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ALEMANNO INDAGATO PER FINANZIAMENTO ILLECITO PER IL CASO DEGLI APPALTI DEI BUS

Ottobre 9th, 2013 Riccardo Fucile

SI TRATTA DELL’INCHIESTA SULLA PRESUNTA MAZZETTA VERSATA DALLA MENARINI BUS PER LA FORNITURA DI 45 MEZZI

L’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno è indagato dalla procura di Roma nell’ambito dell’inchiesta sulla presunta mazzetta versata da Menarini Bus per la fornitura di 45 bus alla società  Roma Metropolitane.
Finanziamento illecito il reato ipotizzato dal pm Paolo Ielo.
Nel fascicolo della procura di roma in cui sono iscritti i nomi di Alemanno e Pierfrancesco Guarguaglini, sono chiamati in causa tra gli altri il commercialista Marco Iannilli, già  coinvolto nelle inchiesta sugli appalti di Finmeccanica o quella riguardante l’acquisto di filobus per il cosiddetto ‘corridoio Laurentina’; come l’ex amministratore delegato dell’ente Eur, Riccardo Mancini; gli imprenditori Roberto Angelo Ceraudo; Edoardo D’Incà  levis; Francesco Subbioni e Fabrizio Franco Testa.
A seconda delle posizioni processuali i reati vanno dall’estorsione all’emissione di fatture per operazioni inesistenti, alla corruzione, al favoreggiamento e finanziamento illecito.

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“ASSASSINI, VERGOGNA”: A LAMPEDUSA PROTESTE ALL’ARRIVO DI LETTA, ALFANO E BARROSO

Ottobre 9th, 2013 Riccardo Fucile

STRISCIONI, CORI E SIRENE DEI PESCHERECCI: “ANDATE A VEDERE COME SONO COSTRETTI A VIVERE NEL CENTRO DI ACCOGLIENZA”

Li hanno accolti sull’isola gridando “vergogna”. E anche “assassini”.
La delegazione guidata dal premier Enrico Letta, dal presidente della Commissione Europea, Josè Manuel Barroso, dal ministro dell’Interno, Angelino Alfano, e dal commissario europeo per gli Affari Interni, Cecilia Malmstrom, è stata contestata dai cittadini di Lampedusa con striscioni e cartelli fuori l’aeroporto dove sono atterrati alle 9.30.
Gli abitanti dell’isola hanno urlato anche: “Andate a visitare il centro di accoglienza, andate a vedere come vive questa gente”.
La protesta è arrivata anche dal mare. Non appena la delegazione ha messo piede sull’isola gli armatori hanno fatto suonare le sirene dei loro pescherecci e delle imbarcazioni.
“Ci sarà  funerale di stato per le vittime”, ha annunciato Letta da Lampedusa. All’interno dell’hangar dell’aeroporto Letta si è inginocchiato davanti alle centinaia di bare composte, in fila.
Alcuni tra gli altri avevano le mani giunte in preghiera. Poi il premier, Barroso, Alfano e Malmstrom sono andati al molo Favaloro, la banchina dove attraccano i barconi dei migranti e dove in questi giorni sono stati deposti i cadaveri ripescati.
Al centro di accoglienza.
Il programma ufficiale non prevedeva la visita della delegazione al centro d’accoglienza di Lampedusa, dove vivono oltre 800 profughi su una capienza di 250. Ma oltre ai cittadini, anche il sindaco dell’isola ha insistito.
“Il molo Favarolo e il centro sono due tappe imprescindibili per vedere da vicino l’entità  dell’immensa tragedia che si è consumata”, ha detto Giusi Nicolini.
E così dopo un vortice di incontri istituzionali e telefonate è stato cambiato all’ultimo istante il programma della visita.
Subito dopo l’incontro al Comune di Lampedusa la delegazione è andata al centro. Una visita lampo, di pochi minuti.
“Ho visto sofferenza e dolore”, ha detto Letta. E Barroso su Twitter ha pubblicato la foto dell’incontro la delegazione di profughi sbarcati nei giorni scorsi.
Quella di Lampedusa “è una tragedia immane mai accaduta nel Mediterraneo”, ha detto il premier.
Poi si è scusato “per le inadempienze del nostro Paese, rispetto a una tragedia come questa”.

(da “La Repubblica”)

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“IL FUTURO? VENDIAMO LE CARCERI BORBONICHE”

Ottobre 9th, 2013 Riccardo Fucile

ANGELO SINESIO, COMMISSARIO PER I PENITENZIARI: “AMNISTIA E INDULTO SONO MISURE TAMPONE, BISOGNA DEPENALIZZARE E COSTRUIRE NUOVI ISTITUTI”

Amnistia e indulto possono essere utili rispetto alle condizioni in cui versano oggi i detenuti o per quanto ci chiede l’Europa. Però lo sanno tutti: c’è il rischio che fra pochi mesi siamo punto e a capo”.
Il prefetto Angelo Sinesio è dall’inizio del 2012 Commissario straordinario del governo per le Infrastrutture carcerarie, già  prorogato una volta.
Colui che è incaricato di gestire la “più grande stazione appaltante d’Italia”: una torta da 468 milioni di euro — soltanto per il Piano esistente — strappata, e non senza mugugni, dalle mani del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria.
L’ex commissario ed ex capo del Dap, Franco Ionta, andandosene ha lasciato “solo appalti aperti” e un conto di un milione e 761 mila euro pagato a soggetti attuatori e loro collaboratori .
Compreso quell’ingegner Mauro Patti, testimone di nozze di Alfano, 100 mila euro di parcella, cui Sinesio invece non ha rinnovato la consulenza.
Fidatissimo collaboratore del ministro Cancellieri, già  a capo della sua segreteria tecnica al Viminale, il prefetto non ha mai rilasciato interviste.
Stavolta lo fa, d’accordo col titolare della Giustizia, ma vuole che sia presente tutto il suo staff, 15 persone, tra amministrativi, tecnici, Guardia di Finanza e agenti penitenziari.
“Il ricorso ad amnistia e indulto è una scelta politica — spiega —, a me cambia poco che vi sia o meno. Bisogna intervenire sul ‘modello carcere’ per non avere più l’emergenza. Innanzi tutto depenalizzando leggi come la Fini-Giovanardi e la Bossi-Fini, l’approccio repressivo non ha senso, e facendo ricorso a misure alternative.
E poi ragionando sulla funzione rieducativa dell’istituto di pena, così come prevede la nostra Costituzione. In Italia oggi ci sono contenitori, nei quali i detenuti sono stipati senza che venga data loro la possibilità  di reinserimento nel tessuto sociale. Come possiamo pretendere che, se uno rimane chiuso per anni in una cella con altre cinque persone, senza fare assolutamente niente, una volta fuori non delinqua di nuovo? Ma per fare ciò occorre avere, e quindi costruire, penitenziari aperti e ‘pensati’, che ci costerebbero meno e renderebbero di più”.
Via libera al cemento, dunque: quattro nuovi istituti (Catania, San Vito al Tagliamento, Nola e Pianosa) e 13 nuovi padiglioni, oltre al completamento di quanto già  avviato dal Dap e dal ministero delle Infrastrutture.
Nel corso degli anni, da quando l’ex ministro Alfano varò il primo Piano carceri, i numeri continuano a variare in base alle disponibilità  di cassa.
Ma Sinesio lascia trapelare una possibilità  concreta: “Non decido io, ma si potrebbero vendere le carceri borboniche: Regina Coeli a Roma, San Vittore a Milano, la Giudecca a Venezia, e poi l’Ucciardone, Le Vallette, Marassi, Brescia.
Ristrutturarle costerebbe molto di più che costruirne di nuove.
Milano ha una bolletta energetica di due milioni di euro l’anno , perchè gli impianti sono vecchi”.
Eppure, rispondendo a un’interrogazione del M5S, il sottosegretario alla Giustizia Berretta ha assicurato che questo progetto non esiste.
Il rischio, temono i grillini, è che l’operazione si trasformi in un’enorme speculazione. “Dovrebbe essere l’Agenzia del Demanio a stabilire la base d’asta — spiega il Commissario — e, certo, nelle casse delle amministrazioni comunali entrerebbero molti più soldi se le strutture venissero vendute come hotel di lusso piuttosto che come carceri…”.
Sinesio ha un’idea ben precisa: una volta conclusa l’esperienza commissariale, la gestione del-l’edilizia carceraria deve essere materia esclusiva del ministero della Giustizia.
“Ora il sistema dipende da quattro ministeri e sette dipartimenti. Bisogna invece stabilire un unico centro decisionale rispetto a cassa e competenze”.
Un potere forte, che gestisce da solo centinaia di milioni di euro. “Ma almeno ci sarebbe un responsabile, un unico soggetto cui rivolgersi”.
Il Prefetto rivendica il lavoro fatto finora con numeri e grafici, compreso quello di telefonate e mail: “Abbiamo chiuso tutte le gare aperte precedentemente e abbiamo vinto i dodici ricorsi presentati contro di noi. Degli oltre 12mila posti previsti, ne sono già  stati appaltati quasi novemila”.
Fiore all’occhiello, il carcere di Arghillà , Reggio Calabria.
Una procedura iniziata nel 1998 con uno stanziamento iniziale di 21,5 milioni di euro. “Abbiamo consegnato il lavoro in 180 giorni spendendo 10 milioni”.
Edilizia e Sud, un binomio che fa molta gola.
“Nessuno può essere certo che nelle costruzioni non vi siano infiltrazioni mafiose — conclude Sinesio —, perchè il sistema di controllo è complesso e farraginoso. Ci si basa sulle certificazioni antimafia, prodotte dalle Prefetture in tempi lunghissimi. Io invertirei l’onere della prova: sei tu che mi devi dimostrare da dove vengono i soldi. Noi abbiamo un sistema di censimento dei mezzi adoperati e di controllo sulle entrate e le uscite degli operai. Questo serve anche ad evitare il lavoro nero”.
Rispondendo alle domande, Sinesio cerca spesso il consenso del suo staff. Ma soprattutto parla con la sicurezza di chi ha alle spalle un ministro forte come la Cancellieri.

Silvia D’Onghia
(da “Il Fatto Quotidiano”)

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NESSUN SALVACONDOTTO DA NAPOLITANO: PER SALVARE BERLUSCONI SERVIREBBERO I DUE TERZI DEI VOTI IN PARLAMENTO

Ottobre 9th, 2013 Riccardo Fucile

I PUNTI CHIAVE: REATO DA ESCLUDERE E ANNI DI PENA

La domanda è inevitabile.
L’intervento suggerito da Napolitano favorisce o penalizza Berlusconi? Quesito non semplice. Una prima risposta può essere questa: nel testo di Napolitano il famoso “salvacondotto” chiesto dal Cavaliere non c’è, ma esso può materializzarsi in Parlamento, se a votarlo saranno i due terzi delle assemblee. Vediamo perchè.
Innanzitutto, cosa intende Berlusconi, per “salvacondotto”?
La vulgata berlusconiana è che dal Colle può partire un intervento che d’un colpo cancelli tutti i processi del Cavaliere.
Si può dire che Napolitano, sotto pressione da ormai due mesi da Berlusconi e dai berlusconiani per ottenere il “salvacondotto”, glielo ha concesso?
Assolutamente no. L’affermazione non ha fondamento. Napolitano, per l’indulto, parla di reati “odiosi” da escludere. E di certo frode fiscale, corruzione, prostituzione minorile lo sono. Napolitano, per l’amnistia, parla di reati «bagatellari » e che non abbiano «rilevante allarme sociale». Quelli citati prima hanno proprio queste caratteristiche
Si può dire, semplificando, che comunque Napolitano ha passato al Parlamento la palla del salvacondotto?
L’intento del presidente è nobile – ridare dignità  ai detenuti e alle carceri – ma un dato è certo: se il Parlamento dovesse varare un’amnistia e un indulto particolarmente ampi in termini di tetto di pena ciò equivarrebbe a un salvacondotto per Berlusconi. Quindi, come è scappato a qualche parlamentare, con la palla del savalcondotto adesso deve giocare il Parlamento.
L’affaire Berlusconi morirà  tra indulto e amnistia?
Non sarà  facile che Pd e Pdl si mettano d’accordo sul tetto e sulla lista dei reati esclusi. Il Pdl vorrà  un tetto “alto” per coprire anche i reati di Berlusconi e una lista di delitti in cui non siano escluse frode fiscale, corruzione, prostituzione minorile. Il Pd vorrà  l’opposto, tetto basso e proprio quei reati esclusi. A quel punto il Pdl parlerà  di norma contra personam (come già  sta facendo…) e salterà  tutto.
Amnistia e indulto richiedono i due terzi dei voti. È una maggioranza possibile?
Alla Camera servono 420 voti.
Potenziale schieramento: Pd (293), Pdl (96), Sel (37) o Sc (47). Al Senato ne servono 214. Quindi Pd (108), Pd (91), Sc (20) oppure Gal (10), o Sel (7), o le Autonomie (10).
Quindi Pd e Pdl devono mettersi d’accordo per forza altrimenti niente indulto o amnistia.
Perchè la Costituzione richiede i due terzi?
La regola fu introdotta nel ’92, sull’onda di Mani pulite e per il timore che i partiti potessero auto-aministiarsi con un voto a maggioranza semplice. Dice Napolitano che tra la gente è diffusa «l’ostilità  agli atti di clemenza» . Un ampio voto in Parlamento serve a trasmettere l’idea che essa non è di una sola parte, ma di uno schieramento ampio e trasversale.
Berlusconi ha una sentenza passata in giudicato (4 anni per frode fiscale), il processo Ruby in procinto dell’appello (e una condanna a 7 anni per corruzione e prostituzione in primo grado), inchieste aperte a Napoli e Bari per corruzione. Potrà  fruire ora e in futuro di un indulto e di un’amnistia?
Tutto dipende da cosa deciderà  il Parlamento. Napolitano parla di un indulto «di sufficiente ampiezza» e di un’amnistia i cui confini devono essere scritti dalle Camere perchè non spetta a lui fissare «i limiti di pena massimi e le singole fattispecie escluse». Il punto è proprio qui. Sono ipotizzabili un indulto e un’amnistia per i reati di Berlusconi? Di certo l’indulto potrebbe togliergli degli anni di pena, proprio come ha fatto con Mediaset e la frode fiscale, ma il Pd – come già  dicono i suoi parlamentari – non voterebbe mai un colpo di spugna.
Il Pdl può sostenere all’opposto che questi reati vanno inseriti?
Il Pd si sta già  preparando a contestare il Pdl con la tesi che corruzione, concussione, prostituzione minorile, frode fiscale eventuale falsa testimonianza, non sono reati che producono il sovraffollamento carcerario, cioè il malanno che Napolitano vuole sanare. Anzi, per questi reati i detenuti sono pochissimi.
Ma fino a che tetto possono arrivare indulto e amnistia?
Tre anni per l’indulto sono scontati. L’amnistia è il vero problema. Tre anni sono accettabili, fuori misura 4, o 5 anni. Decisamente troppo per il Pd. Oltre 5 anni amnistia impensabile.
Come si calcola il tetto massimo possibile? Sulla pena effettiva decisa dai giudici o sul massimo della pena prevista dal codice penale?
Purtroppo per Berlusconi il calcolo è sul tetto massimo. Quindi i suoi reati – frode fiscale fino a 6 anni, corruzione per induzione fino a 8, prostituzione minorile fino a 12 – sono del tutto fuori “tetto” massimo. Un’amnistia così alta svuoterebbe del tutto le carceri.
La condanna per Mediaset è ormai definitiva, l’amnistia può cancellarla?
Ormai non più, proprio perchè il processo è chiuso.
E che succede dell’interdizione dai pubblici uffici?
L’interdizione è coperta dall’amnistia che cancella le pene accessorie. Ma vale sempre il tetto massimo del reato contestato.
Se l’amnistia arrivasse prima dell’interdizione definitiva avrebbe effetti?
Il Parlamento dovrebbe fare in tempo per gennaio 2014, quando la Cassazione dovrebbe chiudere il processo, e l’ipotesi non è realistica.
I recidivi — per esempio un Berlusconi condannato più volte — possono fruire delle misure di clemenza?
Tutto dipende da cosa decide il legislatore. Ma fino a oggi i recidivi sono stati esclusi dalle clemenze. Napolitano parla anche di effetti negativi della stretta sui recidivi, citando la legge che ne ha attenuato gli effetti. Ma, nel caso dell’ex premier, resta la pesantezza dei reati contestati.
Che succede con l’indulto del 2006 di cui ha fruito Berlusconi se interviene una nuova condanna?
Rivivrà  la pena originaria, come la legge aveva stabilito.
Un nuovo indulto sarebbe cumulabile col vecchio?
Manconi (Pd), nella sua proposta di legge, lo esclude. Il cumulo sarebbe irrazionale e ingiusto
L’amnistia annullerebbe la decadenza?
Il Pdl solleverà  di sicuro la questione. Sarà  un’ulteriore ragione per chiedere un rinvio, ma la legge Severino, in quanto causa di non candidabilità  per motivi di pubblica moralità , non dovrebbe essere cancellabile.

Liana Milella
(da “La Repubblica“)

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IL CAVALIERE DELUSO: “DOVEVA PARLARE PRIMA”

Ottobre 9th, 2013 Riccardo Fucile

PER I SERVIZI SOCIALI PUNTA SULLA ONLUS DEL MILAN

Scettico distante, disinteressato. «Napolitano avrebbe potuto parlare prima, adesso è un po’ tardi. E poi il Pd farà  di tutto per evitare che si applichi anche a me».
Rimasto ad Arcore in riunione permanente con i suoi avvocati, Berlusconi ha accolto con distacco il messaggio del capo dello Stato sulle carceri e la giustizia.
È il retaggio di Ghedini a pesare ancora, quel giudizio sprezzante – «ti sta prendendo in giro» – pronunciato a caldo quando Napolitano a fine settembre, da Poggioreale, aveva esplicitamente parlato dell’amnistia.
Una valutazione totalmente negativa, che stava portando addirittura alla crisi di governo. Spie di una diffidenza di cui si fa portavoce Daniela Santanchè, staccandosi dal coro plaudente delle colombe Pdl: «Mi resta il retropensiero su come mai tale discorso sia arrivato ora e non prima della sentenza definitiva di Berlusconi».
Dunque meglio concentrarsi sulle cose concrete e immediate, sul voto dell’aula del Senato e sulla decadenza da senatore.
Ma soprattutto sull’affidamento ai servizi sociali.
Poche delle candidature arrivate in questi giorni – da don Picchi ai radicali – sembrano idonee. Il Cavaliere ha sollevato infatti un problema di sicurezza personale: «Io mi muovo con dieci uomini di scorta, dove li mettiamo?».
Per questo ieri si è fatta strada l’ipotesi di chiedere al magistrato l’affidamento alla Fondazione Milan, l’onlus di famiglia, dedicata a progetti di beneficenza e aiuto ai disabili, dove lavora anche la figlia Eleonora.
In ogni caso dal Pdl in molti hanno segnalato a Berlusconi l’opportunità  di non far cadere «l’apertura » arrivata da Napolitano, invitandolo a cogliere «l’implicito riconoscimento politico alla tua battaglia» contenuto nel messaggio quirinalizio.
«Il capo dello Stato – riflette l’ex ministro Maria Stella Gelmini – ha messo con forza la riforma della giustizia sul tavolo, dicendo quello che noi andiamo sostenendo da anni. Ora la riforma della giustizia deve diventare la priorità  del governo Letta».
Effettivamente, benchè ai piani alti del Pd fossero a conoscenza dei contenuti del messaggio presidenziale, non si può dire che l’accoglienza sia stata calorosissima, sia in aula che sulle agenzie.
Specie dopo gli attacchi del M5S e le accuse di volere salvare Berlusconi.
Non a caso, in un corridoio di Montecitorio, il capogruppo democratico Roberto Speranza mette subito in chiaro: «Dietro la richiesta di riforme della giustizia per snellire i processi e umanizzare le carceri, che noi condividiamo, non si può nascondere l’immunità  per Berlusconi. Sarebbe totalmente sbagliato e comunque noi non ci staremmo».
Nonostante lo stesso Cavaliere sia consapevole che l’amnistia difficilmente potrà  applicarsi ai suoi casi personali, il Pdl ieri era in grande fermento.
E non soltanto per i provvedimenti tombali come l’amnistia e l’indulto.
La perla che più ha eccitato i berlusconiani è quella richiesta di ridurre «l’area applicativa della custodia cautelare in carcere» contenuta nel messaggio.
Un gancio a cui attaccare severe limitazioni per i pm, venendo così incontro alle paure di Berlusconi di essere arrestato il giorno in cui non sarà  più coperto dallo scudo senatoriale.
La sensazione infatti è che il treno della riforma della giustizia sia partito e per il «partito dei giudici» sarà  impossibile fermarlo.
«Il governo era tutto schierato oggi in aula ad ascoltare la lettura di Napolitano. Certo — osserva il renziano Paolo Gentiloni — stavolta non potrà  finire con il solito “messaggio in bottiglia” abbandonato ai flutti».
Intanto, cogliendo la palla al balzo, il Pdl tornerà  subito all’attacco su una direttrice ben precisa: intercettazioni, inappellabilità  delle sentenze di assoluzione, responsabilità  disciplinare dei magistrati sottratta al Csm.
Tutte materie, peraltro, oggetto di proposte da parte del gruppo di saggi messi in campo da Napolitano. Quanto alla speranza di cavarsela con un’amnistia, vale su tutte la battuta che l’assistente personale del Cavaliere, il riservatissimo Valentino Valentini, ha fatto ieri sottovoce a un collega deputato alla buvette: «Napolitano pensa all’amnistia per svuotare le celle…così può farci entrare Berlusconi più comodamente!».

Francesco Bei
(da “La Repubblica“)

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