Aprile 29th, 2013 Riccardo Fucile
FACILE PROMETTERE E POI NON CHIARIRE COME SARANNO FINANZIATI GLI OBIETTIVI
Il presidente del Consiglio Enrico Letta ha toccato tutti i principali problemi del Paese nel lungo elenco di riforme presentato per chiedere la fiducia alla Camera.
Ma le promesse, soprattutto di politica economica, sono molto ambiziose.
Al punto che per essere realizzate serviranno oltre 20 miliardi di euro.
Alcune questioni — dall’Imu all’Iva, dalla cig agli esodati e i precari della pubblica amministrazione — dovranno essere affrontate immediatamente perchè presentano scadenze precise, mentre altre potranno essere rinviate ad un secondo momento.
Il vero problema, non affrontato nel discorso di Letta, è dove reperire i soldi per rispettare le promesse.
Il nuovo esecutivo dovrà partire da una delle manovre più discusse: l’abolizione dell’Imu.
Il gettito sulla prima casa vale infatti 4 miliardi di euro e la sospensione della rata di giugno promessa da Letta riguarda il 50 per cento del totale.
Il neo presidente dovrà quindi trovare 2 miliardi per bloccare il pagamento previsto per il prossimo mese. E, in un secondo momento, individuare dove reperire i fondi per una “riforma complessiva”.
Bisognerà poi lavorare per arrivare a una “rinuncia dell’inasprimento dell’Iva” che altrimenti scatterà a luglio e, come aveva preventivato il governo di Mario Monti, necessiterà di un introito aggiuntivo di 2,1 miliardi.
Il capitolo fiscale, inoltre, comprende anche la Tares, la nuova tassa sui rifiuti e servizi, il cui pagamento è previsto a fine anno.
Per eliminare anche questa imposta servirà un altro miliardo di euro.
Letta ha avvertito anche che “si potranno studiare forme di reddito minimo per le famiglie bisognose con figli piccoli”.
Una proposta che assomiglia al reddito di garanzia introdotto a Trento.
L’onere complessivo esteso a tutta l’Italia, secondo una simulazione effettuata da LaVoce.info basandosi sul “modello Trento”, sarà quindi pari a circa 5,3 miliardi di euro.
Circa atri 2 miliardi di euro serviranno invece per il “superamento del precariato anche nella pubblica amministrazione” promesso dal premier.
Il nuovo esecutivo ha espresso inoltre l’esigenza di “rifinanziare la cassa integrazione in deroga”. Un’operazione che costerà , come dichiarato dall’ex ministro del Lavoro Elsa Fornero, almeno 2,3 miliardi, perchè “lo scenario di crisi e l’esperienza dello scorso anno ci indicano che la spesa non sarà più bassa del 2012″.
Si tratta di una manovra che Letta non potrà rinviare, in quanto la cig è coperta soltanto fino a giugno.
Altro punto caldo affrontato dal presidente nel discorso in aula sono i lavoratori esodati, con cui “la comunità nazionale ha rotto un patto e la soluzione strutturale di questo tema è un impegno prioritario di questo governo”.
Gli esodati già salvaguardati dal governo, secondo la Fornero, sono 130mila, ma ne restano fuori ancora parecchie migliaia.
Secondo i dati Inps forniti sempre dall’ex ministro alla fine dell’anno scorso alla commissione Lavoro della Camera, ci sono altri 8.900 esodati che nel prossimo biennio maturano il diritto ad essere salvaguardati, per i quali servono risorse per 440,8 milioni.
Senza trascurare che sul fronte del pubblico impiego resta anche il problema dello smaltimento degli esuberi, del blocco degli aumenti contrattuali e degli scatti di anzianità .
Sempre sul tema del lavoro, Letta ha promesso che “aiuteremo le imprese ad assumere giovani a tempo indeterminato, con defiscalizzazioni o con sostegni ai lavoratori con bassi salari, condizionati all’occupazione, in una politica generale di riduzione del costo del lavoro e del peso fiscale”.
Il capitolo sgravi per le assunzioni dei giovani, se verrà trattato da subito, necessiterà di almeno altri 2-3 miliardi di euro.
A cui si dovranno aggungere le risorse per “ridurre le tasse sul lavoro stabile e sui giovani”.
Ma le promesse di Letta non finiscono qui.
“Serve un piano di edilizia scolastica su tutto il territorio nazionale”, ha avvertito il premier. Un’operazione da diversi miliardi di dollari.
Il Partito democratico, negli otto punti proposti per il governo del cambiamento, prevedeva infatti 7 miliardi e mezzo di euro per un “piano triennale finalizzato a mettere in sicurezza le scuole del Paese e per edificarne di nuove che rispondano alle esigenze della nuova didattica”.
Il costo di altre operazioni è invece meno prevedibile, anche se inciderà sicuramente sui conti pubblici.
Come, per esempio, il lancio di “un grande piano pluriennale per l’innovazione e la ricerca finanziato tramite project bonds” e la “modifica della legge 92 per ridurre le restrizioni ai contratti a termine”.
Occorre infine considerare anche le proposte del nuovo esecutivo volte a rafforzare le casse pubbliche.
Per esempio la promessa di una lotta più severa all’evasione fiscale, “senza che la parola Equitalia debba provocare dei brividi quando viene evocata”, oppure la riforma del finanziamento ai partiti annunciata dal presidente, che ha promesso “misure di controlo e di sanzione, anche sui gruppi parlamentari e regionali”.
Altra voce positiva in bilancio sarà “l’abolizione definitiva delle province per ridurre i costi dello Stato”, che frutterà circa 2 miliardi.
Entrate che, a occhio e croce, basteranno però a compensare solo un decimo della spesa per l’ambizioso elenco di riforme economiche proposte dal premier.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Aprile 29th, 2013 Riccardo Fucile
“SONO FIERA DI MIO PADRE CHE HA DEDICATO TUTTA LA SUA VITA ALLE ISTITUZIONI”… “HO LASCIATO IL LAVORO PER SEGUIRE MIO PADRE, LA STESSA COSA AVEVO FATTO PER MIA MADRE CHE E’ MANCATA TRE MESI FA”
«Sono fiera e orgogliosa di mio padre che ha dedicato tutta la sua vita alle istituzioni»: Martina , la figlia
23enne di Giuseppe Ciangrande, il carabiniere ferito al collo domenica, durante la sparatoria davanti a Palazzo Chigi, parla alla stampa in una sala del Policlinico Umberto I di Roma dove è ricoverato il padre.
È provata, gli occhi cerchiati, la voce rotta dal pianto.
Ma le sue parole trasmettono una grande forza: «Ho lasciato il lavoro per seguire mio padre. La stessa cosa ho fatto per mia madre, che è morta tre mesi fa. Mi sembrava e mi sembra doveroso – spiega – I nostri progetti di vita sono cambiati: prima la nostra famiglia era un esercito sgangherato, ora siamo un mezzo esercito e pure tanto sgangherato».
E sull’uomo che ha sparato, Luigi Preiti, aggiunge con grande maturità : «Non so se riuscirò mai a perdonarlo. Non lo so, non ci voglio pensare, non mi interessa».
SOCIETA’ MIGLIORE
«Spero che questo incidente a papà possa far capire tante cose, possa migliorare la società , spero in un mondo migliore» ha aggiunto Martina.
BOLDRINI
«Ringrazio l’Arma dei carabinieri che ha assistito me e tutti i miei parenti come una grande famiglia – aggiunge Martina – Anche i rappresentanti delle istituzioni che mio padre stava con orgoglio difendendo mi hanno fatto dimostrato la loro vicinanza. In particolare, visto che oggi sono tre mesi che ho perso la mia mamma, mi ha colpito l’affettuosità della Presidente della Camera, la signora Boldrini, che vorrei presto incontrare nuovamente».
BOLLETTINO MEDICO
Il quarto bollettino medico comincia a delineare i danni al midollo riportati da Ciangrande.
«Le condizioni del paziente rimangono stazionarie nella gravità , la sedazione farmacologica è stata progressivamente sospesa per verificare lo stato di coscienza del paziente».
Il carabiniere rimasto ferito nella sparatoria davanti a Palazzo Chigi «si è dimostrato risvegliabile, vigile, lucido, orientato e in grado di respirare autonomamente per un breve periodo».
Ma soprattutto, il bollettino conferma l’ipotesi peggiore: «Sono presenti segni di danno midollare ai quattro arti» e che «il paziente è stato nuovamente posto sotto sedazione e supporto ventilatorio».
«La prognosi permane riservata», conclude il l direttore sanitario del Policlinico Umberto I di Roma, Amelia Allocca.
HA TENTATO DI PARLARE
«Ha trascorso la notte tranquillamente, ha riconosciuto la figlia Martina, l’ha vista. Ha mosso le palpebre» così racconta Pietro il fratello di Giuseppe Ciangrande .
L’uomo è sedato e intubato, ma quando i medici diminuiscono i farmaci è lucido.
«Ha cercato di parlare, ha tentato di rassicurare la figlia come a dire ‘vai a casa nulla è accaduto’» aggiunge il fratello.
«L’arma dei Carabinieri ci sta dando un grande sostegno. E Martina sta con tutti noi, con gli zii e i cugini, persone che la circondano e che le vogliono bene. Non viene lasciata mai sola, io sono il suo padrino e le starò vicino» aggiunge l’altro fratello di Giuseppe, Ciro.
TANTA RABBIA
«Sento parlare di perdono. Io non nutro odio per Preiti ma tanta rabbia. Ho rabbia per questo suo gesto folle. Mio fratello è un ragazzo forte, speriamo reagisca bene» spiega ancora il fratello Pietro dopo la lettura del quarto bollettino medico sulle condizioni del fratello.
72 ORE DI PRUDENZA
Nel suo letto del Policlinico Umberto I il brigadiere «è sedato e intubato» come ha dichiarato il direttore del Dea Claudio Modini. «Le sue condizioni sono stazionarie. Ha trascorso la notte come era prevedibile vista la gravità delle sue condizioni». Ma ci vorranno ancora ore prima che la prognosi possa essere sciolta, almeno 72 ore.
Ancora non è chiaro quali danni ha provocato la pallottola e se l’uomo resterà paralizzato. Si tratta di un «danno midollare importante» alla colonna cervicale.
È andata molto meglio al suo collega, il 30enne Francesco Negri, che se l’è cavata con una tibia fratturata da uno dei proiettili sparati dal disoccupato Luigi Preiti.
«L’IMPORTANTE È NON ABBATTERSI»
Giangrande – in servizio al Battaglione Toscana e domenica dislocato a difesa della sede del governo – è originario di Monreale (Palermo), ma da tempo viveva e lavorava a Firenze.
Aveva partecipato alla missione in Emilia per il terremoto e spesso svolgeva servizi allo stadio Olimpico di Roma, trasferte che gli consentivano di arrotondare lo stipendio.
Ha un fratello poliziotto a Milano e un altro che gestisce un bar a Monreale: entrambi si sono messi in viaggio per Roma, dove era subito giunta la figlia, sconvolta.
Lei e papà , due mesi fa avevano perso la madre e moglie: «A volte la vita ti riserva delle brutte sorprese che ti fanno pensare a tante cose – scriveva il brigadiere -, l’importante è non abbattersi e ricominciare tutto da capo».
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Aprile 29th, 2013 Riccardo Fucile
IL CARABINIERE RISPONDE A GASPARRI: A MIGLIAIA SUL WEB SI SCHIERANO CON LUI
“Siamo tutti Paolo Toscano”.
Così risponde il web a Maurizio Gasparri del Pdl che su Facebook commenta la sparatoria a Montecitorio: “La violenza va stroncata. Troppa gente ambigua in giro”, scrive il senatore, “Non convincono nemmeno certe parole di autorità istituzionali. Solidarietà ai carabinieri e a tutte le forze dell’ordine”.
E a rispondergli c’è un carabiniere, l’appuntato Paolo Toscano, che replica: “Sono un Carabiniere con 28 anni di servizio. Il dito medio che ha fieramente esibito alla folla pochi giorni fa è la vera istigazione alla violenza che lei attribuisce sempre ad altri. Quell’immagine mi fa vergognare di essere italiano come lei. I veri Italiani sono un’altra cosa!”. 
In poco tempo al commento dell’appuntato si aggiungono quelli di migliaia di altri utenti del social network, che copiano e incollano il messaggio lasciato dal carabiniere.
E non solo nel post dedicato alla sparatoria, ma anche in quelli successivamente pubblicati dal senatore.
Rendendo la bacheca un “monocolore” Paolo Toscani.
Gasparri è riuscito a coalizzare in poco tempo migliaia di persone contro il suo gesto sconsiderato e la sua nota arroganza con cui pretende di dare giudizi e assegnare pagelle.
Di gente ambigua in giro in effetti ce n’è tanta, basta che si guardi allo specchio.
E la sua presunta e dichiarata solidarietà alle forze dell’ordine viene smascherata nei fatti dal ruolo di provocatore che Gasparri ha assunto ancora una volta a scapito di chi poi l’ordine deve garantirlo in piazza, rischiando la vita, a 1200 euro al mese, non scaldando da trent’anni una poltrona a 13.600 euro netti al mese.
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Aprile 29th, 2013 Riccardo Fucile
MENTRE MARONI PUNTA IL DITO SU CHI FOMENTA ODIO E VIOLENZA, UN SUO FEDELE ESPONENTE VA IN TUTT’ALTRA DIREZIONE
«Non bisogna sparare ai bersagli sbagliati, se non si ha una buona mira»
Una frase minacciosa, specie se pronunciata (anzi: scritta) nel giorno in cui due carabinieri cadono a terra feriti a colpi di pistola, davanti a Palazzo Chigi.
A scriverla domenica mattina – sul suo profilo Facebook aperto – è Giuseppe Longhin, segretario della Lega Nord a Cavaria con Premezzo: la frase è stata ripresa dal blogger Daniele Sensi, che da anni fa un monitoraggio dell’universo “padano”, da Radio Padania a Facebook. Sensi riprende il passaggio accostandolo alle parole di Roberto Maroni, che su certi messaggi bellicosi (probabilmente in riferimento a Beppe Grillo) aveva dichiarato alla stampa
«Chi inneggia a bombe su Camere rifletta, certe espressioni possono portare anche a queste conseguenze. Qualcuno sostiene che i politici siano la causa di tutti i mali, le parole di chi inneggia al bombardamento possono portare anche a queste conseguenze. Non dico che sia conseguenza di questo, ma un clima così può portare a queste conseguenze»
Longhin è vicino all’ala maroniana della Lega, anche se non nasconde la sua linea indipendentista, forse più in là della linea politica della macroregione.
Sensi inserisce una foto di Longhin accanto a Maroni e recupera anche altri post dello stesso Longhin, in particolare l’immagine del profilo Facebook in cui il segretario del carroccio di Cavaria con Premezzo imbraccia un fucile.
Quell’immagine era stata commentata da un “amico” Facebook che scriveva: «Al parlamento e alla camera tutti uniti con Longhin, il nuovo Re di Italy!!!! Vengo anche me… procurami la mitralietta!!!!!»
Un commento a cui lo stesso Longhin – rileva il blogger – fece anche un “mi piace”, livello minimo di approvazione (anche la frase sui «bersagli sbagliati» raccoglie diversi “mi piace”, tra cui quello di un ex dirigente leghista).
Certo, immagine e commento sono dell’ottobre 2012, quando ancora c’era il governo tecnico e la Lega era sulle barricate.
Ma anche adesso, di fronte al “governissimo”, le frasi di Longhin non sono poi così pacifiche.
(da “Varese News”)
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Aprile 29th, 2013 Riccardo Fucile
NON HA DIMENTICATO NULLA, SALVO ALLEGARE L’ASSEGNO CON CUI PAGARE I COSTI DELLE TANTE PROMESSE… L’ABOLIZIONE DELLE PROVINCE, I SOLDI PER GLI ESODATI, LA CRESCITA E LA DETASSAZIONE DELLE IMPRESE, LO STIPENDIO SUPPLEMENTARE DEI MINISTRI, LA LEGGE ELETTORALE: LA MINESTRA E’ SERVITA, CHI PAGA IL CONTO NON SI SA
«Desidero rivolgere un sincero ringraziamento per lo straordinario spirito di dedizione verso la comunità
nazionale con cui ha accettato il secondo mandato».
Con queste parole il presidente del Consiglio, Enrico Letta, inizia il discorso programmatico per la fiducia.
Il premier poi passa ad un altro ringraziamento e si rivolge a Pierluigi Bersani.
Quasi tutta l’aula lo applaude. «Esprimo senso di gratitudine profonda verso chi con lealtà mi ha sostenuto in questo passaggio», dice Letta.
Poi annuncia che mercoledì e giovedì prossimi sarà a Bruxelles, Berlino e Parigi.
«Se l’Europa fallisse -spiega- saremmo tutti perdenti sia nel Nord che nel Sud del Continente».
Senza mezzi termini dice che “la situazione economica in Italia resta grave”: «Di solo risanamento l’italia muore, dopo più di un decennio senza crescita le politiche per la ripresa non possono più attendere. Semplicemente non c’è più tempo, troppi cittadini in preda alla disperazione e allo scoramento».
Stop all’Imu
Letta elenca i punti del suo programma.
Per prima cosa stop all’Imu. «Bisogna superare l’attuale sistema sulla tassazione per la prima casa intanto da subito con lo stop sui pagamenti di giugno per permettere al Parlamento di attuare una«riforma complessiva del sistema di imposte», spiega il premier.
Crescita e coesione, queste le parole chiave del discorso: «Noi saremo seri e credibili sul risanamento dei conti pubblici: basta con i debiti scaricati sulla vita delle generazioni successive, ecco perchè la riduzione fiscale senza indebitamento sarà un obiettivo a tutto campo».
Lavoro e problema esodati
Massima attenzione al lavoro: «Bisogna ridurre le restrizioni ai contratti a termine, aiuteremo le imprese ad assumere giovani a tempo indeterminato in una politica generale di riduzione del costo del lavoro. Non bastano gli incentivi monetari».
Il nuovo esecutivo promette di risolvere il problema esodati: «Con questi lavoratori la società ha rotto un patto e la soluzione strutturale di questo problema è un impegno prioritario di questo Governo».
L’invito di Letta è dunque ad aziende e sindacati: «Serve fiducia reciproca, imprese e lavoratori devono agire insieme e superare le contrapposizioni che finora ci hanno frenato”, dicendosi “sicuro” che i sindacati faranno la loro parte “come sempre nei momenti difficili del Paese». In particolare, “anche sull’occupazione femminile bisognerà fare molto di più: siamo lontani dagli obiettivi europei”.
Ambiente e tecnologia
In primo piano anche ambiente e tecnologia. «Non abbiamo compreso che la partecipazione e la trasparenza sottese alla rivoluzione della rete potevano essere un oggettivo miglioramento della qualità anzichè sfociare nel mito e nell’illusione della democrazia diretta», dice Letta.
Giustizia e burocrazia
Letta non dimentica la lotta alla corruzione . Il governo, inoltre, si impegna a combattere la burocrazia. «Occorrerà rivedere l’intero sistema delle autorizzazioni», dice Letta nel suo intervento.
Ma la ripresa – aggiunge il premier – passa anche per la “giustizia nel suo complesso, innanzitutto per i cittadini”: ci potrà essere sviluppo “solo se i cittadini e gli investitori italiani ed esteri sapranno di potersi rimettere con fiducia ai tempi della giustizia, e questo succederà solo se risolveremo una situazione carceraria intollerabile: ricordiamoci che siamo il paese di Cesare Beccaria.
Redditi minimi per le famiglie bisognose
«Andranno migliorati gli ammortizzatori sociali, estendendoli a chi ne è privo a partire dai precari, e si potranno studiare forme di reddito minimo per le famiglie bisognose con figli».
Abolire il finanziamento pubblico ai partiti
Il «sistema» di finanziamento pubblico dei partici «va rivoluzionato», partendo dalla abolizione della legge in vigore. Allo stesso tempo è però importante «attuare quella democrazia interna ai partiti» prevista dalla Costituzione.
Eliminare lo stipendio dei ministri che sono già parlamentari
Per ridare credibilità alla politica «bisogna ricominciare con la decenza, la sobrietà , lo scrupolo e la banalità della gestione del padre di famiglia. Ognuno deve fare la sua parte e a questo fine il primo atto del governo sarà eliminare lo stipendio dei ministri parlamentari che esiste da sempre in aggiunta alla loro indennità ».
Grazie a queste parole Letta strappa l’applauso anche al Movimento 5 Stelle.
Più di una volta l’Aula della Camera ha sottolineato l’intervento di Letta con degli applausi trasversali. Silenti sono rimasti invece gli eletti del Movimento 5 Stelle, anche se tra di loro qualcuno, a turno, non si è trattenuto quando il Presidente del Consiglio ha parlato della volontà di diminuire le tasse per le imprese, di reddito minimo, di attenzione ai disabili e alle persone non autosufficienti.
Abolire le Province e rivedere federalismo fiscale
Occorre subito «abolire le province», dice Enrico Letta. È necessario «ridurre i costi dello Stato, valorizzare i comuni e regioni in un’ottica di alleanza, chiudere la partita sul federalismo fiscale rivedendo il rapporto tra centro e periferia», spiega il premier nel suo intervento alla Camera.
Il primo obiettivo – Diciotto mesi per le riforme
Il presidente del Consiglio Enrico Letta ha legato la sorte dei suo governo al traguardo delle riforme istituzionali, che propone di affidare a una Convenzione.
“Dal momento che questa volta l’unico sbocco possibile su questo tema è il successo dell’approdo delle riforme che il Paese aspetta da troppo tempo – ha detto nelle sue dichiarazioni programmatiche nell’aula di Montecitorio – fra diciotto mesi verificherò se il progetto sarà avviato verso un porto sicuro: se verificherò che ci sono possibilità di successo, il nostro lavoro potrà continuare”.
“Se veti e incertezze dovessero impantanare tutto – ha detto con un chiaro accenno alla possibilità della fine dell’esperienza del Governo – non avrei esitazioni a trarne le conseguenze”.
Mai più al voto con il Porcellum
Mandare in soffitta la legge elettorale vigente. Lo chiede Enrico Letta nel suo intervento alla Camera. «Bisogna che la legge elettorale sia in grado di garantire governi stabili per restituire legittimità al Parlamento e ai singoli parlamentari», dice Letta. Il premier poi ribadisce la necessità di reintrodurre le preferenze.
«Occorre perlomeno il ripristino della legge elettorale precedente», osserva ancora il presidente del Consiglio.
La fiducia
Questa sera alle 20, alla Camera, domani, intorno alle 13 al Senato. Il governo Letta giunge alla prova dei fatti: obiettivo centrare la fiducia e iniziare il proprio cammino. Montecitorio è la prima tappa: le dichiarazioni di voto, come ha stabilito la conferenza dei capigruppo, inizieranno intorno alle 18 e prima di sera si avrà il responso.
In Senato più o meno la stessa procedura domani ma il premier non ripeterà il discorso tenuto alla Camera. Domattina, dopo la discussione generale e prima delle dichiarazioni di voto dei senatori, terrà la sua replica.
Sulla carta i voti, per il governo appoggiato da Pdl, Scelta civica e Pd sono più che abbondanti.
A Montecitorio la maggioranza richiesta è di 316 voti, a Palazzo Madama di 159.
Alla Camera il Pd conta su 297 deputati, Scelta civica su 47, il Pdl su 97 (più sei eletti nelle liste di Centro democratico, cinque delle minoranze linguistiche e 3 degli italiani all’estero): in tutto 455 voti.
Al Senato il Pd ha 109 senatori, Scelta civica 21, il Pdl 91: fanno 221 voti ‘ufficiali’ a cui dovrebbero essere aggiunti quelli dei tre senatori a vita e anche altri provenienti dal Misto e dalle autonomie.
Tra l’altro sembrano rientrati anche alcuni malumori nel Pd. Alla direzione dello scorso 23 aprile i dubbi e le perplessità nei confronti delle larghe intese avevano preso corpo in 14 astenuti e 7 contrari al documento di sostegno al governo.
Solo Pippo Civati, dopo un intervento in assemblea in cui aveva illustrato le sue perplessità , ha fatto sapere che non parteciperà al voto di fiducia in aula a Montecitorio.
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Aprile 29th, 2013 Riccardo Fucile
BRUNETTA INFEROCITO PER NON AVER OTTENUTO IL MINISTERO DELL’ECONOMIA…SANTANCHE’ INCAZZATA: SI E’ VISTA SUPERARE DALLA DE GIROLAMO E DALLA LORENZIN… L’HANNO PRESA MALE ANCHE FASSINA, PUPPATO E NENCINI
Adesso tutti a dire che un sottosegretario abile e furbo “vale più di un ministro di peso”, ma è solo un modo per stemperare una delusione cocente, che solo in alcuni casi (pochi, pochissimi a sentire le indiscrezioni dell’ultim’ora) potranno essere temperate da una nomina a sottosegretario. O a viceministro. E poi bisognerà vedere pure quale.
Chi non se ne riesce a fare una ragione della trombatura arrivata quasi sulla salita del Quirinale, è Renato Brunetta.
Il Cavaliere ha difeso con il suo corpo la nomina dell’ex ministro a responsabile del dicastero dell’Economia, ma Napolitano è stato spietato; niente ex ministri politici.
Lasciata in un angolo anche Daniela Santanchè. Che l’ha presa male.
Vada pure il vedersi superare da Nunzia De Girolamo, che sicuramente non sa nulla di Agricoltura ma è moglie di Francesco Boccia, il primo cavaliere di Enrico Letta, però la Lorenzin è stato un duro colpo.
Un “affronto” che potrebbe essere compensato da un sottosegretariato “di spessore”. Berlusconi la vorrebbe viceministro allo Sviluppo Economico, per blindare i suoi interessi da uno spaesato Zanonato che poco capisce, soprattutto di tv.
Un ruolo di primo piano, dunque, per la prima delle “amazzoni”, così come il Pdl ambirebbe a tenere sotto controllo l’azione di Anna Maria Cancellieri alla Giustizia infilando a via Arenula uno come l’ex ministro Nitto Palma.
Ma se lui dovesse cadere per l’ennesimo veto sugli ex ministri, allora da Palazzo Grazioli proporrebbero Augusta Iannini, moglie di Vespa, ex capo di gabinetto del ministero e ora all’Authority per la Privacy.
Chissà se Letta potrebbe accettare.
Qualcosa, poi, dovranno trovare per Mara Carfagna e Anna Maria Bernini, quest’ultima caduta ad un passo dalla meta e con poca, pochissima voglia di lasciar correre.
Certo, però, Enrico Letta di problemi ne avrà soprattutto a sistemare i tanti delusi del suo partito. O di quel che ne resta.
Ci sono ancora diversi “lettiani”, come Marco Meloni, Alessia Mosca e Paola De Micheli, da sistemare, ma quel che più teme — forse — il neo premier, è di subire l’assalto da parte di quelle correnti Pd lasciate a secco.
Stefano Fassina, per dirne uno.
Si sentiva già ministro del Lavoro e poi ecco sbucare (quasi) dal nulla un “tecnico” come Giovannini.
Forse il sottosegretariato al ministero di via Veneto glielo daranno. E con lui i “turchi” potrebbero essere sistemati.
Che fare, però, dei “dissidenti” tipo Zoggia e Puppato che, alla fine, hanno deciso di votare la fiducia al governo?
Sono ore frenetiche per gli aspiranti numeri due: per uno strapuntino di successo fanno di nuovo capolino vecchie conoscenze come Giorgio Merlo, ex parlamentare di lungo corso piddino non più ricandidato, ma uomo macchina di Franco Marini.
Non disdegnerebbe la promozione Giacomo Portas che, da leader dei Moderati, afferma ogni due per tre la propria granitica fedeltà alla coalizione.
Stessa musica per Riccardo Nencini, leader dei Socialisti, trombato sulla soglia del ministero dell’Ambiente.
L’Agricoltura è poi l’ambito sul quale ha puntato gli occhi Massimo Fiorio, astigiano, tre legislature sul groppone, che potrebbe però subire la concorrenza di un concittadino illustre, il dietologo-nutrizionista Giorgio Calabrese.
Non ha mai smesso del tutto di pensare a un suo ritorno ministeriale anche Gianfranco Morgando, ex sottosegretario a Industria (con D’Alema) e Tesoro (nell’Amato II), mentre è data quasi per certa Ilaria Borletti Buitoni alla Cultura.
Chi coltiva poi il sogno di un vice-ministero allo Sviluppo economico (o, in subordine alle infrastrutture) e’ il neo parlamentare di Scelta Civica Paolo Vitelli.
Il patron dell’Azimut non fa mistero che nelle condizioni d’ingaggio, da parte dell’ex premier Mario Monti, ci fosse proprio la promessa di un incarico di primo piano.
I bocconi amari per Letta junior, par di capire, non sono affatto finiti…
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Aprile 29th, 2013 Riccardo Fucile
IL PREMIER NON PUO’ ESORDIRE IN PARLAMENTO ANNUNCIANDO ALL’EUROPA E AI MERCATI CHE INTENDE APRIRE UNA VORAGINE NEI CONTI PUBBLICI PER FAR CONTENTI BERLUSCONI E BRUNETTA
L’unica spiegazione ragionevole, o se preferite l’unica attenuante per la guerra dell’Imu, è la battaglia in
corso per la spartizione di una quarantina di poltrone da viceministro e sottosegretario.
I più agguerriti sparano salve di cannone per posizionarsi, per alzare il prezzo.
Il più rumoroso come sempre è Renato Brunetta.
L’economista veneziano, rimasto fuori del governo perchè sta talmente sulle scatole a tutti che con lui Enrico Letta rischiava di andare sotto nel voto di fiducia, ieri di prima mattina ha dato il suo avvertimento, dotato di un certo peso visto che è a capo del grppo Pdl alla Camera: “Cancellazione dell’Imu sulla prima casa e sui terreni agricoli, nonchè restituzione di quanto pagato lo scorso anno sono fondamentali. O ci sarà questo preciso impegno da parte del presidente del Consiglio, o non voteremo la fiducia al governo”.
Dallo staff del premier arrivano segnali di prudenza: l’argomento Imu difficilmente potrà essere ignorato nel discorso sulla fiducia di questa mattina, ma sarà sicuramente l’ultimo a essere limato da Enrico Letta, la cui abilità sarà messa a dura prova dallo sforzo di tenere in equilibrio una cosa assai complicata
Le cifre sono chiare: il nuovo governo deve trovare alla svelta almeno 1,5 miliardi per gli ammortizzatori sociali che hanno esaurito le dotazioni finanziarie, un altro paio di miliardi per bloccare l’aumento dell’Iva dal 21 al 22 per cento previsto per il 1 luglio prossimo.
Poi c’è l’appuntamento con l’altra stangata fiscale innescata dal governo Monti, la Tares: per disinnescarla e almeno rinviarla bisogna trovare subito un miliardo.
Poi servono un paio di miliardi per non mandare a casa i precari della Pubblica amministrazione che scadono a giugno.
Poi resta sempre da risolvere il problema degli esodati, su cui è complicato fare cifre
In queste condizioni per Letta sarà molto difficile assumere impegni precisi per l’Imu prima casa.
Vale 4 miliardi, e per abolirla e al contempo rimborsare quella del 2012, come promesso da Silvio Berlusconi in campagna elettorale, servirebbero 8 miliardi.
Non se ne parla proprio.
Il punto di mediazione che Letta può tentare è quello di rilanciare un pezzo della proposta avanzata in campagna elettorale da Pierluigi Bersani.
Il Pd voleva dare una franchigia di 500 euro (contro gli attuali 200), in modo tale che chi aveva da pagare un’Imu prima casa entro quella cifra ne veniva automaticamente esentato, mentre chi stava sopra aveva comunque uno sconto di 500 euro.
Con questa misura verrebbero a mancare, secondo i calcoli Pd 2,5 dei 4 miliardi di gettito, in parte compensabili da un inasprimento dell’imposta sui grandi patrimoni, quelli con valore catastale superiore ai 1500 euro.
Questa ipotesi di recupero è per un verso ottimistica, per un altro verso indigesta per il partito di Berlusconi e Brunetta.
Si parla invece delle misure di recupero avanzate in campagna elettorale da B., come le maggiori imposte su gioco d’azzardo, alcolici e sigarette, per un paio di miliardi di euro.
Qui c’è però da fare i conti con un fenomeno ormai noto, le maggiori imposte frenano i consumi, e quindi anche il gettito non sarebbe quello sperato.
Letta non può d’altra parte esordire in Parlamento annunciando all’Europa e ai mercati finanziari la ferma intenzione di aprire una nuova voragine nei conti pubblici per fare contenti Berlusconi e Brunetta
Verosimilmente sarà costretto a scegliere una posizione di attesa, rinviando le scelte nette a un momento successivo in cui gli sconti sull’Imu vengano annegati in una più complessiva manovra di rilancio dell’economia fatta anche di sollievo fiscale.
Il drammatico calo dei consumi, diventato elemento centrale della recessione, dovrà essere affrontato con qualche cosa che somigli al reddito di cittadinanza reclamato a gran voce dal Movimento 5 Stelle ma sul quale anche il nuovo ministro del Lavoro Enrico Giovanninini ha mostrato qualche apertura.
Rimane dunque il vero, drammatico punto di caduta su cui il nuovo premier sarà misurato: se tutto ciò di cui ha bisogno il Paese si traduce in minori entrate fiscali o maggiori spese, l’unica soluzione sarà un taglio della spesa pubblica drastico ma che non colpisca gli strati più deboli.
Proprio ciò su cui il governo di Mario Monti e il mitico tagliatore Enrico Bondi hanno fallito su tutta la linea.
Giorgio Meletti
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Aprile 29th, 2013 Riccardo Fucile
GIORNALI & PROIETTILI: LA STAMPA DI LETTA E DI GOVERNO
Hanno ragione il presidente ridens Piero Grasso e i noti moderati Alemanno, La Russa, Storace, Barani, Maroni, Prestigiacomo, Sallusti, Gasparri e la sua signora Gasbarra: serpeggia, anzi tracima in Italia un eccesso di opposizione che può armare la mano di qualche testa calda.
Basta aprire un giornale o un tg a caso per imbattersi in orde di giornalisti ipercritici, addirittura feroci contro il governo Napoletta e i partiti che lo compongono.
Un coro pressochè unanime di attacchi forsennati che è francamente difficile distinguere dalle pallottole.
Tanto da far sospettare che lo sciagurato attentatore, ieri mattina, prima di aprire il fuoco sul Parlamento fosse passato in edicola o almeno reduce da una full immersion negli speciali televisivi degli ultimi giorni.
Ne pubblichiamo qui una piccola antologia, sempre ribadendo il monito del Capo Supremo affinchè la stampa smetta di “rinfocolare” e inizi a “cooperare”.
Letterman Show. “Il governissimo delle facce nuove”, “Napolitano, missione compiuta”, “Letta, 77 ore per disinnescare la guerra civile Pd-Pdl”, “Saccomanni, il tecnico che non fa sconti alla finanza mondiale”, “La missione di Giovannini: rilanciare l’occupazione”, “Farnesina in festa per l’arrivo della Bonino” (La Stampa). “Governo Letta: record di donne, supertecnici e quarantenni” (il Messaggero). “Più donne e giovani, la squadra di Letta”, “Letta è premier: donne e giovani. Provo una sobria soddisfazione”, “Ritorno alla realtà ”, “Sul governo il sigillo del Colle. E si apre il cantiere delle riforme”, “Campane a festa per D’Alia” (Corriere). “Governo giovane e in rosa”, ”Straordinari doveri”, “Quagliariello: ‘E ora pacificazione’”, “Su Interni e Giustizia la mossa decisiva” (Avvenire). “La nuova generazione”, “Le signore della competenza”, “Ecco il governo Letta, giovani e donne” (Repubblica).
Ancora nessuna notizia dei bambini.
Pigi Lettista. “I due partiti maggiori che si accingono a formare un governo presieduto da Letta stanno compiendo un atto coraggioso. Sanno che per loro questa è l’ultima chiamata. Sanno che non possono fallire” (Pierluigi Battista, Corriere, 25-4). Combattenti di terra, di mare e dell’aria! Camicie nere della rivoluzione e delle legioni! Uomini e donne d’Italia, dell’Impero e del regno d’Albania! Ascoltate! Un’ora segnata dal destino batte nel cielo della nostra patria. L’ora delle decisioni irrevocabili. La parola d’ordine è una sola, categorica e impegnativa per tutti. Essa già trasvola ed accende i cuori dalle Alpi all’Oceano Indiano: vincere!
Stefano Menichetta. “In questi giorni si sconta l’antica cessione di autonomia in favore di un ceto intellettuale che del radicalismo tendente al giustizialismo fa la propria ragion d’essere. I Travaglio, i Padellaro, i Flores che… annullano la persona di Enrico Letta perchè ‘nipote’ sono personaggi che fanno orrore. Il loro linguaggio suscita repulsione. Il loro livore di sconfitti mette i brividi. Ma in condizioni normali il loro posto dovrebbe essere ai margini, in quell’angolo della società e del dibattito pubblico dove sempre si collocano gli odiatori di professione. Solo qui capita che da quell’angolo si riesca a condizionare gli umori della sinistra italiana che… ha sempre cercato di parlare e di ragionare di politica, lasciando ai neofascisti la necrofilia e l’intimidazione. Ha problemi grossi da risolvere, Letta. Ma sembrano inezie se paragonati alla guerra contro i battaglioni della morte che dobbiamo vincere noi” (Stefano Menichini, Europa, 26-4).
E vinceremo, per dare finalmente un lungo periodo di pace con la giustizia all’Italia, all’Europa, al mondo.
Beppe Lettergnini. “L’incarico a Letta non ha ancora 48 ore e già si sentono i soliti commenti bellicosi, le consuete dichiarazioni stentoree… Questa è l’ultima spiaggia della Penisola: più in là c’è solo il mare in tempesta e un azzardo pericoloso. I saggi nominati dal presidente Napolitano si sono rivelati concreti. In poco tempo hanno prodotto poche pagine di buone idee: nel Paese pleonastico, una piccola rivoluzione… L’Italia ha voglia di novità . È primavera: bisogna cambiare aria nelle stanze e nel cervello… Enrico Letta è un uomo competente, calmo e relativamente giovane” (Beppe Severgnini, Corriere, 26-4).
Ma anche marito premuroso, padre esemplare e soprattutto nipote.
Aldo Cazzulletta. “Non ha citato Kennedy — ‘la fiaccola è stata consegnata a una nuova generazione… ‘ – ma ha detto più o meno le stesse cose, Napolitano. Le ha dette mentre affidava l’incarico di formare il ‘suo’ governo a un uomo di cui potrebbe essere il nonno”. Il posto di zio era già impegnato. “L’Italia, paese considerato gerontocratico, fa un salto in avanti inatteso e si colloca all’avanguardia in Europa… A Palazzo Chigi arriva il ragazzo che amava il Drive In e gli U2” (Aldo Cazzullo, Corriere, 25-4).
Largo ai giovani, pancia in dentro e petto in fuori.
Alessandro Salletta. “Complimenti Gina, al secolo Gianna Fregonara (giornalista del Corriere, ndr), candidata first sciura del Paese. Per l’incarico al marito, ovvio, ma soprattutto perchè sono certo che se oggi Enrico Letta è sulla soglia di Palazzo Chigi dietro c’è lo zampino della moglie, la Gina appunto. E senza presunzione, mi prendo un piccolo, assolutamente casuale merito per averla spinta con qualche sotterfugio a Roma tra le braccia del suo futuro marito che all’epoca dei fatti nè io nè lei conoscevamo… Tornava sempre con la notizia giusta e si aprì la strada con le sue capacità . Anni dopo non tornò più, aveva trovato la notizia del fidanzato giusto. Tale Enrico Letta. E dopo non poca sofferenza, come nelle favole, vissero felici e contenti e con tre figli. Brava Gina, non ci deludi mai” (Alessandro Sallusti, il Giornale, 25-4). Anche il povero Sallusti, negli ultimi giorni, ha passato notevoli sofferenze, soprattutto alla lingua: molto capiente, ma non abbastanza per abbracciare, oltre al Pdl e al suo padrone, anche tutto il Pd e persino Monti e i suoi.
Come fare? Alla fine ha optato per un trapianto di lingua, e ora ne ha due. L’articolo sopra citato è stato scritto con la seconda (il finale della fiaba è custodito nell’apposito dossier “Fregonara” e sarà divulgato se, Dio non voglia, il marito non facesse il bravo).
L’Epifania.
“Il Pd ritrovi coraggio” (Guglielmo Epifani, l’Unità , 23-4). “Il Pd ritrovi la sua funzione” (Guglielmo Epifani, l’Unità , 28-4). Ogni cinque giorni, Guglielmo Epifani occupa uno spazietto in basso a sinistra sulla prima pagina dell’Unità per rammentare al Pd qualche oggetto smarrito da ritrovare. Prossime puntate: “Il Pd ritrovi le chiavi di casa”, “Il Pd ritrovi il calzino sinistro”, “Il Pd ritrovi l’auto posteggiata in doppia fila e rimossa dai vigili”. Seguirà , con comodo, “Il Pd ritrovi i suoi elettori”.
Antonio Socciletta.
“L’arte del compromesso ci salverà dai moralisti. In un’omelia del 1981 Ratzinger elogiava la mediazione come strumento della politica. Contro le ideologie che esaltano lo Stato assoluto. Oggi tre politici cattolici, Enrico Letta, Angelino Alfano e Mario Mauro, portano avanti i valori di dialogo e razionalità che furono di De Gasperi… Un nuovo umanesimo e un nuovo rinascimento potrebbero essere l’orizzonte e l’ambizione di questa pacificazione nazionale. Se non fallisce e non viene sabotata” (Antonio Socci, Libero, 27-4).
Dio lo vuole. E anche Ratzinger. E De Gasperi. Ma pure Lorenzo il Magnifico.
Claudio Sardoletta. Prima della cura: “Continuiamo a pensare che le larghe intese costituiscano un pericolo, che la riproposizione di uno schema simil-Monti abbia troppe controindicazioni dopo quanto è successo, che la frattura politica apertasi nella società richieda una competizione trasparente e differenze leggibili tra destra e sinistra” (Claudio Sardo, l’Unità , 23-4). Dopo la cura: “Il governo di Enrico Letta nasce da uno stato di necessità e da una grave sofferenza politica… Il governo Letta, così nuovo e così difficile, è un’opportunità per la sinistra” (Claudio Sardo, l’Unità , 28-4). Che s’ha da fa’ per campa’.
Claudio Sardomuto. “Nel suo governo non ci sono i protagonisti del conflitto politico di questi anni… Letta è riuscito a mettere insieme una squadra di ministri giovani e a sottrarsi ai veti di Berlusconi, promuovendo un rinnovamento generazionale che, magari, potrà aiutare persino l’evoluzione democratica del partito della destra” (C. Sardo, 28-4). Alfano, Lupi, Quagliariello e De Girolamo, tutti aderenti alla celebre mozione parlamentare “Ruby nipote di Mubarak”, sono notoriamente estranei al conflitto politico di questi anni. E comunque, vivaddio, sono così giovani.
Giovinetta, giovinetta, primavera di belletta.
M’hai detto un Prospero. “D’Alema è temuto dalla destra, che lo indica come il simbolo del nemico irriducibile, che è meglio tenere alla larga perchè richiama una storia, rievoca una tradizione, risveglia delle memorie che è preferibile spegnere per sempre. Eppure un politico dell’esperienza internazionale di D’Alema avrebbe potuto contribuire all’azione incisiva di un governo che non può rinunciare a definire dei momenti di svolta nelle politiche prevalenti nello scacchiere europeo. Un ponte solido verso la sinistra europea” (Michele Prospero, l’Unità , 28-4). “La squadra ha perso qualcosa in competenza e valore aggiunto rinunciando a un ministro degli Esteri come Massimo D’Alema” (C. Sardo, l’Unità , 28-4). Ecco l’unico difetto nel governo Letta: manca D’Alema. Il Lettaggero.
Il direttore del Messaggero Virman Cusenza, giornalista ma soprattutto sarto, confeziona per il nuovo governo un abitino su misura. Titolo: “Un cambio di stagione”. Svolgimento: “Non c’è commento migliore al governo appena nato della foto che ritrae Giorgio Napolitano mentre stringe le mani di Enrico Letta. Ed è difficile capire dove cominci la stretta del primo e finisca la presa del secondo, come padre e figlio sinergicamente s’affidano l’un l’altro prima delle navigazioni impegnative della vita”. Corbezzoli, gliele ha cantate chiare. Del resto, di fronte a quelle mani di fata, la prima domanda che si ponevano pensosi tutti gl’italiani era appunto questa: chissà dove comincia la stretta del primo e finisce la presa del secondo? Ah saperlo.
Ma anche: va bene il padre, va bene il figlio, ma dove sarà mai lo zio?
A pag. 3   Alberto Gentili colma anche questa la-cuna: lo zio non c’è, ma c’era fino a qualche minuto prima a reggere la coda al Cainano, poi gli ha telefonato: “Sei stato bravo, Enrico, e sei molto maturato”. Ecco, a 47 anni il pupo ha messo su i primi dentini e sta per smettere di gattonare. Per il resto, avverte il Cusenza, “il richiamo al 1946 non è casuale”: “Il nuovo governo Letta è chiamato” a “una piccola grande rifondazione del concetto di buon governo perchè almeno generazionalmente sono venuti meno io muri e gli steccati che hanno avvelenato gli ultimi decenni, con la violenza e l’odio e la loro interminabile scia di sangue”. Insomma quella di De Gasperi che nel ’46 governò con Togliatti è “un’impresa simile (al netto del conflitto mondiale) ” a quella di Alfano che governa con Letta (al netto dei processi a B.). Lo dice anche Letta al Messaggero: “Oggi si chiude la guerra dei vent’anni. Ora siamo all’armistizio. La speranza è che scoppi la pace”.
Amnistia, si chiama amnistia.
Eugenio Lettari. Scalfari è il più entusiasta, fin dal titolo dell’editoriale: “Un medico per l’Italia”. Non si sa a chi si riferisca, ma si sa a chi non si riferisce: Alfano, che essendo soltanto il ministro dell’Interno e il vicepresidente del Consiglio, non merita neppure una citazione. “Nelle circostanze date è un buon governo. Enrico Letta aveva promesso competenza, freschezza, nomi non divisivi. Il risultato corrisponde pienamente all’impegno preso, con un’aggiunta in più: una presenza femminile quale prima d’ora non si era mai verificata… Se i fatti corrisponderanno alle parole molte sofferenze saranno lenite e molte speranze riaccese”. Rimosso Alfano – ma anche Lupi, De Girolamo, Lorenzin e Quagliariello, la banda fresca e non divisiva della nipote di Mubarak – Scalfari ammira molto la “competenza” dell’avvocato De Girolamo in tema di agricoltura, o della signora Lorenzin (maturità classica) in materia di Sanità , o di Andrea Orlando (maturità scientifica, ex responsabile giustizia del Pd) in fatto di Ambiente. Però non ne cita nessuno, per precauzione. preferisce citare “Camillo Prampolini” (non è uno scherzo, davvero, anche se nessuno capisce che diavolo c’entri). Poi tributa il consueto omaggio a Sua Castità Napolitano: Suo malgrado, ha dovuto restare al Quirinale. Suo malgrado, ma per fortuna del Paese”. Egli, à§a va sans dire, “conosce benissimo i limiti e i doveri che la Costituzione li prescrive”: infatti li ha violati tutti nel giro di qualche giorno.
A questo punto, Scalfari elenca i “molti precedenti” del governo
Napoletta nella storia della Repubblica. Che poi sono due. Il primo è primo il patto Moro-Berlinguer per la non sfiducia ad Andreotti a metà anni 70, che però non c’entra nulla, visto che il Pci non aveva ministri, nemmeno quando nel ’78 votò per qualche mese la fiducia. Il secondo è il governo Badoglio del 1944, dove sì c’erano nello stesso governo ministri comunisti e democristiani: ma nemmeno quello è un precedente, perchè l’Italia era ancora una monarchia, oltre a essere ancora in guerra. Insomma, i “molti precedenti” non esistono.
Meglio tornare a Re Giorgio, “un presidente al di sopra delle parti” che, “salvo Ciampi, non è mai esistito” perchè “garantisce tutti, ma garantisce soprattutto il Paese”. Ma garantisce soprattutto B. Giuliano Lettara. “Ora i giudici devono deporre le armi” (Giuliano Ferrara, il Giornale, 28-4). Wow, era ora! Ferrara, sempre così informato, ci farà sapere quanto dura l’armistizio, e soprattutto la decorrenza e la scadenza.
Insomma, da quando a quando c’è licenza di delinquere.
Così magari, prima che i giudici riprendano le armi, gli sfiliamo il portafogli o gli svaligiamo la casa.
Marco Travaglio
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Aprile 29th, 2013 Riccardo Fucile
TUTTI SI APPELLANO AL “SENSO DI RESPONSABILITA’ DEL MOMENTO DIFFICILE” E INNESTANO LA RETROMARCIA…TUTTO RINVIATO AL FUTURO CONGRESSO
Non sarà la fiducia il primo scoglio del governo Letta. 
Dai dissidenti del Pd arriva infatti disco verde.
Marcano la distanza e le contraddizioni di un governo che tiene insieme Pd e Pdl, però sia Rosy Bindi che Laura Puppato, Sandro Gozi, Sandra Zampa, Sergio Lo Giudice e la cinquantina di parlamentari ribelli voteranno “sì” alla fiducia.
D’altra parte, il «tragico start, il via brutale» del nuovo esecutivo con gli spari e il ferimento dei due carabinieri davanti a Palazzo Chigi, obbliga a una «ancora maggiore responsabilità ».
Bindi, l’ex presidente dei Democratici, apprezza la squadra di ministri, darà il via libera alla fiducia, ma teme che non ci saranno quelle misure radicali per affrontare l’emergenza italiana e la disperazione sociale.
Gli altri parlamentari critici preparano un documento in cui spiegano le ragioni della contrarietà , però concludono: «… accorderemo la fiducia a questo governo».
Solo Pippo Civati, outsider, ex consigliere regionale lombardo, aspetta di discutere stamani nell’assemblea dei deputati democratici: «Non so se votare con il Pd o uscire dall’aula».
Tuttavia le insidie che possono venire dal Pd sono dietro l’angolo.
E la partita del governo guidato dall’ex vice segretario democratico è strettamente intrecciata alla rifondazione del partito che è il maggiore azionista di riferimento dell’esecutivo.
Il Pd è oggi una sede vacante.
Tutta la segreteria, a cominciare da Pierluigi Bersani, è dimissionaria; Letta è al governo; la presidente Bindi si è dimessa.
Resta nelle sue funzioni solo il tesoriere Antonio Misiani.
La ricostruzione di un centrosinistra distrutto e in pieno marasma, ha un primo passo nell’Assemblea nazionale dei “mille” delegati in cui bisognerà eleggere il “reggente” del Pd.
L’Assemblea slitterà con ogni probabilità dal 4 all’11 maggio.
Al “reggente” si attribuisce una funzione importante, di garanzia dopo le faide tra correnti, la ferita dei 101 “franchi tiratori” che hanno impallinato Prodi nella corsa per il Colle e pugnalato al tempo stesso Bersani e il suo governo del cambiamento.
L’ex segretario ha sempre detto che non vuole rese dei conti interne, che quei siluri sono stati «missili a testata multipla», di cui non si sentiva lui il target principale.
Però sia il premier Letta che Matteo Renzi sono convinti che ci voglia un “reggente” che rimetta insieme il partito e lo traghetti al congresso in autunno.
Quella sarà la vera partita politica, la sfida forse tra Stefano Fassina, Fabrizio Barca, e Renzi che però più che il segretario vorrebbe candidarsi alla prossima premiership. «Se la gara sarà tra Renzi e Barca, io lavorerò a un terzo candidato», annuncia Bindi.
E per la reggenza spuntano intanto nuovi nomi e altri vengono stoppati.
Catiuscia Marini, la “governatrice” dell’Umbria è in pole position, come Guglielmo Epifani, l’ex segretario della Cgil e deputato, ma anche Filippo Bubbico, senatore, uno dei saggi scelti da Napolitano per il programma di governo.
«Per la reggenza ci vuole una figura fuori dalle logiche congressuali, non deve cioè avere ambizioni per il dopo», sostiene Gozi.
Insomma stop a Fassina, il bersaniano che viene dato tra i più sicuri concorrenti delle prossime primarie.
«Se si rafforza il Pd si rafforza il governo», ricorda Nico Stumpo.
Comunque, serve «una figura che dia garanzia a tutti, che non sia oggetto di polemiche, di conflitti».
Fassina si schermisce: «C’è una discussione ancora in corso su quale funzione debba svolgere il “reggente”», che sarà una figura di garanzia e «super partes».
Una cosa però è certa: «Il Pd come l’abbiamo visto finora è morto — rincara Gozi — si è suicidato, qualcosa di nuovo deve nascere». I vecchi leader avranno poche carte da giocare, perchè il ricambio è irreversibile.
Giovanna Casadio
(da “La Repubblica“)
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