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BOLLETTE ALLE STELLE PER LE AZIENDE ITALIANE: 10 MILIARDI IN PIU’ RISPETTO ALLA MEDIA EUROPEA

Agosto 25th, 2012 Riccardo Fucile

LA REGIONE PIU’ PENALIZZATA E’ LA LOMBARDIA, CON 2,3 MILIARDI DI EURO DI MAGGIORI COSTI… ALTRO CHE COMPETITIVITA’ SUI MERCATI

Un caro-bollette così non si poteva proprio immaginare.
Gli imprenditori italiani pagano l’elettricità  10 miliardi in più (l’anno) rispetto alla media europea.
È quanto emerge da un’analisi condotta da Confartigianato che ha misurato lo spread Italia-Ue per i costi dell’energia elettrica utilizzata dalle imprese.
LA CARTINA
I risultati? Se a livello nazionale, lo scorso anno, gli imprenditori hanno pagato 10.077 milioni di euro in più rispetto alla media europea, il conto più salato tocca alle aziende del Nord che complessivamente nel 2011 hanno sborsato per l’energia elettrica 5.848 milioni di euro in più rispetto ai loro colleghi dell’Ue.
Il divario con l’Europa è di 2.492 milioni di euro per le imprese del Mezzogiorno e di 1.737 milioni di euro per le aziende del Centro.
Le Regioni più penalizzate sono proprio quelle a maggior concentrazione di imprese: prima tra tutte la Lombardia (2.289 milioni di euro di maggiori costi rispetto alla media Ue), seguita dal Veneto (1.007 milioni di euro in più) dall’Emilia Romagna (con 904 milioni) e dal Piemonte (con 851 milioni).
LA CLASSIFICA
Milano guida la classifica provinciale per il più ampio divario di oneri per le imprese rispetto all’Europa , con un gap di 555 milioni di euro, seguita da Brescia (467 milioni euro), Roma (447 milioni euro), Torino (343milioni euro), Bergamo (293 milioni euro).
E così, se in media, ogni azienda italiana paga l’energia elettrica 2.259 euro all’anno in più rispetto agli imprenditori europei, questo gap si allarga per le imprese del Friuli Venezia Giulia (4.108 euro), della Sardegna (3.471 euro per ciascuna impresa), della Lombardia (2.791 euro).
«In Italia – precisano da Confartigianato – la corsa dei prezzi dell’elettricità  per uso industriale sembra inarrestabile: tra il 2009 e il 2011 sono aumentati del 17,4%, a fronte del + 9,5% registrato nell’Eurozona».
LE TASSE
«Il costo dell’energia elettrica per uso industriale – conferma il Presidente di Confartigianato Giorgio Guerrini – è una delle tante zavorre che frenano la corsa delle imprese italiane».
Tra il 2010 e il 2011 i rincari si sono attestati all’11%, mentre nell’Ue si sono fermati al 5,9%. Tutto ciò non ha fatto che allargare la distanza tra il nostro Paese e l’Europa: nel 2009 il gap per il costo dell’elettricità  era del 26,5% per salire al 29,4% nel 2010 e al 35,6% nel 2011. Ciliegina sulla torta, la pressione fiscale che sulla bolletta energetica delle imprese incide per il 21,1% sul prezzo finale dell’elettricità .

(da “il Corriere della Sera”)

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SE SI VOTA NON VINCE NESSUNO

Agosto 25th, 2012 Riccardo Fucile

ADOTTEREMO UN SISTEMA CHE E’ UN MIX GRECO-TEDESCO DOVE NESSUN PARTITO POTRA’ DETTARE LEGGE E NON VI SARA’ UN LEADER VITTORIOSO… L’INTESA TRA I PARTITI SARA’ SUCCESSIVA AL VOTO COME AI TEMPI DELLA PRIMA REPUBBLICA

I leader politici già  lo sanno e gli italiani lo sapranno presto: con la riforma elettorale in gestazione e oramai vicina al traguardo, tutto è stato calibrato per garantire due obiettivi minimali.
Comunque vadano le elezioni, nessuno dei tre partiti di maggioranza avrà  molto da perdere in termini di rappresentanza, mentre al più forte di loro sarà  garantito un premio, ma non è affatto detto che l’additivo sia sufficiente per conquistare la maggioranza dei seggi in Parlamento.
Nella notte delle elezioni, agli italiani potrebbe essere negata l’istantanea ormai rituale in tutte le democrazie del mondo: la consacrazione del leader vittorioso.
Per sapere chi governerà  il Paese occorrerà  attendere che le forze politiche trovino in Parlamento l’equilibrio «giusto».
Un esito da «no contest» che i leader dei partiti già  conoscono, per effetto delle simulazioni riservate che hanno condotto in queste ultime settimane e che ora è confermato anche da uno studio indipendente, realizzato dall’Istituto Cattaneo.
Dunque, se alla fine si dovesse andare a votare oggi col sistema sul quale si è trovato un compromesso, nessun partito vincerebbe.
E diventerebbe obbligatoria una qualche coalizione, anche se in campagna elettorale se ne fosse negata l’opportunità .
In vista del traguardo, in queste ore, si stanno moltiplicando i segnali di fumo, le indiscrezioni pilotate, le polpette avariate.
E si capisce perchè: nelle prossime quattro settimane si deciderà  il destino di questa legislatura e anche della prossima.
E indirettamente si determinerà  anche la platea che sarà  chiamata ad eleggere il nuovo Capo dello Stato.
Tutto è intimamente intrecciato: la trattativa sulla legge elettorale, il destino del governo, il possibile scioglimento anticipato della legislatura.
Ogni segmento tiene l’altro.
Anche i partiti, nei giorni della formazione del governo Monti, ebbero subito chiaro quali sarebbero stati i loro compiti a casa.
Compiti da ripetenti: scongelare quel pacchetto minimo di riforme istituzionali di cui si chiacchiera da decenni e scardinare finalmente il Porcellum.
Nella storia delle democrazie, le leggi elettorali sono quasi sempre l’espressione di un assetto sociale, di un’idea di Paese.
Così è stato nell’Inghilterra dei collegi uninominali, nella Francia della Quinta Repubblica e anche nell’Italia del 1993, quando la prima riforma elettorale dopo 47 anni, il Mattarellum, fu chiamata a fronteggiare il crollo della Prima Repubblica.
E’ nel 2005 che cambia l’approccio: Berlusconi fa una riforma, il Porcellum, finalizzata ad un calcolo preciso, sgonfiare il più possibile il probabile successo dell’Unione di Prodi.
In sette anni quella legge, intimamente anti-democratica per via del sistema dei nominati, è diventata indigeribile per tutti.
Il Capo dello Stato si è incaricato di ricordarlo spesso, pungolando i partiti, fino a costringerli ad agire.
Pd, Pdl e Udc — lasciate cadere le suggestioni maggioritarie dell’ispano-tedesco del «Vassallum» e quella del semipresidenzialismo — stanno per partorire un marchingegno che, in prospettiva, possa consentire di liberarsi delle coalizioni eterogenee e rissose di questi anni e costruire un nuovo bipolarismo attorno a due grandi partiti.
Con un inconveniente: sul breve periodo, Pd e Pdl sono diventate due forze «bonsai», politicamente incapaci di essere i partiti-guida del sistema.
Nei prossimi giorni si capirà  se il minimo comune denominatore raggiunto tra i partiti corrisponderà  anche al miglior compromesso possibile.
Se avremo cioè una legge da più legislature, oppure, come ha riconosciuto un professore in politica come Gaetano Quagliariello, si andrà  verso «una legge di transizione».
In questi anni si è molto sorriso sugli esotici modelli elettorali via via proposti dai partiti — l’ungherese, l’israeliano, l’australiano — e forse proprio per effetto di questi precedenti nessuno ha avuto ancora il coraggio di battezzare il sistema in arrivo.
Eppure, gli impianti che lo ispirano sono chiari: il proporzionale «personalizzato» nei collegi è mutuato dalla legge tedesca; il premio al primo partito è lo stesso in vigore in Grecia.
Se non interverranno significativi ripensamenti, l’Italia sta per adottare un sistema «greco-tedesco»: originale mix ispirato al Paese più solido e a quello più sofferente d’Europa.

Fabio Martini
(da “La Stampa”)

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LA NUOVA LEGGE ELETTORALE ALL’ESAME DI BERLUSCONI

Agosto 25th, 2012 Riccardo Fucile

VERDINI AD ARCORE CON TESTO E LE SIMULAZIONI DI VOTO PER LA DECISIONE FINALE

Occhi puntati sul villone di Arcore, perchè di lì passerà  la bozza della nuova legge elettorale. E l’interrogativo che appassiona gli addetti ai lavori (per il momento soltanto loro) è: Berlusconi darà  il via libera?
Oppure succederà  come sulla riforma della Costituzione, quando un accordo con il Pd praticamente fatto era stato stracciato in mille pezzetti?
Lo scopriremo lunedì, non appena torneranno a incontrarsi i negoziatori dei partiti.
Verdini porterà  a Migliavacca (lo sherpa di Bersani) e a Cesa (che è il segretario Udc) la risposta del Cavaliere.
Non che Silvio sia stato fin qui tenuto all’oscuro.
Come è ovvio, l’hanno informato passo passo sui progressi della trattativa e sulle grandi linee del sistema che rimpiazzerà  il «Porcellum».
Però restano certi dettagli niente affatto secondari da mettere a fuoco.
Cosicchè entro oggi alle 18, cioè prima che il Milan scenda in campo con la Sampdoria e prima che Berlusconi si tuffi nel match, Verdini si presenterà  dal Capo con un malloppo di carte su cui in pochissimi nel Pdl hanno potuto gettare lo sguardo: sono i termini dell’accordo preliminare già  raggiunto con il Pd, più una serie di simulazioni elettorali.
L’impianto della bozza è quello solito proporzionale, con una soglia del 5 per cento alla Camera e dell’8 al Senato.
Il partito che risultasse vincitore, anche per un solo voto, sarebbe premiato con un «bonus» del 15 per cento, in pratica una novantina di seggi a Montecitorio.
Un terzo degli onorevoli verrebbe individuato tramite piccole liste bloccate, chi piazzarci lo deciderebbero (come accade oggi) le segreterie dei partiti.
Gli altri due terzi dei seggi verrebbero selezionati col meccanismo dei collegi uninominali.
Per evitare che i leader subiscano l’onta di una bocciatura, pare che verrà  concesso loro di candidarsi in più collegi: casomai andasse male da una parte ci sarebbe sempre il paracadute dall’altra…
Dal giro berlusconiano i segnali sono tutti favorevoli, uno stop dell’intesa viene considerato molto improbabile.
Di sicuro non se lo aspettano nel Pd dove anzi sono certi che la legge si farà  in quanto, motteggiano dalle parti di Bersani, il Cavaliere «più di tutti ha interesse a sbarazzarsi del Porcellum, figurarsi se si farà  del male da solo…».
Tuttavia può accadere (di qui quel poco o tanto di suspense) che Berlusconi storca il naso su qualche dettaglio; e comunque non risulta che abbia tutta questa dannata fretta di concludere, semmai il contrario.
Qui si entra nel regno della dietrologia, dove sempre labile è il confine tra il certo e l’incerto. Ma la sostanza è che, una volta pattuita la riforma, l’Italia si troverebbe virtualmente in campagna elettorale.
Il Cavaliere non si sente ancora pronto per affrontarla, in quanto lui stesso deve prima rispondere alla madre di tutte le domande: «Mi candido oppure no?».
Qualcuno dei suoi sostiene che è tutta scena, Berlusconi in cuor suo sa già  che fare, sfoglia la margherita per tenere viva l’attenzione su di sè in attesa del grande annuncio.
Altri, invece, ritengono che il dubbio sia autentico, frutto di un vero tormento anche personale, di qui il possibile traccheggiamento sulla riforma.
Nè pare che la visita di Alfano in Sardegna, due giorni ospite a Villa La Certosa, abbia contribuito a sciogliere il puzzle.
La candidatura del Cavaliere al momento è più sì che no, diciamo 60 e 40, o forse anche 70 e 30; però il margine di incertezza persiste.
Qualcuno sostiene addirittura che sia cresciuto.
L’unica prospettiva davvero esclusa, nei due giorni di colloquio tra il Fondatore e il Segretario, sembra quella del listone unico dove inglobare indistintamente tutti i nemici della sinistra, da Storace a Rotondi, da Sgarbi a Miccichè, un caravanserraglio variopinto e cacofonico.
«Non se ne parla nemmeno», assicurano dalle parti di un Alfano molto rinfrancato.
Casomai alla fine Silvio dovesse gettare la spugna, tornerebbe in auge proprio Angelino che, agli occhi del padre-padrone, ha il merito impagabile di essersi dimostrato umile e leale al punto da inghiottire un’alleanza in Sicilia con l’odiato Lombardo.
Tutto può ancora accadere, in Berlusconia.

Ugo Magri
(da “La Stampa”)

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BERSANI PREOCCUPATO DAGLI UMORI ANTI-MONTI DELLA BASE DEL PARTITO

Agosto 25th, 2012 Riccardo Fucile

CRESCE IL MALESSERE DEI MILITANTI DEL PD E IL SEGRETARIO CORREGGE LA ROTTA IN VISTA DEL VOTO

C’è un umore inquieto che spira dalle Feste del Pd di tutta Italia e Pier Luigi Castagnetti, uno dei pochi battitori liberi del partito, lo racconta così: «Dagli applausi e dai dissensi dei simpatizzanti affiorano due sentimenti molto forti e che si ripetono puntualmente: Monti è stato una necessità  ma quello non è il governo del Pd. E poi, puntualmente, scatta il battimani per chi si scaglia contro la casta».
Questi umori, da diverse settimane, attraversano le centinaia di feste del Pd (e dell’Unità ) e d’altra parte, da 50 anni proprio queste sensazioni aiutano i dirigenti della sinistra a capire l’aria che tira tra la sua gente.
Sono stati anche questi umori della base ad incoraggiare Pier Luigi Bersani nella sua presa di distanza dal governo nella sua intervista a “la Repubblica”?
Nelle centinaia di feste del Pd che si sono svolte a giugno, a luglio e ad agosto, oltre ad una grande presenza complessiva, una certa latitanza dai dibattiti politici e un calo degli incassi, tutti i dirigenti impegnati sono concordi nel sottolineare una diffusa insofferenza verso il governo dei tecnici.
Racconta il senatore Paolo Nerozzi, già  numero due della Cgil di Cofferati: «All’inizio la nostra gente capì la necessità  della scelta dei tecnici, persino la riforma delle pensioni in qualche modo fu sopportata. Ora, alla prova dei fatti, è come se “tornasse” tutto su. Senti frasi come: questi stanno esagerando, concedono troppo al centrodestra e alla banche, se degli esodati non si erano accorti, che tecnici sono?».
L’altro grido di dolore di militanti e simpatizzanti riguarda invece la cosiddetta casta.
Dice Sandro Gozi, uno degli emergenti nel gruppo dei quarantenni: «Ci sono due argomenti che fanno scattare subito gli applausi: quando invochi più equità  e quando sostieni che il Paese ha bisogno di nuovi protagonisti e nuove idee. E gli applausi sono più forti quando esci dal “frame” mediatico “Renzi contro Bersani” e poni il tema del rinnovamento in termini non personalistici».
Certo, finito lo spauracchio di Berlusconi, il segretario del Pd sta puntando a dare al partito una identità  diversa dall’antiberlusconismo, dichiaratamente di sinistra, sociale e laica e dunque la svolta sul governo apre di fatto la campagna elettorale dei Democratici.
In questa connotazione di sinistra finiscono per confluire vecchie “passioni” che sembravano sopite.
Esemplare un commento pubblicato dall’Unità  (L’eredità  di Togliatti e il Pd) iniziativa non ascrivibile al Pd in quanto tale, ma sintomatica dell’”aria che tira”.
Michele Prospero dopo aver parlato del «realismo alla Cavour» di Togliatti e averne elogiato senza riserve la figura storica. indica «l’officina» del Migliore come «una miniera» per il Pd. Figura estremamente controversa nella storia della sinistra, segretario del Pci nell’epoca staliniana, la figura di Togliatti è stata oggetto di un’opera revisione storica anche dentro il Pci, al punto che, nel 1989, sull’Unità  comparvero articoli molto critici di Alberto Asor Rosa e Biagio De Giovanni.
La questione sembrava chiusa al congresso dei Ds del 2000, quando l’allora segretario Veltroni ricordò la terribile invettiva di Togliatti contro Carlo Rosselli («Un dilettante da poco»), concludendo che il comunismo era stato «una tragedia».

Fabio Martini

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FESTA DEMOCRATICA SI PARLA DI TUTTO, QUINDI DI NIENTE

Agosto 25th, 2012 Riccardo Fucile

IL DIBATTITO RESTA UN MONOLITE CHE NON AFFRONTA MAI I PROBLEMI

L’attesa è spasmodica, il traffico andrà  in tilt, l’entusiasmo sarà  parossistico. Ore 18, Area Dibattiti Pio La Torre. Ressa indicibile per l’avvincente tema: “Per la buona politica:
quale riforma dei partiti?”.
Modera Stefano Menichini, monologa Giuliano Amato.
Scariche di adrenalina pura, quasi come i Jefferson Airplane all’Isola di Wight 44 anni fa.
E’ cominciata, a Reggio Emilia, la quinta Festa Nazionale del Partito Democratico. Il cartellone, come sempre, è di livello.
Da Roberto Benigni ad Alessandro Bergonzoni, da Mauro Pagani a Nada, dal Tributo a Lucio Dalla (con il Bersani bravo, Samuele) a Goran Bregovic.
Settimane di musica, riflessioni, ritrovi. E tendenze, più o meno dichiarate.
La prima, meramente giornalistica, è che per il Pd vanno bene tutti, ma proprio tutti — infatti c’è anche Alessandro Sallusti — tranne Il Fatto Quotidiano. L’unico giornale non invitato. Entrambe le parti sopravviveranno serenamente all’assenza reciproca, beninteso, ma è forse un dato da rilevare : dialogo uber alles, anzitutto con chi in fondo la pensa come noi (i berlusconiani), però chi ci critica è altamente sgradito.
C’era una volta Zdanov.
Questa tendenza, peraltro, rischia di generare un effetto-cloroformio: Luisella Costamagna che celebra il romanzo di Walter Veltroni, Luca Sofri che titilla Matteo Renzi.
E l’ubiquo Menichini che parlerà  — si direbbe da solo — “di Europa, dalla carta all’online”.
Botte di vita.
Se il feticismo per la sobrietà  è comprensibile, desiderare la catatonia degli astanti è cosa sadica.
La Festa del Pd si caratterizza per la fiducia cieca nel monolite di sempre: il “dibbattito”, rigorosamente con due “b” (e altrettante palle, talora).
Temi alti, titoli severi. E un che perenne di solenne.
Era già  così quando Benigni — al tempo Cioni Mario — scherzava sulla schizofrenia dei “compagni”.
Da una parte la minuscola Pci toscana di Vergaio che si prefiggeva di risolvere la questione mediorientale, dall’altra lo storico dibattuto di Berlinguer ti voglio bene: “E dopo, anche in base a i’ famoso proverbio, tira più un pelo di fica che du’ paia di bovi, do la parola alle signorine. Ecch’ i’ tema! Pole la donna permettisi di pareggiare coll’omo? No”.
Il dib(b)attito al tempo del Pd è un po’ diverso.
Meno ironico, più penitenziale.
Un mix di moniti, contraddizioni generazionali e sempiterni manchismi.
Così come suona curioso chiedere a Giuliano Amato quale sia la buona politica, sfugge il perchè debbano essere Dario Franceschini e Pierferdinando Casini a rispondere al quesito (appena impegnativo): “Quale politica per il futuro?”.
Tanto vale chiedere ricette vegane ai macellai.
Preoccupa anche il dib(b)attito di lunedì 27 agosto, ispirato al testo di Fabrizio Rizzi “Berlusconi, finale di partita”. Relatori: Pierluigi Castagnetti, Ugo Sposetti, Alessandro Sallusti. Almeno un antiberlusconiano non avrebbe stonato.
I titoli dei dib(b)attiti trasudano l’antica e mai appagata voglia di cilicio: guai a divertirsi, la vita è dolore e periremo tra atroci sofferenze. Anzitutto se di sinistra.
Che la stoica flagellazione abbia dunque inizio: ieri ce lo chiedeva il popolo , oggi l’Europa. “Come rilanciare la scuola ai tempi dello spread” (wow): “Ritorno alla terra, ritorno al futuro. Per una politica di tutela del suolo agricolo italiano” (slurp).
Accanto a incontri stimolanti (“A 30 anni da quel terribile 1982”) e belle presentazioni di libri, ci si imbatte in appuntamenti quasi minacciosi. Tipo: “Torniamo a discutere del sud”.
Che sarebbe anche bello, ma se tale proposito significa ascoltare Raffaele Fitto, è lecito darsi malati (con notevole buonsenso, l’incontro successivo in programma è “Manuale di sopravvivenza”: forse per rianimare gli eventuali superstiti).
Il programma della Festa è un profluvio di interrogativi.
A Reggio Emilia sarà  tutto un domandarsi; un alambiccarsi: un elucubrare assai pensosi. “Quale politica per il futuro” (si noti: lo chiedono a Nicola Latorre); “Quali riforme per la giustizia” (tra i relatori c’è Andrea Orlando, mica Cordero o Zagrebelsky); “Quali diritti per le coppie gay”.
Dilemmi nobilissimi, ma non si capisce se il pubblico sia chiamato per ascoltare le risposte o — piuttosto — per darle.
Giusto per ovviare alla mancanza di sintesi ideologica della coltissima dirigenza (a proposito: Massimo D’Alema ci sarà  pure quest’anno. Disserterà  di Europa con Tobias Piller. Via coi cortei).
Rimarchevole anche la tendenza allegra a dire tutto e niente. Sì ma anche no.
Togliatti ma pure De Gasperi. Engels senza dimenticare Paperoga.
Vogliamo parlare di calcio? Ecco l’abracadabra equilibrista: “Il calcio italiano tra problemi e opportunità  di riforma”.
Di nuovo: tutto e niente. Problemi e riforma. Macerie e ricostruzione.
La Festa, proprio come il Pd, è un contenitore capiente.
Praticamente infinito: se poi, ogni tanto, ci finiranno dentro materia e antimateria, pazienza.
Al massimo qualcuno imploderà  (l’elettorato, si presume).

Andrea Scanzi
(da “Il Fatto Quotidiano”)

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INGROIA: “NON STRUMENTALIZZATECI CONTRO NAPOLITANO”, E SI DIMOSTRA PIU’ INTELLIGENTE DI TANTI SUOI FANS

Agosto 25th, 2012 Riccardo Fucile

IL PROCURATORE DI PALERMO: “LE VICENDE DELLE ULTIME SETTIMANE, RIDOTTE A UNO SCONTRO TRA ME E IL QUIRINALE, NON SOLO NON MI PIACE, MA NON CORRISPONDE IN ALCUN MODO ALLA REALTA'”

Nessuna strumentalizzazione, attesa ‘serena’ per il giudizio della Consulta, rispetto per la prima carica dello Stato.
Parola del magistrato antimafia Antonio Ingroia, che al Corriere della Sera ha fornito la sua interpretazione sulle polemiche degli ultimi tempi in merito alla trattativa tra stato e mafia e, soprattutto, circa il comportamento istituzionale tenuto dal Colle nei confronti della procura del capoluogo siciliano.
”Non strumentalizzateci contro Napolitano. Posso capire le semplificazioni giornalistiche, ma il fatto che le vicende delle ultime settimane siano ridotte a uno scontro tra la Procura di Palermo e il Quirinale, e ancor più tra il sottoscritto e il presidente della Repubblica, non solo non mi piace, ma non corrisponde in alcun modo alla realtà ”.
E’ quanto afferma Antonio Ingroia, procuratore aggiunto della procura distrettuale antimafia di Palermo, in un’intervista al Corriere della Sera.
Il conflitto di attribuzione sollevato dal Capo dello Stato “è stato strumentalizzato per attaccare la Procura di Palermo” e “a farne le spese sono le istituzioni”, dice Ingroia.
“Noi riteniamo di aver agito correttamente e attendiamo sereni il giudizio della Consulta. Di certo però non penso nemmeno lontanamente che il presidente Napolitano — sottolinea — si sia mosso con l’intenzione di attaccare la Procura di Palermo e fornire alibi a chi da tempo ci accusa delle peggiori nefandezze”.
Il procuratore aggiunto ribadisce quindi il rispetto per la prima carica dello Stato: “Il presidente Napolitano ha costituito, in questi anni di aspra contrapposizione, un caposaldo di tenuta istituzionale che ha scongiurato passaggi politico-legislativi che avrebbero danneggiato in modo forse irreparabile l’assetto costituzionale e di equilibrio tra i diversi poteri dello Stato”.
Ingroia afferma di non voler fare valutazioni politiche, “nè su quello che scrive Il Fatto, i cui lettori comunque ringrazio per la solidarietà , nè su quello che scrive il Giornale, e nemmeno su ciò che dice l’onorevole Di Pietro o l’onorevole Cicchitto.
Anche quando vedo e sento usare, da quelle testate e dai quei parlamentari, toni ed espressioni che non sempre condivido e che non mi appartengono”.

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ANONYMUS ATTACCA: “L’ILVA DI TARANTO HA MANIPOLATO I VALORI DELLE EMISSIONI NOCIVE”

Agosto 25th, 2012 Riccardo Fucile

“BUCATO” IL DATABASE AZIENDALE: AVREBBERO SCOPERTO CHE LE RILEVAZIONI SONO STATE TAROCCATE… L’ILVA AVREBBE AUMENTATO IL VALORE DELLA SOGLIA DI TOLLERANZA PER LE DIOSSINE

Anonymous Italia ha lanciato l’operazione “Green Rights”.
Nel mirino degli hacktivist c’è l’Ilva di Taranto.
Nel loro comunicato dicono di aver “bucato” il database aziendale e di aver scoperto che le rilevazioni dei valori delle polveri sottili sono stati “manipolati”.
“A seguito delle nostre ricerche, emerge che i grafici dei valori delle polveri sono stati manipolati“.
Il testo continua puntando il dito contro “gli interessi economici e l’avidità  di padroni e istituzioni relegano in secondo piano i diritti umani e ambientali”.
Infatti si legge sulla pagina italiana di Anonymous, nella “grande maggioranza dei casi”, i valori riportati rimangono “molto al di sotto delle soglie di legge ma la variazione è minima”.
Quindi sostiene il collettivo, le rilevazioni “compiute a settimane di distanza l’una dall’altra, in condizioni atmosferiche diverse, non presentano variazioni significative degli agenti inquinanti”.
Quindi le conclusioni degli “Anon” è che vi è stata “una manipolazione dei rilevamenti effettuati”.
Ad esempio portano le registrazioni su una valvola, la CK2NO2, dove “la rilevazione della concentrazione ambientale di contaminanti sale di giorno in giorno fino ad arrivare a quota 561.3 il 31 di maggio 2012.
Il limite è fissato a 600.
Dai dati estrapolati, inoltre, si evince come Ilva abbia deliberatamente aumentato il valore della soglia di tolleranza iniziale, che passa da 640 a 800″.
Inoltre continua il comunicato “l’andamento dei dati rende plausibile analoghi incrementi delle emissioni dell’inquinante anche nei mesi successivi (superando, in data attuale, i valori limite di molti punti).
A tal proposito segnaliamo che Ilva ha cancellato dal propio database la cronologia dei rilasci di contaminanti (furfurani) rilevati dalla valvola CK2SO2 a giugno.
Tutto ciò costituisce un indizio del fatto che Ilva ha volutamente cancellato dai database dati compromettenti“.
Oltre ad aver “avvelenato gli operai e i cittadini di Taranto” continuano gli Anonymous, l’acciaieria “ha anche agito in modo tale da oscurare la verità  a spese della salute pubblica e dell’ambiente”.
Le valvole in questione, spiegano nel comunicato, servono a misurare le concentrazioni di diossine, in particolare di furano.
Questo è il nome comune dell’ossido di divinilene, un contaminante ambientale persistente di tipo organico che decade naturalmente in benzofurani policlurati, i quali son associabili alle diossine.
Già  naturalmente, il furfurano è volatile a temperatura ambiente e le concentrazioni rilevate sono “comparabili a quelle di un disastro ambientale”. L’azione del furfurano non è solo cancerogena: la sola concentrazione del prodotto volatile “basta ad incrementare di una considerevole percentuale” il presentarsi di malattie pneumologiche croniche, disordini immunologici atipici o persino malattie neoplastiche, ma è anche teratogena, ovvero causa problemi fetali.
Quindi da Anonymous invitano gli operai e cittadini di Taranto, a “lottare per difendere non solo il posto di lavoro ma anche la salubrità , è un diritto e un dovere allo stesso tempo.
Chi ricatta i propri dipendenti obbligandoli a scegliere fra salario o malattie è solo un deplorevole profittatore accecato dal denaro”. Il comunicato si conclude con l’annuncio di nuove iniziative: “Continueremo a scagliarci contro i fautori di inganno ed estorsioni, e rivendichiamo a gran voce, insieme ai lavoratori, il diritto di ogni persona a poter esercitare la propria professione nel rispetto dei diritti”.

(da “Il Fatto Quotidiano“)

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CONCORSO PER 12.000 DOCENTI, DETRAZIONI PER LE FAMIGLIE E DISMISSIONI: ECCO I NUOVI PROVVEDIMENTI DEL GOVERNO

Agosto 25th, 2012 Riccardo Fucile

L’AGENDA DI MONTI PER LA CRESCITA: NUOVE LIBERALIZZAZIONI SU POSTE, CULTURA E SANITA’

L’agenda d’autunno di Mario Monti è pronta. Dopo un Consiglio dei Ministri fiume durato quasi nove ore, il governo diffonde il documento finale.
Nel “menù” assunzioni nella scuola, liberalizzazioni, dismissioni, detrazioni fiscali per le famiglie e rilancio sull’agenda digitale.
E’ stata «una giornata intera dedicata alla riflessione su come mobilitare tutte le energie per raggiungere l’obiettivo della crescita», spiega un comunicato di Palazzo Chigi.
Ma le azioni di governo per la crescita «dovranno svolgersi nel rispetto delle compatibilità  finanziarie e dei vincoli europei, come è stato illustrato dai ministri Vittorio Grilli e Enzo Moavero».

ECCO LE PRINCIPALI NOVITA’ ANNUNCIATE DAL GOVERNO
Scuola
Il Cdm autorizza il Miur «a assumere a tempo indeterminato, a partire dall’anno scolastico 2012-2013 dirigenti scolastici,personale docente,personale tecnico-amministrativo e direttori amministrativi».
Le assunzioni riguardano:1.213 unità  di dirigenti scolastici; 134 trattenimenti in servizio di dirigenti scolastici, solo per l’anno scolastico 2012/2013; 21.112 unità  di personale docente ed educativo. Il “pacchetto” prevede anche, per le Accademie e i Conservatori di musica, l’assunzione di 60 docenti di prima e seconda fascia, di 280 unità  di personale tecnico-aministrativo e di tre unità  di direttore amministrativo.
E’ prevista per il 24 settembre la pubblicazione di un bando di concorso per titoli ed esami su base regionale, il primo dal 1999, finalizzato alla copertura di 11.892 cattedre nelle scuole statali di ogni ordine e grado, risultanti vacanti e disponibili; altrettanti posti saranno messi a disposizione dal Miur attingendo dalle attuali graduatorie.
Detrazioni fiscali
L’azione del governo per i prossimi mesi prevede di «rivedere le detrazioni fiscali a vantaggio della famiglia e favorire la natalità » e di «rifinanziare la “carta acquisti” per il 2013 a sostegno delle famiglie colpite da disagio economico».
Debito pubblico
«Nei prossimi mesi l’azione del governo si incentrerà  sulla riduzione del debito pubblico, in particolare mettendo in atto gli strumenti creati per procedere alla valorizzazione e successiva dismissione del patrimonio dello Stato, sia degli immobili che delle partecipazioni pubbliche».
Liberalizzazioni.
L’agenda del governo prevede nuove liberalizzazioni per «creare spazi nuovi per la crescita di autonome iniziative private attualmente bloccate o rese interstiziali da una presenza pubblica invadente e spesso inefficiente (esempio, settore postale, beni culturali e sanità )».
Sanità 
Tra le azioni in programma è prevista l’attuazione del «piano per la non autosufficienza» e la promozione «dell’assistenza domiciliare per gli anziani».   Tra le altre azioni anche la definizione del Patto per la Salute, la «definizione dei Livelli essenziali di assistenza», i criteri per il riparto 2013 «sulla base dei costi standard», la riforma dell’intramoenia e la tutela del personale sanitario dal rischio clinico.
Innovazione.
Il “primo campo d’intervento” del governo sarà  «l’avvio di un programma di radicale innovazione tecnologica del Paese, attraverso l’applicazione dell’Agenda digitale». Si parla anche di provvedimenti a favore della nascita di nuove imprese start up, di semplificazioni procedurali e autorizzative per le imprese e di facilitazione di investimenti diretti esteri, «così da favorire nuovi insediamenti produttivi internazionali sul nostro territorio». Entro fine anno arriverà  anche il piano aeroporti.
Politica energetica
Il governo avvierà  “un’ampia consultazione” con l’obiettivo «di impostare una più efficiente   politica energetica che aumenti la sicurezza degli approvvigionamenti e contenga il divario di costi per cittadini e imprese rispetto a quelli di altri Paesi dell’Unione».
Terremoto
Sull’ipotesi del differimento delle scadenze fiscali per le aree colpite dal sisma del maggio 2012, il Cdm ha condiviso l’analisi del Ministro dell’economia e finanze, che adotterà  il decreto con la sospensione dei versamenti fiscali e contributivi, allineandoli tutti alla scadenza del 30 novembre 2012. Uno degli impegni presi è anche quello di «proseguire l’attività  di ricostruzione, messa in sicurezza e recupero anche ai fini turistici delle aree colpite dal terremoto, del centro storico dell’Aquila».
Anticorruzione
Uno degli intenti dell’esecutivo è quello «approvare in via definitiva il disegno di legge “anticorruzione”».
Cultura
«La valorizzazione e promozione» del settore culturale e turistico «è un filone strategico indispensabile per la crescita del Paese. Per ottenere questi risultati è però necessario uscire dalla logica meramente assistenziale della cultura, favorire le patnership pubblico-privato, guardare al patrimonio culturale non solo come una eredità  del passato, ma come un asset per il futuro, principale cinghia di trasmissione del motore di sviluppo turistico. In tal senso, ad esempio, il Governo ha approvato la semplificazione delle procedure di ricerca di sponsor per il restauro dei beni culturali (“Pacchetto semplificazioni”) e delle procedure in materia di agevolazioni fiscali e donazioni per i beni e le attività  culturali (all’interno del decreto legge “Salva Italia”) e ha deliberato lo stanziamento di 76 milioni di euro da parte del Cipe a favore di alcune eccellenze del patrimonio culturale e museale italiano».
Turismo
«Oltre al Piano Strategico quale strumento che per la prima volta traccia una visione del futuro e una strategia complessiva, e a numerosi progetti di promozione turistica, è in corso di avanzata elaborazione una iniziativa innovativa per migliorare la qualità  ricettiva delle strutture attraverso un sistema di rating e classificazione».
Tra le “azioni in programma”, il Cdm elenca la «presentazione del Piano Strategico per il Turismo Sviluppo di iniziative di attrattività  turistica legate ad EXPO 2015; la pianificazione urbanistica con impatto sul paesaggio del territorio nazionale, definendo, insieme con le Regioni e gli Enti locali, “piani paesaggistici” compatibili con il rispetto del Codice dei beni culturali e del paesaggio, con la tutela di luoghi storici e naturali, con la rigenerazione dei centri urbani e periferie degradate».

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IDENTIKIT DEL PIROMANE: ANZIANO, INCOLTO E AGISCE PER INTERESSE

Agosto 25th, 2012 Riccardo Fucile

IL “REAZIONARIO RURALE” CHE INCENDIA L’ITALIA: UOMINI ADULTI CHE CERCANO ERBA PER IL PASCOLO, VERDURE PER LA CUCINA E CACCIANO ANIMALI…. OGNI ESTATE CENTINAIA DI MILIONI DI DANNI, MA SONO POCHI I ROGHI COLPOSI E I PIROMANI “MALATI”

Il reazionario rurale è il protagonista dell’estate del fuoco, la più distruttiva degli ultimi cinque anni, la seconda per numero di incendi degli ultimi quindici anni.
Il reazionario rurale è un format negli archivi del Corpo forestale che racconta di un ultrasessantenne di provincia con una scolarità  che di rado raggiunge la quinta elementare e che dà  fuoco al mondo (rurale) che lo circonda.
È un maschio avanti con l’età , spesso meridionale, che ha interessi immediati: la sopravvivenza della sua vita da sopravvissuto.
L’erba per il pascolo, la verdura selvatica da trovare in fretta, la selvaggina da stanare. Ci costa 300 milioni l’anno il comportamento del “reazionario rurale”.
E quest’anno ha fatto cinque morti e quindici feriti.
Chi è l’uomo che incendia l’Italia d’estate? Chi appicca fuochi sempre più pericolosi per la comunità ?
Spesso è un pastore senza riferimenti, non ha famiglia nè rapporti sociali.
Un campo abbandonato per lui è terra da rapinare, serve l’erba per vacche e capre. Sterpaglie, spine, ortiche si possono portare via in un attimo e quasi gratis: accendino e fiamme in tre, quattro punti.
Un lavoro di un quarto d’ ora.
Poi la fuga in un territorio conosciuto, che può diventare nascondiglio.
Ma dopo il campo abbandonato le fiamme attaccano i boschi, la macchia mediterranea, i frutteti, le vigne, i villaggi turistici, i campeggi, sfiorano i paesi e scendono in città . S
e viene fermato – e dal 2000 a oggi le denunce sono diventate quattrocento l’anno, gli arresti almeno dieci – il reazionario rurale rischia sul serio fino a dieci anni di galera.
Ma non confessa mai e appena gli investigatori della Forestale tornano al comando per verbalizzare la denuncia, lui riparte.
“Dovete bruciare tutti”, urlò un contadino siciliano dopo aver provocato tre morti, distrutto un campeggio.
Negli ultimi otto giorni, Ferragosto compreso, l’Italia è stata attaccata da quasi mille roghi a settimana. In alcune aree protette e colpite ripetutamente si rischia la desertificazione.
Il reazionario rurale, che è una definizione necessaria per costruire un profilo psicologico e da lì tentare di arginare un’emergenza sociale ed economica, in Campania è un uomo di mezza età  che alimentando le fiamme raccoglie in fretta gli asparagi selvatici. In Calabria è un provinciale con un primo lavoro urbano che nel weekend stana le lumache con il fuoco.
In un’estate secca come questa con i boschi carichi di legna a terra, buttata giù dalle nevi di gennaio, il gesto del reazionario rurale può distruggere anche gli asparagi e le lumache.
Al Sud come al Nord i bracconieri e i cacciatori che non rispettano i periodi di ferma bruciano gli alberi per far alzare quaglie impaurite, far uscire dal sottobosco i cinghiali. E impallinarli.
Le gesta seriali del pensionato sardo.
L’ingegner Mauro Capone, dirigente della Divisione lotta agli incendi boschivi della Forestale, spiega: “Mettiamo in fila dati dal 1972, ormai abbiamo capito chi incendia i boschi italiani”. Aderisce all’identikit offerto dagli esperti l’incendiario seriale Celeste Pani, pensionato di 68 anni, venditore di auto usate.
L’hanno avvistato (con i binocoli) nelle campagne di Uras mentre dava fuoco all’ultima collina della provincia di Oristano.
Precedenti per violenza e furti, era sotto controllo da un anno, l’operazione “Fogu Tentu”.
Per ora gli hanno attribuito sei roghi dello scorso luglio, ma sono cento gli episodi su cui si indaga.
La Fiat Punto di Pani è stata vista fra Guspini, Pabillonis e San Gavino nel Medio Campidano, fra San Nicolò Arcidano, Terralba e Uras nell’Oristanese.
Lo scorso 9 luglio il pensionato si è fermato con la sua auto scura ai margini di una strada di penetrazione verso la campagna.
Seduto al volante, la portiera aperta, dava fuoco alle sterpaglie.
Non è un fumatore, ma a bordo aveva un corredo di accendini. Poggiati i binocoli, gli investigatori sono entrati nello sterrato: il rivenditore d’auto è fuggito seminando i forestali sul filo dei 150 all’ora.
È stato rintracciato e arrestato che era già  in un’altra provincia, in un bar di Guspini, una birra sul tavolo a mitigare l’arsura.
In Sardegna quest’anno di “Pani” ne sono stati denunciati ventinove.
Tra loro due serial teenagers: diciannove e vent’anni, disoccupati, con le loro mountain bike pranzavano insieme per raggiungere poi i sentieri di Mogoro e Pabillonis, sempre Oristano. Dove lanciavano fiammiferi come fossero a un party.
Il Grossetano quest’anno è stato martoriato. Luca Alpini, fiorentino di 42 anni, disoccupato e in passato gestore di un’enoteca, domenica scorsa ha lasciato Follonica dov’era in vacanza con i genitori per addentrarsi zaino in spalla – un vero escursionista – nel bosco maremmano di Cala Violina, l’area naturale protetta delle Costiere di Scarlino che s’affaccia sul mare.
Quattro ciclisti lo hanno notato a metà  pomeriggio, temperatura sui 35 gradi, mentre accovacciato dava fuoco al sottobosco con un accendino fuori misura.
Era ai margini di un sentiero sterrato.
L’incendiario del weekend ha tentato una fuga maldestra: due ciclisti lo hanno inseguito e bloccato, altri due si sono lanciati a spegnere le fiamme, alimentate a quell’ora dalla brezza marina.
Davanti ai carabinieri Luca Alpini ha provato a negare, poi ha scosso la testa: “È vero, ho fatto una cazzata”.
Mucche bruciate, stabilimenti distrutti.
Solo l’incendio della pineta di Marina di Grosseto, tre focolai di partenza accertati, bottiglie incendiarie e stracci inzuppati di benzina ritrovati, è costato alla comunità  un milione e 200 mila euro innescando un turismo della disgrazia che ha ostacolato la bonifica.
Nel Cremonese l’attacco a due cascine ha ucciso venti mucche da latte. A Farneto, Latina, l’appicciatore era un operaio che vive di lavori saltuari. Così lungo le rive del Piave, nella Valbelluna: un operaio di 42 anni ubriaco.
A Dragoncello, periferia squassata di Roma, un vigilante pregiudicato si divertiva a incendiare terreni incolti.
A Bettona, vicino ad Assisi, l’incendiario aveva 80 anni.
A Sterpeto, sempre Grosseto, ne aveva settantasette: ha dato fuoco a un cimitero e annerito un camion dei pompieri.
Una telecamera fra i rami ha fermato il volto di un lavoratore (saltuario) presso un allevamento della provincia di Avellino, un uomo di 43 anni che nel Beneventano voleva rinnovare il pascolo incenerendo il bosco.
Nel Tarantino due amici di 39 e 49 anni, questo a inizio luglio, hanno ingaggiato una sfida con i vigili del fuoco radendo vigneti, uliveti, i boschi delle Cave di Fantiano.
A Scanzano Jonico, costa materana, un ventenne ha contribuito a devastare trenta ettari di pineta e distruggere uno stabilimento balneare in attesa di apertura, il “Priscilla Beach”.
Sulla strada provinciale che congiunge Catanzaro a Magisano un uomo ha usato un cassonetto della spazzatura come catapulta incendiaria per attaccare il bosco.
Esiste ancora la catena del fuoco, il forestale a tempo determinato che brucia per garantirsi un reddito?
Gli investigatori del Corpo non segnalano più casi di “stagionali” o “lavoratori socialmente utili” che bruciano per garantirsi l’anno venturo, magari il rimboschimento.
Le leggi dell’emergenza del Duemila impediscono di piantare nuovi alberi là  dove è passato il fuoco e, da una parte, gli ex “socialmente utili” – in Campania sono seicento – nel tempo sono stati inquadrati in società  partecipate dagli enti locali mentre le ondate di spending review hanno via via tagliato rinnovi di lavoratori stagionali nelle singole Regioni.
Sta emergendo invece, racconta Angelo Marciano, già  capo degli investigatori della Forestale, il profilo del volontario dell’antincendio che, pur non percependo utilità  dirette, sa che la sua struttura viene finanziata dal pubblico per controllare il territorio.
Il direttore del servizio vigilanza della Regione Sardegna definì Walter Susanna, 21 anni, di Capoterra (Cagliari), “un incendiario seriale”.
Era socio dell’ associazione di vigilanza ambientale “Nova”, gli sono stati attribuiti quattro inneschi.
La criminalità  rurale.
Se è vero che il 51 per cento dei roghi boschivi sono nelle quattro regioni ad alta densità  mafiosa, gli esperti invitano a non enfatizzare la presenza della criminalità  organizzata nella questione incendi.
Grazie alle leggi anti-edilizia (non si costruisce per dieci anni sulle aree colpite) l’appetito dei clan è sceso.
Ci sono comunque singoli attacchi di chiara matrice camorristica o mafiosa e riguardano aree che si vogliono impoverire per far saltare le protezioni ambientali.
L’ultimo è stato quello al Parco del Circeo, nel Lazio meridionale. “Bisogna cercare piccoli fratelli, non grandi fratelli”, ama dire il capo della Forestale, l’ingegner Cesare Patrone.
C’è infatti una criminalità  rurale che prova a deprezzare terreni e lotti boschivi o che usa l’incendio come ricatto, intimidazione. Sempre più spesso questa criminalità  a bassa intensità  usa manovalanza straniera.
Bastano 50 euro per commissionare un incendio, un Nokia usato. A volte è sufficiente vitto e alloggio.
L’infinito incendio di Monte Mario, a ridosso di Roma, era frutto di una lotta fra bande di accampati rumeni. Il problema è che le investigazioni crescono di qualità  – gps posizionati sotto le auto dei sospetti, appostamenti stremanti tra frasche e roveti -, ma solo in otto casi su cento si rintracciano le menti e le mani di un rogo.
Gli zampironi modificati, le sigarette fasciate dai fiammiferi, lo sterco di vacca che lega sulfanelli, i lumini di cimitero, tutti inneschi sequestrati nel tempo, quasi sempre restano reperti da magazzino giudiziario senza autore.
Certo, c’è il piromane neroniano. A lui, che è un malato di fuoco, che non brucia per interesse ma per trovare un piacere nelle fiamme dardeggianti, va attribuito un incendio ogni cento.
Tre morti dei cinque registrati quest’anno sono figli invece di incendi colposi, di giardini da pulire nella stagione vietata.
Negli scorsi giorni la Forestale di Avellino ha fermato un camionista di 56 anni che in un castagneto di proprietà , a Lauto, aveva acceso un fuoco non autorizzato per bruciare felci e ricci.
Su una collina ripidissima gli sono sfuggite le fiamme e ora è in carcere ad Avellino.
Quel fuoco, domato solo dopo trentasei ore, con una folata improvvisa ha bruciato e soffocato l’ex lavoratore socialmente utile Michele Ciglione, ha ustionato mani e piedi del forestale Alberto Campanella. Una sigaretta caduta, invece, ha fatto evacuare tre campeggi a Marina di Grosseto.
Un falò acceso per scacciare le zanzare ha minacciato decine di automobilisti e sfiorato alcune villette a Gela.
Un ettaro in fiamme costa 5 mila euro a tutti noi, un Canadair in volo 10 mila euro l’ora.
Ma la mala-amministrazione italiana ci mette del suo.
Metà  dei comuni calabresi non ha aggiornato il catasto degli incendi, obbligatorio dal 2007, undici sindaci del Cilento sono stati denunciati (e assolti per mancanza di una pena prevista). Coldiretti ricorda come la falcidie di aziende agricole ha lasciato 300 mila ettari di bosco italiano alla mercè degli incendiari.
Oggi l’Italia è il primo importatore al mondo di legna da ardere nonostante 10,4 milioni di ettari di verde a nostra disposizione e un eccesso di legno combustibile sul terreno.
Ecco, il Corpo forestale sta sperimentando in Piemonte, Sardegna e Campania una novità : il fuoco controllato.
I “reazionari rurali” dediti alla pastorizia (la necessità  di erba per gli animali da pascolo) vanno avvicinati affinchè i loro bisogni non diventino indifferenza distruttiva.
Il compromesso, che in Spagna e Portogallo ha dato risultati, è appunto “l’incendio di Stato”. Un rogo nella stagione invernale, con il controllo da parte delle università  di temperatura, umidità , qualità  del terreno.
Un fuoco prescritto che porti via roveti e ortiche risparmiando macchia mediterranea e alto fusto.
“Bisogna provarci”, dice l’esperto Marciano, “se il pastore sparisce è un guaio per tutti, se vince usando il fuoco, e purtroppo sta vincendo, è un guaio per tutti”.

(da “La Repubblica“)

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