Novembre 18th, 2011 Riccardo Fucile
IL PARLAMENTARE E’ UNO STRETTISSIMO COLLABORATORE DEL SEN. DELL’UTRI, FINITO NEI GUAI PER NON AVER PAGATO LE FATTURE DI COMPETENZA DEL CIRCOLO DI DELL’UTRI… ORA AVRA’ LO STIPENDIO DECURTATO DI 140.000 EURO
L’onorevole Domenico Scilipoti è in buona compagnia nella lista dei deputati che si sono visti pignorare da un giudice il «quinto dello stipendio» perchè non hanno onorato i vecchi debiti.
Insieme a Scilipoti – che con i Responsabili ha contribuito a tenere in vita per quasi un anno il governo Berlusconi – c’è il collega del Pdl Nicola Formichella, strettissimo collaboratore del senatore Marcello Dell’Utri, che non avendo altri redditi e proprietà dichiarate rischia di vedersi decurtato nella misura di 140 mila 367,24 euro lo stipendio di parlamentare alla voce «rimborso spese inerente al rapporto tra eletto ed elettori».
Così. dopo l’infortunio con gli ufficiali giudiziari capitato al parlamentare agopuntore di Terme Vigliatore in provincia di Messina, ora emerge dai carteggi giunti a Montecitorio anche la vicenda del collega Formichella di Benevento: se Scilipoti è inciampato in una storia tutta privata di debiti non onorati — per le parcelle non pagate all’ingegnere Alberto Recupero — il giovane e brillante deputato campano si è, per così dire, immolato per il partito.
Meglio, si è sacrificato per il suo mentore politico, Marcello Dell’Utri che ha inventato i circoli del buon governo, tanto da accollarsi l’onere di alcune fatture non pagate dalla corrente-componente di Forza Italia poi confluita nel Pdl.
L’atto di precetto depositato al tribunale di Roma riguarda la società 2B Team arl che è rimasta a bocca asciutta dopo aver lavorato a lungo per il Circolo Giovani di Roma di cui l’onorevole Nicola Formichella era, appunto, il legale rappresentante all’epoca dei fatti.
Il decreto ingiuntivo esecutivo si riferisce alla somma dovuta in seguito a lavori di allestimento per il circolo di «130 mila euro oltre gli interessi legali nonchè le spese della procedura per spese, competenze e onorari per un totale di 140 mila 367,24 euro».
Per questo, nell’atto di pignoramento, oltre a Formichella, che risulterebbe nulla tenente, vengono citati la Camera dei deputati e il gruppo parlamentare del Pdl nella persona del suo presidente.
Ecco allora che contrariamente a quanto è successo a Scilipoti che milita in un gruppo meno solido alle spalle, il presidente dei deputati del Pdl, Fabrizio Cicchitto, si è visto costretto a scrivere all’avvocato del ricorrente, Carla Anastasio del foro di Roma, una lettera «in relazione all’atto di pignoramento presso terzi depositato presso il tribunale di Roma su istanza della società 2 B TEAM arl in danno della camera dei Deputati e del gruppo parlamentare del Pdl».
Così in attesa che i ricorsi del deputato Formichella abbiano una risposta definitiva, il capogruppo Cicchitto ha dovuto pur adottare un provvedimento cautelativo.
Lo ha fatto con una formula un po’ involuta ma di rito: comunicando per iscritto al debitore «di essere debitore nei confronti del debitore esecutato (cioè l’onorevole Formichella, ndr) della somma di euro 3.690,00 a titolo di rimborso spese al rapporto tra eletto ed elettori».
Il gruppo del Pdl, assicura infine Cicchitto, «custodirà le somme pignorate in ottemperanza a quanto previsto dal combinato disposto di cui agli articoli 545 e 546 del codice di procedura civile».
Come dire, che anche a Montecitorio per pagare i debiti c’è sempre tempo con buona pace della società 2 B TEAM arl che ha offerto le sue prestazioni ormai un paio di anni fa.
Dino Martirano
(da “Il Corriere della Sera“)
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Novembre 18th, 2011 Riccardo Fucile
CESSIONE A TITOLO GRATUITO DEL QUOTIDIANO DIRETTO DAL FACCENDIERE LATITANTE… IN QUESTI ANNI LAVITOLA HA INCASSATO 21 MILIONI DI EURO DEI FONDI DELL’EDITORIA GRAZIE ALLA TRUFFA SULLA TESTATA DEL GLORIOSO QUOTIDIANO SOCIALISTA
”Ci siamo ripresi l’Avanti!”, esclama Riccardo Nencini, segretario del Partito Socialista. 
”Questa notizia allontana dal giornale quei nomi squalificati e indegni”, gli fa eco Maria Chiara Acciarini, ex senatrice del Pd ed ex sottosegretario alla famiglia nel secondo governo Prodi: suo nonno, Filippo Acciarini, ferroviere umbro vissuto per una vita a Torino, fu il direttore dell’Avanti clandestino in esilio, prima di morire nel campo di concentramento di Mauthausen.
Per una curiosa coincidenza la stagione berlusconiana si chiude con un furto d’eredita’ sanato, appunto, dopo 17 anni: con un atto di “cessione politica della testata” a titolo gratuito, firmato il 4 novembre scorso dal liquidatore del Psi, Francesco Spitoni e dal tesoriere-legale rappresentante del Ps, Oreste Pastorelli viene ceduta ” irrevocabilmente e in via esclusiva la proprietà , anche morale”, compresa la denominazione e la veste grafica, della testata “Avanti” proprio al Partito socialista.
La cessione smaschera la truffa di Walter Lavitola, un’operazione messa in piedi con Sergio De Gregorio degna di un film di Toto’, che nel corso di pochi anni gli ha fruttato oltre 21 milioni di euro dei fondi dell’editoria, raccolti grazie ad una L e ad un apostrofo apposti abusivamente sulla gloriosa testata, finita, nel 1994, nel calderone del fallimento del Psi.
Registrata la nuova pubblicazione, L’Avanti, uguale nella grafica allo storico quotidiano, Lavitola comincia a lavorare di bianchetto e in poche settimane sparisce prima la L e poi, magicamente, anche l’apostrofo.
E per completare il clamoroso falso, compare, sul frontespizio, la frase ”Quotidiano socialista dal 1896”.
”Lavitola? E’…spaventoso, non mi viene altro in mente, fa impressione vedere l’ Avanti come oggi e’ rappresentato da questo ex direttore che porta nel fango un nome di questo genere”, dice la senatrice Acciarini, nipote del direttore dell’Avanti in esilio, durante il fascismo.
Tra i due direttori ”in esilio” (Lavitola latitante, Acciarini perseguitato dai fascisti) corrono anni luce.
L’ uno, avventuriero massone amico di Berlusconi, trasportato come un nababbo dalla corrente del potere occulto e sottotraccia di questo Paese fin dentro il cuore dei vertici delle istituzioni, l’altro militante socialista antifascista che non ebbe neanche il tempo di vedere l’ultima copia del ”quotidiano del partito socialista italiano di unita’ proletaria” dal titolo ”O vivremo del lavoro o pugnandosi morra”’, fresco di stampa dalle macchine di una tipografia clandestina torinese, perche’ fu arrestato nel marzo del ’44 e deportato a Fossoli e poi a Mauthausen, dove mori’. Due mondi opposti, ”il bianco e il nero”, come dice la senatrice Acciarini, e quella di suo nonno e’ stata ”proprio il contrario di queste vite (di Lavitola e dei suoi amici, ndr) dedite esclusivamente al conseguimento di un risultato economico”.
”Per mio nonno L’Avanti e’ stata la sua vita — racconta – appena ha potuto l’ha fatto rinascere: dell’ultima edizione ne e’ rimasta una sola copia, quel giorno del marzo ’44 lui doveva andare a ritirare le copie fresche di stampa, ma rimase vittima di una soffiata e fu arrestato. Terrorizzato da quella merce scottante, il tipografo distrusse tutte le copie, tranne una, finita nelle mani di compagni del partito socialista di unita’ proletaria che, anni dopo, me la consegnarono”.
Oggi la senatrice conserva la memoria del nonno e dice: ”Leggere di Lavitola fa male, e’ drammatico, fa impressione: ho sofferto molto, ma avrei sofferto di piu’ fossi stata piu’ coinvolta anch’io nella vicenda del partito socialista, da cui ho preso le distanze quando Craxi sostitui’ Di Martino”.
Leonida Bissolati, Pietro Nenni, Riccardo Lombardi, Sandro Pertini, Antonio Ghirelli, furono tutti direttori de L’Avanti prima che un faccendiere massone ne deviasse la storia su un binario giudiziario.
Per la truffa allo Stato oggi Lavitola e’ indagato dai pm di Napoli, e il coordinatore della segreteria Psi, Marco Di Lello annuncia la costituzione di parte civile.
”Il falso de “L’ Avanti” è stato possibile proprio perchè il vero “Avanti” era bloccato — conclude Nencini — ma ora e’ diverso, Lavitola è avvertito: ”Se dovesse provarci non esiteremmo un istante a trascinarlo in tribunale”.
Giuseppe Lo Bianco
(da “La Repubblica“)
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Novembre 18th, 2011 Riccardo Fucile
IL 15% DEI NUCLEI FAMILIARI DEVE INTACCARE I PROPRI RISPARMI, IL 6% E’ COSTRETTO A CHIEDERE PRESTITI O AIUTO…TRA I MINORI 1 SU 5 VIVE A RISCHIO POVERTA’…IL RAPPORTO DI SAVE THE CHILDREN
Metà delle famiglie italiane riesce “appena a far quadrare i conti”, secondo uno studio del Forum Ania-Consumatori in collaborazione con l’Università di Milano, presentata oggi.
Il 15% dei nuclei è in maggiori difficoltà e ogni mese deve intaccare i propri risparmi per sopravvivere e il 6,1% è costretto a chiedere aiuti e prestiti.
“E’ arrivata la povertà in un soggetto come la famiglia che fino a quattro-cinque anni fa era il presidio della nostra ricchezza”, ha commentato il presidente del Censis, Giuseppe De Rita.
Peggiorano soprattutto le condizioni di vita dei bambini e i minori sembrano pagare il prezzo più alto della crisi.
Sono 10 milioni 229 mila i minori in Italia, il 16,9% del totale della popolazione: uno su cinque (24,4%) è a rischio povertà , il 18,3% vive in povertà (1.876.000 minori, in famiglie che hanno una capacità di spesa per consumi sotto la media), il 18,6% in condizione di deprivazione materiale e il 6,5% (653.000 ragazzi) in condizione di povertà assoluta, privi dei beni essenziali per il conseguimento di uno standard di vita minimamente accettabile.
È L’allarme lanciato da Save the children nel secondo “Atlante dell’infanzia a rischio” pubblicato oggi alla vigilia della giornata dell’infanzia.
Secondo l’associazione, dal 2008 ad oggi sono proprio le famiglie con minori ad aver pagato il prezzo più alto della recessione mondiale: negli ultimi anni la percentuale delle famiglie a basso reddito con un minore è aumentata dell’1,8%, e tre volte tanto (5,7%) quella di chi ha due o più figli.
Dal dossier emerge che nel nostro paese due minori su tre che sono in povertà relativa e più di un minore su due che è in povertà assoluta vivono nel mezzogiorno.
In particolare è la Sicilia ad avere la quota più elevata di minori poveri (il 44,2%), seguita dalla Campania (31,9%) e Basilicata (31,1%), mentre Lombardia (7,3%), Emilia Romagna (7,5%) e Veneto (8,6%) sono le regioni con la percentuale inferiore di minori in povertà relativa.
Per quanto riguarda i bambini in povertà assoluta, anch’essi si concentrano nel sud Italia dove rappresentano il 9,3% di tutta la popolazione minorile.
Inoltre il 18,6% di minori italiani versa in condizione di deprivazione materiale: nel nord est il 7% delle famiglie con minori dichiara di aver difficoltà a fare un pasto adeguato almeno ogni due giorni e al sud il 14,7% di famiglie con minori non ha avuto soldi per cure mediche almeno una volta negli ultimi 12 mesi.
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Novembre 18th, 2011 Riccardo Fucile
AD UN ANNO DALLA TESI, IL 55,8% DEI LAUREATI HA UN CONTRATTO DI LAVORO INSTABILE
Ci sono i precari, i lavoratori «obbligati» ad un part-time di poche ore, i cassintegrati da 700 euro al
mese e gli sfiduciati che vorrebbero trovare un’occupazione, ma si sono rassegnati ad aspettarla stando a casa.
Ci sono tante donne, tanti giovani, ma anche tanti capi-famiglia del Nord che perso un posto non ne hanno ancora trovato un altro.
E infine ci sono i disoccupati «ufficiali», quelli che – rispondendo ad una definizione più restrittiva – dichiarano di essere già in cerca di lavoro e di essere pronti a rispondere all’offerta.
Un vasto popolo in sofferenza cui manca un lavoro tutelato e il conseguente reddito. Un universo spezzettato che le statistiche ufficiali non considerano unitariamente.
L’Ires lo ha fatto e le cifre che sono uscite da suo rapporto («Un mercato del lavoro sempre più atipico: segnali di crisi») sono un colpo duro a chi pensa che l’Italia, in fondo, sia messa meno peggio di tanti altri: nell’area della disoccupazione allargata, infatti, vivono 8milioni e 300 mila lavoratori italiani, «oltre il 30 per cento della forza lavoro potenziale del Paese» specifica lo studio.
A tale livello si arriva aggiungendo ai 3,6 milioni di senza lavoro i 600 mila cassintegrati che rischiano di restare senza reddito una volta «consumato» il sostegno degli ammortizzatori sociali, i milioni e mezzo di atipici e di precari e 1,6 milioni di lavoratori costretti ad un part-time involontario.
E il totale non tiene conto del lavoro nero.
Calcolando l’effettiva quota di scoraggiati che dichiarano di essere disponibili a lavorare, si arriva dunque ad un tasso di disoccupazione reale del 13 per cento.
Si tratta di 8 milioni di persone con stipendi medi fra i 600 e 700 euro al mese, con tutele in via di esaurimento, già finite per tanti disoccupati, inesistenti per tantissimi precari il cui numero è in costante crescita.
I consumi calano e la produzione si ferma, ma chi dovrebbe consumare se questa è la realtà ?
Per ridurre la precarietà ed estendere le tutele servano risorse e le risorse si possono trovare varando una patrimoniale e destinandone una parte allo sviluppo.
Ma il lavoro va rilanciato non solo in quantità , anche in qualità .
In Italia, secondo il rapporto, «a differenza di quanto avviene negli altri Paesi europei, perdono quota le professioni scientifiche ad elevata specializzazione e le professioni tecniche, crescono invece quelle non qualificate ed esecutive».
Nel futuro tutto ciò avrà un peso: il Cedefop, la Commissione europea sulla formazione, calcola che per il 2020 il mercato del lavoro europeo richiederà il 31,5 per cento di occupati con alti livello di competenza (oggi in Italia sono solo il 12,8 per cento) e il 18,5 con livelli bassi (da noi, ora, è il 45,2).
Luisa Grion
(da “La Repubblica“)
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Novembre 18th, 2011 Riccardo Fucile
DOPO NAPOLI E BOLOGNA, DILAGA LA PROTESTA DELLE COOPERATIVE CHE GARANTISCONO I SERVIZI A MINORI, ANZIANI, DISABILI, DASCE DEBOLI… STIPENDI MINIMI E PAGAMENTI IN RITARDO
Basta fare dibattiti rimanendo al chiuso in qualche locale. È venuta l’ora di rendere pubblica la protesta.
È quello che ha appena deciso la neonata rete degli Operatori Sociali Non Dormienti, per sollevare il problema dei tagli sistematici al Welfare effettuati dalla Regione Piemonte e dal Comune.
Una sessantina di persone armate di sedie e thermos di tè si sono appostate nella piazza del Municipio di Torino per dare vita a una riunione pubblica.
La Regione, il Comune e le Asl hanno accumulato ritardi di dieci, dodici mesi nell’erogazione dei fondi ai servizi sociali.
Ma non sono solo i ritardi a preoccupare l’intero settore: negli ultimi anni si è assistito a una riduzione dei contributi e a tagli veri e propri.
Tutto ciò ha portato gli operatori all’esasperazione anche se in tanti sono convinti che questo non dipenda solo dalla mancanza di risorse: dal momento che ai tagli spesso non corrisponde una riduzione proporzionale dei servizi, si è di fronte a una strategia di risparmio adottata volontariamente dalle istituzioni.
Perchè vuoi per spirito solidale — o a detta di alcuni “missionario” — vuoi per il timore di perdere gli appalti — indicato pure come “ricatto” — gli operatori sociali i servizi continuano a mantenerli in vita.
Anche se poi le macchine grigie degli amministratori vengono a costare quanto un anno di educativa o i progetti destinati ai campi rom spariscono del tutto.
E nonostante ancora le associazioni di volontariato possano presentarsi alle gare d’appalto: un chiaro segnale della tendenza al ribasso a cui è destinato il settore sociale in Piemonte.
Disabili, anziani, minori, psichiatrici ed ex-tossicodipendenti rischiano di ritrovarsi a essere trattati come pazienti e non più come utenti, quindi a venire curati con pasticche piuttosto che essere accompagnati da un programma di inserimento specifico.
Tutto questo richiama la “questione etica” come la chiama R., uno dei portavoce della rete: «Voglio smettere di lavorare per cooperative che sottostanno alle decisioni di un Comune di non inserire bambini in comunità perchè costano troppo oppure di far partire campagne indiscriminate di affidamento. Voglio smettere di lavorare per quelle cooperative che sostituiscono una medicina che dà dei risultati con il metadone solo perchè più conveniente. Voglio che tutti si rendano conto che oltre all’assistenza sociale questa società si sta privando della prevenzione».
Non è un caso se al momento si contano 6 operatori ogni 100mila abitanti.
Ovviamente i tagli riguardano anche la formazione universitaria: la giunta guidata da Roberto Cota ha appena eliminato il tirocinio formativo per educatori professionali, probabilmente la parte più importante dell’intero processo formativo.
Complessivamente, in Italia gli enti pubblici hanno contratto un debito con il terzo settore di 25 miliardi di euro.
A Napoli è dal 2007 che 150 fra cooperative e associazioni socio-assistenziali si sono unite per richiedere i 200 milioni di euro che la Regione Campania deve ancora pagare.
In Emilia-Romagna invece a fine ottobre centinaia di disabili si sono sdraiati a terra per revocare i tagli del 63% introdotti negli ultimi due anni.
Alla voce politiche sociali, l’Italia spendeva fino a tre anni fa 780 milioni di euro l’anno: quest’anno non supererà i 218.
Anche a livello europeo siamo sotto la media, ben del 31% rispetto alle altre nazioni.
Ma tornando a Torino: i Non Dormienti, che si sono organizzati attraverso Facebook facendo di loro una sorta di “indignados” del sociale, si ritroveranno ogni 15 giorni davanti a un’istituzione diversa.
Tra due lunedì saranno in Piazza Castello davanti al Palazzo della Regione. Rigorosamente all’aperto.
Maurizio Bongioanni
(da “Il Fatto Quotidiano“)
Qualche testimonianza degli Indignados torinesi
Marco, 40 anni: “Guadagno 1000 euro al mese. Per prendere qualcosa in più faccio delle ore straordinarie in un’altra cooperativa per 300 euro. Tutto questo lavoro e ora non prendo lo stipendio da due mesi. Addirittura dall’ultima cooperativa me ne sono andato perchè si arrivava a legare i pazienti per mancanza di strategie e di personale. Ora invece rischio di perdere il posto per mancanza di titoli: io ho fatto tutta la vita questo lavoro. È l’unica cosa che so fare”.
Roberto, 36 anni: “Nell’ultimo anno ho ricevuto lo stipendio a singhiozzo: all’inizio dell’anno non ho preso nulla per 4 mesi, ora attendo da due. Dopo 8 anni di questo lavoro, a causa dei ripetuti ritardi sono tornato a vivere a casa dei miei genitori”.
Federica, 32 anni: “Dal 2002 ho lavorato con minori, rom e disabili. Quest’anno da gennaio a marzo non ho ricevuto nulla: ora mi stanno tornando ma non prendo più la tredicesima e nemmeno il rimborso Inps. Lavorando per il Comune è come se fossimo ricattati continuamente perchè non possiamo denunciare nè lamentarci con nessuno per paura di perdere l’appalto”.
Nicola, 51 anni: “Ho iniziato negli anni ’80, poi a metà dei ’90 me ne sono andato perchè eravamo trattati come manovalanza. Ora per ritornare a fare questo lavoro sono obbligato a studiare, per questo mi sono iscritto all’università . Tutta la mia esperienza sul campo non mi dà nessuna garanzia”.
Giovanna, 52 anni: “Da trent’anni faccio questo lavoro e posso dire che in passato lavorare in cooperativa significava fornire un’alternativa sociale e politica forte. Poi le coop si sono divise e hanno cominciato a farsi concorrenza. Che senso ha che oggigiorno i servizi dipendano dai finanziamenti delle banche?”
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Novembre 18th, 2011 Riccardo Fucile
GALAN PIAZZA LA MOGLIE DEL SEN. D’ALI’, LA CONSORTE DEL COMMISSARIO MARTUSCIELLO, IL GIORNALISTA CARLO PUCA, GIGI MARZULLO E ALTRI… LA GELMINI SISTEMA AL CNR IL RETTORE GENNARO FERRARA
Raccontano i bene informati che Giancarlo Galan, ex ministro dei Beni culturali, vorrebbe
raccontare un’altra storia.
Non quella vietata e già impallinata dall’ironia delle nomine last-minute, crocevia di tanti governi più o meno balneari quando la fine è una prospettiva certa e il domani una comoda poltrona per qualcun altro.
Visti i nomi planati nelle commissioni cinema, però, le giustificazioni sull’obbligo di procedere alla sostituzioni delle precedenti (scadute a fine luglio) lasciano il proscenio alle valutazioni dei singoli.
Ed è lì, in quella terra di mezzo tra “Prendi i soldi e scappa” e la “Stangata” che il ragionamento lascia spazio all’ilarità o per usare le parole del ministro uscente «all’indignazione».
Assieme ai competenti, su tutti Laura Delli Colli e i critici omonimi, Valerio Caprara e Magrelli, il gran circo delle commissioni preposte a erogare denaro per oltre sei milioni di euro l’anno, è un zoo che riempie gli occhi.
Ci sono nuove specie e tipi umani in via di estinzione, vecchi leoni e pantere d’assalto.
Antonia Postorivo, moglie del senatore D’Alì, alla seconda esperienza (spostata di competenza, ma sempre lì, combattiva, saldamente al suo posto).
Poi Valeria Licastro, moglie del commissario dell’Agcom Antonio Martusciello, dama di compagnia delle relazioni istituzionali Mondadori.
Non si è mai occupata di cinema in vita sua, ma ruggirà nella sezione “riconoscimento culturale dei cortometraggi”.
L’occhiale del giornalista Carlo Puca di Panorama, esperto di politica, brillerà invece nella sottocommissione preposta alla promozione dei film d’essai, assise cult in cui di dividere il desco con Puca, si occuperà Gigi Marzullo, da anni, responsabile culturale di Rai 1, conduttore di “Cinematografo” sulla stessa rete, vera fucina di occupanti delle stanze ministeriali (dallo stesso programma anche il già citato Caprara e la conferma della moglie di Giuliano Ferrara, Anselma Dall’Olio, critica di Liberal, al quarto mandato).
Puca ha parlato con Michele Anselmi del Secolo XIX rilasciando dichiarazioni chiare sui criteri di elezione: “Qualche tempo fa andai a intervistare Galan per Panorama. Non lo conoscevo. Finita l’intervista, ci siamo messi a parlare d’altro, cordialmente. Qualche giorno dopo mi chiamò al telefono per propormi di far parte di una delle quattro commissioni per il cinema: “Vorrei che tu ci fossi””.
Puca ci sarà , benchè fanno sapere dal ministero, sarebbero giunte almeno quattro lettere in cui i neoesperti (bontà loro) rimetterebbero il mandato al gradimento del neo ministro dei Beni culturali, Lorenzo Ornaghi, altro esperto in materia.
Le nomine hanno avuto il via in equanime misura da Galan e dalla Conferenza stato regioni. Il ministro si difende sostenendo che a fine ottobre non c’era nessuna crisi di governo, ma anche se così fosse e a maggior ragione, un’attenzione più viva ai criteri di cooptazione sarebbe stata d’obbligo.
Al contrario, hanno vinto appartenenze politiche (nume tutelare il destrorso Alessandro Voglino, già direttore del Dipartimento cultura, spettacolo e sport della Regione Lazio guidata da Storace) e imperscrutabilità .
Il misconosciuto Ivo Rapa, ad esempio.
Nessuna esperienza cinefila. Nessuna esperienza artistica.
Secondo mandato, in quota Campania.
Mistero puro e caso diverso da quello di Gianvito Casadonte, inventore del Magna Grecia Film Festival che almeno, conosce il mestiere.
Nominare all’ultimo istante è una mania che da sempre assale gli uscenti di destra e sinistra e ogni ambito della vita nazionale.
Caso esemplare, trafitto dalla penna di Gian Antonio Stella, quello del 74enne Gennaro Ferrara, promosso dal ministro Gelmini, in difficoltà con tunnel e neutrini, al Cnr.
Nonostante, come ricorda Stella, Ferrara sia stato rettore della peggiore università del Paese, Parthenope, una delle più care amiche di Bisignani non si è dimenticata di lui.
Largo ai giovani e in alto i cuori. Della velocità della luce, Mariastella ha infine compreso la lezione.
Senza arrossire, a schiena dritta, fino alla prossima nomina.
Malcom Pagani
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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