T’ADORIAM LETTA DIVINO
GIORNALI & PROIETTILI: LA STAMPA DI LETTA E DI GOVERNO
Hanno ragione il presidente ridens Piero Grasso e i noti moderati Alemanno, La Russa, Storace, Barani, Maroni, Prestigiacomo, Sallusti, Gasparri e la sua signora Gasbarra: serpeggia, anzi tracima in Italia un eccesso di opposizione che può armare la mano di qualche testa calda.
Basta aprire un giornale o un tg a caso per imbattersi in orde di giornalisti ipercritici, addirittura feroci contro il governo Napoletta e i partiti che lo compongono.
Un coro pressochè unanime di attacchi forsennati che è francamente difficile distinguere dalle pallottole.
Tanto da far sospettare che lo sciagurato attentatore, ieri mattina, prima di aprire il fuoco sul Parlamento fosse passato in edicola o almeno reduce da una full immersion negli speciali televisivi degli ultimi giorni.
Ne pubblichiamo qui una piccola antologia, sempre ribadendo il monito del Capo Supremo affinchè la stampa smetta di “rinfocolare” e inizi a “cooperare”.
Letterman Show. “Il governissimo delle facce nuove”, “Napolitano, missione compiuta”, “Letta, 77 ore per disinnescare la guerra civile Pd-Pdl”, “Saccomanni, il tecnico che non fa sconti alla finanza mondiale”, “La missione di Giovannini: rilanciare l’occupazione”, “Farnesina in festa per l’arrivo della Bonino” (La Stampa). “Governo Letta: record di donne, supertecnici e quarantenni” (il Messaggero). “Più donne e giovani, la squadra di Letta”, “Letta è premier: donne e giovani. Provo una sobria soddisfazione”, “Ritorno alla realtà ”, “Sul governo il sigillo del Colle. E si apre il cantiere delle riforme”, “Campane a festa per D’Alia” (Corriere). “Governo giovane e in rosa”, ”Straordinari doveri”, “Quagliariello: ‘E ora pacificazione’”, “Su Interni e Giustizia la mossa decisiva” (Avvenire). “La nuova generazione”, “Le signore della competenza”, “Ecco il governo Letta, giovani e donne” (Repubblica).
Ancora nessuna notizia dei bambini.
Pigi Lettista. “I due partiti maggiori che si accingono a formare un governo presieduto da Letta stanno compiendo un atto coraggioso. Sanno che per loro questa è l’ultima chiamata. Sanno che non possono fallire” (Pierluigi Battista, Corriere, 25-4). Combattenti di terra, di mare e dell’aria! Camicie nere della rivoluzione e delle legioni! Uomini e donne d’Italia, dell’Impero e del regno d’Albania! Ascoltate! Un’ora segnata dal destino batte nel cielo della nostra patria. L’ora delle decisioni irrevocabili. La parola d’ordine è una sola, categorica e impegnativa per tutti. Essa già trasvola ed accende i cuori dalle Alpi all’Oceano Indiano: vincere!
Stefano Menichetta. “In questi giorni si sconta l’antica cessione di autonomia in favore di un ceto intellettuale che del radicalismo tendente al giustizialismo fa la propria ragion d’essere. I Travaglio, i Padellaro, i Flores che… annullano la persona di Enrico Letta perchè ‘nipote’ sono personaggi che fanno orrore. Il loro linguaggio suscita repulsione. Il loro livore di sconfitti mette i brividi. Ma in condizioni normali il loro posto dovrebbe essere ai margini, in quell’angolo della società e del dibattito pubblico dove sempre si collocano gli odiatori di professione. Solo qui capita che da quell’angolo si riesca a condizionare gli umori della sinistra italiana che… ha sempre cercato di parlare e di ragionare di politica, lasciando ai neofascisti la necrofilia e l’intimidazione. Ha problemi grossi da risolvere, Letta. Ma sembrano inezie se paragonati alla guerra contro i battaglioni della morte che dobbiamo vincere noi” (Stefano Menichini, Europa, 26-4).
E vinceremo, per dare finalmente un lungo periodo di pace con la giustizia all’Italia, all’Europa, al mondo.
Beppe Lettergnini. “L’incarico a Letta non ha ancora 48 ore e già si sentono i soliti commenti bellicosi, le consuete dichiarazioni stentoree… Questa è l’ultima spiaggia della Penisola: più in là c’è solo il mare in tempesta e un azzardo pericoloso. I saggi nominati dal presidente Napolitano si sono rivelati concreti. In poco tempo hanno prodotto poche pagine di buone idee: nel Paese pleonastico, una piccola rivoluzione… L’Italia ha voglia di novità . È primavera: bisogna cambiare aria nelle stanze e nel cervello… Enrico Letta è un uomo competente, calmo e relativamente giovane” (Beppe Severgnini, Corriere, 26-4).
Ma anche marito premuroso, padre esemplare e soprattutto nipote.
Aldo Cazzulletta. “Non ha citato Kennedy — ‘la fiaccola è stata consegnata a una nuova generazione… ‘ – ma ha detto più o meno le stesse cose, Napolitano. Le ha dette mentre affidava l’incarico di formare il ‘suo’ governo a un uomo di cui potrebbe essere il nonno”. Il posto di zio era già impegnato. “L’Italia, paese considerato gerontocratico, fa un salto in avanti inatteso e si colloca all’avanguardia in Europa… A Palazzo Chigi arriva il ragazzo che amava il Drive In e gli U2” (Aldo Cazzullo, Corriere, 25-4).
Largo ai giovani, pancia in dentro e petto in fuori.
Alessandro Salletta. “Complimenti Gina, al secolo Gianna Fregonara (giornalista del Corriere, ndr), candidata first sciura del Paese. Per l’incarico al marito, ovvio, ma soprattutto perchè sono certo che se oggi Enrico Letta è sulla soglia di Palazzo Chigi dietro c’è lo zampino della moglie, la Gina appunto. E senza presunzione, mi prendo un piccolo, assolutamente casuale merito per averla spinta con qualche sotterfugio a Roma tra le braccia del suo futuro marito che all’epoca dei fatti nè io nè lei conoscevamo… Tornava sempre con la notizia giusta e si aprì la strada con le sue capacità . Anni dopo non tornò più, aveva trovato la notizia del fidanzato giusto. Tale Enrico Letta. E dopo non poca sofferenza, come nelle favole, vissero felici e contenti e con tre figli. Brava Gina, non ci deludi mai” (Alessandro Sallusti, il Giornale, 25-4). Anche il povero Sallusti, negli ultimi giorni, ha passato notevoli sofferenze, soprattutto alla lingua: molto capiente, ma non abbastanza per abbracciare, oltre al Pdl e al suo padrone, anche tutto il Pd e persino Monti e i suoi.
Come fare? Alla fine ha optato per un trapianto di lingua, e ora ne ha due. L’articolo sopra citato è stato scritto con la seconda (il finale della fiaba è custodito nell’apposito dossier “Fregonara” e sarà divulgato se, Dio non voglia, il marito non facesse il bravo).
L’Epifania.
“Il Pd ritrovi coraggio” (Guglielmo Epifani, l’Unità , 23-4). “Il Pd ritrovi la sua funzione” (Guglielmo Epifani, l’Unità , 28-4). Ogni cinque giorni, Guglielmo Epifani occupa uno spazietto in basso a sinistra sulla prima pagina dell’Unità per rammentare al Pd qualche oggetto smarrito da ritrovare. Prossime puntate: “Il Pd ritrovi le chiavi di casa”, “Il Pd ritrovi il calzino sinistro”, “Il Pd ritrovi l’auto posteggiata in doppia fila e rimossa dai vigili”. Seguirà , con comodo, “Il Pd ritrovi i suoi elettori”.
Antonio Socciletta.
“L’arte del compromesso ci salverà dai moralisti. In un’omelia del 1981 Ratzinger elogiava la mediazione come strumento della politica. Contro le ideologie che esaltano lo Stato assoluto. Oggi tre politici cattolici, Enrico Letta, Angelino Alfano e Mario Mauro, portano avanti i valori di dialogo e razionalità che furono di De Gasperi… Un nuovo umanesimo e un nuovo rinascimento potrebbero essere l’orizzonte e l’ambizione di questa pacificazione nazionale. Se non fallisce e non viene sabotata” (Antonio Socci, Libero, 27-4).
Dio lo vuole. E anche Ratzinger. E De Gasperi. Ma pure Lorenzo il Magnifico.
Claudio Sardoletta. Prima della cura: “Continuiamo a pensare che le larghe intese costituiscano un pericolo, che la riproposizione di uno schema simil-Monti abbia troppe controindicazioni dopo quanto è successo, che la frattura politica apertasi nella società richieda una competizione trasparente e differenze leggibili tra destra e sinistra” (Claudio Sardo, l’Unità , 23-4). Dopo la cura: “Il governo di Enrico Letta nasce da uno stato di necessità e da una grave sofferenza politica… Il governo Letta, così nuovo e così difficile, è un’opportunità per la sinistra” (Claudio Sardo, l’Unità , 28-4). Che s’ha da fa’ per campa’.
Claudio Sardomuto. “Nel suo governo non ci sono i protagonisti del conflitto politico di questi anni… Letta è riuscito a mettere insieme una squadra di ministri giovani e a sottrarsi ai veti di Berlusconi, promuovendo un rinnovamento generazionale che, magari, potrà aiutare persino l’evoluzione democratica del partito della destra” (C. Sardo, 28-4). Alfano, Lupi, Quagliariello e De Girolamo, tutti aderenti alla celebre mozione parlamentare “Ruby nipote di Mubarak”, sono notoriamente estranei al conflitto politico di questi anni. E comunque, vivaddio, sono così giovani.
Giovinetta, giovinetta, primavera di belletta.
M’hai detto un Prospero. “D’Alema è temuto dalla destra, che lo indica come il simbolo del nemico irriducibile, che è meglio tenere alla larga perchè richiama una storia, rievoca una tradizione, risveglia delle memorie che è preferibile spegnere per sempre. Eppure un politico dell’esperienza internazionale di D’Alema avrebbe potuto contribuire all’azione incisiva di un governo che non può rinunciare a definire dei momenti di svolta nelle politiche prevalenti nello scacchiere europeo. Un ponte solido verso la sinistra europea” (Michele Prospero, l’Unità , 28-4). “La squadra ha perso qualcosa in competenza e valore aggiunto rinunciando a un ministro degli Esteri come Massimo D’Alema” (C. Sardo, l’Unità , 28-4). Ecco l’unico difetto nel governo Letta: manca D’Alema. Il Lettaggero.
Il direttore del Messaggero Virman Cusenza, giornalista ma soprattutto sarto, confeziona per il nuovo governo un abitino su misura. Titolo: “Un cambio di stagione”. Svolgimento: “Non c’è commento migliore al governo appena nato della foto che ritrae Giorgio Napolitano mentre stringe le mani di Enrico Letta. Ed è difficile capire dove cominci la stretta del primo e finisca la presa del secondo, come padre e figlio sinergicamente s’affidano l’un l’altro prima delle navigazioni impegnative della vita”. Corbezzoli, gliele ha cantate chiare. Del resto, di fronte a quelle mani di fata, la prima domanda che si ponevano pensosi tutti gl’italiani era appunto questa: chissà dove comincia la stretta del primo e finisce la presa del secondo? Ah saperlo.
Ma anche: va bene il padre, va bene il figlio, ma dove sarà mai lo zio?
A pag. 3   Alberto Gentili colma anche questa la-cuna: lo zio non c’è, ma c’era fino a qualche minuto prima a reggere la coda al Cainano, poi gli ha telefonato: “Sei stato bravo, Enrico, e sei molto maturato”. Ecco, a 47 anni il pupo ha messo su i primi dentini e sta per smettere di gattonare. Per il resto, avverte il Cusenza, “il richiamo al 1946 non è casuale”: “Il nuovo governo Letta è chiamato” a “una piccola grande rifondazione del concetto di buon governo perchè almeno generazionalmente sono venuti meno io muri e gli steccati che hanno avvelenato gli ultimi decenni, con la violenza e l’odio e la loro interminabile scia di sangue”. Insomma quella di De Gasperi che nel ’46 governò con Togliatti è “un’impresa simile (al netto del conflitto mondiale) ” a quella di Alfano che governa con Letta (al netto dei processi a B.). Lo dice anche Letta al Messaggero: “Oggi si chiude la guerra dei vent’anni. Ora siamo all’armistizio. La speranza è che scoppi la pace”.
Amnistia, si chiama amnistia.
Eugenio Lettari. Scalfari è il più entusiasta, fin dal titolo dell’editoriale: “Un medico per l’Italia”. Non si sa a chi si riferisca, ma si sa a chi non si riferisce: Alfano, che essendo soltanto il ministro dell’Interno e il vicepresidente del Consiglio, non merita neppure una citazione. “Nelle circostanze date è un buon governo. Enrico Letta aveva promesso competenza, freschezza, nomi non divisivi. Il risultato corrisponde pienamente all’impegno preso, con un’aggiunta in più: una presenza femminile quale prima d’ora non si era mai verificata… Se i fatti corrisponderanno alle parole molte sofferenze saranno lenite e molte speranze riaccese”. Rimosso Alfano – ma anche Lupi, De Girolamo, Lorenzin e Quagliariello, la banda fresca e non divisiva della nipote di Mubarak – Scalfari ammira molto la “competenza” dell’avvocato De Girolamo in tema di agricoltura, o della signora Lorenzin (maturità classica) in materia di Sanità , o di Andrea Orlando (maturità scientifica, ex responsabile giustizia del Pd) in fatto di Ambiente. Però non ne cita nessuno, per precauzione. preferisce citare “Camillo Prampolini” (non è uno scherzo, davvero, anche se nessuno capisce che diavolo c’entri). Poi tributa il consueto omaggio a Sua Castità Napolitano: Suo malgrado, ha dovuto restare al Quirinale. Suo malgrado, ma per fortuna del Paese”. Egli, à§a va sans dire, “conosce benissimo i limiti e i doveri che la Costituzione li prescrive”: infatti li ha violati tutti nel giro di qualche giorno.
A questo punto, Scalfari elenca i “molti precedenti” del governo
Napoletta nella storia della Repubblica. Che poi sono due. Il primo è primo il patto Moro-Berlinguer per la non sfiducia ad Andreotti a metà anni 70, che però non c’entra nulla, visto che il Pci non aveva ministri, nemmeno quando nel ’78 votò per qualche mese la fiducia. Il secondo è il governo Badoglio del 1944, dove sì c’erano nello stesso governo ministri comunisti e democristiani: ma nemmeno quello è un precedente, perchè l’Italia era ancora una monarchia, oltre a essere ancora in guerra. Insomma, i “molti precedenti” non esistono.
Meglio tornare a Re Giorgio, “un presidente al di sopra delle parti” che, “salvo Ciampi, non è mai esistito” perchè “garantisce tutti, ma garantisce soprattutto il Paese”. Ma garantisce soprattutto B. Giuliano Lettara. “Ora i giudici devono deporre le armi” (Giuliano Ferrara, il Giornale, 28-4). Wow, era ora! Ferrara, sempre così informato, ci farà sapere quanto dura l’armistizio, e soprattutto la decorrenza e la scadenza.
Insomma, da quando a quando c’è licenza di delinquere.
Così magari, prima che i giudici riprendano le armi, gli sfiliamo il portafogli o gli svaligiamo la casa.
Marco Travaglio
(da “il Fatto Quotidiano“)
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