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LEGA, TOSI IN RIVOLTA ANCHE CONTRO BOSSI: “LEADER NON PIU’ ELETTO PER ACCLAMAZIONE”

Gennaio 25th, 2012 Riccardo Fucile

NELLA LEGA CONTINUA LA GUERRA INTERNA…IL SINDACO DI VERONA CONTRO IL DIKTAT CHE BLOCCHEREBBE LA SUA LISTA: “MARONI E’ CON ME”

«Un giochino inaccettabile, che rischia di farci perdere le elezioni».
Flavio Tosi, sindaco leghista della città  scaligera così commenta l`ennesimo diktat comminato dal “federale” del, Carroccio: vietate le liste personali.
La sua lista Tosi nel 2007 prese il 16%, contro il 12% della Lega.
Ma adesso, stando agli ordini, il bis non ci sarà .
Lei ha già  detto che se non le permetteranno di presentare la sua lista, la Lega dovrà  cercarsi un altro candidato sindaco. Conferma?
«Assolutamente sì. So come abbiamo amministrato la città  in questi cinque anni e come dovremo comportarci nei prossimi cinque: servono condizioni di governabilità , la Lega a Verona non può vincere da sola, senza la lista Tosi».
C`è sempre il Pdl…
Il divieto del consiglio federale di presentare liste personali è un tentativo di impedirmi di scalare la leadership regionale L` aut aut sulla Lombardia? Le vicende giudiziarie dei consiglieri provocano nella nostra base malumori come per Cosentino e Papa. Un altro possibile risultato di questo giochino, che hanno fatto per questioni legate ai congressi nel Veneto…
Un momento: sta dicendo che si tratta di un provvedimento ad personam per impedirle di scalare la segreteria regionale?
«Difficile negarlo. C`è anche il tentativo di evitare il confronto tra i miei consensi personali e quelli di altri».
Tornando al Pdl?
«Una sua parte ci ha remato contro. Il caso più eclatante riguarda gli 86 milioni di finanziamento per i filobus: abbiamo rischiato di perderli perchè erano fermi al Cipe. L`ex ministro Altero Matteoli e l` ex sottosegretario all`Economia, il veronese Alberto Giorgetti, potevano sbloccarli, ma non l`hanno fatto. Ci ha dovuto pensare il governo Monti, appena si è insediato».
Dica la verità : questo can can sulla lista è legato alla guerra interna scoppiata nella Lega. Non a caso domenica Maroni verrà  a Verona a darle manforte.
«Bobo sa qual è la strategia vincente. E soprattutto la condivide».
Non basta, bisogna convincere Bossi, che però al “federale” di domenica ha ritirato fuori la storia del commissariamento della Lega veronese.
«Il ragionamento da fare è uno solo: è più conveniente che qui la Lega vinca insieme a una lista che in qualche modo le è complementare o che rischi di perdere, magari con il Pdl?»
Il governatore Zaia prevede che la sua lista ci sarà .
«Ha perfettamente presente qual è la strategia giusta per vincere».
E in Lombardia come andrà ? L`aut aut lanciato domenica da Bossi è stato ripreso da suo figlio Renzo, consigliere regionale.
«Le vicende giudiziarie che coinvolgono esponenti dell`amministrazione Formigoni provocano trai nostri gli stessi malumori che avevano i parlamentari della Lega di fronte ai casi Papa, Milanese, Cosentino ».
Renzo Bossi dice anche che domenica a Milano i fischi non erano per il Cerchio magico, ma per Monti.
«Sicuramente ce ne sono stati anche per il premier, ma non solo».
L`ex capogruppo Marco Reguzzoni sostiene di aver stretto la mano a Maroni: lei l`ha visto?
«Ero distratto».
«Bossi è sempre stato eletto per acclamazione, non so se in futuro andrà  ancora così»: l`ha detto lei, significa che la gara per la leadership è aperta?
«L`ho detto e lo confermo. Ora è aperta la gara ai congressi provinciali e regionali, già  fissati. Sarà  il “federale” a stabilire se ci saranno passi successivi».

Rodolfo Sala
(da “La Repubblica“)

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IL LEGHISTA FAVA CHE VOLEVA IL BAVAGLIO AL WEB RESTA SOLO COI PADAGNI

Gennaio 25th, 2012 Riccardo Fucile

L’EMENDAMENTO DI FAVA CONSENTE A QUALSIASI SOGGETTO INTERESSATO E NON SOLO ALL’AUTORITA’ PUBBLICA DI RICHIEDERE A UN FORNITORE DI SERVIZI INTERNET LA RIMOZIONE DEI CONTENUTI PUBBLICATI SULLA RETE

È una levata di scudi quello contro il “Fava”, l’articolo della legge comunitaria da ieri in discussione a Montecitorio.
Il provvedimento fatto approvare dal leghista Giovanni Fava sulla falsa riga del “Sopa” e del “Pipa” — le due leggi appena bloccate negli Usa da una imponente mobilitazione on line — prevede che un “contenuto illecito” che viola il diritto d’autore, possa essere eliminato dal web su richiesta dei “soggetti interessati” senza passare dalla decisione di un giudice.
L’allarme è stato lanciato la scorsa settimana dal giurista Guido Scorza e, dopo l’associazione Libertiamo, numerose associazioni e forze politiche hanno annunciato battaglia in Parlamento in una conferenza stampa che si è svolta questa mattina a Montecitorio.
Articolo 21, Libertiamo, Il Futurista e Agorà  Digitale, hanno presentato oggi le iniziative per bloccare il provvedimento. Emendamenti abrogativi del testo ora confluito nell’art. 18 della legge comunitaria, sono stati presentati Idv, Pd, Udc, Radicali e Pdl: tutti i partiti esclusa la Lega.
In Parlamento si lavora affinchè tutti gli emendamenti confluiscano in un unico provvedimento abrogativo che potrebbe essere votato nelle prossime settimane.
Dopo un iniziale stupore che ha colpito utenti e forze politiche, si delineano i retroscena del “Bavaglio al web” approvato in commissione Affari Costituzionali: appare per molti versi un’iniziativa personale del deputato leghista, un’iniziativa senza maggioranza tanto che anche il governo non ha preso posizione a riguardo e si è rimesso alla decisione dell’Aula.
Nella conferenza stampa di questa mattina tutte le forze politiche — con i relativi distinguo in base al diverso approccio in materia di difesa del copyright — si sono dette convinte che “la libertà  della
Rete va tutelata” e che questioni sensibili come quelle affrontate dal “Fava” vadano approfondite e discusse pubblicamente, e non possano essere oggetti di provvedimenti estemporanei.

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ORA CESARO PUO’ SUCCEDERE A COSENTINO

Gennaio 25th, 2012 Riccardo Fucile

ALFANO RISOLVE IL PROBLEMA, TOGLIENDO L’INCOMPATIBILITA’… UN ALTRO INQUISITO COORDINATORE REGIONALE DEL PDL

La Camera ha negato l’autorizzazione all’arresto di Nicola Cosentino, ma lui si è dimesso ugualmente da coordinatore del Pdl della Campania.
Un segnale che indicava la volontà  di rischiarare le ombre calate sul partito?
Forse, di certo non c’è stato un riscontro altrettanto netto nelle norme per la successione del prossimo coordinatore.
Infatti il segretario nazionale Angelino Alfano ha apportato una deroga al “Regolamento sulle incompatibilità ” che consente di fatto la candidatura di Luigi Cesaro, attuale presidente della Provincia di Napoli per il Popolo delle Libertà , ma anche coordinatore nel capoluogo campano e parlamentare.
Non solo: Cesaro, come Cosentino, è coinvolto nell’inchiesta su camorra, affari e politica che a dicembre ha portato in carcere oltre 50 persone, considerate vicine al clan dei Casalesi.
E alla seconda richiesta d’arresto per l’ex coordinatore regionale.
Lo scorso 6 dicembre il segretario nazionale aveva inviato una lettera ai dirigenti del Pdl per specificare quali cariche istituzionali fossero incompatibili con quelle partitiche.
Secondo quelle disposizioni Cesaro, che lo scorso novembre aveva promesso di non volersi ricandidare, non avrebbe potuto presentarsi al posto di Cosentino, perchè la carica di coordinatore regionale era incompatibile con quella di presidente della Provincia.
Fino al 19 gennaio, quando Alfano invia un’altra comunicazione — pubblicata in esclusiva da Dagospia — che riguarda “l’attuazione della seconda norma transitoria”. Viene modificato l’articolo 2: “Per quel che riguarda le incompatibilità  dei Presidenti, dei membri della Giunta e dei Capogruppo del Consiglio Provinciale”, si legge nel documento, tali posizioni “saranno considerate compatibili con gli incarichi di Coordinatore o Vice Vicario Regionale, Provinciale o di Grande città . Sono escluse da tale deroga le Province autonome di Trento e Bolzano”.
Tradotto: Cesaro potrà  candidarsi per sedere al posto di Cosentino.
L’attuale Presidente della Provincia è stato coinvolto negli anni ’80 in un processo per collusioni camorristiche finito con l’assoluzione, ma sul quale incombono le frequentazioni, peraltro ammesse, con alcuni boss cutoliani.
Poi le strade di Cesaro e Cosentino si incrociano sulle carte della Procura di Napoli lo scorso 6 dicembre quando quando il gip Egle Pilla firma l’ordinanza cautelare per l’ex coordinatore regionale, già  a processo per concorso esterno in associazione camorristica.
Cesaro viene indagato e coinvolto nell’inchiesta per un incontro con funzionari di Unicredit che dovevano assegnare un finanziamento a una impresa ritenuta espressione imprenditoriale del clan dei Casalesi, anche se, questa la sua versione ai magistrati, in quell’occasione si limitò ad accompagnare Cosentino.
Nello stesso giorno Alfano spedisce la lettera sulle incompatibilità , che verrà  poi reinviata modificata il 19 gennaio.
“Vale per noi il principio anatomico — aveva dichiarato il segretario lo scorso ottobre — basta con doppi, tripli e quadrupli incarichi. Umanamente siamo concepiti per occupare una sola sedia e chi con un solo posto vuole occupare tre sedie finisce per lasciarne due vuote e quindi non fare bene”.
Ma la realtà  potrebbe tradire le buone intenzioni e consentire a Cesaro di accedere alla carica di coordinatore regionale.

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SULLA “LEGGE SALINI” IL GOVERNO FA RETROMARCIA

Gennaio 25th, 2012 Riccardo Fucile

SALTA LA NORMA CHE INTERVENIVA NELLA BATTAGLIA TRA I SOCI D’AZIENDA… AVREBBE FAVORITO UNA GRANDE AZIENDA ROMANA

La legge Salini va in mille pezzi. Ieri il governo ha ritirato l’emendamento destinato a cambiare le regole sulle azioni proprie.
Un emendamento con efficacia transitoria, solo fino al 30 giugno, che avrebbe avuto come unico effetto pratico quello di consegnare il controllo della grande azienda di costruzioni romana a uno dei due rami della famiglia Salini da tempo in lite tra loro.
Il sottosegretario alla Giustizia Andrea Zoppini è quindi stato costretto a fare marcia indietro.
Proprio lui, l’avvocato e docente universitario entrato al governo nella squadra dei professori di Mario Monti, aveva presentato la nuova norma solo giovedì scorso in commissione giustizia del Senato.
E ieri, dopo che il Fatto Quotidiano ha svelato in un articolo i retroscena di quella che stava per diventare la “legge Salini”, l’emendamento si è arenato in commissione. Niente da fare, quindi.
Le regole sulle azioni proprie non cambiano.
E del resto, a parte il caso Salini, gli esperti del settore stentavano a individuare quale fosse l’interesse generale di una norma della durata di soli cinque mesi che interveniva su un tema appena regolato (dicembre 2010) dal precedente esecutivo su delega del Parlamento.
“Non è una ritirata del governo”, abbozza una replica del portavoce del ministero della Giustizia. “Abbiamo preso atto del diverso orientamento dei senatori”, spiega. In effetti, ieri Zoppini si è trovato di fronte all’opposizione pressochè compatta di tutti i membri della commissione.
E così, assieme alla norma sulle azioni proprie, sono stati ritirati anche altri emendamenti che non avevano niente a che fare con il decreto legge in discussione, che riguardava il “sovraindebitamento delle imprese e la giustizia civile”.
Alla Salini resta tutto com’è, con il capoazienda Pietro Salini, forte del 47 per cento del capitale, in lite con i figli di suo zio Franco, che hanno il 43 per cento, mentre il 10 per cento è bloccato sotto forma di azioni proprie, cioè di proprietà  della stessa Salini spa.
Zoppini invece è costretto a incassare una sconfitta bruciante.
Il primo scivolone di una carriera fin qui rapidissima, tra mille incarichi privati e pubblici e ottimi agganci su entrambi gli schieramenti politici.
Sono noti i suoi rapporti di amicizia con Enrico Letta, di cui fu collaboratore ai tempi dell’ultimo governo Prodi.
Nel 2007 il futuro sottosegretario alla Giustizia studiò un riassetto delle authority (Antitrust, Consob, Energia, Telecomunicazioni) che il centrosinistra provò (senza grande convinzione e senza successo) a trasformare in legge.
Le autorità  indipendenti sono uno dei cavalli di battaglia di Zoppini che ha pubblicato un volume sul tema.
A firmarlo con lui il suo amico e collega Giulio Napolitano, figlio del presidente della Repubblica.
Caduto Prodi, il rampante professore (insegna all’università  Roma Tre) è rimasto ben saldo in sella anche con Silvio Berlusconi.
Giusto l’anno scorso la Presidenza del Consiglio ha affidato una consulenza a Zoppini. L’incarico porta la firma di Gianni Letta. Il compenso è di 20 mila euro.
Poca cosa, tutto sommato, in rapporto al giro d’affari dell’avvocato.
Che due mesi fa è finalmente approdato al governo con la divisa del tecnico. Inciampato sulle azioni proprie.

(da “Il Fatto Quotidiano”)

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SCOSSE DI TERREMOTO NEL NORD ITALIA, EPICENTRO NEL REGGIANO, MAGNITUDO 4.9

Gennaio 25th, 2012 Riccardo Fucile

NELLA NOTTE AVEVA TREMATO IL VERONESE…STAMANE ALLE 9.06 HA CREATO ALLARME ANCHE A MILANO, TORINO E GENOVA

Una forte scossa di terremoto, poco dopo le 9 del mattino ha interessato il Nord Italia ed è stata distintamente avvertita dalla Lombardia al Veneto.
La scossa, di magnitudo 4.9 ha avuto epicentro nella pianura padana emiliana, in provincia di Reggio Emilia, a una profondità  di 33,2 chilometri.
Secondo quanto accertato dall’Istituto di Geofisica, i comuni più vicini all’epicentro sono Poviglio, Brescello e Castel di Sotto.
La scossa è stata avvertita nelle province di Mantova, Parma e Reggio Emilia. Il terreno ha tremato per qualche istante, allarmando i cittadini che hanno iniziato a telefonare ai Vigili del Fuoco. L’Istituto di Geofisica l’ha registrata alle 9.06 e l’ha definitiva significativa.
«È stata una scossa forte, l’abbiamo avvertita molto bene e siamo usciti in strada», dicono alcuni dipendenti comunali di Brescello, il paese di Peppone e don Camillo. «Abbiamo avuto un po’ di paura, poi ci siamo tranquillizzati – commentano – e dopo un po’ siamo rientrati in municipio. In Comune non ci sono stati danni, anche in piazza non se ne vedono».
La Prefettura di Reggio Emilia non ha ricevuto al momento segnalazioni di danni. Sono in corso ricognizioni nelle aree dove il sisma è stato avvertito, in coordinamento con l’Amministrazione provinciale, Comuni, vigili del fuoco, forze dell’ordine e protezione civile.
A Milano alcuni edifici sono stati fatti evacuare e molte persone si sono riversate per le strade: in centro, la gente si è riversata in strada in Piazzale Lugano e in piazza Cordusio, dove i clienti delle Poste sono letteralmente fuggiti dal palazzo.
Sono state temporaneamente evacuate molte scuole: diversi istituti scolastici hanno autonomamente deciso di far uscire i bambini e i ragazzi a scopo precauzionale, per poi farli rientrare.
In una dozzina di casi, la Polizia locale ha inviato pattuglie per aiutare gli insegnanti nelle operazioni di evacuazione e di rientro.
La scossa è stata sentita distintamente anche in Piemonte e in Emilia, nelle province di Parma e Reggio, dove in alcune abitazioni sono cadute suppellettili. Al momento non sono registrati danni a cose o persone.
La scossa è stata avvertita ai piani alti delle case anche in Toscana, in particolare a Firenze e nella Toscana nord-occidentale, nelle province di Lucca e Massa Carrara. Segnalazioni e telefonate in Val d’Aosta.
E anche in Trentino Alto Adige i vigili del fuoco di Bolzano hanno ricevuto una serie di chiamate di cittadini preoccupati.
Nella notte, poco dopo l’1, una forte scossa di magnitudo 4.2 era stata avvertita dalle popolazioni tra i comuni di Negrar, Marano di Valpolicella, Grezzano e San Pietro in Cariano, in provincia di Verona.
Non risultano danni a persone e cose. Secondo i rilievi registrati dall’Istituto Nazionale di Goefisica e Vulcanologia, l’evento sismico principale si è verificato alle 00,54, seguito all’1.05 da una replica di 2.1 gradi della scala Richter. Sono quattro in totale le scosse registrate nella zona delle Prealpi venete da martedì sera: le prime due, di magnitudo 2.7 e 2.1, sono state avvertite alle 20.41 e alle 20.49.

(da “Il Corriere della Sera“)

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DECRETO LIBERALIZZAZIONI: LO STATO PAGA I FORNITORI E TASSE PIU’ ALTE SUI REDDITI DA CAPITALE

Gennaio 25th, 2012 Riccardo Fucile

LA NOVITA’ DELL’ULTIMA ORA E’ IL PAGAMENTO DI 5,7 MILIARDI DI EURO AI CREDITORI DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E L’IMPOSTA DEL 20% PER I REDDITI DI NATURA FINANZIARIA

Il pagamento dei debiti della Pubblica amministrazione nei confronti dei fornitori per un totale di 5,7 miliardi: è questa la principale novità  contenuta nel testo finale del decreto per le liberalizzazioni che, trasmesso per le vie brevi ad alcuni senatori, e che è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale dopo la firma del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.
I circa 6 miliardi di pagamenti della Pubblica amministrazione ai creditori sbloccati con il decreto liberalizzazioni “sono una cifra limitata”, rispetto all’enorme ammontare dello scaduto, “ma si tratta pur sempre di 11mila miliardi di vecchie lire” ha detto il ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera, intervenendo a Ballarò.
Nel decreto, per i redditi da capitale ed i redditi di diversa natura finaziaria è prevista un’aliquota del 20 per cento.
Più alta, quindi, di quanto previsto l’estate scorsa in un provvedimento del governo Berlusconi.
Per il resto i 97 articoli confermano in gran parte le indiscrezioni circolate il giorno del varo da parte del Consiglio dei ministri, dalle norme sui taxi a quelle sulle farmacie (con mini ritocchi), da quelle sui notai alla possibilità  di creare Srl da parte di giovani con un solo euro, dal gas alla Rc Auto.
La vera novità  è rappresentata dalle misure per accelerare il pagamento dei crediti commerciali vantati da parte delle imprese nei confronti della amministrazioni statali.
L’articolo utilizza tre diverse forme di finanziamento per complessivi 5,7 miliardi.
2,7 miliardi saranno messi a disposizione riutilizzando i fondi speciali derivanti dai residui passivi; 1 miliardo, recuperato riallocando alcune poste contabili, servirà  ad estinguere i crediti relativi ai consumi intermedi; 2 miliardi saranno pagati tramite titoli di Stato e l’assegnazione di tali obbligazioni statali non sarà  computata nei limiti delle emissioni nette dei titoli di Stato indicata nella legge di bilancio.
Tra le novità  introdotte ci sono due articoli relativi alla filiera agroalimentare, le norme consentono l’attivazione di un volume di investimenti nel settore Food e No-Food quantificabili – spiega la relazione tecnica – in 250-300 milioni di euro, l’intervento – viene spiegato – assume carattere di urgenza in considerazione della fase di crisi economica e dell’esigenza di rilancio degli investimenti che, in particolare, il comparto attende da oltre tre anni.
Ma questa norma viene accompagnata anche da una disciplina sulle   “relazioni commerciali in materia di cessioni di prodotti agricoli e agroalimentari” che servono a limitare pratiche commerciali sleali che, vista la crisi, rischierebbero di ampliarsi nei prossimi mesi.
Tra le altre novità  un articolo prevede l’applicazione della deducibilità  degli interessi passivi per le società , a prevalente capitale pubblico, che forniscono acqua, energia, teleriscaldamento e servizi di smaltimento e depurazione. Alcune modifiche di dettaglio vengono introdotte anche per la tassazione delle rendite finanziarie con l’aliquota unica prevedendo la soppressione dell’esclusione della tassa del 20% sui redditi di capitale e sui redditi differenti di natura finanziaria (la norma ha valore interpretativo) ma anche l’applicazione dell’aliquota del 12,5% sui pronti contro termine su titoli pubblici emessi da Stati esteri e dell’11% sui fondi pensione Ue (per rispondere ad una procedura di infrazione comunitaria).
Nel testo vengono fissate con dettaglio anche le norme sull’autotrasporto e rispetto all’ultimo testo vengono introdotte alcune novità  che sembrano confermare la volontà  di sterilizzare l’effetto degli aumenti dei carburanti per il settore.
La modifica – spiega la relazione tecnica – si è resa opportuna per equiparare la normativa italiana a quella degli altri Paesi europei ma anche per limitare l’esposizione finanziaria che gli aumenti delle accise comportano in attesa del rimborso, che è oggi annuale e diventerà  trimestrale. Nella relazione tecnica infatti il governo riconosce che “i recenti aumenti delle accise sul gasolio per autotrazione stanno mettendo a dura prova la tenuta del comparto, che ha già  dovuto sopportare ulteriori rincari di altre voci di spesa come assicurazioni e manutenzione dei veicoli, in un contesto economico che è tuttora al di sotto dei livelli antecedenti alla crisi”.

(da “La Repubblica“)

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GRILLO FA IL LEGHISTA: “SENZA SENSO LA CITTADINANZA A FIGLI DI STRANIERI NATI IN ITALIA”

Gennaio 25th, 2012 Riccardo Fucile

GRANATA (FLI) GLI RICORDA CHE “E’ UNA QUESTIONE DI GIUSTIZIA E DI CIVILTA'”… E SUL WEB IL COMICO GENOVESE VIENE CRITICATO DALLA BASE DEL MOVIMENTO CINQUE STELLE: “BORGHEZIO NON POTEVA FARE DI MEGLIO”

Per il comico genovese è una proposta che serve solo a distrarre l’opinione pubblica, ma il Movimento 5 stelle di Torino prende le distanze e voterà  un ordine del giorno per l’adesione della Città  alla campagna.
Dura la reazione del Pd. Livia Turco:”E’ fuori di testa. Questa e’ una legge per rendere italiani i bambini stranieri che nascono nel nostro paese”
Beppe Grillo ha criticato la proposta di concedere la cittadinanza sulla base dello ‘ius soli’ ai figli di immigrati nati in Italia.
“E’ senza senso. O, meglio, un senso lo ha — ha scritto il comico genovese sul suo blog – Distrarre gli italiani dai problemi reali per trasformarli in tifosi. Da una parte i buonisti della sinistra senza se e senza ma che lasciano agli italiani gli oneri dei loro deliri. Dall’altra i leghisti e i movimenti xenofobi che crescono nei consensi per paura della liberalizzazione delle nascite”.
Le frasi di Grillo hanno fatto in breve tempo il giro del web e la rete non ha risprmiato dure critiche al fondatore del Movimento 5 stelle: “Bravissimo. Borghezio non saprebbe fare di meglio”, attacca l’utente Alessandro Cavalotti, mentre per Franco Barilozzi, che scrive da Lussemburgo, “la cittadinanza a tutti coloro che sono nati in Italia è un semplice atto di civiltà ”. E anche all’interno dello stesso   Movimento 5 stelle c’è chi ha preso le distanze da queste dichiarazioni.
Il Movimento 5 Stelle di Torino ha fatto sapere che voterà  un ordine del giorno per l’adesione della Città  alla campagna sulla cittadinanza: “Dopo ampia consultazione in rete, — si legge in un post — abbiamo deciso di votare favorevolmente perchè così vuole la stragrande maggioranza dei nostri simpatizzanti ed elettori che si sono espressi”.
Forti critiche alla presa di posizione di Grillo arrivano anche dal mondo della politica.
“Sullo ius soli — ha dichiarato Andrea Sarubbi, deputato del Pd e primo firmatario del testo di riforma bipartisan sulla cittadinanza — si possono avere opinioni diverse, ma le argomentazioni con cui Beppe Grillo liquida sul suo blog il problema della cittadinanza ai figli degli immigrati non sono degne di una risposta a 5 stelle”.
E Livia Turco, responsabile Immigrati del Pd, è stata ancora più netta: “Grillo è fuori di testa. Noi vogliamo si approvi una legge per dare la cittadinanza ai bambini che nascono in Italia, il prima possibile”.
E anche a destra non sono piaciute le dichiarazioni del comico genovese. Fabio Granata, vice coordinatore nazionale di Fli, ha commentato: “Deluderò Beppe Grillo, ma pur essendo un uomo di destra con un percorso politico a destra, ritengo la cittadinanza ai nuovi italiani una questione di giustizia e di civiltà  legata a una visione politica e laica della cittadinanza e della partecipazione ai destini della nazione. Una visione, questa, che nel suo qualunquismo generalista, Grillo probabilmente non riesce nè a cogliere, nè a comprendere. La cittadinanza ai nuovi italiani riguarda un milione di ragazzi nati in Italia e culturalmente italiani, figli di migranti, regolarmente residenti in Italia e che contribuiscono per oltre l’11% al Pil nazionale”.

(da “Il Fatto Quotidiano”)

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LA RIVOLTA DEI DEPUTATI: “DICIOTTO RICORSI CONTRO LA RIFORMA DEI VITALIZI”

Gennaio 25th, 2012 Riccardo Fucile

A BREVE SARANNO ESAMINATI I FASCICOLI PRESENTATI DAI DEPUTATI CONTRO IL PASSAGGIO AL CONTRIBUTIVO E L’INNALZAMENTO DELL’ETA’ PENSIONABILE… L’ON. CONSOLO CHE PRESIEDE: “SI E’ SCATENATO IL PUTIFERIO”

“Guardi, si è scatenato un putiferio che non potevo neanche immaginare, quindi ho deciso: quei fascicoli li ho chiusi in cassaforte. E siccome non c’è nessuna urgenza ho già  avvertito Ignazio Abrignani e Tino Iannuzzi che sono in Consiglio di Giurisdizione con me: ci riuniamo il primo febbraio e decidiamo cosa fare”.
L’avvocato (e deputato finiano) Giuseppe Consolo nella sua carriera da penalista ne ha viste di cotte e di crude.
Ma ora che ha per le mani i ricorsi presentati da alcuni deputati contro la riforma dei vitalizi è un uomo sfinito.
Inutile cercare di estorcergli particolari.
Di quelle proteste recapitate al “tribunale” di Montecitorio scoperte dall’agenzia Dire si sa solo che sono 18.
Ma c’è tempo fino al 14 febbraio per fare ricorso. Solo allora scatteranno i 60 giorni a disposizione dei deputati per impugnare la delibera con cui l’ufficio di Presidenza della Camera ha deciso di trasformare il sistema previdenziale in contributivo e di alzare a 65 anni l’età  pensionabile per chi è rimasto 5 anni in Parlamento.
E non tutti hanno gradito.
Ci sono i deputati alla loro prima legislatura che non accettano il cambio in corsa: quando si sono candidati le regole erano diverse, se avessero saputo come andava a finire non si sarebbero messi in lista.
Poi c’è chi contesta l’allungamento dell’età : prima il diritto alla pensione si maturava a 50 anni, ora minimo a 60, se hai fatto dieci anni di Aula.
E due lustri in una vita fanno la differenza.
Poi ci sono gli ex deputati.
Magari anche quelli freschi di dimissioni: Adriano Paroli, per esempio, viene dato tra i ricorrenti.
Ha lasciato la Camera quattro giorni fa, il 17 gennaio, costretto (da una sentenza della Corte Costituzionale recepita dalla giunta delle elezioni di Montecitorio) a scegliere tra la sua poltrona di sindaco di Brescia e lo scranno da deputato.
Come lui, hanno appena salutato i colleghi deputati anche i Pdl Giulio Marini (primo cittadino a Viterbo) e Marco Zacchera (Verbania).
Pare che tra i 18 ribelli della casta (un gruppo assolutamente “trasversale”) ci sia un alto tasso di leghisti, tra cui Daniele Molgora.
Stanno all’opposizione del governo Monti e, già  che ci sono, anche dei tagli ai costi della politica.
D’altronde proprio del Carroccio sono due dei tre deputati che hanno lasciato la Camera entro il 31 dicembre, prima che scattasse il nuovo regime pensionistico.
Ettore Pirovano, per esempio, si è improvvisamente reso conto che da due anni e mezzo ricopriva un doppio incarico: così, nonostante non fosse obbligato a dimettersi, ha lasciato il Parlamento per fare solo il presidente della provincia di Bergamo.
Lo stesso il leghista Luciano Dussin, che ha preferito rimanere sindaco di Castelfranco Veneto.
Nel giro di tre mesi, Consolo, Abrignani e Iannuzzi dovrebbero venire a capo della questione.
Da una parte ascolteranno i legali dei deputati che hanno fatto ricorso, dall’altro terranno conto delle ragioni dell’amministrazione della Camera.
La battaglia si preannuncia seria. Ma tra i parlamentari che masticano il diritto quasi nessuno crede che stavolta gli highlander del vitalizio riusciranno a spuntarla.

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LA NUOVA LAUREA ORA VALE QUANTO IL DIPLOMA

Gennaio 25th, 2012 Riccardo Fucile

STUDIO DELLA FONDAZIONE AGNELLI: LA TRIENNALE FA TROVARE LAVORO, MA CON STIPENDI SEMPRE PIU’ BASSI

I “nuovi laureati” sono aumentati rispetto ai “vecchi”, e per la gran parte provengono da famiglie che non hanno mai conosciuto l’università .
Ma – una volta trovata occupazione – guadagnano meno dei predecessori, e minimo appare il vantaggio retributivo nel confronto con i diplomati.
Fine di un’illusione? Ai nuovi laureati è dedicato il rapporto della Fondazione Giovanni Agnelli che sarà  presentato ieri alla Laterza dal direttore Andrea Gavosto e dal ministro Elsa Fornero.
È il primo tentativo di fare un bilancio della “riforma del 3 più 2” alla prova del mercato del lavoro.
Sulle “luci” – l’allargamento della base sociale e l’aumento della percentuale di laureati nella popolazione – sembrano prevalere le “ombre”.
Un parziale fallimento testimoniato anche dalla recente riduzione delle immatricolazioni dopo lo spettacolare picco dell’esordio, segno della disillusione delle famiglie.
Inutile dunque prendere una laurea? Conclusione frettolosa e sbagliata, suggerisce il rapporto. Laurearsi significa avere maggiori probabilità  di impiego. Occorre però che università  e imprese facciano molto meglio. I “nuovi laureati” triennali sono ancora all’inizio del loro percorso professionale.
Prematuro, forse, tracciarne un’analisi.
Ma alcuni indizi sono sufficienti per correggere radicati clichè.
L’università  come fabbrica di disoccupati intellettuali? No, questo non è vero.
Con la nuova laurea triennale si trova lavoro. E si trova anche di più rispetto a prima, soprattutto a causa dei contratti flessibili.
Ma le condizioni sono molto meno favorevoli nel confronto con la vecchia laurea.
Se al principio di questo decennio un laureato guadagnava il 20% in più rispetto a un diplomato, oggi il vantaggio è ridimensionato (14%), e per i giovani al di sotto dei 35 anni è calato al 9 per cento. In altre parole, per assicurarsi un impiego i “nuovi laureati” hanno dovuto accettare mansioni vicine a quelle d’un diplomato.
Tutto questo a favore delle imprese? Si potrebbe supporre di sì.
I “nuovi laureati” dovrebbero disporre di maggiori conoscenze rispetto ai colleghi diplomati, a tutto vantaggio della produttività  dell’azienda.
Ma in realtà  questo non succede. «La produttività  del sistema Italia», si legge nel rapporto, «è stata molto deludente proprio negli anni in cui aumentava l’accumulazione del “capitale umano”». Le conclusioni sono poco rassicuranti: “l’accumulazione” era solo apparente, «dovuta alla classificazione nella categoria di “laureato” di lavoratori in realtà  meno qualificati rispetto ai predecessori».
In altre parole, il profilo delle competenze dei “nuovi laureati” non risulta adatto alle esigenze del mercato.
Fin qui le responsabilità  sembrano ricadere sull’Università , più attenta alla protezione degli interessi accademici che alle esigenze formative degli studenti.
Ma il rapporto della Fondazione Agnelli non assolve neppure le imprese, che tendono a prediligere le lauree magistrali, rinunciando a promuovere la formazione.
«Ancora percepiscono in modo confuso le novità  della riforma», dice Gavosto, «non distinguendo tra un titolo e l’altro e tra un’università  e l’altra».
Conclusione del rapporto.
Di ampliamento degli accessi c’era e c’è bisogno. L’Italia si presentava – e ancora si presenta – con tassi di iscrizione e di conseguimento di titoli universitari assai inferiori alla media europea e dei paesi Ocse.
Ma occorrerebbe distinguere tra le diverse funzioni del sistema universitario, tra la formazione generale di base triennale, la formazione professionalizzante e la formazione magistrale/dottorale. «Ciascuna richiede competenze diverse e non tutti gli atenei sono in grado di garantirle. Anche l’università  italiana ha dunque bisogno di differenziarsi, abbandonando il principio che tutti sanno fare tutto».
Senza questa diversificazione, sarà  difficile restituire peso alla laurea.

Simonetta Fiori
(da “La Repubblica“)

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