Ottobre 2nd, 2013 Riccardo Fucile
GUIDA DEL PARTITO, FIDUCIA AL GOVERNO, 50% DI CANDIDATI NELLE FUTURE LISTE ELETTORALI… ALTRIMENTI SONO PRONTI I NUOVI GRUPPI
Eccole le condizioni di Alfano, altrimenti è scissione: la guida indiscussa del Pdl, o di Forza Italia,
appena ufficializzato il cambio del nome, e riconosciuta da tutti, a partire dai falchi. L’impegno che la fiducia al governo, a questo punto non è più in discussione.
E “garanzie” sul potere reale, nella formazione delle liste: “Almeno il 50 per cento sia alle politiche che alle Europee”.
Il che significa un ridimensionamento, drastico, del dominus Denis Verdini.
Sono queste le condizioni che Alfano sbatte sul tavolo nel vertice serale a palazzo Grazioli.
E su cui si andrà avanti a oltranza, nei prossimi giorni: prendere o lasciare.
Altrimenti via libera al “piano” della scissione. Che, dopo lo stappo del Senato, è stato proprio Alfano a “congelare” insieme con Maurizio Lupi.
A palazzo Madama ci sono già , nero su bianco le firme di 26 senatori. Un’altra ventina sono terra di conquista.
Alla Camera sono 26.
Adesso però Angelino sente di avere acquistato una forza mai avuta prima e di essere nelle condizioni di poter giocare al rialzo.
La dead line della trattativa è di un paio di giorni. Anche perchè la trama è complessa, e non passa solo per il pallottoliere. Passa anche per Berlino.
Non è un caso che oggi il Cavaliere abbia chiesto ai suoi di verificare che su nome e simbolo Alfano non abbia appigli per fare scherzi.
E alla Camera Brunetta ha già pronto il nuovo nome dei gruppi dei “lealisti” per togliere spazio di manovra ai “traditori”: “Pdl-Forza Italia per Silvio Berlusconi presidente”.
Non è un dettaglio. Il Pdl è nel Ppe, Forza Italia no.
È la cacciata dall’Europa il secondo assalto che Berlusconi vuole ìevitare, dopo la frana di oggi. Teme un’operazione studiata nei dettagli.
È in un clima di sospetto che ormai il Cavaliere si muove sul dossier “Angelino”: “Ci hanno fregato mettendosi d’accordo con quelli che mi vogliono morto” è lo sfogo consegnato dopo la Caporetto del Senato.
Il sospetto diventa odio tra le truppe. Quando i lealisti si riuniscono alla Camera le parole sono di fuoco verso il tradimento di Angelino.
Polverini, Fitto, Gelmini, Carfagna vivono lo strappo con rabbia e dolore: “Ci chiedono di votare la fiducia con una scissione pronta? È un ricatto. Questa ferita non si rimargina”.
Alla Camera l’odio è palpabile. Nè l’intervento di Cicchitto aiuta a rasserenare il clima.
Il suo discorso è l’annuncio del manifesto politico di Angelino. L’idea è ambiziosa. È la rottura e il varo definitivo dell’operazione “Popolo della libertà con Alfano”.
In caso di fine dell’ultima trattativa con Berlusconi.
Per tutta la giornata i pasdaran di Angelino con parole di fuoco tengono aperto il solco che ormai li divide col Cavaliere. Quagliariello, che riunisce tutti i suoi alla fondazione Magna Charta, si mette l’elmetto: “E’ stata sconfitta l’oligarchia del Pdl”.
Roberto Formigoni, il Celeste, fiuta il possibile nuovo inizio da protagonista: “Io sono per costituire subito il gruppo autonomo. E sia chiaro: noi non siamo traditori, siamo i pionieri. Il Pdl dovrà spiegare”.
Solo l’intervento di Lupi e Alfano consente di non formalizzare la scissione in giornata. Anche Berlusconi chiede ai suoi di non far partire troppe raffiche verso i “traditori”.
È stretta la strada della mediazione.
Perchè a questo punto i rapporti di forza tra Alfano e Berlusconi sono mutati. Angelino è pimpante, gasato, sente di aver mostrato il quid: “Non cedo” dice ai sui.
E a Berlusconi pone le sue condizioni.
Fabrizio Cicchitto, il più navigato della compagnia la vede così: “Io margini per ricucire non ne vedo”.
Berlusconi è stanco, provato: “Alfano è come un figlio per lui, questa storia lo ha distrutto”. Tanto che l’ex premier rifiuta di affrontare l’argomento.
L’elaborazione del trauma è ancora lunga. I big del partito gli rimproverano di non aver tenuto il punto sulla sfiducia: “Così — dice uno di loro — è apparsa solo una resa. Il nostro popolo non la capisce. Andare all’opposizione avrebbe avuto un senso, anche perchè questo governo che può fare sui nostri temi? Alfano con 20 transfughi riesce a far cambiare l’agenda su Imu, Iva e tasse a Letta e Epifani?”.
Il solco è profondo. Le condizioni poste da Alfano sono irricevibili, se Angelino non le smussa. Si tratta. A oltranza.
Ma ormai sono già due partiti in uno.
Anche perchè la fiducia reciproca o c’è o non c’è. E ora non c’è più.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 2nd, 2013 Riccardo Fucile
PER ADESSO NESSUNA DECISIONE E’ STATA ANCORA PRESA SULLA COSTITUZIONE DEI GRUPPI AUTONOMI
“Due classi dirigenti incompatibili”. La chiosa sulla giornata di ordinaria follia del Pdl porta la firma di Gaetano Quagliariello.
Per tutta la serata, infatti, è stato annunciato un incontro tra Silvio Berlusconi e Angelino Alfano. Il ministro dell’Interno, però, si è presentato alla riunione dei dissidenti e non a palazzo Grazioli, anche se si rincorrono le voci di una sua “estrema proposta” al Cavaliere (che è rimasto per tutta la sera nella sua residenza in compagnia dei fedelissimi Ghedini, Letta, Biancofiore, Brunetta).
L’obiettivo del vicepremier, a quanto pare, sarebbe quello di far saltare definitivamente il banco all’interno di Forza Italia.
QUANTI DISSIDENTI?
Alfano non si è presentato a palazzo Grazioli ed è andato invece alla riunione dei dissidenti, in compagnia degli altri ministri Pdl (ad eccezione di Nunzia Di Girolamo). In ogni caso, l’operazione degli ‘scissionisti’ è già pronta: basta l’ok di Alfano e si parte. Sui particolari della fronda mancano solo i dettagli.
L’attivissimo Fabrizio Cicchitto, infatti, ha chiesto e ricevuto il via libera per la nascita delle nuove creature politiche del centrodestra diviso.
Con nomi e numeri ancora in divenire, i dissidenti hanno dunque deciso di vedersi per stabilire una linea comune. E lo hanno fatto in tarda serata al Montecitorio meeting center, di fronte alla sede della Camera.
Il primo a dare i numeri è stato Cicchitto alla Camera: “Parlo per almeno 20 senatori e 20 deputati” ha detto l’ex socialista, che al contempo ha allontanato ogni ipotesi di ricomposizione anche perchè il “Pdl sembra un ospedale psichiatrico”.
Più ottimistiche le stime di Formigoni: “Siamo partiti da 25 deputati e 25 senatori, ora siamo più di 70″.
A far da contraltare la presa di posizione del ministro dell’Agricoltura Nunzia De Girolamo, che ha detto di non saper nulla della formazione dei gruppi autonomi e di rimanere fedele a Silvio Berlusconi.
GRUPPI “FANTASMA”
Sarà così? Un fondo di verità c’è, ed è legato ancora una volta alla nascita dei fantomatici gruppi autonomi, al ruolo avuto da Cicchitto, ai tempi dell’operazione e a come questa è stata comunicata a chi vi ha aderito.
A quanto pare, sarebbe stata tutta colpa di una fotocopia.
La ricostruzione è degna di un romanzo d’appendice. In mattinata ai piani alti di Montecitorio arriva un foglio fotocopiato con l’annuncio della costituzione di un nuovo gruppo sottoscritto da 24 deputati provenienti dalle file pidielline.
E sulla base di questa fotocopia Cicchitto chiede di intervenire dopo Epifani in dichiarazione di voto. In rappresentanza del nuovo organismo. Infatti Cicchitto interviene.
Ma la fotocopia, nel frattempo, scompare. Senza che venga sostituita da nessun documento ufficiale.
Le versioni sul perchè divergono: c’è chi dice che non si è voluto forzare la mano prima che si prendesse analoga decisione anche al Senato e c’è chi dice che forse è meglio aspettare la decadenza del Cavaliere dal mandato di parlamentare prima di fare uno strappo del genere.
Chi aveva firmato glissa, dicendo che in realtà non c’era ancora nulla di deciso. S
i arriva così all’incontro notturno dei dissidenti, fatto apposta per confrontarsi e ufficializzare la costituzione dei nuovi gruppi.
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Ottobre 2nd, 2013 Riccardo Fucile
QUASI TUTTI SONO SOTTO INCHIESTA PER LO SCANDALO DEI RIMBORSI AI PARTITI, COMPRESI GRILLINI E FRATELLI D’ITALIA, PDL E PD, SEL E IDV…SI SALVANO SOLO 5 CONSIGLIERI DEL PD
Deve promuovere la “cultura della legalità ”, ma a farne parte ci sono molti indagati per reati contro la
pubblica amministrazione.
Ha cominciato la sua attività la Commissione antimafia della Regione Piemonte, approvata con un voto unanime a luglio.
I suoi componenti sono 39 consiglieri regionali, molti dei quali sono sotto inchiesta per lo scandalo dei rimborsi ai gruppi politici.
Solo sei sono gli eletti non coinvolti nell’indagine: c’era una chance per eleggere alla presidenza della commissione tre non indagati, eppure il consiglio regionale piemontese è stato capace di mancarla.
Il vertice
A presiederla è Andrea Buquicchio (Idv), a cui i pm Giancarlo Avenati Bassi, Andrea Beconi, Enrica Gabetta contestano spese per 55mila euro.
Accanto a lui siederanno due vice, Daniele Cantore (Pdl) e Andrea Stara (Insieme per Bresso). Al primo i magistrati contestano rimborsi per 27mila euro, tra cui 12mila euro di ristoranti e 6mila per acquisti di lusso come tre cravatte di Marinella più orologi e set da scrivania acquistati in gioiellerie.
Stara, facendo parte di un gruppo composto da un solo rappresentante (se stesso), è stato uno dei primi a ricevere l’avviso di garanzia dalla Procura di Torino per rimborsi da 57mila euro, tra cui gli acquisti di un tosaerba da 4mila euro, di una sega circolare e di un frigorifero.
I componenti
Presidente e vicepresidenti sono in buona compagnia.
Tutti i consiglieri del Pdl (ora scisso in tre gruppi, Forza Italia, Fratelli d’Italia e Progett’azione) sono indagati per essersi spartiti 760mila euro circa.
Tutti i consiglieri della Lega Nord — tranne Claudio Sacchetto, poi diventato assessore, ma incluso Roberto Cota — sono indagati per aver ottenuto 289mila e 500 euro.
E così via anche i gruppi consiliari di minoranza (Udc, Pd, Idv, Sel, FdS, M5S e altri del misto).
A salvarsi sono ben pochi e fanno tutti parte della commissione antimafia.
C’è Sara Franchino, subentrata al posto di Michele Giovine (il consigliere dei Pensionati sospeso per la condanna relative alle firme false, pure lui indagato per rimborsi da 120mila euro) e cinque consiglieri del Pd: Mauro Laus, Gianni Oliva, Gianna Pentenero, Roberto Placido e Elio Rostagno.
Le attivita’
La commissione antimafia del consiglio regionale dovrà proporre norme per contrastare l’espansione delle mafie in Piemonte, soprattutto nell’attività pubblica. Nella sua attività la commissione antimafia dovrà anche interagire e cooperare con i magistrati, coi quali alcuni dei consiglieri indagati non hanno affatto collaborato nell’ambito dell’indagine sui rimborsi gonfiati: in tanti al momento dell’interrogatorio si sono avvalsi della facoltà di non rispondere.
Nella nota del Consiglio regionale si legge pure che i consiglieri dovranno monitorare “gli eventi di infiltrazione criminosa segnalati dalle autorità competenti”.
Compito difficile per alcuni politici che per anni non hanno visto le infiltrazioni della ‘ndrangheta nel tessuto economico e amministrativo della loro regione.
A spingere per la creazione di questo organismo era stato il consigliere Pd Nino Boeti, ex sindaco di Rivoli citato nell’ordinanza di custodia cautelare dell’indagine Minotauro per i contatti con il presunto boss della ‘ndrangheta Salvatore De Masi. L’aveva proposta a luglio, dopo la dura requisitoria con cui il procuratore capo di Torino Giancarlo Caselli aveva criticato il comportamento dei politici a contatto con persone poco raccomandabili.
Andrea Giambartolomei
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Ottobre 2nd, 2013 Riccardo Fucile
PAOLA DE PIN RACCONTA GLI INSULTI RICEVUTI DA CHI PARLA DI DEMOCRAZIA: “LE MINACCE SONO INIZIATE MESI FA”
«Mentre dichiaravo il mio voto di fiducia a Letta, pur con tutte le mie riserve, ho sentito un gran vociare e ho visto il senatore Castaldi venire verso di me e puntarmi il dito contro. Poi non ho capito più niente…».
Paola De Pin, ex Movimento 5 Stelle passata al Gruppo misto, la racconta così.
È lei una delle protagoniste della mattina più lunga per il governo. Ha tremato tenendo tra le mani il foglio del suo discorso, ha pianto, ha ricevuto insulti dai suoi ex colleghi pentastellati («Venduta», «Sei come Scilipoti», «Hai preferito il Palazzo al Movimento»).
Ma, più di tutto, si è sfogata. «Mi sono liberata dopo mesi di violenze verbali nei miei confronti. E anche oggi ho avuto la dimostrazione che il Movimento ha fallito, non ammette il dissenso». Peggio: «Contro chi la pensa diversamente usa il “metodo Boffo” alla stregua degli altri partiti».
«Andare per la quarta volta al voto con l’attuale sistema sarebbe una irresponsabilità senza precedenti», aveva detto la De Pin nel suo intervento in Aula, contestando “i vertici” del movimento di Grillo che «con la scusa della fedeltà a un pezzo di carta hanno tradito gli elettori che chiedevano un cambiamento».
Subito è stata bagarre. «Non esci di qui — le avrebbe gridato il senatore grillino Gianluca Castaldi — ti devi dimettere».
E lei era esplosa a piangere. In sua difesa si erano schierati i vicini senatori del Pd e poi lo stesso Letta le aveva espresso parole di «vicinanza».
Il presidente dell’Aula Grasso valuterà eventuali provvedimenti.
«Sono contenta della solidarietà , ma ribadisco che il mio è stato un voto travagliato. È quello che mi chiedeva la gente al supermercato: nessuno voleva tornare al voto già a novembre», racconta la De Pin raggiunta telefonicamente, dopo una riunione pomeridiana della commissione straordinaria per la promozione dei diritti umani di cui è segretaria.
«Continuo nel mio lavoro da senatrice – spiega ancora -. Sono contro alla linea dello scontro totale professata da Grillo da quando è entrato in Parlamento. Perchè non ha ottenuto niente».
Ed è proprio dai giorni delle consultazioni che, secondo la De Pin, è cambiato tutto. «Il principio per cui uno vale uno è saltato. Bisogna seguire la linea dettata dai leader. Ma io l’ho contestata e sono stata oggetto di minacce da parte di David Borrelli, il braccio destro di Grillo in Veneto, che ho querelato».
L’avventura politica della De Pin comincia proprio a Nordest, in quella Marca trevigiana un tempo feudo della Lega Nord.
«Ho studiato Scienze politiche a Padova ma non mi ero mai impegnata prima di entrare nel Movimento. Gestivo un negozio di grafica e di cartucce per stampanti», racconta. Poi il salto, da Fontanelle – piccolo comune nel Trevigiano – a Roma. «Appena ho espresso i miei parerei contrari alla linea sono stata oggetto di insulti, mail, telefonate che minacciavano me e i miei famigliari», dice la 49enne madre di due bimbi.
Poi la rottura. Datata giugno e in solidarietà ad Adele Gambaro, la senatrice espulsa con rigoroso voto on line.
E via di polemiche sulla diaria: «Ho già versato 6 mila euro in beneficenza. E così continuerò a fare con tutti i soldi che non spendo per ragioni di servizio», racconta. Ma aggiunge: «Certo, ora vivo a Roma e ho due collaboratori..».
Il suo futuro politico? «Non lo so, per ora ho fondato un’associazione di promozione sociale anche con altri fuoriusciti dal Movimento».
Il nome è già un programma: “Stelle Cadenti”.
Davide Lessi
(da “La Stampa“)
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Ottobre 2nd, 2013 Riccardo Fucile
LA FORMAZIONE DI UN NUOVO GRUPPO AL SENATO NON RINVIEREBBE LA DECADENZA DI BERLUSCONI
Per Angelino Alfano si tratta – ha spiegato ai suoi il segretario del Pdl – di una frattura inevitabile ma
non ancora irreparabile con Silvio Berlusconi.
Ormai la linea è tracciata, ha sottolineato il vicepremier secondo quanto viene riferito, ma il legame affettivo con l’ex premier – viene fatto notare – non può venire meno in questo modo.
Perciò il vicepremier potrebbe, secondo le stesse fonti, incontrare il Cavaliere questa sera. Non è detto che non si possa ricomporre l’unità del partito e che la rottura sia definitiva.
Ma – è il pensiero di Alfano sempre secondo quanto viene riferito – sono necessarie delle garanzie assolute affinchè sia chiaro chi detta la linea e quale sia l’organigramma del partito
Consulto ‘scissionisti’ Pdl alle 21.30
L’appuntamento è alle 21.30, nella sede della Fondazione Magna Carta.
I ‘dissidenti’ pidiellini di Camera e Senato si vedranno per definire una strategia comune e dare il nome ai nuovi gruppi parlamentari degli ‘alfaniani’.
Tra gli irriducibili c’è Roberto Formigoni che non ha dubbi: “I gruppi si faranno, qui alla Camera lo hanno già fatto e stasera ne parleremo anche per quel che riguarda il Senato in una riunione”.
Sono in 25, assicurano, e il numero è destinato a salire nelle prossime ore.
All’incontro dovrebbero partecipare Alfano e Quagliariello, in dubbio la presenza degli altri ministri pidiellini c’è incertezza.
Raccontano che per quasi certa viene data l’adesione di Beatrice Lorenzin.
Nuovo gruppo Senato non modificherebbe timing Giunta
Se davvero al Senato dovesse nascere un nuovo gruppo formato dai senatori Pdl che hanno deciso di votare la fiducia al governo Letta, ciò non comporterebbe alcuno stop e alcun cambiamento per la Giunta delle elezioni di palazzo Madama che venerdì 4 ottobre riprenderà il suo iter per decidere sulla decadenza da senatore del Cavaliere.
E’ quanto si evince dall’articolo 19 del Regolamento del Senato, e viene confermato da chi conosce la materia.
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Ottobre 2nd, 2013 Riccardo Fucile
E ANGELINO NON RISPONDE PIU’ AL TELEFONO AL CAPO
È davanti alla resa che Denis Verdini ha gli occhi bagnati di pianto: “Se voti la fiducia — dice a Berlusconi — siamo morti. Silvio, fidati, non farti umiliare”.
Il più duro, tre ore di sonno, foglio di carta alla mano con i numeri che non tornano più, è in una stanzetta con Berlusconi.
È appena uscito Paolo Romani, il mediatore, che alle 12,30 cammina in Transatlantico rassicurando che il Cavaliere ha di nuovo cambiato idea: “Farà a breve una dichiarazione in Aula lui, per dire che vota la fiducia”.
Sono le parole di Romani che il Cavaliere ripete a Denis: “Rischiamo l’isolamento, a questo punto dobbiamo votare la fiducia”.
L’ultima valutazione, sbagliata, del Cavaliere è che votando la fiducia si ferma l’operazione dei gruppi autonomi. E si rallenta la scissione.
Esausto, appannato nei pensieri, Berlusconi cambia idea ogni minuto.
Perchè per la prima volta è iniziata la frana.
Alla riunione mattutina, su 90 senatori ce ne sono solo 60. Circola un documento a favore del governo con 23 firme in calce raccolte dall’ex ministro Sacconi.
Verdini, l’uomo delle conte impossibili, l’eroe del 14 dicembre è una maschera di ghiaccio: “Stamattina erano 16 — sbotta — si sono spostati tutti i calabresi”.
Via Scopelliti, tradimento imprevisto.
Il Sud del Pdl è all’asta: “Se andiamo dritti sulla sfiducia — dicono le colombe a Berlusconi — arrivano a trenta, anche di più”.
Sono i siciliani, tutti messi in lista da Renato Schifani a giocare su più tavoli.
Il capogruppo assicura al Cavaliere che rimarrà con lui. Ma i suoi sono in uscita. Verdini ha gli occhiali incollati sulla testa. Ha passato la mattinata a “massaggiare” gli indecisi: “Silvio, così è la resa. C’è una maggioranza senza di noi, ma non regge. Se ci accodiamo siamo irrilevanti. Ragiona. Questi il gruppo lo fanno e si portano dietro tutti i ministri. Che ca… votiamo a fare il governo? Come lo spieghiamo al tuo popolo? Perchè tu, Silvio un popolo ce l’hai.”
Gli occhi di Verdini sono bagnati.
Berlusconi compulsa nervosamente il telefonino. Alfano non risponde. Non lo fa da ore.
Ogni tentativo a vuoto è una pugnalata. Nell’ora più difficile si sente solo.
Angelino sta tradendo. Con “Casini”, Con i centristi.
Per la prima volta sente che gli manca la forza della rabbia. Non accusa.
A Maria Rosaria Rossi dice che ha voglia di tornare a Milano per staccare un attimo. Ma attorno sta franando tutto.
Quando arriva alla Camera, Cicchitto ha già depositato l’elenco degli scissionisti. Per il nuovo gruppo.
Ci sono tutti gli ex ministri. I numeri dicono che alla Camera sono dodici. Al Senato 23.
Quando il Cavaliere riunisce i gruppi parlamentari ritrova un sussulto di rabbia: “Con Alfano segretario — dice — siamo arrivati al 12”. Ma la botta fa ancora male.
Il voto di fiducia non ha fermato nulla.
È stata una resa. La prima, vera resa.
Quella che per la prima volta ha fatto piangere il più duro.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 2nd, 2013 Riccardo Fucile
CI SONO TUTTI I MINISTRI, SAREBBERO GIA’ 26
La conferenza dei capigruppo di Montecitorio ha accettato la richiesta avanzata da diversi deputati
del Pdl, con primo firmatario Fabrizio Cicchitto, per la costituzione di un nuovo gruppo parlamentare a Montecitorio.
Ecco i 26 nomi dei deputati che hanno dato la disponibilità a Fabrizio Cicchitto ad entrare nel nuovo gruppo che farà riferimento ad Angelino Alfano. Oltre a Cicchitto e al segretario del pdl, ci sono: Gioacchino Alfano, Paolo Alli, Maurizio Bernardo, Dorina Bianchi, Antonio Bosco, Raffaele Calabrò, Giuseppe Castiglione, Fabrizio Cicchitto, Enrico Costa, Nunzia de Girolamo, Riccardo Gallo, Vincenzo Garofalo, Beatrice Lorenzin, Maurizio Lupi, Dore Misuraca, Antonino Minardo, Alessandro Pagano, Filippo Piccone, Vincenzo Piso, Sergio Pizzolante, Eugenia Roccella, Barbara Saltamartini, Rosanna Scopelliti, Paolo Tancredi, Taffaello Vignali.
Fonti parlamentari spiegano però che in realtà non è ancora del tutto definitiva la costituzione del gruppo che alla fine potrebbe anche non nascere perchè, viene spiegato, non tutti sono ancora convinti dell’opportunità .
Il gruppo pdl alla attualmente conta alla camera 97 deputati.
Da regolamento, per costituire un gruppo autonomo bastano 20 adesioni.
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Ottobre 2nd, 2013 Riccardo Fucile
IN COMUNE LA CHIUSURA NEI CONFRONTI DEI FALCHI… POSSIBILE CHE UNA PARTE SI TENGA IL PDL E L’ALTRA VADA IN FORZA ITALIA
Nessuna marcia indietro, anzi. Perchè quella del gruppo autonomo, sempre targato Pdl, non è una mossa contro Silvio Berlusconi ma contro chi negli ultimi giorni, nelle ultime settimane lo ha consigliato e in qualche modo diretto.
Dunque i dissidenti si manifesteranno: non più nel pallottoliere, perchè con il sì alla fiducia – dopo l’annuncio in Aula di Berlusconi – unirà falchi e colombe, anche alla Camera.
Ma nelle prossime ore, già da stasera quando i 25 si riuniranno al Senato, e nei prossimi giorni.
“Il gruppo autonomo si farà “, conferma Roberto Formigoni, e si farà soprattutto alla luce della scelta di Berlusconi di votare la fiducia.
“Io ho provato anche stanotte a convincerlo” e dunque si farà non contro di lui, “noi continueremo a difenderlo sempre”.
Semmai, si farà “contro chi ci ha dato dei traditori. Segnalo che invece siamo diventati prodi pionieri”.
Quei dirigenti – Verdini, Capezzone, Santanchè, Ghedini – che ora, dice Maurizio Lupi “dovranno rimangiarsi le parole”.
Perchè nonostante il sì comune al Governo Letta resta un nodo di fondo, il fatto che nel partito “ci sono due classi dirigenti incompatibili” ribadisce Gaetano Quagliariello.
E che una delle due, con il sì alla fiducia, ha perso.
A frenare però sulla creazione di un gruppo autonomo è poco dopo lo stesso Lupi.
“La nuova maggioranza non c’è, nel senso che” quella attuale è la stessa maggioranza “che ha voluto fortemente questo governo”.
Di certo, per andare avanti con il nuovo gruppo, bisognerà che Angelino Alfano dia la sua esplicita copertura, anche se i ‘pionieri’ la danno per certa nei prossimi giorni. E a quel punto, confidano, “saremo molti di più”.
E se si procederà ancora, sarà poi sul simbolo la questione. Il nuovo gruppo, diceva stamani Formigoni, “dovrebbe potersi chiamare Pdl perchè è nelle disponibilità di Alfano” anche se sul sito dell’Ufficio brevetti e marchi risulta di titolarità di Berlusconi.
Ma la scelta per Formigoni è obbligata, “dobbiamo sottolineare che noi siamo una forza di centrodestra” oltrechè ancorata al Popolarsimo europeo.
Anche perchè, ragiona Maurizio Sacconi, “siamo stati noi” con la scelta di rinnovare la fiducia a questo Governo, “ad essere più coerenti con lo spirito del Pdl” che fu, non certo quello dei falchi che ha portato alla rottura e ad una scissione.
Una mossa, questa sul simbolo, che metterebbe la neo formazione al riparo anche per quanto riguarda i rimborsi elettorali per le ultime tranches di finanziamento pubblico.
Ma il primo passo è l’impegno chiaro di Alfano, che cambiarebbe, e di molto, il peso politico dell’operazione dissidenza.
È in quel caso che, per dirla con il sondaggista Renato Mannheimer, la nuova forza partirebbe con un potenziale elettorale che oscilla tra il 10 e il 15 per cento.
Ed è anche in quel caso che si capirà quanto margine abbia ancora Scelta civica come forza autonoma: il cammino ora sarà parallelo tra i due gruppi e allo stato non risultano firme civiche tra quelle del neo gruppo in formazione.
Ma basterebbe la presenza di Alfano, e la prova provata che il nuovo centrodestra sarebbe così de-berlusconizzato, per far saltare il tappo mettendo la formazione creata da Mario Monti a rischio tenuta: esploderebbero i malpancismi tra i cattolici del gruppo al Senato come Luigi Marino, ma anche quelli opposti dell’anima laica e liberale del partito: Lanzillotta, Ichino, Maran e lo stesso capogruppo Gianluca Susta.
Malumori che Casini conosce e che conosce anche Mario Mauro, da sempre più favorevoli all’approdo di centrodestra europeo.
“Con Scelta civica – dice Formigoni – ci sarà collaborazione, forse anche altro: ma sia chiaro che ci volesse venire con noi dovrà sapere che questo sarà un movimento di centro-destra”.
E niente altro.
(da “Huffington Post“)
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Ottobre 2nd, 2013 Riccardo Fucile
IL CAVALIERE IN STATO CONFUSIONALE ANNUNCIA IL VOTO FAVOREVOLE AL GOVERNO
Dopo la spaccatura del Pdl, nei minuti che precedono il voto in Aula sulla fiducia al governo, Silvio
Berlusconi si dedicava al “pallottoliere”.
Come testimonia l’obiettivo di un fotografo dell’Ansa, il Cavaliere nell’Emiciclo di Montecitorio mostra a Jole Santelli, del Pdl, i numeri annotati su un foglietto: “23 + 34 = 57”. Il che dovrebbe significare che 23 votano a favore del governo ma 34 uscirebbero dall’aula non recependo le decisioni del gruppo.
Questo spiega la decisione di prendere la parola al posto di Schifani e di ricambiare idea, azzerando la decisione presa poco prima dai senatori presenti alla riunione del Gruppo.
Ecco il colpo di scena.
Berlusconi alla fine ci ha ripensato: dopo aver annunciato più volte la sfiducia, con un clamoroso dietrofront, l’ex premier, con un conciso intervento, ha annunciato che continuerà a sostenere il governo Letta.
«Abbiamo ascoltato con attenzione le dichiarazioni del Premier- dice il Cavaliere- Abbiamo ascoltato i suoi impegni. Mettendo insieme tutte queste aspettative, il fatto che l’Italia ha bisogno di un governo e di riforme, abbiamo deciso non senza interno travaglio di esprimere un voto di fiducia».
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