paesi gli elettori sono così stanchi di una classe politica inefficiente “che solo un outsider sembra in grado di superare gli ostacoli immediati alle dolorose riforme necessarie a riportare la crescita economica”, ammette l’editoriale, non firmato e dunque espressione della direzione del quotidiano finanziario.
Ma c’è il rischio che scelte del genere siano viste dall’opinione pubblica come “soluzioni imposte dalla Germania” e dalla Unione Europea.
“E’ vero che in Italia c’è un significativo consenso popolare per un governo a interim” e che nel nostro passato l’esperienza di leadership di un tecnocrate è stata spesso positiva, aggiunge l’articolo, ma “gli elettori non potrebbero tollerare a tempo indeterminato” un governo del genere, specie se li costringerà a duri sacrifici.
E il nuovo leader deve riconoscere che “nulla può essere realizzato senza il sostegno popolare”.
Sempre sul Financial Times, un articolo dell’economista di fama internazionale Nouriel Roubini mette l’accento sul rischio che “l’Italia abbia i giorni contati nell’eurozona” e possa essere costretta, nonostante gli sforzi di un possibile governo Monti, a uscire dall’euro e tornare alla lira, un evento che, date le dimensioni e il peso del nostro paese, porterebbe “alla rottura di fatto dell’eurozona”.
Con la Germania contraria per ora a emissioni di eurobond, la Banca Centrale finora senza la volontà politica e le risorse per un intervento di enormi dimensioni, e il Fondo Monetario Internazionale nelle stesse condizioni, più la prospettiva che misure di austerità imposte dal nuovo governo peggiorino la recessione nel breve termine, Roubini teme che l’abbandono dell’euro sia un’opzione sempre più credibile per l’Italia. “a meno che la Banca Centrale Europea non diventi un creditore senza limiti, l’euro scenda alla parità con il dollaro e la Germania fornisca uno stimolo fiscale, in modo da scongiurare il disastro”.
Tre esperti consultati dal quotidiano della City, Raj Badiani dell’Ihs Global Insight, Divyang Shah dell’Ifr Markets e Steve Barrow della Standard Bank, ritengono tuttavia che l’Italia “sia meno vulnerabile” di ciò che appare.
Anch’essi auspicano però, per evitare il pericolo di un collasso dell’eurozona, un maggiore coinvolgimento della Bce e dell’Fmi.
Enrico Franceschini
(da “La Repubblica“)
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Novembre 12th, 2011 Riccardo Fucile
IL DEPUTATO PDL E’ CORSO A SALVARE UN PC DURANTE UNA PERQUISIZIONE NELLA SEDE DI ATLANTIS, AVVALENDOSI DELL’IMMUNITA’ PARLAMENTARE
Apparterrebbe a una donna sudamericana il pc che il deputato del Pdl, Amedeo
Laboccetta, ha portato via ieri dagli uffici di Francesco Corallo, titolare della Atlantis, nel corso delle perquisizioni disposte dalla procura di Milano nell’ambito di una inchiesta che vede indagato l’ex presidente della Bpm Massimo Ponzellini.
Ieri il parlamentare ne aveva rivendicato la proprietà .
Proprietà ribadita anche oggi: “Quel pc è mio e se qualcuno afferma il contrario se ne assumerà la responsabilità ”, ha detto Laboccetta all’Ansa — Le pare, ha aggiunto, che durante una perquisizione qualcuno va a prendere il computer di un altro?”.
L’Idv, per voce del deputato Francesco Barbato, ha dichiarato: “Inaudito farsi scudo dell’immunità per fatti del genere”.
Stando a quanto si è appreso da una prima ricostruzione, sarebbe stato proprio Corallo, in un primo momento, a dire agli investigatori della Gdf che quel pc era di una sudamericana nell’appartamento al momento della perquisizione.
Poi però il titolare effettivo della società Atlantis (attiva nel gioco d’azzardo), che avrebbe ottenuto un finanziamento irregolare dalla Bpm guidata da Ponzellini, avrebbe telefonato ai suoi avvocati.
E sempre stando a una prima ricostruzione dei fatti, è a quel punto che sarebbe arrivato il parlamentare del Pdl Laboccetta che, invocando l’immunità parlamentare avrebbe preso il computer per portarlo via, senza dire, pare, che fosse il suo.
I pm di Milano, Roberto Pellicano e Mauro Clerici, riceveranno dai militari del Nucleo di Polizia tributaria una relazione dettagliata sull’accaduto non prima di lunedì prossimo.
Poi valuteranno se e quali accuse contestare al deputato. I reati configurabili nella vicenda sono quelli di favoreggiamento, resistenza a pubblico ufficiale, minacce e sottrazione di un corpo di reato.
Per quanto riguarda gli esiti delle nove perquisizioni effettuate ieri tra Roma, Milano e Bologna, nell’ambito dell’inchiesta che ha al centro i reati di associazione per delinquere e ostacolo alla vigilanza e che vede indagato anche il braccio destro di Ponzellini, Antonio Cannalire, gli inquirenti avranno a disposizione le carte sequestrate nei prossimi giorni. Inoltre, i magistrati non sono ancora stati contattati dai difensori di Ponzellini e Cannalire, che avrebbero intenzione di farsi ascoltare.
Intanto questa mattina il direttore generale di Bpm, Enzo Chiesa, pur premettendo che “non è pratica della Banca parlare dei clienti”, ha definito “performante” il credito di 148 milioni concesso dalla Bpm sotto la guida di Massimo Ponzellini alla Atlantis di Corallo.
argomento: Giustizia, PdL | Commenta »