Maggio 27th, 2013 Riccardo Fucile
SONDAGGI IN CALO RISPETTO ALLE POLITICHE, MA L’ALTO ASTENSIONISMO POTREBBE SIGNIFICARE UN CROLLO COME IN FRIULI…SI SPERA NEL BALLOTTAGGIO IN CINQUE CITTA’
Il post di Beppe Grillo è comparso sul suo blog alle 11,25 della domenica, con un titolo asettico («Parma, un anno a 5 Stelle»), un testo moderatamente celebrativo dell’amministrazione Pizzarotti, ma con una curiosa sfasatura di cinque giorni rispetto alla data dell’anniversario della vittoria, che cadeva il 21 maggio.
Un ritardo voluto?
Grillo ha propagandato il consuntivo sull’unica città amministrata dai suoi, proprio nel giorno del più significativo test elettorale dopo il successo di febbraio?
Ogni illazione con Grillo può apparire incauta, ma una cosa è altamente probabile: il test amministrativo è atteso con una certa trepidazione da tutto il gruppo di comando del Movimento.
Per almeno due motivi.
I sondaggi apparsi in quasi tutte le città chiamate al voto non sono stati incoraggianti e d’altra parte è molto significativo lo spread dimostrato dal Cinque Stelle nelle prove locali rispetto al voto politico.
Il 26 febbraio si è votato per il Parlamento ma anche per il governo di tre Regioni: ebbene in Lombardia il Movimento di Grillo, mentre alle Politiche ha ottenuto il 17,4%, alle Regionali si è fermato al 14,3%, nel Lazio la differenza è stata addirittura del 5,6%, nel Molise di ben 10 punti.
Sono le premesse per un arretramento complessivo, oppure potrebbe spuntare qualche sorpresa?
E ancora: un (eventuale) arretramento sarebbe da attribuire al tipo di test, oppure ad una demotivazione più profonda degli elettori?
Per Roberto Weber, leader della Swg, uno dei più solidi istituti di sondaggio «il M5S i voti li ha conquistati in due mosse, il rancore verso i partiti e una certa voglia di cambiamento da intercettare: su questo secondo piano c’è molta delusione, perchè Grillo ha snocciolato una serie impressionante di no».
Come dimostrerebbe la flessione in tutti i sondaggi nazionali.
Ma poi c’è il fattore locale.
Nella città più importante nella quale si vota, Roma, il Cinque Stelle parte da un precedente impegnativo: il 27,27% ottenuto (in ambito comunale) alle Politiche di 3 mesi fa. Un’asticella alta, che se fosse replicata, potrebbe avvicinare il candidato sindaco del Cinque Stelle, Marcello De Vito, al ballottaggio del secondo turno, visto che nessuno dei due favoriti, il sindaco Gianni Alemanno e il professor Ignazio Marino, sembra in grado di essere eletto al primo turno.
Ma i sondaggi, per quel che valgono, nelle settimane scorse avevano ridimensionato le aspettative di quasi tutti i candidati a Cinque Stelle e non soltanto a Roma.
Eppure, in alcune città il Movimento di Grillo parte così alto che potrebbe aspirare – ecco la possibile sorpresa – a portare alcuni dei propri candidati al secondo turno, trasformando quei ballottaggi in altrettante lotterie: ad Imperia il Cinque Stelle parte dal 33,9%, a Viterbo dal 31,8%, ad Ancona dal 29,1%. Ma non basta: la debolezza del centrodestra a Pisa e Massa può aprire la strada al ballottaggio anche lì ai candidati del Cinque Stelle.
Occasione persa invece ad Iglesias dove l’eccellente risultato delle Politiche (31%) è stato vanificato dallo scontro «fratricida» tra Simone Muscas e Carla Cuccu, concluso con il forfeit di entrambi e dunque con l’assenza del simbolo del M5S dalla scheda elettorale.
Certo, se i ballottaggi saranno numerosi e il Cinque Stelle resterà ovunque a due cifre, le amministrative potrebbero trasformarsi in un nuovo moltiplicatore per Beppe Grillo.
In caso contrario? Il vero rischio per il Cinque Stelle più che politico non è psicologico?
Sostiene Pippo Civati, uno che li conosce bene: «Obiettivamente per un movimento come il Cinque Stelle non ha molto senso paragonare i risultati delle amministrative con quelli delle politiche, in tanti comuni loro esistono da poco e in ogni caso è tutto da vedere se ci sarà un arretramento. Certo, nel loro modo di vivere la politica, c’è un aspetto emotivo che incide molto, sia nella buona che nella cattiva sorte».
Fabio Martini
(da “La Stampa”)
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Maggio 27th, 2013 Riccardo Fucile
DOPO AVER ANNUNCIATO CHE AVREBBE RINUNCIATO ALLA PRESCRIZIONE, PENATI NON SI E’ PRESENTATO IN AULA, SALVO POI ANNUNCIARE CHE SAREBBE RICORSO ALLA SUPREMA CORTE
Passate qualche giorno dalla notizia che Penati non è più sotto processo per concussione
grazie alla intercorsa prescrizione, continuano a non esserci reazioni.
In Cassazione è un fiorire di pour parler sul ricorso che Penati ha annunciato contro l’avvenuta prescrizione.
Se ne parla in conversari riservati come di una «mossa esclusivamente mediatica » che in concreto non ha chance giuridiche di riaprire il processo contro l’ex segretario di Bersani ed ex presidente della Provincia di Milano.
Non sono chiacchiere da bar quelle di piazza Cavour. Ma valutazioni di giuristi che stroncano l’annunciato passo di Penati. Al quale non danno possibilità di successo.
Per come l’ha raccontata nelle interviste, l’imputato Penati – ora semplice insegnante – vorrebbe rivolgersi alla Suprema corte per rivendicare il diritto di essere processato.
I giudici di Monza, contro la sua volontà (questa è la tesi di Penati), avrebbero dichiarato prescritto il reato per cui invece lui intende essere processato. E ovviamente assolto.
L’esito non può che essere negativo.
Per una semplice ragione, come spiegano in via informale i supremi giudici. La Cassazione è un giudice di legittimità . Valuta se nelle fasi del processo si sono verificati vizi formali.
Ma a Monza quali sarebbero stati commessi nel processo al “sistema Sesto”?
La procedura ha rispettato le regole.
Era noto da tempo che la prescrizione era in procinto di scadere, dopo la “cura” Severino alla concussione distinta in due reati con il tempo dell’azione penale accorciato di 5 anni per l’induzione.
Già il 4 marzo erano cadute le concussioni di tre coimputati.
L’udienza di maggio per Penati era nota e lui aveva dichiarato ovunque la rinuncia alla prescrizione. Ma all’udienza non c’era.
Nè aveva affidato al suo avvocato una procura speciale. Di più.
I giudici hanno chiesto all’avvocato di contattare il cliente per conoscerne le intenzioni.
Ma lui non è riuscito a trovare Penati. Giusto quella mattina.
A questo punto il tribunale ha dichiarato prescritto il reato.
Le regole previste dal codice di procedura penale, all’articolo 129 sono state puntualmente rispettate.
I diritti della difesa non è stato leso.
La Cassazione non potrà che prenderne atto e respingere il ricorso di Penati.
Il quale potrebbe anche sostenere che la prescrizione non poteva essere ammessa per l’evidente innocenza della sua posizione processuale, regola che deriva da una sentenza della Consulta (la 300 del 1991).
Ma anche questo argomentare è debole perchè dal processo si evince semmai la potenziale colpevolezza di Penati, e non l’opposto.
A questo punto resta di nuovo la sua operazione mediatica di annunciare l’esatto opposto di quello che poi ha fatto.
(da “La Repubblica“)
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Maggio 27th, 2013 Riccardo Fucile
PD, PDL, CURIA, LEGA, PRODI, CL NON SONO BASTATI… SCARSA L’AFFLUENZA ALLE URNE, IL 29%
Alla fine è la sinistra che ha votato contro la sinistra. Spaccata a metà , vince il no al finanziamento alle scuole private.
Con un’affluenza è stata del 28,7%, 85.934 persone, che vuol dire uno su tre degli aventi diritto.
Ma comunque sia Bologna si sveglia con un sapore che non sarà mai più lo stesso: la città che fu papalina e poi comunista, oggi è alla ricerca di un’identità che ha perso per strada.
Per questo, quello di ieri non era solo un referendum (non vincolante) sul mantenimento dei finanziamenti alle scuole private. Non è un milione di euro che fanno la differenza.
à‰ come ha detto Francesco Guccini, il principio. à‰ il diritto all’istruzione.
E soprattutto è un laboratorio, quello di Bologna, che potrebbe traghettare il sistema scolastico altrove, in mezzo a paludi fino a oggi sconosciute.
Eppure in questo ginepraio la sinistra ufficiale, quella del Pd, ci si è tuffata con tutto l’autolesionismo possibile.
Quasi in maniera sconsiderata, perchè il referendum era evitabile. E invece è stato fatto. Non ha valore giuridico, ma ne ha uno simbolico che supera tutto il resto.
E soprattutto disegna molto bene quelli che sono gli equilibri politici: da una parte il Pd, il Pdl, la Lega, la Curia insieme a Comunione e Liberazione, dall’altra Sel, il Movimento 5 stelle, il Comitato articolo 33 e quella che si chiama società civile, dove dentro è finito di tutto: da Stefano Rodotà a Isabella Ferrari, da Corrado Augias a Riccardo Scamarcio, da Gino Strada a Valerio Golino.
Un pezzo di Paese che mastica male le larghe intese. Ma soprattutto che si batte perchè le larghe intese non producano effetti distanti dalla sinistra, da quello che la sinistra ha sempre detto in questo Paese, talvolta ottenuto.
Romano Prodi, già presidente dell’Ulivo, ormai un esodato del Pd, ha votato alle 17.30.
à‰ arrivato a Bologna da Addis Abeba. Ha votato per il mantenimento del finanziamento alle scuole private, in linea con quello che ormai fu il suo partito. “Non sono le elezioni politiche, non mi aspettavo una grandissima affluenza. Ma attenzione: bisogna distinguere i referendum generali da quelli particolari come questo. Se la persona non si interessa di politica e non ha figli a scuola è ovvio che non sia motivata nel votare”.
Quando i giornalisti gli chiedono della spaccatura nel centrosinistra prodotta dal referendum e, soprattutto, se è paragonabile alla sua mancata elezione al Quirinale, Prodi sorride.
Non risponde, ma nella sua espressione c’è molto di più di una parola. Gli occhi oggi sono puntati sul sindaco di Bologna, Virginio Merola, che insieme all’arcivescovo Carlo Caffarra ha chiamato a raduno tutto e tutti perchè avesse una speranza di vittoria. Il sindaco e l’arcivescovo.
Chi abita distante dalla città forse potrebbe anche non capire, ma è la prima volta, dal dopoguerra a oggi, che le due forze più potenti si schierano con tanta trasparenza in una consultazione che è politica.
à‰ vero che hanno sempre e comunque dialogato, non sarebbe stato possibile altrimenti.
Lo sa bene Renato Zangheri, uno dei sindaci storici della città che vide sfumare la segreteria del Partito comunista per un soffio dopo la morte di Berlinguer. Zangheri parlava nelle sedi opportune con la Curia, faceva il politico, ma da uomo rigidissimo, per tutti i 13 anni di governo, non si fece mai, neppure una sola volta, fotografare con l’arcivescovo della città . Altri tempi, ovvio.
Ma da qui a scoprire che la destra e la Curia per il Pd sono gli alleati più solidi ce ne passa. “Fummo laboratorio, resteremo tali”, dice Pietro Sarti, comunista passato per la Bolognina.
“Ma oggi, a 83 anni suonati, ho perso la casa: non me l’ha tolta Equitalia, me l’ha tolta il partito”.
Emiliano Liuzzi
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Maggio 26th, 2013 Riccardo Fucile
SI SCEGLIE IL SINDACO IN 564 COMUNI, AFFLUENZA IN PICCHIATA
Sette milioni chiamati alle urne, ma in tanti, molti di più di quanto si prevedesse, le
disertano. L’affluenza nella prima giornata di voto per le elezioni del sindaco e del consiglio comunale di 564 comuni nonchè dei consigli circoscrizionali è stata alle 22 del 44,66%, più di 15 punti in meno rispetto alle precedenti omologhe, quando i votanti furono il 60%.
E si tratta certamente di uno dei dati più bassi delle ultime tornate elettorali.
Le percentuali di votanti sono in calo quasi ovunque, con un crollo al di sopra di ogni aspettativa nella Capitale dove alle 22 ha votato solo il 37,69% degli aventi diritto, quasi 20 punti in meno rispetto alle precedenti omologhe, quando votò il 57,20%.
In Lombardia ha votato il 47,91% degli aventi diritto contro il 67,45% delle precedenti elezioni. 95 i comuni coinvolti di cui tre capoluoghi: Brescia (47,75% l’affluenza contro il precedente 70,55%), dove la campagna elettorale è stata più accesa con contestazioni e tensione in piazza al comizio di Silvio Berlusconi, Sondrio (42,99 la percentuale di votanti) e Lodi (49,80).
Quarantasette i Comuni al voto (10 sopra i 15 mila abitanti) in Veneto dove l’affluenza è stata del 48,47%, quasi 18 punti in meno rispetto alle precedenti amministrative.
A Treviso e Vicenza le sfide più attese, con una forte probabilità di ballottaggio.
Il Piemonte (52 comuni al voto di cui solo due con oltre 15 mila abitanti) vince, invece, la partita dell’affluenza alle urne fra le regioni del nord: i votanti sono in calo come ovunque, ma il dato del 49,58% (a fronte del precedente 64,79) è il più alto fra tutte le regioni settentrionali.
Niente voto nel nuovo Comune di Mappano (Torino), creato a gennaio: un ricorso al Tar ha congelato le elezioni e un comitato di cittadini ha promosso per oggi una fiaccolata di protesta. Freddo, pioggia in mattinata e un crollo di circa 19 punti nel dato sull’affluenza (40,00 contro 59,15 delle precedenti comunali) hanno caratterizzato la prima giornata di voto ad Ancona.
Per la seconda volta consecutiva il capoluogo torna alle urne dopo la fine anticipata della consiliatura, e questo spiega forse una certa disaffezione fra i cittadini.
In Umbria si vota per il rinnovo del consiglio in cinque piccoli Comuni: Corciano, Trevi, Passignano sul Trasimeno, Monte Santa Maria Tiberina (Perugia) e Castel Giorgio (Terni). Corciano è l’unico Comune per il quale è previsto l’eventuale ballottaggio.
L’affluenza è generalmente in calo nella regione rispetto alle precedenti amministrative: 44,82 (62,64 nel 2008).
La Campania è la regione con l’affluenza più alta in Italia: ha votato il 51,84% degli aventi diritto (nelle ultime elezioni il dato era stato del 59,40); ad Avellino una vera debacle nell’affluenza, scesa dal 60,29 al 40,16%.
In Basilicata undici (dieci in provincia di Potenza e uno in quella di Matera) i Comuni chiamati al voto.
In nessun caso ci sarà bisogno del ballottaggio, perchè tutti e undici i Comuni hanno una popolazione inferiore ai 15 mila abitanti.
Alle 22 l’affluenza nella regione è del 43,12% (51,73 nelle passate elezioni).
Tra le curiosità della giornata una raffica di multe per propaganda elettorale, non consentita, all’ingresso delle sezioni di voto a Castellamare di Stabia (dove un candidato che pretendeva la `prova voto’ tramite cellulare è stato accompagnato in commissariato), l’apertura dei seggi al fotofinish a Sulmona dove le schede elettorali sono state ristampate dopo un errore rilevato ieri dalla responsabile dell’ufficio elettorale e la singolare situazione di Montesano Salentino (Lecce) dove c’è una sola lista in lizza e quindi un solo candidato sindaco.
LO SCRUTINIO
Le operazioni di scrutinio cominceranno domani al termine della votazione e dell’accertamento del numero dei votanti.
In caso di ballottaggio per l’elezione dei sindaci, si voterà domenica 9 giugno (dalle 8.00 alle 22.00) e lunedì 10 giugno (dalle 7.00 alle 15.00); anche in questo caso le operazioni di scrutinio avranno inizio sempre lunedì al termine delle votazioni e dell’ accertamento del numero dei votanti.
(da “La Stampa“)
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Maggio 26th, 2013 Riccardo Fucile
IL MINISTRO SACCOMANNI TEME LE CONDIZIONI AGGIUNTIVE CHE L’EUROPA CHIEDERA’ ALL’ITALIA
Primo: sperare che tutto vada liscio, e che mercoledì ci sia effettivamente la chiusura della procedura di infrazione.
Secondo: rimesso nel cassetto il cartellino rosso, vedere se l’Europa ci concederà qualche margine di ulteriore flessibilità rispetto a quello (limitatissimo) concesso finora.
Terzo: se così non fosse, allora bisognerà rimboccarsi le maniche e «fissare delle priorità , perchè è bene far capire ai nostri colleghi che tutto non si può fare».
Con Letta a Palazzo Chigi, la cabina di regia si può riunire in pochi metri quadrati: oltre al premier, il vice Alfano e il ministro dell’Economia Saccomanni.
Il triumvirato si è incontrato, segno della volontà di dare un po’ d’ordine all’azione di governo «dopo settimane di comunicazione cacofonica nelle quali abbiamo fatto un po’ di confusione», ammette una fonte.
Già , perchè lo scarto fra quel che realmente si può fare e gli annunci dei ministri è ampio.
Pur con i soliti toni pacati venerdì, durante il consiglio dei ministri, Saccomanni ha invitato i colleghi alla cautela. Da Lupi a Zanonato, da Giovannini alla Carrozza – che è arrivata addirittura a minacciare le dimissioni – la lista dei ministri senza calcolatrice è lunga.
La vulgata vuole che con la chiusura della procedura di infrazione l’Italia potrà superare il margine del 3% nel rapporto deficit-Pil, più o meno quel che è stato concesso a Francia e Spagna.
Ma – Saccomanni lo ha ripetuto anche ieri al premier e al vice – «il nostro caso è diverso».
Con il debito pubblico al 130% del prodotto interno lordo il massimo che l’Europa può concederci è la possibilità di restare più o meno al 3%.
I margini di spesa ulteriori dovranno essere faticosamente negoziati e comunque verranno guardati con la lente d’ingrandimento: difficile ad esempio che Bruxelles ci permetta di finanziare in deficit riforme fiscali, come invece auspica il Pdl.
C’è di più: Letta è preoccupato che da Bruxelles, con la chiusura della procedura, arrivino «raccomandazioni aggiuntive» (così si chiamano nel gergo tecnico) che potrebbero terremotare i fragili equilibri della maggioranza.
Basta citare per capitoli le questioni su cui l’Europa ci bacchetta da anni e che in alcuni casi vedono Pd e Pdl su posizioni molto diverse: mancata liberalizzazione delle professioni, mancata apertura del mercato del lavoro, mancata riforma in profondità della macchina pubblica. E così via.
Poi ci sono le compatibilità di bilancio.
Se il governo finanziasse in deficit tutte le misure che ha promesso, probabilmente la Commissione ci rimetterebbe immediatamente in mora.
Di qui la decisione di fissare alcune priorità , partendo da quelle più utili a rilanciare l’economia.
Venerdì prossimo – ormai è deciso – ci sarà la conferma dei due bonus rispettivamente dedicati alla ristrutturazione degli edifici (al 50%) e per migliorare l’efficienza energetica (al 55%), come ad esempio l’acquisto di nuove finestre.
Il costo non è enorme e sono considerate due importanti leve per tenere vivo il settore dell’edilizia.
Subito dopo si passerà alla questione dell’Iva la quale il primo luglio dovrebbe passare dal 21 al 22%.
In questo caso, nonostante le insistenze del Pdl, di parte del Pd e della lobby dei commercianti per bloccarlo, è probabile che non se ne faccia nulla.
A meno che – fa capire Saccomanni con l’aria di chi sa che così non sarà – si individuino i quattro miliardi di tagli necessari a evitarlo.
L’idea che si fa strada nel governo è di concentrare gli sforzi sui due provvedimenti più importanti e sentiti dalla gente, la riforma della tassazione sulla casa e quella delle pensioni, trovando, se possibile, spazio per un taglio del cuneo fiscale (ovvero lo scarto fra costo del lavoro per l’impresa e la busta paga del lavoratore) come invoca Confindustria.
La riforma delle tasse sulla casa dovrà arrivare entro fine agosto, e al momento l’unica strada per confermare l’abolizione quasi integrale dell’Imu sulla prima casa è l’aumento del peso fiscale sulle terze e quarte abitazioni.
Poi, con la legge di Stabilità , ci sarà la mini-riforma delle pensioni.
Anche qui il rischio boomerang è alto: l’ipotesi è introdurre maggiore flessibilità , permettendo di andare in pensione prima di quanto previsto dalla riforma Fornero accettando una penalizzazione dell’assegno.
«Ma – ragiona una fonte di governo – se saranno troppo forti nessuno le accetterà . Se riforma dovrà essere, un po’ di risorse ci vorranno».
Alessandro Barbera e Rosaria Talarico
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Maggio 26th, 2013 Riccardo Fucile
PER ALZARE LE ESENZIONI DI SOLI 300 EURO SERVE PIU’ DI UN MILIARDO
Tormentato e tormentoso. Lo diceva Enzo Ferrari di un suo pilota, ma la definizione si
adatta bene all’Imu.
Una storia controversa sin dalla nascita e che in 18 mesi ha riservato una serie ininterrotta di cambiamenti di rotta sconcertando i contribuenti.
E la vicenda appare destinata a proseguire su questa falsariga, perchè per sapere se e quanto dovremo pagare bisognerà aspettare agosto, quando il tributo sarà riconsiderato all’interno di una più ampia riforma dell’imposizione fiscale sulla casa, ammesso che la si possa fare senza rivedere completamente i valori catastali.
La prima rata dell’Imu va versata entro il 17 giugno ma il pagamento non è dovuto per gli immobili che hanno le caratteristiche dell’abitazione principale, con eccezione per le residenze di lusso, identificate con le categorie catastali A1 (case signorili), A8 (ville) e A9 (Castelli e dimore storiche).
Sono inoltre esentati gli inquilini delle case popolari e gli assegnatari di abitazioni in cooperativa indivisa e gli immobili rurali.
Ingorgo legislativo
Tutto chiaro? No, perchè a causa di un ingorgo legislativo ai contribuenti che devono comunque pagare e hanno immobili in Comuni che hanno variato le aliquote per il 2013 non è chiaro se si debba calcolare l’acconto con le regole dell’anno scorso o con quelle di quest’anno; una risposta è arrivata con una circolare del ministero delle Finanze (2/DF del 23 maggio), che dà il via libera alla possibilità di applicare le regole del 2012.
Perchè parliamo di ingorgo?
La norma oggi in vigore dice che il calcolo dell’acconto si fa sulla base delle aliquote 2013 comunicate dai Comuni al ministero delle Finanze entro il 9 maggio.
A cambiare le carte in tavola è stata la discussione parlamentare del Dl 35/2013, con cui il Governo Monti ha sbloccato il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione: la Camera ne ha modificato l’articolo 10, stabilendo che l’acconto Imu «va eseguito sulla base dell’aliquota e delle detrazioni dei dodici mesi dell’anno precedente», ripristinando il principio che si seguiva con la vecchia Ici.
La modifica però non sarà operativa fin quando il Senato non convertirà il decreto (deve farlo entro il 7 giugno).
La circolare chiarisce che il contribuente potrà pagare in tutti i casi secondo le regole 2012 per il principio che non si possono sanzionare comportamenti dovuti all’incertezza sulla normativa.
Per il medesimo principio sarà ritenuto corretto il versamento effettuato sulla base delle aliquote 2013.
Il calcolo
Che cosa significa? In pratica, se la situazione dell’immobile non è cambiata bisogna fare la somma di quanto si è pagato nel 2012 e versare come acconto la metà .
Se invece sono intercorsi mutamenti bisogna ricalcolare l’imposta secondo le regole in vigore nel 2012 e versare l’acconto di conseguenza.
Ipotizziamo una seconda casa con rendita catastale da 1.000 euro che a Milano lo scorso anno era tenuta a disposizione e che invece dal 1° gennaio 2013 è affittata.
L’aliquota Imu della seconda casa a Milano è dell’1,06%, mentre quella delle abitazioni locate è dello 0,96%: nel 2012 il proprietario della casa ha pagato 1.781 euro, con l’aliquota adatta alla situazione attuale avrebbe però pagato 1.613 euro.
L’acconto sarà quindi di 807 euro e non di 891, come risulterebbe dividendo a metà l’importo dello scorso anno.
La partita vera dell’Imu però, si giocherà entro agosto.
Un’abolizione indiscriminata dell’Imu sulla prima casa costerebbe 4 miliardi di euro; siccome venerdì scorso il consiglio dei Ministri non ha prorogato per mancanza di copertura il bonus sul miglioramento energetico degli immobili e quello sulle manutenzioni, che costano in tutto 190 milioni all’anno e che oltretutto fanno emergere il nero, il reperimento di risorse così ingenti appare problematico.
La franchigia
Un’esenzione parziale effettuata aumentando la franchigia, attualmente di 200 euro, per risultare davvero significativa costerebbe comunque molto: se ad esempio, come evidenziato nella tabella a lato, si decidesse di togliere l’Imu a chi nel 2012 ha pagato 500 euro, la perdita per i Comuni (da compensare con maggiori trasferimenti) sarebbe di oltre 2,5 miliardi; se si scende a 300 euro di pagamento servono pur sempre 1,6 miliardi.
E c’è anche il rischio che il risparmio per il contribuente risulti impercettibile dove vengono alzate le aliquote.
A Milano per esempio, il Comune ha deciso che se non aumenteranno i trasferimenti statali porterà l’aliquota sulla prima casa allo 0,55%, un punto e mezzo in più rispetto allo scorso anno: un contribuente che nel 2012 aveva pagato per una casa con rendita da 1.000 euro 472 euro, finirebbe per pagarne 424 se la detrazione aumentasse di 300 euro con la nuova aliquota .
Con i 48 euro risparmiati difficilmente potrà rilanciare i consumi.
Gino Pagliuca
(da “il Corriere della Sera”)
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Maggio 26th, 2013 Riccardo Fucile
DALLA FIGLIA DI BISCARDI A QUELLA DI MONORCHIO, DA CICCIOLINA ALLA CRIMINOLOGA BRUZZONE : TUTTI I SIGNORI DEGLI EX VOTO
I numeri sono da «concorsone» pubblico vecchia maniera: 1.667 candidati divisi in 40 liste, 698 donne, appena 48 posti disponibili.
Mettere le mani, e il fondoschiena, su uno scranno dell’aula Giulio Cesare come consigliere comunale, è un campionato a parte, parallelo a quello degli aspiranti sindaco.
Ci vogliono tante amicizie, buoni contatti, rapporto col territorio, un po’ di soldi da spendere, qualche idea.
Tenersi i voti «attaccati» addosso è un lavoro.
In entrambi gli schieramenti, così, ci sono i veri specialisti.
Nel centrodestra, «mister preferenze» era Samuele Piccolo, eletto nel 2008 con diecimila voti: è finito agli arresti, travolto dall’inchiesta giudiziaria sul «sistema» di aziende collegate alla sua famiglia.
Senza di lui, nel Pdl è corsa a quattro tra i «signori dei voti»: i «forzisti» Marco Pomarici e Davide Bordoni , l’aennina (e vicesindaco) Sveva Belviso , Giovanni Quarzo «portato» dall’ex capogruppo Luca Gramazio.
Una guerra tra correnti, per vincere la palma del più votato.
Il coordinatore romano Gianni Sammarco punta anche su Giordano Tredicine , l’ex assessore Aurigemma sulla coppia Calzetta-Spena , Andrea Augello su Guidi-Mennuni , Renata Polverini su Enrico Folgori , il sindaco su Marco Visconti e Alessandro Cochi .
Ma se la giocano anche Dino Gasperini , Veronica Cappellaro (indagata per i rimborsi del consiglio regionale), Enrico Cavallari , Antonio Gazzellone .
In lista, anche Alan Baccini , figlio di Mario e «Mary» Baldari , la spazzina dell’Ama. Con Cittadini per Roma , la civica di Alemanno, ecco Gigi De Palo (assessore alla scuola), Antonella Biscardi (figlia di Aldo) e i due di Luciano Ciocchetti: Ignazio Cozzoli e Francesca Barbato .
Con Fratelli d’Italia Francesca Barbi Marinetti , nipote del fondatore del Futurismo, l’assessore uscente Fabrizio Ghera , Federico Mollicone , Andrea De Priamo e l’ex storaciano Dario Rossin .
Con La Destra , Pierluigi Fioretti e Giuliano Castellino .
Sempre nel centrodestra, con la lista Movimento Unione italiano la criminologa di Porta a Porta Roberta Bruzzone e il giornalista Gabriele La Porta.
Nel centrosinistra, con Ignazio Marino, la corsa alle preferenze se la giocano nel Pd in tre: il dalemiano Pierpaolo Pedetti , il popolare Mirko Coratti , lo zingarettiano Francesco D’Ausilio.
In corsa anche Michela Di Biase , compagna del ministro Dario Franceschini, il compagno della deputata Micaela Campana Daniele Ozzimo , l’ex minisindaco del centro storico Orlando Corsetti , Luigina Di Liegro , nipote del fondatore della Caritas, i consiglieri uscenti Paolo Masini , Alfredo Ferrari , Athos De Luca , Dario Nanni .
Col Centro Democratico la capolista è Barbara Contini , nella civica di Marino “Cambiamo tutto” il dirigente del Mibac Rita Paris , l’ad di Gattinoni Stefano Dominella , il Radicale Riccardo Magi , con Sel Luigi Nieri , Gianluca Peciola , Gemma Azuni , Andrea «Tarzan» Alzetta e Susanna Marietti , con i Verdi Nando Bonessio , con Partito Socialista l’ex Idv Claudio Bucci .
Alfio Marchini punta sulle donne: la capolista Francesca Longo , la manager Marcella Mallen, l’ex Sel Matilde Spadaro , la giovanissima Maria Beatrice Scibetta , l’avvocato Flaminia Barachini Mariconda .
Tra gli uomini, gli ex udc Alessandro Onorato e Antonio Saccone , gli ex centrodestra Valerio Cianciulli e Nicola Illuzzi , Giandomenico Monorchio , figlio dell’ex ragioniere dello stato, il campione olimpico Raffaello Leonardo .
E in Cinquestelle – lista compilata in base ai voti presi on line – schiera Daniele Frongia , sconfitto da De Vito come aspirante sindaco.
Tra i Liberali rispunta Ilona Staller detta «Cicciolina», Sandro Medici punta sul «pirata» Felice Zingarelli detto Felynx.
Ernesto Menicucci
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Maggio 26th, 2013 Riccardo Fucile
TRA VITTORIE IN AMERICA E SCONFITTE IN ITALIA… LE NORME VIGENTI IN TUTTE LE NAZIONI DEL PIANETA
È stato paragonato a un vento. Che soffia e spinge ogni giorno di più verso una sola
direzione: l’affermazione dei diritti delle coppie omosessuali.
Un vento che mostra la sua forza attraverso le vittorie che la comunità Lgbt – sigla che raccoglie il mondo omosessuale a 360 gradi, lesbiche, gay bisessuali, transessuali, trangender – sta ottenendo in tutto il mondo.
Dagli Stati Uniti dove da martedì negli stati del Washington, Maryland e Maine i matrimoni tra persone dello stesso sesso sono legali, alla Francia – è di qualche giorno fa la notizia dell’approvazione in Consiglio dei ministri della norma che consentirà le nozze gay – passando per la Spagna dove il nuovo ministro Rajoy le ha tentate tutte pur di fare retromarcia rispetto alle decisioni prese dal suo predecessore Zapatero. Alla fine si è arreso di fronte alle sentenze della Corte Costituzionale spagnola.
O ancora, il cattolicissimo Portogallo, tra i primi due anni fa a consentire il matrimonio tra omosessuali, e “l’insospettabile” (perchè a maggioranza musulmana e guidata da un premier conservatore) Albania.
Entrambi mostrano da tempo, in tema di diritti per gli omosessuali, il loro lato liberale.
Spostandosi oltre Oceano c’è poi il caso argentino, basti pensare a una data: il 15 luglio 2010.
Quando l’attesa prima e la festa poi per l’approvazione della legge sui matrimoni gay hanno trasformato Buenos Aires nella patria sudamericana dei diritti.
Un vento nuovo, si diceva. Che soffia un po’ ovunque ma non in Italia.
Dove in tema dei diritti per le coppie omosessuali regna calma piatta. Poco o nulla. Ogni tanto si alza la bufera ma sempre in direzione contraria rispetto ai buoni esempi europei e americani.
Il presidente nazionale di Arcygay Paolo Patanè ha definito il nostro “paese del quarto mondo per diritti civili e libertà “.
Se nel resto d’Europa si parla di matrimoni gay, in Italia siamo ancora fermi alla discussione se estendere o no una norma (la legge Mancino del 1993) che assicura protezione “contro – si legge nel testo – le discriminazioni motivate da condizioni razziali, etniche, nazionali o religiose a tutte le minoranze”
Vale per tutti ma non per gli omosessuali.
E quasi come una beffa, la mattina dopo il bis elettorale di Obama e l’affermazione dei referendum sulle nozze gay in alcuni stati americani, in Italia la commissione giustizia della Camera bocciava il testo base per una nuova legge contro l’omofobia, che prevede proprio l’estensione della legge Mancino.
“L’ennesima dimostrazione – dice la deputata Pd Paola Concia, prima firmataria del provvedimento e da sempre in prima fila nelle battaglie su questi temi – della distanza siderale tra questo Parlamento e la realtà fuori che chiede a gran voce diritti uguali per tutti”.
Guardando la mappa “dei diritti umani gay e lesbiche” stilata da Ilga, network globale di associazioni locali e nazionali che operano per il raggiungimento di eguali diritti a favore del mondo LGBT, l’Italia mostra così il suo lato peggiore.
Somigliando a Paesi dove la completa assenza di legislazione significa intolleranza, diritti negati, isolamento e in alcuni casi morte.
Come riporta Amnesty International, in più di 80 paesi del mondo l’omosessualità è considerata un reato; in otto di questi Afghanistan, Arabia Saudita, Iran, Mauritania, Qatar, Sudan, Yemen e negli stati della federazione della Nigeria che applicano la sharia i rapporti fra persone dello stesso sesso sono puniti con la pena di morte.
In Cina i gay non sono considerati illegali ma neanche legali.
Per lo stupro omosessuale sono previsti solo 15 giorni di detenzione e solo nel 2001 l’omosessualità è stata rimossa dai disordini mentali.
C’è chi prova a combattere come Li Yinhe, membro del Comitato nazionale della Cppcc (Conferenza politica consultiva del popolo cinese), che per tre volte ha presentato al Congresso Nazionale del Popolo, una proposta di legge per la legalizzazione dei matrimoni omosessuali. Sempre respinta.
C’è poi il caso del continente africano dove nella metà degli stati è prevista la carcerazione (vedi Algeria e Marocco), in alcuni l’ergastolo e anche la pena di morte (come in Sudan e Mauritania).
Il caso David Kato, attivista ucciso in Uganda per aver denunciato un giornale omofobo è solo la punta dell’iceberg.
Nel 2011 in Camerun Jean-Claude Roger Mbede è stato condannato a 36 mesi di carcere per omosessualità .
La sua colpa? Essere stato trovato in compagnia di un uomo con il quale i servizi segreti camerunensi sospettavano Mbede potesse avere avuto una relazione.
Una sorte simile tocca anche agli omossessuali che vivono in Iran dove la “sharia” li identifica come “nemici di Allah” e ne prevede la morte.
Lo scorso maggio la Corte Suprema della Repubblica Islamica dell’Iran ha confermato la condanna alla pena capitale per quattro giovani gay: Vahid Akbari, Sahadat Arefi, Javid Akbari e Hushmand Akbari.
In Arabia Saudita l’omosessualità è ritenuta illegale e considerata al livello di gravi reati quali lo stupro, l’omicidio e il traffico di droga.
Nel 2010 un ragazzo di 27 anni, accusato di avere una relazione con un altro uomo è stato arrestato e condannato a 1460 giorni di galera e 500 colpi di frusta sulla schiena solo per aver amato un altro uomo, fatto sesso con lui e indossato abbigliamento intimi femminile.
Tornado verso occidente, c’è il caso russo.
Il parlamento di San Pietroburgo ha di recente approvato una legge che vieta la cosiddetta “propaganda omosessuale” criminalizzando di fatto qualunque attività o informazione che riguarda le persone Lgbt e le relazioni tra persone dello stesso sesso. Chi come la cantante Madonna proprio a San Pietropurgo, sulle note della hit Human Nature, ha mostrato la schiena nuda con scritto “senza paura” per difendere la comunità Lgbt, ha ricevuto in cambio di tutto: dai roghi delle sue immagini organizzate da gruppi di ultraortodossi cristiani, agli insulti arrivati da alti funzionari pubblici russi su Twitter fino a una denuncia per “danni morali e promozione dell’omosessualità “.
Se ci sposta poco più a ovest la situazione non cambia.
Nel 2010 – si legge nel report di Amnesty – il parlamento della Lituania ha approvato, in prima lettura, un emendamento al codice amministrativo che prevede multe da 2000 a 10000 litas (580 – 2900 euro) per la “promozione in pubblico delle relazioni omosessuali”; multe che costituirebbero l’applicazione della legge sulla protezione dei minori contro l’effetto negativo delle informazioni che “denigrano i valori della famiglia” o “promuovono un’idea diversa di matrimonio e famiglia”, in vigore dal marzo 2010.
In Turchia la discriminazione basata sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere è una realtà .
Le persone transgender sono spesso vittime di aggressioni e uccisioni e non sono tutelate contro la discriminazione basata sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere.
I crimini di odio contro le persone Lgbti hanno colpito maggiormente le donne transgender, che spesso non hanno accesso al mondo del lavoro e sono costrette a prostituirsi, con il rischio di subire aggressioni e maltrattamenti.
Nel 2009, cinque donne transgender sono state uccise e soltanto in un caso è stata emessa una condanna.
In Europa paesi come Serbia e Ucraina tollerano l’esistenza della comunità Lgbt ma non permettono lo svolgimento dei Pride (le grandi feste dell’orgoglio omosessuale). E’ di qualche giorno fa la decisione del governo di Belgrado di non concedere la piazza.
Motivi? Troppo forti le pressioni sul primo ministro Ivica Dacic da parte del capo della chiesa ortodossa serba, dei partiti della coalizione di governo e di gruppi di estremisti, per non far svolgere la manifestazione.
Corteo che per quanto riguarda l’Italia si terrà la prossima estate a Palermo.
Sfilerà l’orgoglio di chi chiede diritti di fatto e non parole o intenzioni. Un evento che raccoglierà migliaia di persone.
Si chiedono con forza risposte, in attesa che anche da noi il vento del cambiamento cominci finalmente a soffiare.
(da “La Repubblica”)
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Maggio 26th, 2013 Riccardo Fucile
LA PRESIDENTE DELLA CAMERA SU “REPUBBLICA: “TU E CAROLINA, ANCHE LEI VITTIMA DEL BULLISMO, PARLATE A UN PAESE CHE SPESSO NON SA ASCOLTARE E NON SA PROTEGGERE I PROPRI FIGLI”
Caro Davide,
questa lettera te l’avrei scritta comunque, anche se non fossi presidente della Camera. Ho una figlia poco più grande di te, e t’avrei scritto come madre, turbata nel profondo dal tuo grido d’allarme, dalla solitudine in cui vivi, dal peso schiacciante che devi sopportare perchè “non a tutti è data la fortuna di nascere eterosessuali”.
Scrivo a te per stabilire un contatto, e sento il dolore di non poter più fare lo stesso con una ragazza di cui stanno parlando in queste ore i giornali.
La storia di Carolina fa male al cuore e alla coscienza: ha deciso di farla finita, a 14 anni, per sottrarsi alle umiliazioni che un gruppo di piccoli maschi le aveva inflitto per settimane sui social media.
E consola davvero troppo poco apprendere che ora questi ragazzini dovranno rispondere alla giustizia della loro ferocia.
Vi metto insieme, Davide, perchè tu e Carolina parlate a noi genitori e ad un Paese che troppo spesso non sa ascoltare.
Tu lo hai fatto, per fortuna, con le parole affilate della tua lettera.
Lei lo ha fatto saltando giù dal terzo piano.
Ma descrivete entrambi una società che non sa proteggere i suoi figli.
Non sa proteggerli perchè oppressa dal conformismo, incapace di concepire la diversità come una ricchezza per tutti e disorientata di fronte ai cambiamenti.
Una società in cui – ancora nel 2013, incredibilmente – tu sei costretto a ricordare che “noi non siamo demoni, nè siamo stati toccati dal Demonio mentre eravamo in fasce”. A te sono bastati i tuoi pochi anni per capire che “non c’è nessun orrore ad essere quello che si è, il vero difetto è vivere fingendosi diversi”.
Una società che non sa proteggere i suoi ragazzi dalle violenze, vecchie e insieme nuove, come quella che ha piegato Carolina: lo squallido bullismo maschile antico di secoli, che oggi si ammanta di modernità tecnologica e con due semplici click può devastare la vita di una ragazza in modo cento volte più tremendo di quanto sapessero fare un tempo, quando io avevo la tua età , i più grevi pettegolezzi di paese.
Ti ringrazio, Davide, perchè hai avuto il coraggio di chiamarci in causa, di mettere noi adulti di fronte alle nostre responsabilità .
Le mie sono sì quelle di madre, ma ora soprattutto di rappresentante delle istituzioni. E ti assicuro che le tue parole ce le ricorderemo: non finiranno impastate nel tritacarne quotidiano, che ci fa sussultare di emozione per qualche minuto, e poi ci riconsegna all’indifferenza.
Il compito del nostro Parlamento lo hai descritto bene tu, che pure hai molti anni in meno dell’età richiesta per entrarci: “Un Paese che si dice civile non può abbandonare dei pezzi di sè. Non può permettersi di vivere senza una legge contro l’omofobia, un male che spinge molti ragazzi a togliersi la vita”.
L’altro giorno, in un incontro pubblico contro la discriminazione sessuale, ho sentito ricordare il ragazzo che amava portare i pantaloni rosa, e che oggi non c’è più.
A lui, a te, le nostre Camere devono questo atto di civiltà , e spero davvero che la legislatura appena iniziata possa presto sdebitarsi con voi.
Così come ritengo che sia urgente trovare il modo per crescere insieme nell’uso dei nuovi media.
Le loro potenzialità sono straordinarie, possono essere e spesso sono poderosi strumenti di libertà , di emancipazione, di arricchimento culturale, di socializzazione. Ma se qualcuno li usa per far male, per sfregiare, per violentare, non possiamo chiudere gli occhi.
Il problema, in questo caso, non è quello di varare nuove leggi: gli strumenti per perseguire i reati ci sono e vanno usati anche incrementando, se necessario, la cooperazione tra Stati.
Ma sarebbe ipocrita non vedere la grande questione culturale che storie drammatiche come quella di Carolina ci pongono: i nostri ragazzi, al di là della loro invidiabile abilità tecnologica, fino a che punto sono consapevoli dei danni di un uso distorto dei social media?
E noi adulti – le famiglie e la scuola – siamo in grado di portare dei contributi per una gestione più responsabile di questi strumenti?
Vorrei che ne ragionassimo anche nei luoghi istituzionali della politica.
Hai chiesto di essere ascoltato, Davide.
Se ti va, mi farebbe piacere incontrarti nei prossimi giorni alla Camera, per parlare di quello che stiamo cercando di fare.
A Carolina non posso dirlo, purtroppo, ma vorrei egualmente conoscere i suoi familiari.
Per condividere un po’ della loro sofferenza, e perchè altre famiglie la possano evitare.
Laura Boldrini
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