Febbraio 17th, 2014 Riccardo Fucile
TRA SPERANZA E INDIGNAZIONE
L’interrogativo è: “ma fuori di qui dove vado? Io un’altra casa non ce l’ho”. 
Domenica pomeriggio in un circolo Pd di Milano, zona centrale: Luisa è presidente di seggio, lo fa da anni, primaria dopo primaria, ma stavolta «sì, per un attimo ho pensato di passare la mano».
Invece è lì, un’altra domenica regalata al partito, ancora al lavoro. Anche se di lavoro ce n’è poco, in effetti: alle primarie che incoronarono Renzi in quello stesso circolo votarono oltre 2mila persone, stavolta sono stati accorpati due seggi e «se arriviamo a 100 votanti è tanto ». Così, giusto per farsi un’idea delle proporzioni.
D’accordo: nei 661 seggi allestiti la fila, stavolta, non se l’aspettava nessuno. Si elegge la segreteria regionale del Pd: poco battage promozionale per un livello intermedio che non suscita troppe curiosità . Ma qui c’è molto, moltissimo, di più.
«LA BASE NON È STATA ASCOLTATA»
L’aria che tira sulle primarie democratiche di Lombardia è decisamente uggiosa. E non è solo una questione meteorologica.
Tessera in mano, nonostante fossero primarie aperte (e in molti casi esibita senza orgoglio), età media oltre gli anta, aria smarrita: il profilo del «comunque votante» è decisamente cambiato rispetto a solo due mesi fa.
Nel migliore dei casi, tanta voglia di capire e di giocarsi, comunque, quest’ultimo jolly – «ultimo per me stesso e per tutto il Pd», come dice Giancarlo anche a nome di molti altri – facendo quadrato intorno a Renzi attendendone governo e mosse prossime venture.
Altrimenti, solo di sfogare rabbia e delusione. Per la segreteria, qui se la giocavano la civatiana Diana De Marchi e il renziano Alessandro Alfieri, ma al di là di candidati e risultati, è andata più o meno come nelle altre regioni: voti poche migliaia, e quasi solo di tesserati, discussioni tante. Lo sconcerto si riversa sul voto: l’outsider De Marchi, che sembrava dovesse essere una candidatura di mera testimonianza, in molti seggi surclassa il favorito Alfieri.
Delle regionali, ovviamente, si parla poco e niente: dopo aver vagliato la situazione per giorni al chiuso delle proprie case e scaricato batterie intere sui social network, l’ultima chiamata ai seggi di questo percorso congressuale diventa il primo momento di confronto collettivo sui ribaltamenti della settimana.
Tutto interno al Pd. La base è scossa: sono discussioni lunghe e accese, filze di domande, giustificazioni e accuse oltranziste, ma per lo più posizioni attendiste e tanta voglia di chiarezza. Giancarlo è un renziano della prima ora, e ammette che «la svolta è stata notevole, sia rispetto alla linea del Pd, sia rispetto a quella personale di Renzi: è ovvio ci sia sorpresa, in molti casi stordimento e indignazione. Anche perchè la base non è stata ascoltata per niente».
E però. Per spiegare l’accaduto, Giancarlo chiama in causa i «motivi di urgenza, economica e occupazionale».
Quindi va sul classico, sulla metafora sportiva: «Quando una squadra sta per perdere che fa? Mette un attaccante. Il nostro è Renzi, è l’ultima carta che abbiamo da giocare. Certo, rischia lui e rischiamo tutti noi. Moltissimo».
C’è chi ricorda il prossimo test delle europee di maggio, qualcuno teme il tracollo, altri sono convinti che nel frattempo Renzi sarà riuscito a portare a casa «alcune cose importanti », che «faranno dimenticare» o addirittura «giustificheranno» gli ultimi giorni.
Teresa riporta gli umori del suo circolo, Milano nord, dove a fine giornata i voti non sono arrivati a 100 contro i 2000 dell’8 dicembre, comprese molte schede bianche: «Come i renziani, anche i cuperliani sono divisi – dice – c’è chi ha accettato il voto in segreteria, e chi invece parla di guerra tra bande ed è convinto che Cuperlo avrebbe dovuto almeno astenersi».
Sul disagio del militante medio aleggiano intanto le parole di Pippo Civati, che tra l’altro ha votato pure lui in Lombardia, a Monza.
L’unico che si è dichiarato contrario al passaggio Letta-Renzi, che ha parlato del disagio di una decina di parlamentari e che ha anche lasciato pensare alla possibilità di una fuoriuscita a sinistra (anche se «non ho mai parlato di scissione», chiarisce poi lanciando l’hastag #Matteo stai sereno »).
Provocazione o embrione di progetto che fa gola? «Per me, il Pd resta il progetto più valido – dice il civatiano Luca – E, pensando anche a chi parla di un patto con Berlusconi, non penso che il confronto con Forza Italia possa andare più in là della legge elettorale. Certo, il Pd a febbraio scorso i voti li ha presi con un progetto di centrosinistra, adesso vedremo che linea politica adotterà … ».
Come dire, nulla è scontato. Anche Silvia è civatiana, candidata in lista con la De Marchi: «È un azzardo, se Renzi fallisce è finita per lui e per il Pd – dice -Ma la mia è una posizione di lealtà rispetto al partito, voglio fare da stimolo, ma dall’interno. E mi sembra che così la pensino in molti: l’altro giorno il clima era più battagliero, prevaleva la rabbia, adesso c’è voglia di restare uniti e di fare quadrato intorno a Renzi e al nuovo governo».
Un’altra civatiana, invece, taglia corto: «Che lo spazio a sinistra ci sia lo sappiamo in tanti. È evidente che bisogna trovare un’alternativa, e che il momento è arrivato».
Come dice una vignetta che spopola su Facebook: «Dimmi qualcosa di sinistra. Addio».
Laura Matteucci
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Febbraio 17th, 2014 Riccardo Fucile
LA CALABRIA: “CON LUI CADE LA LOGICA DEL MURO CONTRO MURO”…I SORRISI DI CONFALONIERI E FERRARA
Nei cerchi di Forza Italia, più ci si avvicina al centro, cioè a Berlusconi, più si incontrano infatuati, innamorati, se non ammaliati dalla figura di Matteo Renzi.
Gente pronta a scommettere su una mano del partito, se saranno sfornati provvedimenti interessanti.
Del resto è notorio quale sia il pensiero, la stima del capo.
E quale sia la linea dettata in questi ultimi giorni dai direttori delle testate amiche
Sul Foglio di sabato Giuliano Ferrara scriveva: «Il rinnovamento promette di manifestarsi con un trentenne che ha esordito con Mike Bongiorno, che è politicamente un self made man, che non ha paura delle giacche di Fonzie, di Briatore e della De Filippi, che ha detto più volte quanto gli stiano sulle scatole gli atteggiamenti pregiudiziali di chi considera il Cav un arcinemico».
Mentre il direttore del Giornale Alessandro Sallustisi sbilanciava: «Gli servono voti veri in Parlamento che nessuno dei sui padrini può dargli. L’amico Berlusconi i voti li ha eccome e sono certo che in caso di necessità ne farà buon uso».
Così, nelle ore dell’incarico che segnano l’avvio dell’era Renzi, è difficile imbattersi in un dirigente di San Lorenzo in Lucina pronto a sparare a zero.
C’è chi, come Daniela Santanchè, resta in guardia: «I metodi sono surreali, speriamo almeno rispetti i patti sulle riforme ».
Detto questo, «siamo a un passaggio epocale, Renzi non è più nemico ma avversario». Denis Verdini preferisce restare nell’ombra, lui con il sindaco ha un rapporto collaudato che è stato alla base del patto sulle riforme. I sospetti su una disponibilità dei suoi uomini al Senato, il forzista fiorentino le ha bollate come «bischerate ».
Si vedrà tra qualche mese. Alla vecchia guardia appartiene anche Giancarlo Galan, convinto invece che «nelle ultime ore il futuro premier abbia perso buona parte della sua immagine innovativa: in noi troverà sponda solo per alcune limitate proposte». Poi sarà opposizione «senza sconti», per dirla con l’eurodeputato Licia Ronzulli: «Lascia pensare il suo atteggiamento spregiudicato, il suo Pd ha già messo in ginocchio il Paese con le sue contraddizioni».
Al netto delle eccezioni, si registrano le più ampie aperture di credito, anche le più insospettabili.
Basta sentire Fedele Confalonieri, intervistato ieri dal Qn, sostenere che «l’incontro di Renzi con Berlusconi può essere un segnale di pacificazione per fare quelle riforme che rilancino finalmente il Paese».
È l’auspicio maturato ad Arcore. Nessuno ha dimenticato che quella sera dell’8 dicembre, mentre il sindaco di Firenze brindava alle primarie Pd, il suo telefonino squillava ed era Silvio Berlusconi, affiancato dalla fidanzata Francesca Pascale, dalla deputata Annagrazia Calabria e dalla senatrice Maria Rosaria Rossiche facevano scattare l’applauso e un “bravo” in coro dal ristorante romano nel quale cenavano. Aria da «apertura di credito» come dice la senatrice Annamaria Bernini «ma con giudizio: la presa della Bastiglia così rapida lascia da pensare. Speriamo rispetti almeno la parola data sulle riforme ».
Su quelle, per Daniele Capezzone, «sarà collaborazione piena, mentre sul governo saremo all’opposizione, ma ci avviamo a essere un paese normale».
Ma sarà anche tempo per un nuovo galateo, a sentire Augusto Minzolini. «Renzi parla in modo molto sobrio, dovremo abituarci a usare quel linguaggio. E se abbassa le tasse, non potremo non appoggiarlo, ma come potrà governare con Formigoni e Giovanardi chi ha rottamato D’Alema e Veltroni? »
Di certo, chiarisce la vicecapogruppo alla Camera Mariastella Gelmini, «non avremo pregiudizi nei suoi confronti, ecco, opposizione responsabile, ma senza sconti». Insomma, non tutti si sono abbandonati alla sindrome da innamoramento come quella che ha folgorato la coppia Sandro Bondi/Manuela Repetti.
Il consigliere politico Giovanni Toti ieri dalla Annunziata precisava che «questo governo Fi lo contesta nel metodo e nel merito».
(da “La Repubblica“)
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Febbraio 17th, 2014 Riccardo Fucile
SCARSO RISULTATO DELLA MURGIA (10,6%)… RISPETTO ALLE POLITICHE CALANO PD (- 1,9%) E FORZA ITALIA (-2,4%), SALGONO SEL (+2,2%) E UDC (+ 4,9%) … HA VOTATO UN SARDO SU DUE
Per scaramanzia non hanno ancora stappato lo spumante ma la festa è già iniziata. Toni bassi e nessun
commento ufficiale, solo dita incrociata perchè lo spoglio delle ultime ore non riservi clamorose sorprese.
I fedelissimi di Francesco Pigliaru lo dicevano già dalla mattina: «Quando sarà stato scrutinato il trenta per cento delle sezioni, se il distacco da Cappellacci supererà il cinque per cento, allora potremmo dire di aver vinto senza timore di smentite».
A spoglio concluso di 978 seggi su 1.836,Francesco Pigliaru incassa il 43,16 per cento e Cappellacci al secondo posto con il 38,57.
I famosi cinque punti sono stati superati e in via Bottego, nella sede elettorale del centrosinistra, la tensione si allenta rapidamente.
Qualcuno si abbraccia, ma nessuno esulta platealmente. Le informazioni arrivavano dai seggi anche prima, ma nessuno ha osato dirlo a voce alta.
Per concludere lo scrutinio c’è tempo fino alle 19: così prevede la nuova elettorale e oltre quell’ora bisognerà impacchettare anche le schede rimaste nelle urne e consegnare il malloppo in tribunale.
Il centrodestra comunque ci crede ancora. Per il momento Ugo Cappellacci porta a casa il 38 per cento: poco più di centomila voti che però non assicurano il ritorno a Villa Devoto.
Quella di Michela Murgia è una debacle che in Sardegna in molti avevano previsto. Per lei, a capo di una coalizione con tre liste indipendentiste, a malapena il 10,35 per cento per un totale di circa 27 mila preferenze.
Pochissimi i voti anche per le altre liste autonomiste: 2,46 per cento per il Partito sardo d’azione che appoggiava Cappellacci e l’Irs che ha portato a Francesco Pigliaru solo lo 0,57 per cento.
Abbandonato il progetto indipendentista, i sardi non hanno creduto neppure al progetto della Zona franca.
E la conferma arriva dal risultato della coalizione che aveva come progetto la Sardegna senza imposte e del suo candidato Gigi Sanna (0,71 per cento dei voti) e della lista con lo stesso slogan che appoggiava Ugo Cappellacci che ha ottenuto l’1,65 per cento.
L’unica vittoria netta, schiacciante, stavolta è stata quella del partito dell’astensione: messaggio chiarissimo per la classe politica sarda.
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Febbraio 17th, 2014 Riccardo Fucile
L’ACCUSA E’ DI PECULATO: “I SOLDI, USATI PER UN’ASSICURAZIONE A VITA, RESTITUITI DAL PARLAMENTARE IN DUE TRANCHE”
La procura di Roma avrebbe chiesto il rinvio a giudizio del senatore Maurizio Gasparri (Forza Itala) per peculato.
L’accusa fa riferimento all’appropriazione di 600 mila euro destinati al funzionamento del gruppo Pdl e di averli utilizzati per una polizza vita a lui intestata.
Soldi che il parlamentare ha poi restituito in due tranche. Il senatore, assistito dall’avvocato Giuseppe Valentino, in una memoria difensiva sostiene di non essersi appropriato di nulla.
Nel capo di imputazione si legge che Gasparri, in qualità di presidente del gruppo parlamentare Pdl, avendo «la disponibilità di somme di denaro provenienti dal bilancio del Senato a titolo di contributo al funzionamento dell’ufficio di presidenza del suddetto gruppo parlamentare, si appropriava di 600 mila euro utilizzandoli per l’acquisto di una polizza intestata a lui personalmente, avente quale durata la sua intera vita e i cui beneficiari, in caso di morte dell’ assicurato, erano i suoi eredi legittimi».
La richiesta di rinvio a giudizio è firmata tra gli altri dal procuratore Giuseppe Pignatone.
Le altre firme che compaiono nella richiesta di rinvio a giudizio sono quelle degli aggiunti Nello Rossi e Francesco Caporale e dei pm Giorgio Orano e Alberto Pioletti. La polizza fu stipulata il 22 marzo 2012 e nel capo di imputazione gli inquirenti spiegano poi che Gasparri procedette «al riscatto anticipato della polizza in data 1 febbraio 2013 (liquidata in 610.697 euro) e alla restituzione della somma di 600 mila euro al Gruppo Pdl Senato con due bonifici di 300 mila euro ciascuno, rispettivamente in data 20 febbraio 2013 e 12 marzo 2013 a seguito di specifiche richieste della direzione amministrativa del Gruppo».
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Febbraio 17th, 2014 Riccardo Fucile
“ALFANO E’ UN PUGILE SUONATO”: OBIETTIVO SPIANARE “I TRADITORI”
“Vedrete che da qui a un anno si vota, Renzi non si fa cuocere lì a lungo. Ma a quel punto la vittoria sarà
nostra”. Il giorno è già mesto di suo, nella tenuta di Arcore.
E solo il pensiero di una rivincita elettorale rianima Silvio Berlusconi in momenti come questo.
È impegnato con i figli nella commemorazione dell’anniversario della morte di mamma Rosa, sebbene sia caduto il 3 febbraio.
Rientrato in tutta fretta la sera prima da Roma apposta, subito dopo le consultazioni al Quirinale.
Così, le sortite di Angelino Alfano dal palco di Fiumicino hanno contribuito a rovinare una giornata piuttosto grigia di suo.
I toni usati dall’ex delfino, racconterà nel pomeriggio chi ha parlato col leader, lo hanno sorpreso, ancor più che indispettito.
Si aspettava le reazioni astiose dei vari Cicchitto, Lupi, Quagliariello al suo affondo di venerdì da Cagliari, quando aveva bollato gli “ex” come «utili idioti della sinistra».
Ma quella del vicepremier no, non se l’aspettava in questi termini.
«Sono attonito – è l’espressione usata dal Cavaliere nei commenti a freddo – Non mi sarei mai aspettato che Angelino arrivasse a questo livello di ingratitudine. Ha già dimenticato che deve tutto a me».
I benefici concessi li aveva elencati con la memoria intinta nel veleno l’altro giorno dalla Sardegna: «Era stato fatto ministro della Giustizia a 38 anni, segretario del partito a 40, ministro dell’Interno a 42».
Berlusconi dà una sua spiegazione ai dirigenti di Forza Italia che lo hanno chiamato per raccoglierne gli sfoghi ed esprimere solidarietà . «Alfano ormai è un pugile suonato, contrattacca così perchè si è parecchio indebolito – è il ragionamento fatto coi suoi – rischia di restare schiacciato tra Renzi e me, lo ha capito, è nervoso».
Non è la prima volta che il leader si abbandona a considerazioni del genere nel salotto di casa, a Villa San Martino come a Palazzo Grazioli.
La svolta è maturata venerdì, appunto, quando l’accusa di alto tradimento è stata portata sul palco di un comizio, tagliando il sottile filo che teneva uniti i vertici di Forza Italia e Nuovo centrodestra.
Ora davvero la prospettiva di un’alleanza elettorale, pur di là da venire, è ridotta al lumicino. Ora davvero l’unico obiettivo di Berlusconi è spianare i «traditori» già alle Europee del 25 maggio, impedire con tutti i mezzi che il Ncd superi la soglia fatale del 4 per cento.
Il passaggio di Alfano che più lo ha irritato è quel «ci siamo rotti le scatole di sentire sempre le stesse cose» riferito alle campagne contro «l’oppressione fiscale e quella giudiziaria».
Campagne nelle quali il ministro dell’Interno, ricordano ad Arcore, si era distinto «con convinzione». Ma ora è tutto cambiato, è tutto finito.
Berlusconi resterà in Brianza anche oggi, consueti breafing del lunedì con i vertici delle aziende. Il rientro a Roma è previsto non prima di domani.
Sta alla finestra, per ora, osserva le mosse del premier incaricato. E continua a predicare cautela ai suoi. «Nessun attacco personale a Matteo Renzi – è la linea – Non è escluso che sosterremo alcuni provvedimenti utili, del resto lo abbiamo fatto anche con il primo governo Prodi». Avrebbe fatto ieri anche un esempio concreto. «Io ragiono con la testa di un imprenditore, se mi presenta la cancellazione dell’Irap, volete che non gliela voti? Prima di tutto gli interessi dei nostri elettori e del Paese».
Tanto il giro di giostra, ne è convinto, non durerà a lungo. Il Cavaliere pensa che, a maggior ragione dopo le riforme, Renzi vorrà passare all’incasso e liberarsi di Alfano con elezioni a breve.
E lì medita di consumare la sua vendetta. Fosse pure da leader non candidato, vincolato come sarà alla pena accessoria, magari per portare alla vittoria la figlia Marina.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)
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Febbraio 17th, 2014 Riccardo Fucile
ALFANO STAVOLTA NON PUNTA TANTO ALLE POLTRONE: VUOLE SPEZZARE L’ASSE RENZI-BERLUSCONI
I soliti idioti. Aveva cominciato Berlusconi, a Cagliari, contro il Nuovo Centrodestra di Alfano: “Utili idioti della sinistra”.
L’ex delfino senza quid ha risposto ieri, davanti a una platea osannante a Roma, in una convention del suo partito: “Berlusconi è circondato da troppi inutili idioti, è irriconoscibile per rabbia e rancore”.
Forza idioti, dunque. Utili o inutili?
C’è pure il quasi ex ministro Gaetano Quagliariello che corregge il Leader Angelino: “Su un punto dissento, gli idioti sono stati dannosi non inutili”.
Per intensità e violenza la guerra fratricida tra azzurri e scissionisti, tra falchi e colombe di governo, ha raggiunto vette inesplorate.
Persino nei giorni del dolore e della decadenza, nell’autunno scorso, “Silvio” e “Angelino” avevano tenuto un canale aperto di comunicazione.
Tante le voci e le illazioni su una separazione pilotata.
Da ieri qualcosa è cambiato, parafrasando il film con Jack Nicholson , in nome del futuro governo Renzi.
La guerra dell’idiozia tra Forza Italia e Nuovo Centrodestra è all’ultimo sangue. Ognuno vuole spingere l’altro fuori, senza esclusione di colpi.
La prima mossa è stata di Berlusconi, forte del patto del Nazareno su legge elettorale e riforma elettorale. Il Cavaliere ha mandato avanti Verdini, con l’obiettivo di formare un gruppetto filogovernativo al Senato per emarginare Ncd e tentare di pesare sulla composizione dell’esecutivo con nomi graditi a Palazzo Grazioli: Paola Severino alla Giustizia e Antonio Catricalà alle Comunicazioni.
Nonostante le smentite, il piano non si è fermato e ruota attorno ai malpancisti forzisti di tre regioni del sud: Campania, Puglia e Sicilia. Ossia: Forza Campania, Forza Puglia e Forza Sicilia.
Ai senatori interpellati, undici, sarebbero state offerte le garanzie per alcuni posti di sottogoverno.
Per quanto riguarda Forza Campania, che alle Europee sarà una lista civetta di B., il pacchetto prevede anche il ritorno in grande stile di Nicola Cosentino, sotto processo per camorra , con una candidatura per Strasburgo.
La reazione degli alfaniani è stata veemente.
Prima smascherando l’accordo sotterraneo tra Renzi e l’ineffabile coppia Berlusconi-Verdini sul sostegno al governo, poi andando all’attacco dello stesso Condannato, reduce dalle consultazioni al Quirinale dove ha solennemente ribadito di voler mantenere il patto sulle riforme.
Risultato: a B. che vuole sfondare Ncd in questa fase di trattative renziani, Alfano risponde con un ricatto al Rottamatore.
Il segretario di Ncd vuole spezzare l’accordo tra lui e B. pretendendo l’introduzione, molto difficile, delle preferenze nell’Italicum (nonchè l’abbassamento del quorum per le coalizione dal 12 per cento al 10).
Questo uno sfogo di Alfano, ieri in privato: “Adesso basta, Berlusconi dà per scontato saremo suoi alleati. Di questo passo non sarà così e sull’Italicum vedremo chi la spunterà ”.
Secondo il cerchio magico alfaniano è questo il punto strategico che sta rallentando la frenesia di Renzi.
A scanso di equivoci, Ncd ha pure creato un cordone sanitario attorno ai contatti quotidiani tra Renzi e Verdini, entrambi fiorentini.
Gli scissionisti del Pdl sono infatti spettatori più che interessati a quanto accade nel Pd.
Hanno salutato con soddisfazione le minacce di Pippo Civati sulle manovre di Verdini e invitano anche a guardare ai nove senatori di matrice lettiana, nel senso di Enrico: “Che cosa faranno di questo passo?”.
Ecco perchè d’improvviso la partita di Renzi si è complicata. La guerra tra utili e inutili idioti del centrodestra rischia di minare seriamente la partenza del suo governo. Per gli alfaniani non è quindi solo una questione di poltrone.
La chiusura dell’accordo, dicono, prevede “tre ministri, non due”. Alfano, non è un mistero, vorrebbe mantenere le sue poltrone di vicepremier e ministro dell’Interno. Quest’ultima però Renzi vuole affidarla a un uomo di sua fiducia.
Meno problematica la riconferma di Maurizio Lupi alle Infrastrutture e Beatrice Lorenzin alla Salute.
Non corre pericoli neanche la pattuglia di sottogoverno di Ncd: Casero, Castiglione, De Camillis, Gioacchino Alfano, Girlanda, Giorgetti, Vicari e Toccafondi.
L’unico volto nuovo di Ncd tra viceministri e sottosegretari dovrebbe essere quello di Giuseppe Esposito, senatore e influente vicepresidente del Copasir.
Gli esclusi Quagliariello e De Girolamo si concentreranno sul partito. Da ieri anche Alfano ha messo il suo cognome nel simbolo. L’ex ministro delle Riforme sarà coordinatore, Schifani presidente e la De Girolamo capogruppo alla Camera.
Fabrizio d’Esposito
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Febbraio 17th, 2014 Riccardo Fucile
FARINETTI, GUERRA, BARICCO E PRODI RIFIUTANO UN POSTO AL GOVERNO, IL CONFLITTO DI INTERESSI LI FRENA
«Caro Matteo ti ringrazio. Ma ora non posso».
Comincia probabilmente così la lettera che molti di quelli considerati amici della ristretta cerchia di Renzi gli hanno recapitato dopo la chiamata nel suo esecutivo.
Per ora sono sei i passi indietro registrati.
Ha detto «no» il fondatore di Eataly, Oscar Farinetti. La poltrona proposta e rifiutata era quella del ministro dell’Agricoltura.
Per il profilo di Farinetti il posto giusto lui che è difensore del made in Italy gastronomico di qualità . Ma gli affari sono affari.
E considerato che le sue società hanno un legame diretto con il ministero che si occupa delle attività di promozione e sviluppo del settore primario, il conflitto di interessi non avrebbe tardato a emergere.
Dunque meglio curare il business.
Lo stesso ragionamento lo avrà fatto l’ad di Luxottica, Andrea Guerra.
«Resto a fare il mio lavoro» ha detto a proposito della candidatura. Due i possibili motivi del diniego. Il primo, anche per lui, rappresentato dal potenziale conflitto di interessi.
Come ministro dello Sviluppo Economico, qualunque suo atto che avesse soltanto sfiorato l’azienda di Leonardo Del Vecchio lo avrebbe messo sul banco degli imputati con l’accusa di favoritismo.
Secondo motivo, quello economico. Guerra nel 2011 ha guadagnato tra salario fisso e variabile 4,3 milioni di euro.
Nel 2012 a questa cifra si è aggiunta la somma di 10 milioni di euro sotto forma di azioni cedute a titolo gratuito.
Non è ancora noto quale è stato il suo stipendio nel 2013. Ma l’idea che da quelle cifre milionarie potesse scendere a 176.200 mila euro, paga da ministro, sembra difficilmente sostenibile, spirito patriottico a parte.
Anche lo scrittore Alessandro Baricco ha detto no. E anche per lui avrà giocato a sfavore un potenziale conflitto di interessi tra i poteri di ministro e la sua attività di autore. Sarebbe stato non esente da critiche, ad esempio, l’assegnazione di un premio letterario a una sua qualunque opera, visto che nelle giurie dei grandi eventi culturali raramente manca un rappresentante del ministero.
Dunque niente carica. Ma solo consigli.
Discorso diverso per Romano Prodi indicato per il ministero dell’Economia. Il Professore ha detto no.
In parte perchè ricoprire un incarico del genere rappresenta una diminutio nel suo curriculum. E poi meglio tenersi libero non sia mai si riaprisse la corsa al Quirinale. La candidatura di Montezemolo ad ambasciatore del made in Italy nel mondo è subito rientrata.
Per lui troppi impegni manageriali e soprattutto l’ingresso nel governo lo avrebbe obbligato a lasciare la presidenza della Ferrari per evitare conflitti.
Marchionne avrebbe sorriso per il risparmio di 7 milioni all’anno. Montezemolo no. Ultimo dietro front quello dell’ex ministro dell’Agricoltura, Paolo De Castro, oggi al parlamento Ue: «Voglio restare in Europa» ha risposto a Renzi. Per tanti che hanno detto no, qualcuno si candida.
«Renzi non mi ha ancora chiamato. Aspetto con ansia». Ha scherzato così Fiorello su Twitter.
(da “La Repubblica”)
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Febbraio 17th, 2014 Riccardo Fucile
FERMATA ANCHE LA MOGLIE DI VITO GIACINO: LO SCANDALO SCOPPIATO IN SEGUITO A UNA LETTERA ANONIMA… ERA CONSIDERATO L’EREDE DI TOSI
Arrestato l’ex vice sindaco di Verona, Vito Giacino. L’avvocato 41enne, che sarebbe accusato di corruzione, è stato portato in carcere.
La moglie Alessandra Lodi, anche lei avvocato, è invece ai domiciliari.
Oltre all’incarico di vice sindaco per il Comune di Verona, in passato Giacino ha anche ricoperto l’incarico di assessore all’Urbanistica e, nella seconda giunta Tosi, al’Edilizia privata. In corso altri arresti.
Le indagini riguarderebbero l’ipotesi di corruzione nell’ambito di accertamenti avviati alcuni mesi fa su vicende riguardanti appalti e consulenze alla moglie.
Giacino si era dimesso dall’incarico il 15 novembre scorso dopo l’inscrizione nel registro degli indagati.
Era considerato il successore naturale di Flavio Tosi, fino a quando in autunno scoppiò il caso dopo una lettera anonima che lo accusava di corruzione.
Nel corso delle prime fasi dell’inchiesta erano stati perquisiti gli uffici comunali inerenti all’attività dell’allora vice sindaco e gli studi legali.
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Febbraio 17th, 2014 Riccardo Fucile
GENNARO SALVATORE ACCUSATO DI PECULATO NELLO SCANDALO SCONTRINI: AVEVA CHIESTO IL RIMBORSO ANCHE PER L’ACQUISTO DI UNA BOMBOLA DEL GAS
Il primo a essere arrestato era stato Franco “Batman” Fiorito, capogruppo alla regione Lazio. Adesso in
manette per peculato è finito un altro consigliere regionale: Gennaro Salvatore era il capogruppo del Nuovo Psi, il partito del governatore della regione Campania Stefano Caldoro. L’accusa è peculato continuato. Il consigliere è agli arresti domiciliari.
Quando l’inchiesta, relativa agli anni 2010-2012, era partita tra i documenti recuperati dalla Guardia di Finanza c’erano gli scontrini relativi a consumi compiuti durante diversi week end a Castellabate (Salerno) e a Cusano Mutri (Benevento), un piccolo comune inserito nella guida tra i borghi più belli d’Italia.
Naturalmente per queste presunte spese istituzionali erano stati chiesti rimborsi, ma queste contestazioni erano state rese note a Salvatore nel corso di un interrogatorio, il 19 settembre 2013.
Il capogruppo, ascoltato come persona indagata e assistito dall’avvocato Alfonso Furgiuele, si era difeso giustificandosi con la confusione e il disordine personale e dei suoi collaboratori nella preparazione della documentazione da allegare alle richieste di indennizzo.
E sottolineando la correttezza e l’assenza di malafede nel suo operato e in quello del proprio ufficio.
Tra le spese rimborsate, era sbucata pure quella relativa all’acquisto di una bombola di gas.
L’inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Francesco Greco vede iscritti nel registro degli indagati praticamente l’intero consiglio regionale con pochissime eccezioni, tra le quali il governatore della Campania.
Gli inquirenti — come si legge nella nota della Procura di Napoli — hanno rilevato “operazioni di prelievo in contanti per un importo complessivo pari a 95.955 euro” per spese “che non sono mai state documentate” o lo sono state con “contabili palesemente incongruenti rispetto alle finalità istituzionali in vista delle quali il contributo era stato erogato”.
Nei confronti del consigliere è stato disposto anche un sequestro preventivo.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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