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GIOVANE SUDANESE SALVA LA VITA A PENSIONATA DALL’INCENDIO IN CASA A GENOVA: VINCE LA SOLIDARIETA’

Maggio 18th, 2013 Riccardo Fucile

LA DONNA DI 84 ANNI CHIEDE AIUTO DALLA FINESTRA, INTERVIENE AHABU BUKARI: “NON SONO UN EROE, HO SOLO CERCATO DI AIUTARE UNA PERSONA IN DIFFICOLTA’”

In un attimo la cucina si è trasformata in una fornace.
Il tubo che alimenta i fornelli è stato il primo a saltare. Le fiamme, scaturite da un corto circuito, hanno divorato in pochi secondi tutti gli elettrodomestici per poi passare nelle altre stanze.
La casa si è riempita di fumo nero e la temperatura è schizzata alle stelle.
Rita Costa, 84 anni, che in quel momento era da sola, non ha potuto fare altro che correre alla finestra della sala e gridare aiuto.
Il primo a vederla e a correre in suo aiuto è stato un postino sudanese di 33 anni, Ahabu Bukari, che stava consegnando alcune lettere proprio in quel palazzo, in via del Manzasco 7, a San Fruttuoso.
Senza pensarci su due volte è salito per le scale e ha raggiunto l’abitazione della pensionata.
Quindi ha sfondato la porta a calci ed è entrato, sfidando il fuoco e la paura.
Ma il rogo ormai era troppo esteso e dopo qualche tentativo ha dovuto ripiegare.
È rimasto sulla porta fino all’arrivo dei pompieri, cercando di tranquillizzare l’ottantenne e spiegandole che cosa doveva fare per difendersi dal calore e dal fumo.
È un miracolo che Rita Costa sia sopravvissuta.
I vigili del fuoco della squadra di Genova Est l’hanno salvata all’ultimo momento, un attimo prima che perdesse i sensi.
È stata un’impresa perchè il calore era elevatissimo, tanto da sciogliere i rivestimenti del casco del soccorritore che materialmente ha eseguito l’intervento di recupero. L’inferno è iniziato poco dopo le 11.
I proprietari di casa – la figlia della pensionata e il marito – erano fuori per commissioni: «È stato un incidente – dice Dario Baldassini, 68 anni – Mia suocera non si è accorta di nulla. Quando ha capito quello che stava succedendo ormai era troppo tardi. Non so come ringraziare quel giovane: ha cercato di fare tutto il possibile per raggiungerla e poi le è stato vicino fino all’arrivo dei soccorsi».
Ahabu Bukari scuote la testa: «Volevo solo aiutare quella persona, ho fatto quello che mi sembrava giusto».
L’immigrato, quando la donna è stata salvata dalle fiamme, è tornato a lavorare come se nulla fosse. Ha rischiato la vita, su questo i pompieri non hanno dubbi: “Quando siamo arrivati la situazione era davvero critica, sulle scale l’aria era irrespirabile, la visibilità  di pochi centimetri, ci siamo potuti muovere solo con i respiratori”.
Ahabu Bukari abita in via Donghi, da circa tre anni lavora come postino per la Tnt Post ed è molto conosciuto in zona: “Passo le mie giornate sul motorino, andando di casa in casa. Ed è un bene   perchè posso sfamare la mia famiglia e dare un futuro a mio figlio, nato da pochi mesi. Sono arrivato in Italia dieci anni fa e ora le cose iniziano a girare per il verso giusto. Eroe io? No, ho solo cercato di aiutare una persona in difficoltà “.

Pablo Calzeroni
(da “il Secolo XIX”)

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PAPA FRANCESCO: “LA GENTE MUORE DI FAME MA CI SI OCCUPA DI BANCHE”

Maggio 18th, 2013 Riccardo Fucile

MONITO DEL PONTEFICE PER LA MANCANZA DI ETICA NELLA VITA PUBBLICA: “VOGLIO UNA CHIESA POVERA PER I POVERI”

“A causa della crisi la gente muore di fame ma ci si occupa di banche”. Francesco cita un “midrash” ebraico sul cantiere della torre di Babele, dove “se cadeva un mattone era un dramma, se cadeva un operaio non succede niente”, nel corso dell’incontro in piazza San Pietro con i movimenti cattolici.
E avverte: “Oggi, se calano gli investimenti banche è una tragedia, ma se la gente muore di fame non succede niente”.
Per il Papa, “la testimonianza di una Chiesa povera e per i poveri va contro questa mentalità “.
Monito di Bergoglio sulla necessità  dell’etica nella vita pubblica. «La mancanza di etica nella vita pubblica fa male all’umanità  intera», ha ammonito.
La missione della Chiesa è non chiudersi e andare verso le periferie esistenziali. «Quando la Chiesa diventa chiusa, si ammala. Pensate ad una stanza chiusa per un anno, una chiesa chiusa è ammalata, la chiesa deve uscire verso le periferie esistenziali, qualsiasi esse siano. Gesù ci dice andate, predicate, date testimonianza del Vangelo», ha affermato il Papa nel corso dell’incontro a piazza San Pietro con i movimenti e le associazioni.
«Quello che è in crisi è l’uomo come immagine di Dio, una crisi profonda. In questo momento di crisi non possiamo preoccuparci solo di noi», ha aggiunto il Papa sottolineando l’esigenza di «non chiudersi di fronte ai problemi».
Inoltre «ci sono più martiri oggi che nei primi secoli della Chiesa, fratelli e sorelle nostri. Loro portano la fede fino al martirio, ma il martirio non è mai una sconfitta, è il grado piu alto della testimonianza».
Parole accolte dall’ovazione di 200mila fedeli.
“Il Santo Padre conosceva le domande e si era appuntato alcuni concetti su un foglio ma ha parlato completamente a braccio”, spiegano nei Sacri Palazzi.
La formula scelta per l’incontro tra Bergoglio e i movimenti ecclesiali è quella di un serrato “question time” a cui il Pontefice non si è sottratto.
La “fragilità  della fede”, l’evangelizzazione, l’etica, la politica la povertà  e la mancanza di lavoro, e infine la persecuzione dei cristiani: sono i temi delle quattro domande rivolte a Francesco da altrettanti esponenti di associazioni cattoliche alla veglia di Pentecoste.
“Troppe volte ci rendiamo conto di come la fede sia un germoglio di novità , un inizio di cambiamento, ma stenti poi a investire la totalità  della vita. Non diventa l’origine di tutto il nostro conoscere e agire”, è un passaggio della prima domanda.
“Come lei ha potuto raggiungere nella sua vita la certezza sulla fede? E quale strada ci indica perchè ciascuno di noi possa vincere la fragilità  della fede?”.
“Siamo fatti per l’infinito – ha detto la seconda rappresentante dei movimenti- eppure tutto attorno a noi e ai nostri giovani sembra dire che bisogna accontentarsi di risposte mediocri, immediate e che l’uomo deve adattarsi al finito senza cercare altro”.
“Qual è secondo lei la cosa più importante cui tutti noi movimenti, associazioni e comunità  dobbiamo guardare per attuare il compito cui siamo chiamati? Come possiamo comunicare in modo efficace la fede di oggi?”.
“Come vorrei una Chiesa povera e per i poveri”, è la frase del Papa citata nella terza domanda letta in piazza San Pietro da un rappresentante dei movimenti cattolici.
“E la crisi ha aggravato tutto. Penso alla povertà  che affligge tutti i paesi e che si è affacciata anche nel mondo del benessere, alla mancanza di lavoro, ai movimenti migratori di massa, alle nuove schiavitù, all’abbandono e alla solitudine di tante famiglie, di tanti anziani e di tante persone che non hanno casa o lavoro”. Associazioni e movimenti, dunque, “quale contributo concreto ed efficace possiamo dare alla Chiesa e alla società  per affrontare questa grave crisi che tocca l’etica pubblica, il modello dello sviluppo, la politica, insomma un nuovo modo di essere uomini e donne?”.
Infine, il quarto contributo verte attorno “ai tanti nostri fratelli che soffrono” a causa della fede, “a chi la domenica mattina deve decidere se andare a messa perchè sa che andando a messa rischia la vita”, “a chi si sente accerchiato e discriminato per la fede cristiana in tante, troppe parti del mondo”.
Da qui la domanda: “Vorremmo fare di più, ma cosa? E come aiutare questi nuovi fratelli?”.
Anche i ministri ciellini Mario Mauro (Difesa) e Maurizio Lupi (Infrastrutture e trasporti) hanno partecipato in piazza San Pietro alla veglia di Pentecoste per la quale si sono dati appuntamento a Roma 200mila fedeli provenienti da ogni angolo del pianeta.In prima fila, tra i responsabili di movimenti e associazioni cattoliche, i leader di neocatecumenali (Kiko Arguello), Azione cattolica (Franco Miano), comunità  di Sant’Egidio (Andrea Riccardi), focolarini (Maria Voce), Rinnovamento nello Spirito (Salvatore Martinez).

Giacomo Galeazzi
(da “La Stampa“)

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FIOM IN PIAZZA: IL LAVORO PRIMA DELL’IMU

Maggio 18th, 2013 Riccardo Fucile

IL PD DISERTA, GELO TRA LANDINI ED EPIFANI… COFFERATI: “E’ SBAGLIATO NON ESSERCI OGGI”… IL NEOSEGRETARIO PD: “SERVONO RISPOSTE, NON CORTEI”

È il lavoro, non l’Imu, la vera priorità . E al Pd dovrebbe far più paura il fatto di essere al Governo con Berlusconi piuttosto che scendere in piazza con i metalmeccanici della Cgil.
Così, in una piazza San Giovanni che ha raccolto un corteo di decine di migliaia di manifestanti, il segretario generale della Fiom, Maurizio Landini, ha indicato la vera emergenza e ha bacchettato il partito guidato da Guglielmo Epifani per aver disertato un’iniziativa che ha voluto essere “per” e non “contro”.
La Fiom – ha ricordato Landini – aveva «invitato tutti», ma alla manifestazione ha aderito solo il Sel con Nichi Vendola, ha partecipato un gruppo di esponenti M5S e si sono visti, sparsi, solo pochi uomini Pd, fra i quali l’ex ministro Fabrizio Barca che ha salutato Landini all’inizio del corteo, Sergio Cofferati («avrei sperato che il mio partito ci fosse»), Pippo Civati, Corradino Mineo e Matteo Orfini.
E in piazza San Giovanni il numero uno della Fiom non ha esitato a rimarcare certe assenze.
Invitando «a non avere paura della piazza», dopo che si è trovato il coraggio di «governare con Berlusconi».
Al lungo corteo dei metalmeccanici si sono uniti anche studenti, esodati e pensionati. Insieme hanno voluto lanciare un messaggio chiaro al Governo Letta.
«Senza discontinuità » rispetto alle politiche targate Monti e Berlusconi – ha detto Landini – «il governo non avrà  vita lunga».
E sicuramente non avrà  gioco facile, visto che il segretario generale della Fiom si è detto pronto a mettere in campo «ogni iniziativa» per determinare un cambio di rotta. Per il sindacato serve dare risposte alle tante vertenze ancora in piedi: dall’Ilva, di cui Landini ha ricordato le vittime, alla Fiat, per la quale la Fiom torna a richiedere un tavolo.
Stavolta la manifestazione non si è unita ad uno sciopero, come era accaduto nel marzo del 2012. Da allora il bilancio della crisi si è aggravato, con tanti operai diventati cassaintegrati o disoccupati. Ma la piazza non ha rinunciato a invocare «lo sciopero generale».
Parole non pronunciate dal segretario, che però sulla rappresentanza ha evidenziato, come nell’intesa con Confindustria «sarebbero inaccettabili limitazioni al diritto di sciopero».
Ma sono i temi di queste ore, Imu e Cig, ad aver tenuto banco nel corso di tutta la manifestazione.
L’Imu – ha detto Landini – «non è una priorità », perchè al primo posto delle cose da fare ci sono i temi del lavoro.
Il «problema non è cancellare l’Imu per tutti», ma «tassare la ricchezza per ridistribuirla», «fare investimenti pubblici», dare il via «a un piano straordinario per l’occupazione» ed arrivare «al reddito di cittadinanza».
Il rifinanziamento della Cig, che ha avuto il via libera venerdì dal CdM, «è un fatto positivo, ma non è detto che quel miliardo sia sufficiente e, comunque bisogna andare oltre l’emergenza».
«Quando una forza politica sostiene un governo, il suo primo imperativo è dare risposte alle persone che pongono problemi. Esattamente ciò che ha fatto il governo. Oggi in piazza si è detto “ripartire dal lavoro”, il governo è ripartito esattamente da quello».
Così ha risposto il neo-segretario del Pd Epifani in merito alla sua assenza al corteo.
Il primo provvedimento che ha preso – ha proseguito – è stato il rifinanziamento della cassa integrazione in deroga per un miliardo, la proroga dei contratti dei precari nelle pubbliche amministrazioni, il ripristino dei contratti di solidarietà . Queste misure parlano della condizione del lavoro, soprattutto nei settori più esposti della società , pmi e precari».

(da “La Stampa”)

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“DEPUTATI E SENATORI A LIBRO PAGA DEI PRODUTTORI DI SLOT MACHINE”: LA DENUNCIA A “LE JENE”

Maggio 18th, 2013 Riccardo Fucile

UN ASSISTENTE PARLAMENTARE RIVELA IN UN ‘INTERVISTA: “DA 1.000 A 5.000 EURO AL MESE PER ORIENTARE IL VOTO A FAVORE DELLE SLOT”

Le Iene svelano il sistema delle lobbies che hanno a libro paga senatori e deputati del nostro Parlamento.
Filippo Roma (con la collaborazione di Marco Occhipinti) ha intervistato l’assistente di un senatore, che ha preferito rimanere anonimo per evitare possibili ripercussioni, che racconta di ciò che, secondo lui, succederebbe a Montecitorio e a Palazzo Madama.
Ecco un’anticipazione dell’intervista che andrà  in onda domenica 19 maggio 2013 alle ore 21.20 su Italia1.
Assistente senatore: “Ci sono le multinazionali che ogni mese per mezzo di un loro rappresentante fanno il giro dei palazzi, sia al Senato che Camera, incontrano noi assistenti e ci consegnano dei soldi da dare ai rispettivi senatori e onorevoli”.
F.Roma: “A che titolo?”
Assistente senatore: “Per far sì che quando ci sono degli emendamenti da votare in commissione in aula, i senatori e gli onorevoli li votino a favore della categoria che paga”.
F.Roma: “Ma è legale tutto questo?”
Assistente senatore: “Che io sappia no”
Ancora Roma: “Ma di quanti soldi si parla?”
Assistente senatore: “Per quel che mi riguarda, conosco due multinazionali ed entrambe elargiscono una 1.000 euro e un’altra 2.000 euro ogni mese”
Roma: “Di che multinazionali si tratta?”
Assistente senatore: “Quelle che conosco io, con i senatori di cui stiamo parlando, una è del settore dei tabacchi e un’altra nel settore dei video giochi e delle slot machine”. Roma: “Scusa, gli danno migliaia di euro al mese in cambio di che cosa?”
Assistente senatore: “La protezione. Quando vengono emanate delle leggi o degli emendamenti che potrebbero andare ad intaccare i guadagni di queste società , loro si impegnano invece a proteggere le società  a discapito del cittadino”.
Poi precisa il portaborse: “comunque la tariffa cambia a seconda dell’importanza del senatore e quindi, se è molto influente, sale fino a 5.000 euro. Per quanto riguarda poi le sale Bingo, si sono formati due gruppi, partecipati sia da uomini del centro sinistra che da uomini del centro destra. Un gruppo fa capo a un ex Ministro de…, e un altro gruppo fa capo a un ex Ministro de…, entrambi del centro sinistra”

(da “il Fatto Quotidiano“)

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“MINETTI SUORA IN MUTANDE” ALLE CENE ELEGANTI DEL CAVALIERE

Maggio 18th, 2013 Riccardo Fucile

BUSTE CON SOLDI, BALLETTI HOT “MA NIENTE CONTATTI FISICI” : RUBY FA ARRABBIARE I PM… TROPPE BUGIE E “NON RICORDO”

Mancano pochi minuti alle 11 quando Karima El Mahroug detta Ruby Rubacuori entra nell’aula del Tribunale di Milano dove si celebra il processo parallelo a quello Berlusconi: imputati Lele Mora (presente) Emilio Fede e Nicole Minetti.
Per la prima volta la ragazza, parte offesa ma non parte civile, testimonia.
Ammette solo l’evidenza, inchiodata dalle celle telefoniche: sono stata ai “Bunga Bunga di Arcore 5, 6, 7 volte”.
Per il resto è la solita storia raccontata in Tv: mai fatto sesso a pagamento, “30 mila euro per aprire un centro estetico”.
E i 5 milioni di cui parlava al telefono e scriveva sull’agenda? “Cavolate”.
È stato il collegio presieduto da Annamaria Gatto a chiamarla sul banco dei testimoni.
La “minorenne” che ha inguaiato il presidente del Consiglio, nel 2010, snocciola la sua verità : “A 12 anni scappo di casa per la prima volta”, a 16 anni partecipa al concorso di bellezza a Taormina, presidente della giuria Emilio Fede. Mesi dopo lo rivedrà  per caso, racconta, in un bar di Milano e poi il 14 febbraio 2010, a 17 anni. Attraverso Lele Mora che “non sapeva la mia vera età . Avevo detto di avere 19-20 anni”.
Quel giorno al telefono “Lele mi dice che davanti alla sua agenzia c’era una macchina ad aspettarmi”.
L’autista porta Ruby in redazione dal direttore: “Non capivo, mi aspettavo un’altra serata in discoteca come le altre due all’Hollywood. Invece, entra in macchina Fede e andiamo ad Arcore (il giornalista ha sempre negato, ndr). All’ingresso vedo il presidente”.
A cena, con tante ragazze e Mariano Apicella, dice di aver raccontato la balla della nipote di Mubarak .
Quella notte Ruby non si ferma ma Berlusconi le dà  lo stesso una busta “con 2-3 mila euro. “Mi chiede anche il numero di telefono”.
Il premier ultra settantenne chiama la ragazzina e la rivede: “Vado in taxi. Lì conosco Nicole Minetti, Marysthell Polanco, Barbara Faggioli. Dopo la cena mi hanno detto di avvicinarmi verso il Bunga Bunga. Mi hanno spiegato che, per una barzelletta di Berlusconi, chiamavano così una sala con un palo della lap dance”.
Anche, come le arcorine stipendiate dal Cavaliere, parla di serate senza sesso: “Mai visto contatti fisici”. Ma ammette: “I balletti erano sensuali”.
Minetti “vestita da suora si alzava la tonaca per mostrare le gambe. Si è spogliata ed è rimasta in biancheria intima”.
Polanco era travestita “da Obama” e anche “da Ilda Boccassini con la parrucca rossa e un affare addosso”. “Quell’affare — la interrompe Gatto — si chiama toga”.
Ruby conferma di aver passato la notte ad Arcore “insieme a Minetti e Polanco” ma “in una stanza da sola”.
Bustarella? Certo che sì: “Berlusconi mi dava sempre una busta con 2 mila euro in banconote da 500”.
Snocciola anche la storia dell’aiuto per avviare il centro estetico, mai aperto: “Spinelli (il cassiere di Berlusconi, ndr) mi ha dato in contanti 30 mila euro” (il Cavaliere su Canale 5 ha detto “57 mila”).
Arrivano le domande sulla notte del 27 maggio 2010 in Questura.
Ruby sostiene che con lei ci fossero Michelle Coincecao, la prostituta da cui abitava, Minetti e Miriam Loddo, definita “bugiarda” da Ilda Boccassini (nell’altro processo) perchè “non ci sono prove documentali” che fosse lì.
Che cosa succede all’uscita? “Nicole mi passa al telefono il presidente. Era arrabbiato perchè gli avevo raccontato tante cavolate”.
Citando intercettazioni, la presidente Gatto le chiede se si sia mai prostituita: “Mai fatto sesso a pagamento”. “E perchè al telefono definisce Noemi Letizia la pupilla di Berlusconi e lei il suo culo?”. Ruby si inalbera: “Ma era solo una battuta”.
Ha pure provato a screditare i pm: “I verbali con le mie dichiarazioni non corrispondono a tutti i colloqui che ho avuto”.
E la presidente: “Se lei conferma, fa un’accusa molto grave e se non è vera può avere conseguenze penali. Non siamo in televisione ”.
Lei ci ripensa: “Sono sensazioni, sono qui per rettificare”.
Avrebbe detto “cavolate” quando parlava intercettata e “solo la verità ” in Tribunale e su Canale 5.

Antonella Mascali
(da “Il Fatto Quotidiano”)

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IL TAXI DEL CAVALIERE: LA GRANDE COALIZIONE SU CUI E’ SALITO IN CORSA PER LUCRARE CONSENSI ELETTORALI

Maggio 18th, 2013 Riccardo Fucile

IL PD SI LASCIA USARE DAL CAVALIERE A GIORNI ALTERNI SENZA UNA PROPRIA AGENDA…E IL “GOVERNO DI SERVIZIO” INVECE CHE AL PAESE SERVE SOLO A BERLUSCONI

L’onestà  è nel riconoscere esplicitamente i limiti di un provvedimento che per ora congela soltanto il pagamento dell’Imu sulla prima casa, e impegna l’esecutivo a riformare entro l’estate l’intera tassazione sugli immobili.
La responsabilità  è nell’ammettere implicitamente che, a dispetto delle troppe promesse seminate dai partiti prima del voto di febbraio, allo stato attuale l’Italia non ha le risorse necessarie per finanziare interventi più massicci ed «espansivi».
E nonostante i ripensamenti della Merkel e la svolta di Hollande, non si può permettere il lusso di riallargare i cordoni della borsa, e di sfondare il tetto del 3% di deficit strutturale in rapporto al Pil.
Almeno fino alla chiusura ufficiale della procedura d’infrazione. Almeno fino alle elezioni tedesche del 22 settembre.
È il paradosso tricolore di questa fase eccezionale da tutti i punti di vista: siamo stati addirittura troppo virtuosi, pagando un prezzo altissimo al rigore ma rispettando l’impegno al pareggio di bilancio al netto del ciclo.
Oggi Bruxelles ci può al massimo dire «continuate così». Non ci può certo dire «tornate a spendere in disavanzo», come invece permette per altri due anni a Francia e Spagna, che l’obiettivo del pareggio non l’hanno ancora raggiunto
Ecco perchè di miracoli non c’è traccia, nel decreto del governo.
Non si può raccogliere l’appello del «popolo dei capannoni», che deve rassegnarsi a una batosta sugli immobili strumentali all’attività  aziendale pari al 50% in più del 2012 e al 176% in più del 2011.
Non si può affrontare la sfida più impegnativa (e quella sì, decisiva per la ripresa dell’economia reale) della riduzione delle tasse sul lavoro e del cuneo fiscale sulle imprese.
Non si può aprire il dossier dei nuovi ammortizzatori sociali per chi, tra i giovani precari e gli ultracinquantenni disoccupati, non ha nessuna copertura.
Ed è già  tanto se Saccomanni è riuscito a trovare il miliardo necessario a coprire la Cassa integrazione in deroga, anche se per riuscirci non ha trovato di meglio che prosciugare i fondi residui per la detassazione dei salari di produttività .
Come dire: con una mano si dà  e con l’altra si toglie, ma sempre nelle tasche del lavoro si va a pescare.
Com’è dunque evidente, siamo solo all’inizio di un percorso, che sarà  lungo, difficile e tormentato.
Per questo, sul piano politico, suonano come al solito velenose e pericolose le parole di Berlusconi, che dà  ancora una volta quello che tutti si aspettano da lui: il peggio di sè.
Di fronte a questo decreto, pur con tutte le sue manchevolezze, la soddisfazione è comprensibile.
Prima del voto il Cavaliere aveva trasformato la cancellazione e addirittura la restituzione dell’Imu nel suo vessillo ideologico.
Ma ora passa all’incasso nel modo che gli è più congeniale: titanico, smisurato. E la provocazione diventa inaccettabile.
Il congelamento dell’imposta sulla casa non è un successo condiviso nell’azione corale del governo, da offrire a un’opinione pubblica smarrita e stremata. Diventa invece l’arma impropria di una campagna elettorale che per il Cavaliere non è mai finita, e che ora lui stesso usa da vincitore contro il centrosinistra sconfitto.
È lui, non Letta e non il governo, che gli italiani devono ringraziare se non pagheranno l’Imu di giugno.
Ed è lui, non Letta e non il governo, che ha in mano il programma e dunque il destino dell’esecutivo
La reazione berlusconiana tradisce così la natura più vera e profonda di queste intese larghe ma contro natura, rispetto alla del bipolarismo sedimentata nel Paese in questi due decenni.
La Grande Coalizione è poco più che un taxi, sul quale lo Statista di Arcore sale in corsa per lucrare un crescente dividendo elettorale e nel frattempo raggiungere la meta dell’impunità , se non formale di fronte ai tribunali almeno morale di fronte agli italiani.
Il Cavaliere usa il Pd a giorni alterni come l’alleato malleabile o come l’avversario irriducibile, secondo la convenienza politica o il calendario giudiziario.
Questa sproporzione nei rapporti di forza che regolano la strana maggioranza, anche se non giustificata dai numeri, è purtroppo suffragata dai fatti.
È un problema serio, del quale il presidente del Consiglio e il Partito democratico dovrebbero farsi carico.
Azzerando l’asimmetria politica. Affiancando e contrapponendo, a quella della destra, l’agenda della sinistra (se ne esiste una).
Dalla lotta all’evasione alle norme anti-corruzione. Dalla riforma elettorale a quella del lavoro.
Il «governo di servizio» ha senso solo se serve al Paese, non se serve solo al Cavaliere.

Massimo Giannini
(da “La Repubblica“)

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ECCO L’AGENDA ROSSA DI BORSELLINO DOPO LA STRAGE

Maggio 18th, 2013 Riccardo Fucile

C’E’ UN’AGENDA ROSSA TRA LE MACERIE DELLA STRAGE: SPARITA DOPO L’ATTENTATO

L’agenda   rossa di Paolo Borsellino era lì dove avrebbe dovuto essere.
A terra, integra, accanto al corpo carbonizzato del magistrato ucciso da un’autobomba in via D’Amelio insieme ai cinque uomini della sua scorta.
L’agenda era lì, ben visibile ancora pochi minuti dopo l’esplosione, almeno fino a quando un uomo, non in divisa, si avvicina al corpo di Paolo Borsellino e, con il piede sinistro alza un pezzo di cartone che copre l’agenda rossa.
L’agenda è lì, per terra, accanto ad una delle autoblindate del magistrato e della scorta che ancora fumano dopo l’esplosione.
L’uomo misterioso che si era allontanato di qualche metro torna indietro e sposta quasi del tutto quel pezzo di cartone.
Eccola qui l’agenda rossa di Paolo Borsellino, quella da cui il magistrato non si separava e che tutti cercano invano da vent’anni
Ora c’è una prova schiacciante, un documento finora inedito, un filmato di oltre due ore girato nell’immediatezza della strage dagli operatori televisivi dei vigili del fuoco, accorsi in via D’Amelio quel maledetto pomeriggio del 19 luglio del 1992, per spegnere le fiamme causate dallo scoppio dell’autobomba piazzata da Cosa nostra sotto casa della madre del giudice
In quel filmato un’agenda rossa si vede nitidamente a fianco del corpo carbonizzato del magistrato.
È quella di Paolo Borsellino? Certo, difficile pensare a una singolare coincidenza e che sia l’agenda di qualcun altro.
A stabilirlo con certezza saranno i magistrati della Direzione Distrettuale di Caltanissetta che proprio nei giorni scorsi avevano acquisito numerosi filmati girati da tv nazionali e private e da videoamatori, nei minuti e nelle ore successive alla strage. Il tentativo era quello di trovare tracce di quell’agenda dove si presume che il magistrato avesse annotato appunti di lavoro e riflessioni.
Proprio queste avrebbero potuto far luce sul reale movente della strage e sulle possibili responsabilità  istituzionali a fianco di Cosa nostra.
Perchè il sospetto dei Pm di Caltanissetta è che Paolo Borsellino nelle ultime settimane della sua vita avesse scoperto la trattativa tra Stato e Mafia.
Il filmato dei Vigili del Fuoco era stato acquisito, insieme ad altri video dalla Procura di Caltanissetta già  20 anni fa, ma evidentemente tra centinaia di ore di registrazione, questi chiarissimi fotogrammi che mostrano un’agenda rossa accanto al corpo di Paolo Borsellino sono sfuggiti all’esame degli inquirenti.
Che il magistrato anche quella domenica del 19 luglio avesse l’agenda rossa con sè è certo, lo hanno ribadito più volte la moglie, Agnese Piraino Leto scomparsa da alcuni giorni, e i figli.
Un’agenda che il magistrato teneva spesso in mano e che non lasciava quasi mai nella sua borsa di lavoro che invece, come avvenne il 19 luglio, affidava spesso alla custodia degli uomini della sua scorta.
La borsa del giudice fu ritrovata sul sedile posteriore della macchina blindata ma al suo interno l’agenda rossa non c’era.
Probabilmente perchè, come dimostra ora il filmato di cui Repubblica è entrata in possesso, prima di salire a casa della madre, Borsellino l’aveva presa con sè.
Chi è dunque quell’uomo che indossa mocassini neri, pantaloni beige su una camicia bianca e con un borsellino nero, che si avvicina a così tanto e ripetutamente al corpo martoriato di Borsellino, prima ancora che venga coperto pietosamente con un lenzuolo e per ben due volte sposta con un calcio quel pezzo di cartone che copre parzialmente l’agenda?
Certamente un uomo in divisa, un “addetto ai lavori” che nessuno allontana dalla scena della strage in quei drammatici momenti in cui decine di poliziotti e carabinieri cercavano di mandare via tutti i curiosi.
Un’immagine in linea con la testimonianza resa alcuni anni fa dall’ispettore di polizia Giuseppe Garofalo ai magistrati di Caltanissetta: «Ricordo di avere notato una persona in abiti civili alla quale ho chiesto spiegazioni in merito alla sua presenza nei pressi dell’auto blindata. A questo proposito non riesco a ricordare se la persona mi abbia chiesto qualcosa in merito alla borsa o se io l’ho vista con la borsa in mano o comunque nei pressi dell’auto del giudice. Di sicuro io ho chiesto a questa persona chi fosse e lui mi ha risposto di appartenere ai “servizi”. Posso dire che era vestito in maniera elegante, con una giacca di cui non ricordo i colori».
Negli anni sono state molte le ipotesi seguite sulla sparizione dell’agenda rossa.
Un filmato sembrava indicare nell’ufficiale dei carabinieri Giovanni Arcangioli l’uomo che cammina in via D’Amelio con la borsa del magistrato ma, inquisito, è stato prosciolto perchè non c’è la prova che l’agenda si trovasse dentro la borsa.
Una relazione di servizio della Polizia di Stato, invece, racconta che quella borsa venne portata alla squadra mobile e consegnata all’allora dirigente Arnaldo La Barbera.
Ora il nuovo filmato fornisce una pista decisiva sul giallo dell’agenda rossa.

Francesco Viviano
(da “La Repubblica”)

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