LA RABBIA DI SILVIO, ATTACCA I SUOI MINISTRI “TRADITORI”: “NON LI HO SCELTI IO”
AL PRANZO CON GLI EUROPARLAMENTARI IL CAVALIERE NON SI TRATTIENE
C’è qualcosa che va oltre e rischia di travolgere tutto questo dibattito su lealisti e traditori, congresso, organigrammi, vecchie glorie che non vogliono scomparire, giovani ambiziosi, amazzoni scatenate.
È la rabbia. La rabbia di Berlusconi sta montando.
Non è un caso che per la prima volta da quando Alfano lo ha “costretto” a votare la fiducia, l’ex premier ha iniziato a sfogarsi.
Con l’obiettivo di “far uscire” all’esterno di palazzo Grazioli i suoi stati d’animo, le sue scomuniche e — forse — anche la sua voglia di vendetta.
Nel pranzo a palazzo Grazioli con gli europarlamentari il Cavaliere è un fiume in piena.
Parla del “tradimento” di Alfano, avvolge di veleno il comportamento dei ministri: “Si erano già messi d’accordo con Letta che le loro dimissioni sarebbero state poi respinte una volta presentate”.
Altro che fedeltà . Fa male il “tradimento”, loro e di Alfano, che si è materializzato nel modo più traumatico, in Aula, con quel foglietto con i 23 nomi del nuovo gruppo: “A quel punto — ha proseguito il Cavaliere — se avessimo votato la sfiducia avrebbero fatto un governo senza di noi”.
Parole che vengono lette con paura dai colonnelli di Alfano.
È chiaro che il vecchio leone si è svegliato, e sta iniziando a mandare messaggi, e a prendere nuovamente le distanze dal governo: “I ministri non li ho scelti io, io ho scelto solo Alfano”.
Chi conosce l’uomo sa che non si tratta di voci dal sen fuggite, ma di uno stato d’animo che rischia di riportare l’orologio indietro di una settimana, a prima della fiducia facendo fibrillare il governo, nel difficile passaggio della legge di Stabilità : “Avremmo dovuto votare — prosegue con i suoi ospiti — così cambiavamo la Severino”.
Per Berlusconi il senso di angoscia e di fine è soffocante, fa montare la voglia di rivincita, della zampata finale, ora che il calendario è sinonimo di ansia.
Con la giunta che vota martedì la relazione Stefà no e con la decadenza che arriverà in Aula entro i quindici giorni successivi.
Come sempre, quando si avvicinano scadenze dolorose il Cavaliere non si tiene. Ecco perchè trapela dallo staff di Alfano una preoccupazione non irrilevante. Berlusconi è tornato falco.
Il confine tra la paura e l’ossessione è labile.
Chi parla a telefono con lui racconta che ormai le telefonate sono uno sfogo continuo, sempre sugli stessi temi: i giudici, la questione Agrama, tutto ciò che non torna nei processi, magistratura democratica.
Il copione del condannato, che non prevede varianti sul tema. La testa è meno libera, la creatività inceppata, gli eventi più forti di lui.
È un altro Berlusconi. Falco d’animo, ma con le ali tarpate.
Una telefonata di Putin lo ha scioccato. Tanto che agli europarlamentari ha confidato: “Putin me lo ha sempre detto: te la faranno pagare, ti faranno fare la fine della Timoshenko”.
Per la prima volta dal voto di fiducia torna la miscela esplosiva di rabbia sulla persecuzione giudiziaria e voglia di rivincita politica.
È come se l’ex premier si sentisse in due prigioni, stretto in una doppia limitazione della libertà .
I servizi sociali e il governo Letta, prigione nella quale lo hanno costretto i suoi.
È in questo coacervo di emozioni che, chiuso a palazzo Grazioli con Ghedini, chiede di alzare il tiro sull’ultima battaglia, quella sulla decadenza: “Deve essere chiaro — spiega — il senso dell’ingiustizia subita. Dobbiamo usare il dibattito parlamentare per parlare all’Europa di quello che è accaduto”.
Una tribuna, per portare il caso Berlusconi all’attenzione internazionale, denunciando che la sinistra pur di farlo fuori ha applicato una norma retroattiva.
È come se la settimana passata dal voto di fiducia sia servita a prendere coscienza di quello che è accaduto. Qualcosa è cambiato. E qualcosa cambierà .
A partire dalla soluzione della faida interna. Che il Cavaliere proverà a risolvere a modo suo, prendendo un po’ di tempo, annacquando gli organigrammi, in attesa di un colpo risolutivo.
Fitto gli ha detto una frase che ha molto apprezzato: “Quando tornerai davvero il leader del tuo partito la mia battaglia sarà finita”.
Alfano, anche nel corso della cena, ha continuato a porre la questione in un modo che l’ex premier non ha apprezzato: “Voglio pieni poteri”.
E c’è già chi scommette, nella cerchia ristretta, che prima della decadenza farà una mattanza di chi lo ha tradito.
(da “Huffingtonpost”)
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