Maggio 9th, 2013 Riccardo Fucile
EPICA GAFFE DEL SENATORE PDL, SEGRETARIO PDL DELLA COMMISSIONE GIUSTIZIA: CONFONDE IL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA ISRAELIANO CON LA KYENGE
“Tzipi Livni? L’ho conosciuta al Senato, è il ministro per quanto riguarda gli immigrati“.
E’ l’epica gaffe di Antonio Razzi, il senatore del Pdl appena nominato segretario della Commissione esteri del Senato.
Il politico, ospite de “La Zanzara”, su Radio24, confonde il ministro per l’Integrazione Cècile Kyenge col ministro della Giustizia del governo israeliano.
E ai conduttori, David Parenzo e Giuseppe Cruciani, che gli fanno notare l’errore, si giustifica così: “Siccome c’ha un nome strano…io non è che mi ricordo tutti questi nomi”.
Razzi, secondo il quale la capitale del Sudafrica è Johannesburg anzichè Pretoria, nel suo solito italiano surreale si dichiara soddisfatto del nuovo incarico: “Ho avuto questa nomina, perchè ho vissuto sempre all’estero, conosco i problemi che ci sono. Sono stato anche in Uganda“.
E spiega: “Le mie mansioni? Guardare i verbali, guardare le ‘votazione’, scrutinare quando ci sono degli argomenti da votare, ci sono parecchie cosettine. Non è che c’abbiamo la zappa in mano, eh“.
Il parlamentare scodella la sua personale ricetta risolutiva della questione dei Marò: “Se era Berlusconi come presidente del consiglio, nemmeno una settimana di prigionia faceva (facevano, ndr) che già stava (stavano, ndr) in Italia da molto tempo. Berlusconi è un genio” — continua — “avrebbe fatto come gli altri, quando c’è stato, diciamo, qualche cosa che gli Italiani erano prigionieri in vari Stati: dopo una settimana, massimo dieci giorni, erano a casa.”.
E aggiunge: “Non è vero che Berlusconi pagava i riscatti, lui è un grande, conosce tutti i presidenti del mondo e trattava lui personalmente”.
Razzi passa poi all’analisi del voto elettorale: “L’elezione gli Italiani non ce l’hanno fatto vincere. Oggi abbiamo perso per un pelo, come si suol dire. Poi il governo del Pd ha dato fiducia ai grillini”.
E attacca il leader del Movimento 5 Stelle: “Grillo è inutile che chiacchiera oggi, dice ‘ladro quello, questi ci hanno fottuto tutto’ e vuole le presidenze di commissione. Non le può avere perchè non è voluto stare al governo. Sono le leggi che sono così”.
Sui parlamentari del M5S, il politico afferma: “Tra me e loro c’è poco dialogo. Stanno sempre tutti indaffarati con computer, ‘scream’, controllo, ‘ualt’“.
E precisa: “Oggi non lo so che cosa vuole fare Grillo da grande: la politica non è comicità , è una cosa seria. Se lui non è al governo, se la piglia in quel posto“.
Il senatore del Pdl, poi, elogia la Corea del Nord: “Non è vero che lì ci sono problemi, i media e la televisione non dicono il vero. Io ci sono stato cinque volte e sono sempre rimasto entusiasta della gente. A Pyongyang” — prosegue — “si sta bene, uno ci può andare a fare le vacanze tranquillamente”
Gisella Ruccia
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Maggio 9th, 2013 Riccardo Fucile
IL DECANTATO “MODELLO LOMBARDIA”: UNA TORTA DA SETTE MILIARDI EROGATI A MANAGER VICINI A CL E ALLA LEGA
«Formigoni? Il politico più stupido che io conosca», sentenziò una volta Ciriaco De Mita. 
Ma l’ex premier è ormai fuori da lustri, mentre il Memor Domini ciellino che giurò povertà , castità e obbedienza, ma offriva il suo “corpo mistico” ignudo su yacht miliardari, ballando sulle note dei Red Hot Chili Peppers, è appena approdato al laticlavio.
Ed è stato eletto alla presidenza di una commissione senatoriale nelle stesse ore in cui la procura milanese chiedeva il suo rinvio a giudizio con l’accusa di aver deviato più dalla povertà che dalla castità , con osceno utilizzo di pubblico denaro.
Non stupido, “Diomammoneggiante” lo definisce con inaspettata fantasia lessicale un banchiere cattolico, che lo descrive come capitano di una legione di lottatori a tempo pieno, ma non di vincitori contro il peccato.
Quella generazione di giovani timidi, pallidi, abiti scuri, gonne lunghe, molti dei quali alla morte del fondatore di Comunione e Liberazione don Giussani sono stati risucchiati dal loro stile di vita quasi monastico verso i lidi più agevoli del potere e del denaro, garantiti da un movimento che si è fatto lobby.
Crozza sembra propendere nella sua imitazione a una via di mezzo tra le definizioni del vecchio democristiano e del banchiere cattolico.
Ma il ritratto più affilato lo ha dato Gianfranco Fini, un altro disperso della politica: un’“impudente faccia di bronzo”.
Come altro definire uno che di fronte alla lampante evidenza delle sua vita non frugale, alle documentate accuse al suo cerchio magico di aver sottratto sotto la sua protezione decine e decine di milioni, forse centinaia, alla sanità della regione Lombardia, facendone un’immensa mangiatoia privata, sbeffeggia i giornalisti che osano fargli qualche doverosa domanda, inventa complotti e minaccia querele e sfracelli?
«Sono a volte caduto e cado — ha scritto al settimanale di Cl “Tempi” — in qualche eccesso di narcisismo o di personalismo? È così. E allora? Che cosa si deve giudicare: le mie camicie o i miei atti di governo?».
Difficile dire cosa sia peggio.
A parte naturalmente l’arte autoassolutoria, che si esercitò invece più nobilmente per suo padre, vecchio podestà in Brianza, accusato dell’omicidio di quattro partigiani e amnistiato daTogliatti.
Quanto agli atti di governo, Formigoni continua a celebrare il “modello lombardo” e quello che pomposamente chiama “federalismo sanitario”.
Cioè il sistema che ha permesso di trasformare la sanità in una colossale truffa organizzata, in una casbah percorsa da una pletora di politici simoniaci, assessori corrotti, faccendieri, manager lottizzati, all’insegna di fondi neri, tangenti, appalti truccati, di cui i magistrati devono ancora scrivere tutta la storia.
Il “federalismo delle truffe”, che per fortuna non ha intaccato alcuni poli di buona medicina, nasce nel 1997, quando il Celeste era già governatore da due anni, con la Legge regionale 31.
Fatta su misura per gli interessi di Cl, stabilì la parità tra ospedali pubblici e privati. Così, in nome di una presunta rivoluzione liberale, partì la corsa delle strutture private per ottenerel’accreditamento con la Regione, tramite i buoni uffici del cerchio magico formigoniano.
Una parità giuridica che attraverso il flusso di rimborsi pubblici ha prodotto la nascita di colossi sanitari come il San Raffaele di don Verzè, l’amico di Berlusconi e allevatore della maitresse delle olgettine nella “casa delle femmine”, che più che un prete sembrava un gangster di Chicago, franato prima della morte sotto un miliardo e mezzo di debiti.
E la Fondazione Maugeri, snodo di tangenti, sovraffatturazione e fondi neri, che finivano a Pierangelo Daccò, il faccendiere di Formigoni, quello che pagava gli yacht, i resort più cari al mondo e le ville in Sardegna del capo del Gruppo Adulto, il nucleo aristocratico di Comunione e Liberazione, votato alla “povertà evangelica e alla castità perfetta”.
Passi per la castità , che in caso di scivolate si può assolvere confessandola ai padri salesiani di via Copernico, ma quanto alla povertà evangelica difficilmente a Formigoni potrà dare l’assoluzione anche il padre eterno, quando si saprà con certezza la cifra sottratta attraverso la Maugeri e le altre strutture “aiutate” da Daccò.
La sanità lombarda muove ogni anno 17 miliardi e mezzo di euro, il 75 per cento delle spese regionali, con 128 strutture tra ospedali pubblici e privati.
La generosità verso i privati e soprattutto verso gli ospedali targati Cl è tale che il 43 per cento del totale va a loro.
Una torta di 7 miliardi e mezzo erogati a piè di lista senza controlli a manager lottizzati da Cl e dalla Lega.
I reparti di cardiochirurgia si sprecano, ce ne sono più in Lombardia che in tutta la Francia.
Perchè?
Ma perchè gli interventi cardiochirurgici sono quelli che hanno i rimborsi pubblici più alti. Idem per l’ortopedia.
I privati si buttano sulle prestazioni sanitarie più redditizie e non di rado inducono i pazienti a operazioni inutili se non dannose.
Ecco, questo è il quadretto sommario dell’eccellenza formigoniana, che sulla sanità , incredibilmente, sfoga da anni il suo patologico narcisismo.
Scoppiato lo scandalo, un anno fa il presidente di Cl Julià n Carròn ha cercato di prendere le distanze dal Celeste: «Sono stato invaso da un dolore indicibile — ha scritto aRepubblica — dal vedere cosa abbiamo fatto delle grazie che abbiamo ricevuto. Se il movimento di Comunione e Liberazione è continuamente identificato con l’attrattiva del potere, dei soldi, di stili di vita che nulla hanno a che vedere con quello che abbiamo incontrato, qualche pretesto dobbiamo aver dato».
E ha chiesto perdono.
Il cardinale Angelo Scola è stato meno aulico, ma sostanzialmente ha fatto lo stesso. Le gesta di Formigoni e della sua cricca però hanno probabilmente contribuito a ostruirgli l’ascesa al soglio pontificio.
Resta su piazza il Celeste, se qualche anima buona non riuscirà a farlo dimettere e se i magistrati non decideranno di fargli visitare luoghi un po’ meno ameni di quelli che abitualmente frequenta.
Gli hanno dato la presidenza della Commissione senatoriale dell’Agricoltura. Speriamo che non stia già almanaccando il “federalismo agricolo”.
Alberto Statera
(da “La Repubblica“)
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Maggio 9th, 2013 Riccardo Fucile
APPELLI AL GOVERNO PER LIMITARE I TAGLI “AGLI ENTI VIRTUOSI”, OVVERO CHIARAMENTE QUELLI GESTITI DA LORO
Che senso ha rimpinguare le casse di enti ormai “morituri”?
Ma le Province lombarde non mollano e pretendono che siano confermati i 170 milioni di euro di trasferimenti statali, smentendo quanto il governo Monti aveva deciso, cioè sforbiciare dal bilancio statale quella cifra.
“Su un taglio totale di un miliardo e duecento milioni di euro al sistema complessivo delle Province per il 2013 — spiega il presidente dell’Unione Province Lombarde Massimo Sertori – le nostre avranno una riduzione di circa 6 milioni in più di quanto preventivato. Questo andrà a incidere pesantemente su una situazione già critica”.
Sertori, che è anche il presidente della Provincia di Sondrio, uno degli enti che doveva essere tagliato, prima di essere salvato perchè a tutela di un’importante specificità territoriale e poi perchè della legge anti-province non se ne fece più niente, vorrebbe che ora il Governo smentisse quanto deciso da Monti, “prevedendo — spiega — che per le Province virtuose e operose come le lombarde sia possibile ridurre i tagli di almeno il 30%”. Secondo l’esponente della Lega Nord “la nostra gente deve sapere che questo riparto è stato fatto anche per trovare una soluzione al caso del tutto eccezionale delle Province campane impegnate nell’emergenza rifiuti, ma che è assurdo porre a carico di altre Province”.
Dalle parole ai fatti è passata un’altra amministrazione provinciale leghista, quella di Lodi, anche lei tra le prime a dover essere depennata.
Anche se qui il Governo nel 2013 farà arrivare 5 milioni e 300 mila euro in meno di contributi pubblici.
Detto questo l’ente ha promesso battaglia.
Infatti, la giunta provinciale lodigiana — per bocca del suo Presidente, Pietro Foroni — ha fatto sapere che ricorrerà al Tar del Lazio per bloccare i tagli di Roma.
Foroni, che è dimissionario, vista la sua nuova carica di consigliere regionale, ha parlato dei rischi di un provvedimento che toglierà al suo ente risorse necessarie per servizi essenziali al cittadino.
Gli fa eco il presidente dell’Unione delle Province d’Italia, Antonio Saitta, che dal canto suo prova a rilanciare: “Con l’eliminazione delle Province non si produrrebbero risparmi, ma aumento della spesa pubblica, visto che si metterebbe il personale in mobilità e crollerebbe il livello dei servizi ai cittadini”.
Le Province, insomma, non ci stanno a essere cancellate e cercano di vendere cara la pelle. Dall’Upi fanno notare che se dovesse essere attuato quanto stabilito di recente dal decreto sui pagamenti alle imprese della Pubblica Amministrazione — uno degli ultimi atti del Governo dei tecnici — che contiene anche un netto taglio alle risorse delle Province, le stesse rischierebbero il dissesto economico.
Il neopresidente del Consiglio Enrico Letta, lo ha però detto chiaramente, addirittura nel suo discorso di investitura: “Le Province vanno abolite”, anche se per rendere meno traumatico questo passaggio ha aggiunto che “si può pensare a una riorganizzazione delle Regioni”, e quindi far pesare sulle spalle delle stesse gli esuberi di personale e di competenze provinciali.
Per una “linea dura” anche molti rappresentanti del Pdl.
Tra i quali Daniela Santanchè, che ha commentato il discorso di Letta ricordando che “l’abolizione delle Province era nel nostro programma e a questo punto spero che il premier tenga fede a quanto detto”.
Fabio Abati
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Maggio 9th, 2013 Riccardo Fucile
IL MERCATO DEL LAVORO TEDESCO GODE DI OTTIMA SALUTE: MERITO DI UN SISTEMA DI ISTRUZIONE CHE DA’ MOLTA IMPORTANZA ALLA FORMAZIONE PRATICA
Oltre cinque milioni e mezzo di giovani europei sono senza lavoro. 
Nei paesi del sud Europa colpiti dalla crisi sta crescendo un’intera generazione dalle scarse prospettive: un giovane spagnolo o greco su due è senza lavoro.
In Italia e in Portogallo tra gli under 25 anni la media sale a uno su tre.
Per loro la Germania deve sembrare il paese della cuccagna: lì la disoccupazione giovanile è inferiore all’8 per cento.
In nessuno degli altri 27 paesi membri dell’Ue la media è così bassa, e soltanto l’Austria vi si avvicina con un 8,9 per cento.
“Come faranno?”, si chiedono i cittadini dei paesi europei confinanti, che spesso partono in pellegrinaggio per la Germania per comprendere questo fenomeno.
Quello che scoprono è il nostro duplice sistema di formazione professionale: qui si studia (la teoria) e si lavora (la pratica) contemporaneamente, e non consecutivamente. Per la maggior parte degli europei si tratta di una novità assoluta: imparare e lavorare, invece di imparare per poi lavorare.
La Commissione europea ha lodato il modello tedesco, definendolo una “garanzia contro la disoccupazione giovanile e la penuria di manodopera qualificata”.
Perfino il presidente degli Stati Uniti Barack Obama nel suo discorso sullo stato dell’unione del 2013 ha applaudito il modello tedesco: “Paesi come la Germania puntano a far laureare i loro studenti delle scuole superiori con l’equivalente di un diploma tecnico rilasciato da uno dei nostri community college, così che siano pronti ad affrontare il mondo del lavoro”.
Per molto tempo altri paesi hanno criticato la Germania per questo approccio: l’Ocse infatti ci rimprovera sistematicamente perchè il numero dei nostri laureati è troppo basso. Secondo molti esperti l’istruzione universitaria — semplice laurea triennale, laurea specialistica o dottorato — è la misura di tutte le cose.
E la certificazione tedesca di “Meister” (master) è alquanto rara.
La formazione pratica è considerata di gran lunga inferiore alla formazione universitaria.
Per molti europei è del tutto inconcepibile mettere sullo stesso piano il diploma di apprendista e quello liceale, oppure considerare un diploma di master alla pari con una laurea triennale.
Poco alla volta, però, si sta spargendo la voce che la capacità innovativa dell’industria tedesca — il cui successo si misura da quello dei suoi prodotti in tutto il mondo — potrebbe avere qualcosa a che vedere proprio con la solida formazione che ricevono gli operai tedeschi.
Anche in Germania c’è chi critica questo sistema.
Si sente spesso dire che la formazione è troppo specializzata, troppo su misura rispetto alle esigenze specifiche di certe industrie, e che il numero delle diverse specializzazioni (oltre 300) tra cui un giovane può scegliere il suo tirocinio è decisamente troppo alto.
C’è anche chi esprime dubbi sulla reale possibilità che le qualifiche di questo duplice sistema riescano a stare al passo con la rapida evoluzione dell’era di Internet.
Il sistema è stato messo particolarmente sotto pressione una decina di anni fa, quando la disoccupazione in Germania era altissima e decine di migliaia di giovani non avevano la possibilità di ricevere un’adeguata formazione pratica.
Nel 2004 il governo verde-rosso formato dai socialdemocratici e dai Verdi spinse per l’arruolamento in massa di apprendisti, per costringere l’economia a creare più possibilità per la formazione.
Ma nel giugno 2004 il governo tedesco si accordò con i datori di lavoro e le associazioni delle aziende per far approvare il Patto di formazione professionale e scolastico, che ha contribuito a ribaltare la situazione: adesso l’offerta supera la domanda.
La crisi economica globale ha trasformato il modello tedesco in un successo da esportare.
La Germania ha firmato un accordo di cooperazione per la formazione con sei paesi dell’Ue e le aziende tedesche fanno da apripista nella formazione pratica del personale nelle loro società affiliate all’estero, che seguono il modello tedesco.
Polo d’attrazione
Le aspettative sono alte, anche per i tedeschi stessi.
La Germania, infatti, non ambisce soltanto a esportare un modello vincente, ma spera che gli europei del sud più dinamici e motivati occupino tutti i posti a disposizione per l’apprendistato, e una volta perfezionate le loro qualifiche non tornino a casa, ma restino in Germania per sopperire alla crescente carenza di manodopera qualificata. Gli scettici sottolineano vari problemi, per esempio le barriere linguistiche, e dubitano che i migranti possano effettivamente ricoprire un ruolo determinante nel porre rimedio alla penuria di apprendisti tedeschi.
È anche vero che il periodo attuale non è l’ideale, dato che il sistema tedesco dipende strettamente dall’economia. In definitiva è il mercato, non gli esperti di istruzione, a decidere il numero dei tirocini disponibili. Sono le aziende a decidere quante posizioni richiedano qualifiche delle quali si avrà bisogno in futuro.
Questa è la premessa per il numero dei posti disponibili per i tirocini.
Di conseguenza, il grande vantaggio dell’approccio alla formazione professionale tedesca è al tempo stesso anche il suo inconveniente maggiore.
Il sistema è strettamente collegato all’economia e nei tempi sfavorevoli, come quelli che stanno attualmente vivendo i paesi europei assillati dalla crisi, la domanda di apprendisti sarà inevitabilmente minore.
Il fatto che gli europei del sud stiano cercando una risposta studiando il nostro sistema di doppia formazione dimostra quanto siano disperati.
Non soltanto sono privi di aziende capaci di creare posizioni per i tirocinanti, ma sono anche privi di pazienti maestri in grado di trasmettere le loro conoscenze ai loro tirocinanti. Inoltre sono privi di istituzioni e di quella cooperazione stretta e assidua che è indispensabile tra datori di lavoro, dirigenti politici, sindacati e altri attori per realizzare il sistema della doppia formazione.
Del resto, perfino in Germania, dove tale collaborazione è ormai solida, il sistema non è immune da problemi, come il conflitto sul Patto di formazione o la resistenza dei sindacati.
Gli europei del sud che adottano il sistema tedesco hanno intrapreso una strada molto ambiziosa.
Ma è sicuramente meglio spingere per riforme strutturali coraggiose che optare per soluzioni più semplici come dare ai giovani disoccupati una formazione professionale inutile soltanto per tenerli impegnati e tranquilli.
Questo sforzo merita il nostro pieno sostegno.
Come lo meritano i giovani europei del sud che lasciano le loro case e i loro paesi per venire qui in Germania a trovare lavoro o a ricevere una formazione professionale. Noi dovremmo accoglierli a braccia aperte.
Stefan von Borstel
Die Welt
(da Presseurop)
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Maggio 9th, 2013 Riccardo Fucile
RAPPORTO DELLA SCUOLA SANT’ANNA DI PISA: LA CIFRA SI RAGGIUNGE TRA SPESE DI GESTIONE, ATTIVITA’ LEGALE E STRUTTURE
Un buco nero in cui finiscono 55 milioni di euro l’anno senza che si possa verificare l’efficienza della pubblica amministrazione nel settore del contrasto all’immigrazione irregolare.
Sono questo i Centri di identificazione e di espulsione esaminati dal punto di vista dei costi per lo Stato, secondo quanto emerge dal rapporto della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa “Criminalizzazione dell’immigrazione irregolare: legislazione e prassi in Italia”.
La somma di 55 milioni di euro non è un dato fornito da fonti ufficiali, ma il calcolo fatto dai curatori del rapporto mettendo insieme una serie di cifre che racchiudono i costi di gestione, quelli per l’attività legale e quelli di costruzione e ristrutturazione delle strutture.
Oltre 80 mila euro è la spesa per costruire un solo posto letto in più, circa 20 milioni di euro l’anno costa la gestione complessiva di tutti i Cie italiani, 350 euro il gratuito patrocinio a spese dello Stato per una sola persona, 10 euro servono per l’emissione di ogni provvedimento di convalida del trattenimento da parte del giudice di pace, e 20 euro è il costo del giudice per ogni udienza. Il trattenimento nel Cie funziona con il sistema delle proroghe, quindi un trattenuto che rimane nel Cie per 180 giorni avrà bisogno di 4 udienze.
La prima cosa che risulta dal rapporto è la scarsa trasparenza della pubblica amministrazione.
I ricercatori non hanno avuto informazioni dirette dai Centri e dalle prefetture e sono dovuti andare a spulciare leggi e documenti della Camera per risalire alle somme spese.
“In un primo momento si è proceduto all’invio di un questionario a tutti i Cie italiani con domande specifiche relative ai costi dei centri: costi relativi alla gestione quotidiana, costi di costruzione/ristrutturazione, costi del personale, ecc — scrivono i curatori dell’indagine – Non ricevendo risposta, la sezione sui costi è stata elaborata basandosi sull’analisi delle varie relazioni tecniche di accompagnamento ai progetti di legge divenuti leggi negli ultimi quattro anni. I dati forniti dal Ministero degli Interni in relazione ai migranti trattenuti nei Cie italiani dal 2009 a giugno 2011 sono stati utilizzati per fare una stima dei costi relativi alla detenzione a seguito dell’estensione fino a 18 mesi del periodo massimo di trattenimento”.
Si tratta quindi di stime e proiezioni statistiche, in parte basate su stanziamenti effettuati in questi anni dal Parlamento per i Cie.
Nel 2008 sono stati stanziati 78 milioni fino al 2010 divisi su tre anni per costruire 1000 posti in più.
Il calcolo si basava sulla spesa effettuata per ogni posto letto nel Cie di Torino, pari a 78 mila euro. Il pacchetto sicurezza del 2009 ha esteso la detenzione massima da 2 a sei mesi.
Dalla relazione tecnica al decreto legge 11/2009 vengono ricavati dati sull’impatto economico dell’estensione a 180 giorni della reclusione.
In particolare, la relazione tecnica considera i maggiori oneri connessi alla costruzione o la ristrutturazione di Cie per fornire nuovi posti; alla permanenza degli stranieri presso gli stessi centri (alla luce del periodo di estensione del trattenimento); all’aumento del numero delle convalide del trattenimento da parte dei giudice di pace.
Nella relazione si assume che il nuovo tempo medio di trattenimento degli stranieri nei centri sarà di 120 giorni e si stima la necessità di aumentare i posti nei Cie, passando da 1160 a 4.640. Bisognerebbe dunque costruire altri 3.480 posti.
E si arriva a calcolare che il costo complessivo per la realizzazione di nuove strutture sarebbe pari a 117.000.000 di euro.
Altri 980 posti dovrebbero essere ricavati dalla ristrutturazione dei Cie esistenti.
In questo caso viene preso come riferimento il centro di Brindisi, dove ci sono voluti 5000 euro a posto letto per la ristrutturazione, ma si trattava di semplici modifiche.
Il costo massimo ventilato per edifici da ristrutturare completamente è di 40 mila euro per ogni posto da ristrutturare. Il costo complessivo per la ristrutturazione di strutture esistenti tocca i 22.050.000 euro.
L’estensione della durata della detenzione comporta anche un aumento dell’attività dei giudici di pace, che sono chiamati a convalidare il provvedimento di fermo.
Il costo del gratuito patrocinio viene calcolato in 350 euro a persona compreso il pagamento dell’interprete.
Nel complesso, fra la difesa legale e le udienze di convalida e proroga della reclusione, la spesa per le casse pubbliche passa da 434 mila euro nel 2010 a oltre 5 milioni (5. 271.000 euro nel 2012).
I ricercatori concludono l’analisi con una simulazione fino al limite massimo di trattenimento oggi in vigore, cioè 18 mesi, pari a 540 giorni.
Considerando la capacità corrente di 1.681 posti, relativa ai dati ad agosto 2011, mancano ancora tremila posti rispetto alle necessità individuate dalla relazione tecnica della Camera.
Se la pubblica amministrazione decidesse di costruire nuove strutture per coprire tale necessità al costo medio di 78 mila euro (rivalutato all’indice Nic ad 82.056 euro), si arriverebbe a spendere quasi 245 milioni di euro
(da “Redattore Sociale”)
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Maggio 9th, 2013 Riccardo Fucile
E POI LO PSICHIATRICO CONTRORDINE : “FERMATEVI PER STRADA E PARLATE CON I GIORNALISTI”
Beppe Grillo chiama a rapporto i parlamentari del suo movimento e li striglia per i mal di
pancia legati a diaria e stipendio.
“Fanculo i soldi! Se avete firmato qualcosa, dovete rispettarlo”, avrebbe detto nel corso della riunione a Montecitorio il leader del M5S secondo quanto riferisce la diretta Twitter #assembleaconbeppe.
“Non si fa la cresta su ciò che non è rendicontato, metteremo nomi e cognomi di chi vuol tenersi i soldi”, ha insistito l’ex comico rivolto a deputati e senatori.
“Siamo un gruppo che deve parlare con le persone”, ha aggiunto.
Grillo si sarebbe soffermato anche sulla fase politica. “Il governo non regge. L’opinione pubblica sta cambiando. Cercano di dimostrare che siamo come gli altri”, ha detto.
“Loro agiscono con le menzogne, noi reagiremo con rispetto e verità “, ha insistito Grillo annunciando un’inversione a U nei rapporti con la stampa.
“Fermatevi per la strada a rispondere ai giornalisti”, ha esortato i parlamentari, sdoganando anche la partecipazione alle trasmissioni tv.
“Purchè non siano talk show, andate in tv a spiegare ai cittadini le nostre idee”, ha detto.
Intanto dal web Beppe Grillo se la prende non solo con l’ex premier, ma anche con Quirinale e Pd.
«Berlusconi è il garante dell’osceno connubio tra illegalità e democrazia. In un qualsiasi Paese democratico un personaggio come Berlusconi sarebbe in carcere o allontanato da ogni carica pubblica – scrive il leader dei 5 Stelle – da noi è l’ago della bilancia del Governo, punto di riferimento di Napolitano nel suo doppio settennato, protetto dall’opposizione del pdmenoelle”
Il capocomico genovese si è evidentemente dimenticato che il più grande aiuto a essere “ago della bilancia” lo ha dato proprio lui a Berlusconi, rifiutando qualsiasi accordo con il centrosinistra.
Un giorno i motivi saranno chiari a tutti.
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Maggio 9th, 2013 Riccardo Fucile
IL GIOCO DELLE TRE TAVOLETTE: I SOLDI PER LA CASSA INTEGRAZIONE LI SI PRENDE INVECE DAI FONDI EUROPEI PER LA FORMAZIONE E DAI CONTRATTI DI PRODUTTIVITA’: SI TAGLIA DA UNA PARTE PER POTER DARE DALL’ALTRA
All’ordine del giorno del Cdm, previsto per le 18, ci sarà anche la sospensione della rata di giugno dell’Imu e il rifinanziamento della Cig in deroga.
Queste ultime misure sono iscritte come “provvedimenti urgenti”.
ll governo, come ha riferito ai giornalisti il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Dario Franceschini, è orientato infatti a varare un decreto legge ad hoc e pare non intenzionato a seguire la strada dell’emendamento al decreto sui debiti della Pa.
Un decreto da un miliardo di euro.
Tale decreto varrebbe un miliardo: tale è infatti la somma prevista per rifinanziare la cassa integrazione in deroga.
L’Imu, viceversa, tecnicamente non ha bisogno di copertura, visto che si tratta solo di un rinvio a settembre della rata di giugno solo sulla prima casa (due miliardi) e, fino a fine anno, quando è fissato il saldo, ci sarà tempo per rimediare, in funzione della riforma promessa da Enrico Letta.
Il decreto legge che il governo varerà , lascerebbe fuori, secondo quanto si apprende da fonti parlamentari e di governo, capannoni e fabbricati.
Saranno anticipi di Tesoreria e della Cassa Depositi e Prestiti, garantiti dal Tesoro, a finanziare i Comuni al posto dell’acconto Imu sulla prima casa di giugno che viene rinviato.
Da coprire, per quel che riguarda i soldi dovuti ai Comuni, sono soltanto gli interessi sulle somme anticipate dal Tesoro (e dalla Cdp) che sono, tuttavia, di modesta entità .
La copertura per la Cig, come si apprende da fonti governative, è garantita per metà da risorse che saranno attinte dalla detassazione dei fondi incentivanti dei contratti di produttività e, per l’altra metà , da fondi comunitari ancora disponibili, come già fatto nella legge di stabilità .
In particolare, i fondi saranno disponibili per Puglia, Campania, Calabria e sSicilia, le quattro regioni meridionali che hanno il più elevato numero di ore utilizzate di cig in deroga.
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Maggio 9th, 2013 Riccardo Fucile
MAI STATO COSI’ CONTESO: PER IL GIURISTA OTTANTENNE UNA NUOVA PRIMAVERA
Non posso più tirarmi indietro. Sono in un frullatore ma…”, neppure finisce di dirlo e
squilla il telefono.
Tutti vogliono Stefano Rodotà , dopo la fallita candidatura al Quirinale, a 80 anni il giurista sta vivendo una seconda giovinezza.
Tutta di corsa, tra un intervento al liceo Tasso, richieste dalle università di tutta Italia, trasmissioni televisive, una conferenza a Berlino sui beni comuni la prossima settimana, il “cantiere” di Sel sabato, l’incontro ieri con i parlamentari grillini, senza streaming, che poi rivelano: “Ci ha detto che se fosse stato in Napolitano ci avrebbe dovuto dare l’incarico”.
E lui corre ancora: “Sì, sono in un frullatore”. Squilla di nuovo il telefono, è la nipote. Il suo volto si fa dolce, stacca e riprende la conversazione: “Che fare? Bisogna ricostruire la sinistra”.
Cosa direbbe in un caminetto del Pd?
È una storia che non mi appartiene più.
Si fanno i nomi di possibili nuovi segretari: Anna Finocchiaro, Speranza. Cosa ne pensa?
Se mi telefonassero terrei aperta la discussione.
In attesa del segretario, De Benedetti ha dato l’investitura a Renzi: l’unico nome spendibile.
Al netto della sua destrezza comunicativa io guardo ai contenuti. Quelli di Renzi non sono i miei, non c’entrano nulla con la cultura di sinistra. Lasciamo perdere il giubbotto di Fonzie da Maria De Filippi (ride Rodotà ), lui può davvero essere un buon interlocutore. Si deve parlare anche con la destra. Altra cosa è Berlusconi, che mette a rischio l’ordine costituzionale.
Letta ha portato il governo in ritiro in abbazia, mentre il Pd riunisce il caminetto.
Non so che consiglieri d’immagine hanno, un disastro. “Fare spogliatoio”: ma come parlano?!
Professore, non è capo dello Stato, ma è ormai un punto di riferimento per la sinistra.
Ho una maggiore legittimazione a proseguire il lavoro svolto in tutti questi anni, sento un carico di responsabilità spropositato. Durante il voto parlamentare per il Quirinale ero tranquillo, adesso ho una certa tensione: non ho la bacchetta magica, ma non posso tirarmi indietro.
Sabato parteciperà al “cantiere” di Sel. Si farà un nuovo partito?
Le cose fatte di fretta, come Rivoluzione civile di Ingroia, non funzionano. Bisogna ricostruire un’agenda della sinistra.
Primo obiettivo?
Chiedere con forza al presidente Napolitano di rivolgere un appello alle forze politiche per fare subito la riforma della legge elettorale.
Dei grillini lei ha detto che hanno voglia di imparare a fare politica.
Non è sindrome da professore. Si sono messi al lavoro con grande impegno. Ogni tanto incorrono in qualche scivolone, ma è normale, sono figli di molte realtà . Non firmo cambiali in bianco neppure con loro, ma sbaglia chi vede un pericolo in Grillo e di conseguenza attacca il web. E lo dico con tutto ciò che da Grillo mi distingue. L’assenza del vincolo di mandato parlamentare è un valore di democrazia, ad esempio: ho votato in dissenso dal Pci contro il concordato Craxi, so cosa significa.
Quindi, adesso, che fare?
La Controconvenzione per la difesa della Costituzione e la rete costituente dei beni comuni.
L’embrione del Partito della Sinistra per l’Europa: Pse. Le piace come nome?
Potrebbe essere riduttivo. Sono europeista, bisogna cambiare un’Europa che ignora la costruzione di uno Stato autoritario in Ungheria e le sue stesse carte fondamentali. Bisogna lavorare tanto. Ma potremmo rendere questo nome un promemoria per il futuro.
Giampiero Calap�
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Maggio 9th, 2013 Riccardo Fucile
MA ANCHE I CINQUESTELLE NON MOLLANO: VOGLIONO COPASIR E VIGILANZA RAI
à‰ l’ultima casella che manca — al netto delle bicamerali come Copasir e Vigilanza Rai — per completare il risiko delle poltrone parlamentari : alla Camera, dove le Giunte sono due (Elezioni e Autorizzazioni a procedere) se la sono sbrigata martedì eleggendo rispettivamente D’Ambrosio del M5S e Ignazio La Russa.
A palazzo Madama invece niente, non si sa nemmeno quando la Giunta si riunirà : la convocazione di ieri è stata annullata e ancora non si sa nulla della prossima.
L’unica cosa certa è che — da regolamento — il presidente va eletto entro dieci giorni dalla nomina dei componenti, quindi entro la prossima settimana.
A che si deve questo ritardo?
Semplice: quella poltrona — che per prassi viene concessa all’opposizione — è parecchio importante e lo è diventata ancor di più ieri con la conferma in appello della condanna del senatore Silvio Berlusconi.
La Giunta elezioni e immunità , infatti, fa due cose: decide se un tizio ha i requisiti per essere eletto (o se li ha persi) e dà il via libera per l’uso di intercettazioni o l’arresto nei confronti di un membro del Senato.
Se, ad esempio, il Cavaliere venisse condannato anche in Cassazione all’interdizione dai pubblici uffici sarebbe compito proprio di quella Giunta dichiararlo decaduto dalla sua carica.
à‰ vero che i membri dovrebbero solo prendere atto della sentenza, ma con Cesare Previti — dopo la condanna al processo Imi-Sir nel novembre 2006 — tra fare le fotocopie del dispositivo e ascoltare l’interessato in audizione ci misero otto mesi esatti a togliergli la poltrona.
E dire che formalmente c’era una maggioranza ostile, visto che successe durante la breve legislatura del centrosinistra.
Se non bastasse la decadenza post-condanna, questa è la stessa Giunta in cui si dovrebbe discutere dell’ineleggibilità di Silvio Berlusconi in quanto concessionario pubblico: “Non appena sarà costituita, bisogna accelerare la discussione”, ha messo a verbale ieri la capogruppo 5 Stelle Roberta Lombardi.
Insomma, il governo delle larghe intese per sopravvivere ha bisogno che quell’organismo non sia guidato proprio da un vero oppositore: e infatti fino a ieri il candidato unico, assai caldeggiato dal Pdl, era il leghista Raffaele Volpi, colonnello maroniano in quel Brescia.
Fino a ieri perchè ora quella carica è tornata in discussione.
Le altre opposizioni — che poi sono il minuscolo gruppo di Sel e il M5S — rivendicano la presidenza per se: i primi candidano Dario Stefano, i secondi Michele Giarrusso. “Noi l’abbiamo chiesta — ha spiegato Loredana De Petris di Sel — perchè sarebbe grave se andasse invece a qualche partito che, pur situato all’opposizione, è stretto alleato del Pdl”.
Per il Movimento, però, neanche Sinistra, ecologia e libertà è vera opposizione: “Si è presentata a tutti gli elettori in alleanza con il Pd ed è solo per questo motivo che siede in Parlamento”, ha scritto ieri Roberto Fico.
E il Pd, appunto?
Preferirebbe il candidato di Sel, che sarebbe “più ragionevole”, ma per il momento sta a guardare.
La querelle sulla Giunta s’intreccia, infatti, con quella sulle più prestigiose presidenze di Copasir e Vigilanza Rai, sulle quali grillini e vendoliani sono in zuffa aperta: i primi le vogliono entrambe, ma i secondi hanno già prenotato il controllo dei servizi per Claudio Fava.
E così viene bloccata la Giunta che deciderà su Berlusconi.
E non solo: anche il neopresidente della commissione Agricoltura Roberto Formigoni, su cui pende un rinvio a giudizio, potrebbe averci a che fare tra qualche tempo.
Marco Palombi
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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