Ottobre 11th, 2013 Riccardo Fucile
AL PRANZO CON GLI EUROPARLAMENTARI IL CAVALIERE NON SI TRATTIENE
C’è qualcosa che va oltre e rischia di travolgere tutto questo dibattito su lealisti e traditori, congresso,
organigrammi, vecchie glorie che non vogliono scomparire, giovani ambiziosi, amazzoni scatenate.
È la rabbia. La rabbia di Berlusconi sta montando.
Non è un caso che per la prima volta da quando Alfano lo ha “costretto” a votare la fiducia, l’ex premier ha iniziato a sfogarsi.
Con l’obiettivo di “far uscire” all’esterno di palazzo Grazioli i suoi stati d’animo, le sue scomuniche e — forse — anche la sua voglia di vendetta.
Nel pranzo a palazzo Grazioli con gli europarlamentari il Cavaliere è un fiume in piena.
Parla del “tradimento” di Alfano, avvolge di veleno il comportamento dei ministri: “Si erano già messi d’accordo con Letta che le loro dimissioni sarebbero state poi respinte una volta presentate”.
Altro che fedeltà . Fa male il “tradimento”, loro e di Alfano, che si è materializzato nel modo più traumatico, in Aula, con quel foglietto con i 23 nomi del nuovo gruppo: “A quel punto — ha proseguito il Cavaliere — se avessimo votato la sfiducia avrebbero fatto un governo senza di noi”.
Parole che vengono lette con paura dai colonnelli di Alfano.
È chiaro che il vecchio leone si è svegliato, e sta iniziando a mandare messaggi, e a prendere nuovamente le distanze dal governo: “I ministri non li ho scelti io, io ho scelto solo Alfano”.
Chi conosce l’uomo sa che non si tratta di voci dal sen fuggite, ma di uno stato d’animo che rischia di riportare l’orologio indietro di una settimana, a prima della fiducia facendo fibrillare il governo, nel difficile passaggio della legge di Stabilità : “Avremmo dovuto votare — prosegue con i suoi ospiti — così cambiavamo la Severino”.
Per Berlusconi il senso di angoscia e di fine è soffocante, fa montare la voglia di rivincita, della zampata finale, ora che il calendario è sinonimo di ansia.
Con la giunta che vota martedì la relazione Stefà no e con la decadenza che arriverà in Aula entro i quindici giorni successivi.
Come sempre, quando si avvicinano scadenze dolorose il Cavaliere non si tiene. Ecco perchè trapela dallo staff di Alfano una preoccupazione non irrilevante. Berlusconi è tornato falco.
Il confine tra la paura e l’ossessione è labile.
Chi parla a telefono con lui racconta che ormai le telefonate sono uno sfogo continuo, sempre sugli stessi temi: i giudici, la questione Agrama, tutto ciò che non torna nei processi, magistratura democratica.
Il copione del condannato, che non prevede varianti sul tema. La testa è meno libera, la creatività inceppata, gli eventi più forti di lui.
È un altro Berlusconi. Falco d’animo, ma con le ali tarpate.
Una telefonata di Putin lo ha scioccato. Tanto che agli europarlamentari ha confidato: “Putin me lo ha sempre detto: te la faranno pagare, ti faranno fare la fine della Timoshenko”.
Per la prima volta dal voto di fiducia torna la miscela esplosiva di rabbia sulla persecuzione giudiziaria e voglia di rivincita politica.
È come se l’ex premier si sentisse in due prigioni, stretto in una doppia limitazione della libertà .
I servizi sociali e il governo Letta, prigione nella quale lo hanno costretto i suoi.
È in questo coacervo di emozioni che, chiuso a palazzo Grazioli con Ghedini, chiede di alzare il tiro sull’ultima battaglia, quella sulla decadenza: “Deve essere chiaro — spiega — il senso dell’ingiustizia subita. Dobbiamo usare il dibattito parlamentare per parlare all’Europa di quello che è accaduto”.
Una tribuna, per portare il caso Berlusconi all’attenzione internazionale, denunciando che la sinistra pur di farlo fuori ha applicato una norma retroattiva.
È come se la settimana passata dal voto di fiducia sia servita a prendere coscienza di quello che è accaduto. Qualcosa è cambiato. E qualcosa cambierà .
A partire dalla soluzione della faida interna. Che il Cavaliere proverà a risolvere a modo suo, prendendo un po’ di tempo, annacquando gli organigrammi, in attesa di un colpo risolutivo.
Fitto gli ha detto una frase che ha molto apprezzato: “Quando tornerai davvero il leader del tuo partito la mia battaglia sarà finita”.
Alfano, anche nel corso della cena, ha continuato a porre la questione in un modo che l’ex premier non ha apprezzato: “Voglio pieni poteri”.
E c’è già chi scommette, nella cerchia ristretta, che prima della decadenza farà una mattanza di chi lo ha tradito.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 11th, 2013 Riccardo Fucile
“NAZIONALISTI DA SALUMIERI, VERGOGNA”… STAVOLTA LA SPACCATURA E’ PROFONDA: E C’E’ CHI SCRIVE “GIORNO DI LUTTO”
La battuta più bella e feroce è stata pescata su Facebook. Serve un minimo di conoscenza cinematografica per apprezzarne il profumo, ma avendo pescato nel mare azzurro dei «Blues Brothers» non dovrebbe essere così difficile.
Dice: «I grillini dell’Illinois», tutto qui, ma è una bomba perchè schiaffa il marchio Cinque Stelle dove, nella sceneggiatura di questo meraviglioso film, c’erano i nazisti dell’Illinois, cialtroni e pupazzi ma sempre nazisti.
Una iperbole, non c’è dubbio, resa possibile dalla cialtroneria del post con cui Grillo e Casaleggio sottraggono i Cinque Stelle all’orbita dei diritti umani, così come li interpreta la sinistra, e li ricolloca più opportunamente a destra lepennista, assieme alla Lega e al Pdl del caimano.
Del resto, non si può pensare di fare quello che hanno fatto — smentire in differita la posizione dei senatori M5S in favore dell’eliminazione del reato di clandestinità — e restare indenni.
Come in altre occasioni, i fans si dividono tra lealisti e «non se ne può più di voi», ma questa volta si ha la sensazione che l’intervento dei due capibastone abbia toccato l’altare delle coscienze dove riposa il giudizio morale e se ne custodiscono i valori fondanti.
Grillo e Casaleggio sanno: ma se il Pd non si sfascia e il Pdl invece molto probabilmente sì, dove dovrebbero andare a prendere i voti? Ma a destra, è evidente.
Pochissimi commenti tengono la palla in mezzo: «È stato un errore ma rimediamo”; i più, si lanciano di qui o di là , con nettezza e si ha la sensazione che questa volta gli addii alle armi siano concreti.
Esempi a ruota libera.
Esteban, che nel M5S aveva riposto «tante speranze», dichiara che secondo lui siamo di fronte «al provincialismo nazionalista da salumieri» e di questo «quei due milionari con la pancia piena» dovrebbero vergognarsi.
Dov’è finita l’antica riverenza, in Illinois?
«Gi» avvisa i piloti che avendo lui sognato stupidamente un Movimento senza confini, alla luce dei fatti ritiene che «Beppe non lo rappresenta più».
Aldo introduce riflessioni da urologo nel suo breve addio: «Beppe — annota — ho votato M5S perchè finalmente potevo avere persone normali, come me, a rappresentarmi, non per subire i capricci della tua prostata».
Prostata o no, c’è chi, invece, lamenta che Grillo non faccia vedere «le palle»: «Accusano Beppe di essere un dittatore — lamenta Ivano come se anche lui fosse in Illinois — ma magari lo facesse!!!!».
La forbice che si è aperta nel Movimento è troppo ampia perchè possano stare assieme questi lamenti e la cultura di chi, come Claudia, scrive: «Giorno di lutto, sto pensando di lasciare il Movimento, non ti seguo più».
Per non parlare del rimprovero persistente nei confronti dell’olimpo grillino per non aver mai messo a punto la piattaforma web nella disponibilità del Movimento: «Manca il sistema informatico — ricorda Cesare — per consultare otto milioni di persone. Non siamo ridicoli, se qualche ex leghista o Pdl o Forzanuovista non vota per il M5S sono solo felice».
Qualcosa di profondo si è rotto definitivamente: si chiama «clandestinità » il Trota di Grillo e Casaleggio.
Toni Jop
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Ottobre 11th, 2013 Riccardo Fucile
TRA I 37.000 CHE HANNO GODUTO DEL PROVVEDIMENTO NEL 2006 SOLO IL 34% E’ TORNATO IN CARCERE… LA PERCENTUALE RADDOPPIA TRA CHI NON HA AVUTO BENEFICI
Chi ha goduto dell’indulto nel 2006 ha avuto meno probabilità di tornare in carcere rispetto a chi ha
scontato per intero la pena.
E il dato scende ulteriormente se si prendono in considerazione solo i detenuti stranieri.
Sono i risultati di una ricerca condotta da Giovanni Torrente e Luigi Manconi, senatore del Pd, firmatario del disegno di legge su amnistia e indulto che verrà discusso in Commissione giustizia del Senato martedì prossimo.
I dati sono indicativi.
Su 37mila soggetti che hanno beneficiato dell’indulto, solo il 34% è tornato in galera entro cinque anni dal provvedimento, contro il 68% di coloro che hanno scontato per intero la pena.
“Abbiamo ribaltato un luogo comune – dice Manconi – in molti pensano che l’indulto sia inutile, perchè tanto poi tutti tornano in galera. La nostra ricerca dimostra che questo non è vero”.
Una percentuale che scende ulteriormente se si esaminano solo i dati relativi ai detenuti stranieri (25,3%).
Questo numero però è da utilizzare con prudenza, dato che non c’era certezza sul numero di provvedimenti di espulsione eseguiti, che possono aver inciso sulla percentuale.
“Il dato è da prendere con cautela ma il calo c’è stato” afferma Manconi. I dati sugli ex detenuti sono il risultato di una rilevazione effettuata dall’Ufficio Statistico del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria tra il 1998 e il 2005, mentre i dati di Manconi e Torrente si riferiscono al periodo che va dal 2006 al 2013.
Indulto e amnistia sono stati approvati con frequenza fino agli anni novanta come provvedimenti volti a contenere il sovraffollamento delle carceri italiane.
In seguito la prassi si è arrestata perchè ci si è resi conto che l’adozione continua ne aveva sminuito l’efficacia. Il caso del 2006 sembra dimostrare il contrario.
“L’indulto del 2006 conteneva una norma molto incisiva: in caso di reiterazione del reato nei cinque anni successivi, il detenuto avrebbe dovuto scontare anche la pena che era stata cancellata. Una norma che vogliamo introdurre anche nel prossimo indulto insieme ad una clausola fondamentale. Chi ha già usufruito dell’indulto del 2006 non potrà usufruirne di nuovo”. Una formula che dovrebbe spazzare via tutte le critiche, emerse soprattutto dal Movimento 5 Stelle che giustificavano l’indulto come una norma salva-Berlusconi.
In merito ad un possibile esito positivo del dibattito parlamentare intorno ai provvedimenti di clemenza, Manconi non si dice fiducioso. “Fiducioso è troppo, ma non dispero” ammette.
C’è però la consapevolezza che un atto di clemenza non possa sostituire il percorso di riforma già espresso nelle parole del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel suo messaggio alle Camere: “Il messaggio del Capo dello Stato è perfetto. Dal momento che la situazione è eccezionale occorrono provvedimenti eccezionali. Le carceri oramai sono un corpo febbricitante che necessitano di un intervento chirurgico che sono le riforme. Se però il corpo rimane febbricitante non si possono fare interventi chirurgici. Va ripristinata prima un po’ di ordinarietà con amnistia e indulto per poi adottare immediatamente tutti gli altri provvedimenti che ha indicato Napolitano”.
Luca Pierattini
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Ottobre 11th, 2013 Riccardo Fucile
PARLA L’EX DEPUTATO DEL PDL FINITO IN MANETTE PER LA P4
Silvio Berlusconi ritiene la sentenza del processo Mediaset iniqua.
“Anche Socrate non aveva avuto dubbi sull’ingiustizia della sentenza che lo voleva colpevole, ma bevve la cicuta”.
Non si spinge fino a tanto (ma poco ci manca) Alfonso Papa, già deputato del Pdl, l’unico ai tempi della Seconda repubblica che ha ricevuto pollice verso dall’aula su una richiesta di autorizzazione a procedere.
L’inchiesta era quella della P4, e Papa finì in manette.
Quando fu scarcerato aveva ancora i galloni di onorevole, e iniziò una tenace battaglia sulla condizione carceraria italiana.
Non fu ricandidato, considerato un “impresentabile”. Questo nonostante il suo arresto fu dichiarato illegittimo dal Tribunale del riesame.
Ma, anche fuori dal Palazzo, continua a battagliare sui temi che intersecano politica e giustizia.
Giorgio Napolitano ha ascoltato i suoi tanti appelli?
Il tema delle condizioni inumane in cui versano i carcerati da anni è stato denunciato dai livelli più alti della nostra società . Perfino due Papi hanno preso una posizione precisa in questo senso. Il primo gesto da pontefice di Bergoglio è stato quello di andare a lavare i piedi ad alcuni detenuti. Ma non solo lui. Il messaggio di Giorgio Napolitano non è una sorpresa. Sono tre anni che insiste sull’urgenza di intervenire. Come anche la Corte europea dei diritti dell’uomo, che ha messo in evidenza come l’Italia versi da questo punto di vista in condizioni insostenibili.
Stupisce però la giravolta del Pdl, storicamente non proprio aperturista sul tema, che questa volta si spella le mani
La classe politica intera ha un atteggiamento strumentale su questo argomento, è tutto un mercato, un mercimonio. Quello che dico rispetto al Pdl è “meglio tardi che mai”. Va bene che appoggino l’amnistia, anche se lo fanno per calcolo o per interesse.
Tutto bene. Ma non ci nascondiamo che il convitato di pietra rimane sempre Silvio Berlusconi. E che i reati finanziari non sono mai stati amnistiati.
Ma certo, storicamente quel tipo di condanne non sono mai state inserite in provvedimenti del genere. Le carceri non sono affollate dai colletti bianchi, ma da poveri disgraziati. Il problema sono leggi come la Bossi-Fini o la Fini-Giovanardi, che costringono dentro le nostre prigioni dei poveracci. Anzi, sa cosa le dico?
Cosa?
Che se fossi il Pdl chiederei espressamente che quei reati siano tenuti fuori, per non essere strumentalizzato.
Non scherziamo. Se venissero tenuti fuori gli azzurri alzerebbero le barricate, e non se ne farebbe nulla.
Se davvero alzassero le barricate su questo si dimostrerebbero ancora una volta irresponsabili, e confermerebbero una grande mancanza di senso delle istituzioni. Il punto è che non ci voglio credere: sarebbe un clamoroso sintomo di inadeguatezza.
Certo che nel rapporto tra politica e giustizia in Italia la presenza del Cavaliere sembra ineliminabile. Anche lei ne sa qualcosa.
Certo. Quando la Camera valutò la richiesta di mia carcerazione preventiva quel voto fu fatto sulla scorta di calcoli politici, anche da parte di esponenti del Pdl. Ma io sono diverso da Berlusconi. Quando la Cassazione annullò l’arresto, mi sono sempre recato in tribunale per le udienze, anche a scapito delle sedute d’aula.
Anche lei sottoposto ad un voto del Parlamento, come accadrà per il leader azzurro.
Vero, ma il caso Berlusconi è diverso. Lì si parla di applicare una legge voluta dal Pdl, c’è una sentenza passata in giudicato.
Lui la contesta.
Anche Socrate non aveva avuto dubbi sull’ingiustizia della sentenza che lo voleva colpevole, ma bevve la cicuta.
Sta dicendo che…
Sto dicendo che questo dibattito non ha motivo di essere. Si applichi ai servizi sociali e dedichi la sua vita agli altri.
Una discussione che ha rischiato di far cadere il governo.
Non c’è dubbio che quello del Pdl sia un atteggiamento ipocrita, che sfrutta queste vicende per condizionare il dibattito politico. Un gesto di grande dignità da parte di Berlusconi sarebbe quello di dimettersi, e dedicarsi al volontariato sui temi dell’infanzia, o magari su quelli del recupero dei tossicodipendenti.
Voto palese o voto segreto?
Credo proprio la seconda.
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Ottobre 11th, 2013 Riccardo Fucile
IL SENATORE GRILLINO DIFENDE IL SUO EMENDAMENTO: “NESSUNO HA MAI DETTO DI NON ESSERE D’ACCORDO”
Ingegnere, salernitano, 51 anni, lunga chioma di ricci sale e pepe, Andrea Cioffi non è mai stato un
dissidente.
In questi primi mesi di legislatura, mai una parola contro Grillo, mai un distinguo di un certo peso.
Alle cronache è balzato più che per il suo carattere istrionico, per una efficace performance canora a Un Giorno da pecora («Sono un ragazzo fortunato» di Jovanotti).
Ma anche per aver ricordato, nel pieno della bagarre sulla restituzione delle diarie, che lui guadagnava di più da ingegnere rispetto allo stipendio da senatore.
Un grillino doc, appassionato di energie alternative, di battaglie contro le centrali, con un passato da girotondino nel 2002 e per l’acqua pubblica nel referendum del 2011. §
Ma nella faida di questi mesi tra i senatori grillini, tra talebani e dialoganti, lui è sempre rimasto in disparte. Fedele alla linea ma senza eccessi
Quell’emendamento che abolisce il reato di immigrazione clandestina, presentato già a luglio e approvato in commissione al Senato mercoledì sera, lo difende a spada tratta, nonostante la scomunica di Grillo sul blog.
«Sono per l’abrogazione dell’articolo 10 bis, la nostra proposta era stata discussa da lunedì anche con gli altri senatori e nessuno ha alzato la mano per dire che non era d’accordo. Lo ritengo utile perchè serve ad alleggerire la giustizia penale e anche a liberare gli agenti di polizia che così avranno più tempo per pattugliare le strade. Ma lo sapete quanto tempo perdono ad arrestare i clandestini e a custodirli nei commissariati? So che cosa dice il Sap, un sindacato di polizia che sta da un’altra parte…»
Grillo e Casaleggio hanno detto no
«Una posizione perfettamente legittima da parte di due persone importanti del nostro movimento. Ma non è la linea ufficiale. Quella si decide in assemblea a maggioranza».
Non vorrà mica essere accusato di insubordinazione?
«Lo volete capire o no che non abbiamo capi? Beppe si è fatto un mazzo così per il movimento, ma la nostra non è una struttura piramidale. Prima lo capirete e meglio sarà . Io mi sento una persona profondamente libera, dai piedi alla testa. Questo non vuol dire ignorare l’opinione di Beppe».
Stavolta però siete in rotta di collisione.
«Condivido quello che dice al 99%. Stavolta no. La cosa migliore è che decidano i nostri militanti in rete».
Se l’assemblea dei parlamentari dovesse sconfessare quell’emendamento lei cosa farà ?
«Mi adeguerò. Ma questo è solo un piccolo tassello di una questione complessa come l’immigrazione. Ci sono tanti altri aspetti da affrontare ed è giusto che il movimento ne discuta».
Ma lei lo ripresenterebbe quell’emendamento?
«Per certi versi sì e per altri no. Però c’è un punto. Noi siamo arrivati in Parlamento per ribaltare il tavolo e per farlo bisogna avere il coraggio di scegliere e di decidere. I partiti non lo fanno mai per non scontentare nessuno, e noi li critichiamo per questo. Noi dobbiamo avere coraggio»
Se passa la linea di Grillo rischiate di diventare simili alla Lega?
«Il reato di immigrazione clandestina nasce da un approccio ideologico. Ma non chiedete a me della Lega che sono campano e mi sono dovuto occupare di Mastella…».
Alla fine lei rischierà l’espulsione come Adele Gambaro?
«Questo rischio non lo vedo proprio. Se ci sono idee diverse in democrazia si discute»
Nella sua scheda di presentazione sul meet up di Salerno Cioffi scrive: «Sono curioso… mi interessa molto il cammino… forse più della meta…».
A.C.
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Ottobre 11th, 2013 Riccardo Fucile
DEPOSITATA L’ISTANZA DAI LEGALI DI BERLUSCONI PER L’AFFIDAMENTO AI SERVIZI SOCIALI
Gli avvocati dell’ex premier, da quanto si è saputo, hanno fatto pervenire in mattinata la richiesta di affidamento in prova ai servizi sociali all’ufficio esecuzione della Procura di Milano, coordinato dal procuratore aggiunto Nunzia Gatto.
Istanza che è stata poi già trasmessa al Tribunale di Sorveglianza. Berlusconi, lo scorso primo agosto, è stato condannato a 4 anni di reclusione dalla Cassazione nel processo sui diritti tv Mediaset per l’accusa di frode fiscale.
Tre dei quattro anni di pena sono coperti dall’indulto e quindi per l’ex premier resta da scontare un anno, per il quale ha chiesto l’affidamento in prova.
Il termine per la presentazione, prima che la sentenza diventasse definitiva, scadeva il 15 ottobre.
Ora il fascicolo sarà istruito dal Tribunale di Sorveglianza che seguirà tutti i passaggi fino all’udienza per decidere sulla richiesta di affidamento in prova e sulla proposta da parte dell’ex premier di quale servizio sociale svolgere.
Udienza che dovrebbe svolgersi nei prossimi mesi e forse non prima della prossima primavera.
Negli ultimi giorni, intanto, si sono moltiplicati gli inviti al leader del Pdl: tutti lo vorrebbero tra i propri volontari, da Don Mazzi a Gino Strada, che lo inserirebbe volentieri in Emergency in Sudan o a Kabul.
L’ultima offerta, in ordine di tempo, viene da Francesco Storace: “Vieni a fare i servizi sociali al Giornale d’Italia. Potresti occuparti della raccolta pubblicitaria, sei un professionista”.
Ipotesi a cui Berlusconi avrebbe risposto “valuterò”.
Il tentativo “affidamento a casa”.
I legali di Berlusconi, però, stanno lavorando anche alla carta dell’affidamento a casa. Come ha lasciato intendere l’avvocato Coppi, dicendo che Berlusconi “potrebbe anche trascorrere il tempo con un’assistente sociale che poi attesti l’avvenuto recupero”.
Lo stratagemma per restare a casa consiste nell’impegnare Berlusconi un un “lavoro di pubblica utilità ” che possa essere svolto anche nella sua residenza, come ad esempio – suggerisce il Corsera – la stesura di un programma economico per le fasce più deboli della popolazione.
In questo caso, il Cavaliere resterebbe a casa, come negli arresti domiciliari, ma potrebbe uscire dopo aver svolto le ore di lavoro stabilite.
I tempi, in ogni caso, saranno lunghi.
A decidere sul luogo in cui Berlusconi svolgerà i servizi sociali sarà infatti un tribunale, che prima però dovrà aspettare il completamento dell’istruttoria dell’Uepe (Ufficio di esecuzione penale esterna).
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Ottobre 11th, 2013 Riccardo Fucile
DAVANTI A FINI AVEVA CHIAMATO IL DIRETTORE DE “IL GIORNALE” PER INVITARLO A CHIEDERGLI SCUSA PER UN PESANTE EDITORIALE, POI DALLA TOILETTE LO INVITA A NON TENERNE CONTO
Lontano dai riflettori e davanti alla salama da sugo che svetta nel piatto il direttore del Giornale,
Alessandro Sallusti, è in vena di gossip, anche per tenere svegli i lionisti di ben 5 club che, a Ferrara, si sono uniti per una sera per ospitare il giornalista.
L’invito, ovviamente, era partito (ed era stato accettato) prima della debacle berlusconiana che, per poco, non ha travolto anche lui, tuttora nel mirino degli alfaniani.
Così, senza i riflettori delle tv (dinanzi ai quali comunque Sallusti si trova sempre a suo agio) e in questa occasione, diciamo così, privata, il direttore de il Giornale può togliersi qualche sassolino dalla scarpa, oltre a raccontare aneddoti succosi, come quello sulla rottura tra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini.
Sallusti aveva appena pubblicato un Sallusti aveva appena pubblicato un editoriale al vetriolo contro il presidente della Camera che stava tentando di disarcionare il Cavaliere.
E che succede? «Berlusconi», racconta Sallusti, «non commentò con me quell’editoriale ma ricevetti una sua telefonata che mi suggeriva di scrivere un articolo di scuse a Fini. Poi, dopo mezz’ora, ricevetti un’altra telefonata: era lui che parlava sottovoce, mi disse: «sono in bagno», giustificando così quel tono basso di voce per non farsi sentire e poi aggiunse di non tenere conto della precedente chiamata, era stato costretto a farla».
Insomma un Berlusconi double face che davanti dice una cosa e alle spalle ne fa un’altra.
Giorgio Ponziano
(da “Italia Oggi“)
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Ottobre 11th, 2013 Riccardo Fucile
LETTA USA I SOLDI DEI LIBRETTI DI RISPARMIO PER SALVARE COLANINNO E SOCI… LA COMPAGNIA POSTALE HA GIà€ QUATTRO AEREI MA CERCA DI VENDERLI PERCHà‰ IN PERDITA DA ANNI
Nessuno voleva la decotta Alitalia privata, quindi Enrico Letta la rifila alle Poste Italiane, cioè allo Stato, visto che la società del servizio postale è controllata al cento per cento dal Tesoro. Lo conferma una nota di Palazzo Chigi: “Il governo esprime soddisfazione per la volontà di Poste spa di partecipare, come importante partner industriale, all’aumento di capitale di Alitalia”.
Il presidente dell’Ente nazionale aviazione civile, Vito Riggio, dice che se Alitalia non ottiene un aumento di capitale da 300 milioni e prestiti bancari da 200 entro domani gli aerei resteranno a terra.
Le Poste dovrebberoro mettere almeno 75 dei 300 milioni necessari, quasi un contributo a fondo perduto, visto che l’aumento di capitale serve solo a guadagnare qualche mese.
Che c’entra il servizio postale con il trasporto aereo?
Le Poste guidate da Massimo Sarmi hanno già una loro compagnia aerea: si chiama Mistral Air, l’ha fondata nel 1981 Carlo Pedersoli, alias Bud Spencer, ed è al cento per cento delle Poste Italiane dal 2005.
A vedere i bilanci, le Poste non sembrano l’azionista giusto per Alitalia, visto come hanno gestito Mistral, quattro Boeing 737-300 a doppio uso, di notte trasporto merci (lettere e non solo), di giorno voli charter per passeggeri.
Gli ultimi tre bilanci sono stati chiusi tutti in rosso dall’amministratore delegato di Mistral Riccardo Sciolti: fatturato di 104 milioni di euro e perdite per 8,2 milioni nel 2012 (2,2 nel 2011, 1,5 nel 2010).
Risultati che hanno spinto le Poste a mettere in vendita il cento per cento della sfortunata compagnia.
E ora, invece di liberarsene, il dinamico Sarmi (che è in corsa sia per la riconferma alle Poste che per la presidenza di Telecom Italia) usa Mistral Air come gancio per investire in Alitalia. Nella pomposa prosa del governo: “Le sinergie industriali tra Alitalia e Poste, anche attraverso la compagnia aerea controllata Mistral Air, includono i settori del trasporto passeggeri e cargo — in coerenza con la strategia di sviluppo del-l’e-commerce —, della fidelizzazione clienti nonchè la condivisione delle infrastrutture logistiche, informatiche e di controllo”.
Nella nota Palazzo Chigi avverte: “Il governo si aspetta che i soci si assumano appieno le loro responsabilità ”.
Affermazione misteriosa, visto che i soci non hanno alcuna intenzione di rischiare altri soldi: pochi mesi fa hanno prestato soldi all’azienda, invece che metterli nel capitale sociale, sapendo quanto era rischioso.
Tutto questo avviene mentre il ministro del Tesoro Fabrizio Saccomanni (l’azionista unico delle Poste Italiane) è lontano dal dossier, a Washington per l’assemblea del Fondo monetario internazionale. Al ministero la pratica è stata lasciata nelle mani del capo di gabinetto Daniele Cabras.
Esulta il ministro Maurizio Lupi, Pdl: “ Ce l’abbiamo fatta”.
Il Pd invece è in imbarazzo, a cominciare dal segretario Guglielmo Epifani che ieri sera a Otto e mezzo su La7 si limita a dire: “Nel 2008 preferivo Lufthansa, si tirò indietro”.
Poi però si oppose alla fusione di Air France. E quando Lilli Gruber gli chiede che pensa dell’arrivo delle Poste, ammette di non essere neppure informato della nota di palazzo Chigi: “Non sappiamo ancora se è vero, non sto seguendo questa vertenza”.
I parlamentari Pd vicini a Matteo Renzi cominciano a scaldarsi. Lorenza Bonaccorsi, deputata Pd della commissione Trasporti, avverte: “Il salvataggio di un’ azienda completamente privata, quale è Alitalia ormai da cinque anni, compete ai soci e a chi ha ricevuto dallo Stato un’azienda libera da debiti. I contribuenti hanno già pagato a caro prezzo”.
Troppo tardi.
Stefano Feltri
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Ottobre 11th, 2013 Riccardo Fucile
FINALMENTE BOSSI HA TROVATO UN EREDE: URLA COME SALVINI MA NON CANTA (PER ORA) CANZONI DA CASERMA
A fine agosto, in un minuscolo centro del varesotto, Umberto Bossi lasciò di stucco i pochi militanti
radunati per una festa padana: «Se la Lega si allea con Grillo ha la possibilità di fare il governo. Ma sono cose da non pensare neanche».
Quaranta giorni dopo l’anziano fondatore del Carroccio scopre che il primo fan della Bossi-Fini è proprio il leader dei 5 Stelle.
Ecco, magari un governo insieme al comico genovese resta uno scenario irrealizzabile.
Ma una battaglia comune sull’immigrazione, quella non è più impossibile: «Vedremo, vedremo », annuisce sotto un gazebo del cortile di Montecitorio. È di buon umore.
Si dibatte furiosamente della legge che porta il suo nome.
Lui, l’ex segretario federale, è tornato centrale. Almeno per un giorno.
Scherza con la portavoce, mentre si gode un sigaro. Prende in giro una giovane deputata democratica. E mentre scruta i nuvoloni che oscurano la Capitale, stila la pagella del fondatore del Movimento.
Onorevole Bossi, Grillo ha difeso il reato di clandestinità . Ha sconfessato i grillini che al Senato hanno fatto approvare l’emendamento. Sembra quasi di ascoltare lei
«Grillo è dovuto intervenire».
Perchè
«È uscito allo scoperto dopo che io ho detto che quell’emendamento era una marchetta al Pd».
Fatto sta che siete schierati dalla stessa parte della barricata. Pensa che sia possibile una battaglia comune con Grillo sull’immigrazione?
«Vedremo (annuisce, ndr). Vedremo, anche se ancora non è ben chiaro cosa vogliono i grillini. La loro direzione per ora non è del tutto chiara».
È anche evidente che sul nodo immigrati il leader del Movimento cinque stelle provi a farle concorrenza.
«Beh, sì, questo sì».
Onorevole Bossi, in effetti alle recenti elezioni politiche molti vostri elettori del Nord hanno preferito il M5S
«Sì, al Nord ci ha preso parecchi voti».
Ma lei conosce Grillo? Ci ha mai parlato
«No, non lo conosco».
Dicono che il suo modo di tenere comizi, i toni scelti e la capacità di dominare il palco ricordino molto il Bossi della prima ora
«Sì. Ma tutti, alle origini, hanno slancio… c’è il movimentismo…».
E poi sembra che Grillo le assomigli molto anche per i cavalli di battaglia scelti
«Beh, sì, su immigrazione e tasse è così».
Lo ammetta: non si aspettava che Grillo scendesse in campo per difendere l’impostazione della Bossi-Fini
«Ma sì, invece. Qua non c’è lavoro per gli italiani, come si può pensare che facciamo venire gli immigrati?».
Anche Angelino Alfano si trova in una situazione complicata per quanto riguarda il dossier immigrazione. È ministro Pdl, ma anche colomba governativa
«Per Alfano è più difficile. E poi lui ha un problema interno, perchè c’è Berlusconi che ha prestato i soldi al partito e lui ora cosa fa? È più difficile, per lui».
Tommaso Ciriaco
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