Maggio 11th, 2014 Riccardo Fucile
IN OTTO ANNI E’ PRECIPITATA DAL TERZO AL DECIMO POSTO NELLA CLASSIFICA DEI SITI PIU’ VISITATI…I VISITATORI PASSATI DA 458.000 A 204.000
Non ha portato bene, alla Reggia di Caserta, l’orrendo «cuorno» alto 13 metri eretto prima di Natale
davanti all’ingresso: sui tetti del magnifico e ammaccato Palazzo borbonico si è spalancata una voragine.
Non bastasse, sono crollati i visitatori e anche il gigantesco corno «russo, tuosto, stuorto» (rosso, tosto e storto), costato 70 mila euro e rimosso dopo le proteste, giace ora abbandonato a ridosso di un capannone. In pezzi.
Colpa del malocchio? No, della cattiva manutenzione di quel tesoro che non ci meritiamo.
Silvio Berlusconi ci portò i grandi del mondo, alla Reggia casertana, durante il G7 di Napoli del 1994, per la serata di gala.
Il giorno dopo, ai giornalisti di tutto il mondo, ammiccò: «Ieri sera mi sono sentito orgoglioso di essere italiano. Le fontane illuminate erano bellissime. Le signore stringevano gli occhi con anche un’aria romantica. A qualcuno ho detto: “Attenzione che sennò questa notte aumentiamo la prole”».
Dicono di essere tutti orgogliosi, a parole, quelli che in questi anni hanno tenuto i cordoni della borsa. A parole, però.
Perchè quella straordinaria Reggia edificata a metà del Settecento da Luigi e Carlo Vanvitelli, con il suo parco, le sue fontane, la sua sala del trono, i suoi saloni, le 1.200 stanze e le 34 scale e le 1.742 finestre è da troppo tempo trascurata.
E vede l’intervento dei governi e dei ministri e delle autorità regionali, generalmente, solo «dopo» qualche crollo, qualche scandalo, qualche denuncia tivù.
Come il servizio, mesi fa, della trasmissione Kilimangiaro , dove Stefania Battistini fece vedere alberi secolari del parco crollati e mai rimossi, le piantine che crescevano sui cornicioni, i calcinacci ancora a terra di uno squarcio apertosi nel soffitto molte settimane prima per il crollo d’una trave sul fianco della Cappella Palatina o le erbacce che invadevano i pavimenti delle Reali Cavallerizze da non molto restaurate per una mostra.
Denuncia seguita da una sistemazione delle realtà di incuria più inaccettabili.
Certo è che da tempo i giornali battono e ribattono sul degrado della residenza, spesso abbinato all’abbandono della vicina Reggia di Carditello alla quale Nadia Verdile ha appena dedicato un libro.
Basti ricordare il reportage di Alessandra Arachi che un anno fa raccontava di tuffi di ragazzini nella fontana di Diana e Atteone, di ponteggi montati con enorme ritardo dopo troppi crolli, di auto e moto su e giù per i viali e venditori abusivi che si infilavano «persino dentro le stanze degli appartamenti» per spacciare «guide taroccate e tarocchi della felicità , ombrelli, palloncini, biglietti per i ristoranti, persino numeri da giocare al lotto».
Poi, appena l’attenzione dei giornalisti calava, tutto tornava come prima.
Con Italia nostra che si sgolava per denunciare la mancanza di manutenzione, l’eterno ritorno degli ambulanti, la mancanza di custodi perchè i dipendenti sono in larga parte «amministrativi», i tentativi del sindaco Pio Del Gaudio di strappare il via libera della sovrintendenza a costruire dei baracchini in piazza: «Il problema degli abusivi va risolto, che male ci sarebbe a mettere delle strutture fatte bene in fondo all’emiciclo? Siamo gli unici al mondo a non avere delle bancarelle!».
Finchè, motivando la sua contestatissima scelta con la tesi che voleva dare una scossa al disinteresse generale, il sindaco fece tirar su, in poche ore, nel dicembre scorso, un enorme corno portafortuna rosso battezzato «Good Luck, Caserta» proprio in faccia all’ingresso della Reggia.
Reazioni scandalizzate. Foto sui giornali. Critiche pesanti. E lui: «Se davanti alla Reggia avessi messo un grande albero di Natale o un bel presepe non se ne sarebbe accorto nessuno. Un giorno o l’altro, presto, lo togliamo, ma mica mi chiamava il Corriere , se non mettevo “’o cuorno ”! E invece, così, al ministero è scoppiato un putiferio e li ho costretti a precipitarsi tutti qui».
E insistette: «Quando a Roma l’hanno saputo mi ha telefonato il direttore generale Antonia Pasqua Recchia: “Tolga subito quel coso prima che al Unesco se ne accorgano! La piazza è nostra”. E che è: extraterritoriale come il Vaticano? “Finalmente ve ne siete accorti”, ho risposto, “Ci abbiamo messo due giorni a tirarlo su. Senza che qualcuno se ne accorgesse. Evidentemente la Reggia è incustodita e abbandonata a se stessa».
Certo è che il 1° maggio quelli della Soprintendenza hanno notato un foro nei tetti della parte della Reggia occupata dall’Areonautica militare.
Risposta: «La competenza sui tetti non è nostra, ma del ministero». Durante la stessa giornata, ha raccontato alla Repubblica di Napoli la funzionaria Flavia Belardelli, «il foro si è esteso diventando una voragine».
Colpa della pioggia? Anche. Ma «crediamo sia un problema di scarsa manutenzione». E di rimpallo delle competenze. Al punto che per una settimana lo squarcio è rimasto così. Senza che alcuno intervenisse.
Più o meno contemporaneamente, scoppiavano nuove polemiche dopo la pubblicazione su Facebook, da parte dell’associazione «Ciò che vedo in città », delle foto che mostravano che fine avesse fatto «’o Cuorno ».
L’«opera d’arte», dopo essere stata rimossa per essere spostata da un’altra parte, è stata in realtà abbandonata all’esterno di un capannone dalle parti dell’autostrada. Dove rappresenta oggi un monumento allo spreco: 70 mila euro buttati per una bravata propagandistica di un mese.
Soldi che avrebbero potuto essere spesi meglio. Magari per un minimo di decoro intorno e dentro la Reggia.
Lo scrittore israeliano Abraham Yehoshua e il filosofo veneziano Massimo Cacciari, salendo ieri mattina la scalinata centrale del palazzo per il Forum Universale delle Culture, potevano notare insieme con la magnificenza dell’architettura, il volo dei piccioni che svolazzavano schizzando qua e là il loro guano, i mozziconi schiacciati sui gradoni, un pacchetto di sigarette vuoto abbandonato da una parte…
Come meravigliarci del crollo dei visitatori?
Dicono i numeri ufficiali del ministero che nel 1996, l’anno prima di diventare sito Unesco, la Reggia era al terzo posto tra i siti più visitati d’Italia: adesso è al decimo. Da allora ad oggi i visitatori paganti sono precipitati da 458.942 a 204.390: meno 55 per cento.
I visitatori complessivi, compresi quelli coi biglietti gratuiti, da oltre un milione a 439 mila: meno 57 per cento.
E meno male che dovrebbe, quella Reggia, renderci «orgogliosi di essere italiani».
Gian Antonio Stella
(da “il Corriere della Sera”)
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Maggio 11th, 2014 Riccardo Fucile
DA RAFFAELLO A CANOVA, MINACCIATI I CAPOLAVORI DI ROMA CHE TUTTO IL MONDO CI INVIDIA… DA 5 ANNI CHIESTO UN NUOVO IMPIANTO DI CONDIZIONAMENTO, MA IL MINISTERO NON HA SOLDI
Soffrono le tele di Tiziano e Caravaggio, le tavole di Raffaello, i marmi del Bernini e del Canova.
Alla Galleria Borghese di Roma, tempio dell’arte fra i più prestigiosi in Italia, l’emergenza si chiama climatizzazione.
Da due mesi, nel nono monumento statale più visitato del 2013 (quasi 500 mila visitatori e oltre 3 milioni di incassi), l’impianto è guasto.
E le temperature – uno dei fattori più delicati per la conservazione delle opere, insieme all’umidità – sono fuori controllo.
Soprattutto nella Pinacoteca, culla di gioielli come l’”Amor Sacro e Amor Profano” di Tiziano, che il personale stesso ormai definisce «un forno».
«Si passa dal gelo al caldo asfissiante, come in questi giorni. Per questo dobbiamo aprire le finestre – si giustifica un custode – altrimenti qui dentro si muore».
Di fronte al “Ratto di Proserpina” del Bernini i vetri sono spalancati, come nella sala della “Madonna dei Palafrenieri” del Caravaggio e, al piano superiore, in quella con la magnifica “Deposizione di Cristo” di Raffaello.
Ma appena si cambia stanza, si resta a bocca aperta. E, purtroppo, non solo per lo splendore del “David” di Bernini o della “Paolina Borghese” del Canova.
«Da due mesi siamo alle prese con questa emergenza – spiega Anna Coliva, direttrice del museo – L’impianto di climatizzazione, costruito nel 1997, è completamente usurato e sconta anni di cronica mancanza di manutenzione ».
Se l’emergenza è recente, il problema, però, non è nuovo.
«La richiesta per un nuovo impianto è già in ballo da 4 o 5 anni. Due anni fa si rifece uno dei motori, ma poi non si proseguì per mancanza di risorse – racconta Coliva – Ora, con l’ufficio tecnico della Soprintendenza al Polo museale romano, stiamo cercando di risolvere l’emergenza, con interventi per riequilibrare il clima. In attesa di poter rifare l’impianto».
Nel frattempo, si tampona la situazione con le finestre aperte. «È il male minore, rispetto agli sbalzi di temperatura – sostiene la direttrice – Per fortuna il microclima del parco che ci circonda, in questa stagione, è ottimale».
Ma quella che sembra una soluzione temporanea potrebbe mettere ancor più a rischio le opere se dovesse protrarsi a lungo.
«Bisogna cercare di evitarla il più possibile perchè quel che entra dall’esterno, e parlo di inquinanti non solo chimici ma biologici, è fuori controllo – spiega Elisabetta Giani, fisica dell’Istituto superiore per la conservazione e il restauro – Soprattutto, ci vuole un monitoraggio costante dell’umidità , sia all’interno che all’esterno».
È quello, infatti, il peggior nemico delle tele e, soprattutto, delle tavole: «Il parametro per l’umidità relativa è del 50-55 per cento, sbalzi troppo elevati possono deformare o danneggiare i materiali».
Ma anche le temperature, «se dovessero superare a lungo i 30 gradi», potrebbero causare danni. Non a caso nel dicembre 2012 le “Sale blu” degli Uffizi di Firenze furono chiuse per un paio di giorni proprio per la temperatura troppo alta. E da allora il museo si è dotato di due nuove «torri evaporative» per raffreddare l’acqua usata per in condizionamento, oltre a rinnovare il sistema di climatizzazione.
Sara Grattoggi
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Maggio 11th, 2014 Riccardo Fucile
SONO 473.000 GLI OVER 60 CHE VIVONO ALL’ESTERO…PARTONO PER MOTIVI ECONOMICI, PERCHE’ STANCHI DELLO STILE DI VITA E DI PENSIONI INSUFFICIENTI
L’Italia non è nemmeno un Paese per vecchi. Oggi i pensionati sono in fuga insieme ai giovani. Per l’Istat
sono 473mila gli over 60 che vivono all’estero.
Gli ultimi a partire lo fanno soprattutto per motivi economici. Nel nostro Paese un pensionato su due prende meno di mille euro al mese. E così fa le valigie chi non vuole rinunciare allo status di un tempo.
Chi altrimenti dovrebbe trasferirsi a casa del figlio per arrivare a fine mese. Chi è deluso dalla politica, dallo sfacelo dell’economia, dalla maleducazione delle persone.
Chi è in cerca del benessere, lontano da ansie e stress e possibilmente al caldo.
Chi dopo la morte del coniuge non ce la fa più a frequentare i soliti luoghi.
Costa Rica, Thailandia, Filippine, Colombia, Brasile e Cuba dove, secondo l’Inps, i pensionati italiani da 20 nel 2010 sono passati a 70 dopo l’apertura delle frontiere a gennaio 2013.
E ancora Panama, Canarie, Tunisia, Marocco, Capo Verde, Kenya e Bulgaria sono le mete di ritiro più gettonate nell’ultimo anno.
Le nuove terre di residenza dove qualcuno desidera perfino essere seppellito.
La gentilezza della Thailandia
“Qui la gente è gentile e ti saluta per strada”, dice Antonio Mammato, 65 anni, che due anni fa ha salutato la costiera amalfitana per trasferirsi a Phuket, in Thailandia (dove vivono 350 pensionati italiani, cioè 200 in più rispetto a tre anni fa).
Il senso di sicurezza che avverte per strada lo fa respirare: “Posso lasciare il motorino con il casco nelle zone più affollate e nessuno me lo ruba”.
Ingegnere ed ex dipendente comunale: “Ho chiuso lo studio dopo la morte di mia moglie nel 2001. Per ora vivo di risparmi ma sono in attesa della pensione Inpdap, mille euro netti al mese: qui è lo stipendio di un dirigente!”.
Antonio vive in un monolocale di fronte all’università , per l’affitto spende cento euro al mese, più 15 euro circa per le bollette, e giura: “La stanza mi serve solo per dormire, il resto del giorno lo passo fuori. Il clima è sempre bello”.
E dell’Italia dice: “Sembra un formicaio impazzito. Io non voglio più vivere così”.
In Thailandia si può permettere di tutto: “Pago 1,20 euro per un pasto, 2,50 per una camicia e 4/5 per un paio di pantaloni. E 200 euro di tasse all’anno. Ho una bella macchina e vivo nel quartiere più esclusivo dell’isola”.
Se fosse rimasto in Italia non avrebbe potuto mantenere lo stile di vita di quando lavorava. Anche la compagnia non gli manca. “Ho tanti amici italiani”.
Come Giovanni Giurlanda, 62 anni, di Padova, ex impiegato di banca, dal 2006 in Thailandia. “Sono partito perchè non sopportavo l’idea di starmene da solo con le mani in mano”, racconta Giovanni, divorziato dal 2002.
Cosa fa in Thailandia adesso? “Vivo! Ho scoperto uno stile semplice e più naturale: vado in spiaggia e a pescare quasi tutti i giorni, gli abitanti vivono alla giornata e ti trasmettono molta serenità ”.
Giovanni prende duemila euro di pensione. Si è comprato una casa dove abita con la sua nuova compagna. “Un altro motivo per cui me ne sono andato dall’Italia è l’arroganza delle persone, la poca serietà dei politici e la situazione che non si smuove. Ero stanco di tutto questo, davvero”.
Al sole di Tenerife
La signora Elena, toscana di nascita, nella vita precedente faceva la stilista a Milano. Poi tre anni fa ha voltato pagina, a Tenerife. Oggi studia spagnolo e sta all’aria aperta con le amiche.
Perchè ha fatto le valigie? “Non per soldi. In Italia soffrivo di mal di schiena. Qui mi sono ripresa: il microclima delle Canarie mi aiuta sia fisicamente sia psicologicamente. Poi, mi creda, non ho più potuto assistere al degrado culturale, alle piccole industrie che chiudevano a favore delle grandi catene. Ai governi vergognosi. È stato troppo umiliante”.
Quali sono i vantaggi dell’isola? “Il clima, caldo e non piovoso tutto l’anno, e il fatto di essere nell’Unione Europea con un’impostazione da Paese nordico: burocrazia e sanità efficiente, ordine, pulizia, ambiente curato. Mi fa sentire rispettata”.
Pensa di rientrare in Italia? “Mai. Neanche nella tomba. Voglio essere seppellita qui”.
Panama, Costa Rica, Belize: alla ricerca di regimi fiscali agevolati e qualità di vita
“In un anno le richieste di pensionati sono aumentate del 30 per cento — dice Alessandro Castagna, responsabile di Voglioviverecosì, il portale dedicato a chi vuole cambiare vita -. Andalusia e isole Canarie sono le destinazioni più frequenti perchè sono abbastanza vicine, fanno parte dell’Unione Europea, godono di un buon sistema sanitario, c’è poca criminalità , burocrazia efficiente e la lingua è facile”.
La conferma arriva anche da Massimo Dallaglio di Mollotutto, altro sito web utile per farsi un’idea delle opportunità oltreconfine -.
Gli anziani vogliono informarsi sulle mete migliori, sul costo della vita, su come si fa a trasferire residenza e pensione all’estero. Noi abbiamo referenti italiani in loco con cui possiamo metterli in contatto. In generale — precisa Dallaglio — attirano i Paesi con un regime fiscale agevolato, per esempio la Tunisia, dove si sborsa il 25 per cento di tasse sul 20 per cento di reddito. E c’è un accordo che garantisce ai pensionati italiani una copertura medica totale.
Anche in Costa Rica, dopo un pagamento mensile in base al reddito (massimo cento euro), si ricevono le cure completamente gratis.
Mentre in Belize, altra nuova meta di ritiro, i vantaggi fiscali vanno dal rimborso di tutte le spese necessarie per il cambio di residenza, allo sconto del 50 per cento su tutte quelle di soggiorno temporaneo sostenute prima di acquistare o affittare una casa, sulle assicurazioni mediche e i biglietti aerei.
E a Panama — aggiunge — per chiunque abbia una pensione governativa o corporativa di almeno 700 euro al mese la residenza è quasi automatica”.
“In Tunisia vita da re per chi non ha problemi di salute”
Adriano Martelli, 66 anni, ex infermiere, si è rifatto una vita in Tunisia, raggiunta quattro anni fa. Con la sua pensione, da 900 euro, a Torino si era dovuto trovare un secondo lavoro per sopravvivere.
“Da quando sono qui ho guadagnato quindici anni. Non ho mai preso un raffreddore, e ho smesso di prendere le pastiglie per gastrite, mal di testa e pressione, non ne ho più bisogno”.
Ha scelto questo Stato perchè ci abitavano già degli amici. “Alla fine del mese in Italia non mi rimaneva più niente: 400 euro per un monolocale da 30 metri quadri, poi le bollette e le spese per la macchina”.
A Susa, città turistica tunisina, ha preso in affitto un piano di una casa sul mare: oltre cento metri quadrati, arredato, per 260 euro al mese. E ne spende altri 150 per cibo e detersivi.
“Vivo con poco più di 400 euro al mese e faccio una vita da re: ho la donna delle pulizie, otto telefoni cellulari (il prezzo è di circa 20 euro l’uno), una tv, faccio shopping e vado al ristorante almeno due volte alla settimana. Un pasto mi costa circa cinque euro”.
Adriano in Tunisia non ha più bisogno dell’auto. “Mi muovo con i pulmini pubblici: si fermano dove vuoi tu, basta alzare la mano. Il biglietto non costa neanche 50 centesimi. Anche i taxi sono economici: un euro per sette chilometri”.
Unico neo: la sanità . “Le strutture sono fatiscenti. Consiglio di venire qui soltanto a chi non ha problemi di salute”.
Nel 2013 l’Inps ha registrato 250 pensionati residenti in Tunisia, quasi cento in più rispetto al 2010.
Renato Fortino è socio dell’agenzia “Case in Tunisia”, nata nel 2008, che si occupa di assistere in loco chi è intenzionato a stabilirsi nel Paese (dal permesso di soggiorno al trasferimento della pensione, apertura del conto in banca fino ai corsi di francese e arabo).
“Nel 60 per cento dei casi si tratta di pensionati che in Italia prendono dai 500 ai 600 euro al mese, reddito che una volta trasferito in Tunisia è lordo e di questo l’80 per cento è defiscalizzato, mentre la base imponibile è solo sul 20 per cento del rimanente (pari a circa il 6/7 per cento). Questo target cerca case in affitto da 180 a 230 euro al mese, di solito con una camera da letto e salone. Ma non ci sono solo i piccoli pensionati — precisa Fortino — Abbiamo seguito anche ex medici, direttori di banca, imprenditori, dirigenti statali, che qui lievitano il loro potere di acquisto. Ultimamente arrivano italiani di mezza età tagliati fuori dal mercato del lavoro che qui provano a reinventarsi: dal maestro di tennis all’istruttore cinofilo e psicologo”.
“Addio Lecco, spargete le mie ceneri nel Mar Nero”
La Bulgaria è l’ennesimo Eldorado per anziani: quelli italiani sono 364 contro i 106 di tre anni fa. Franco Luigi Tenca, 66 anni, è uno di questi. Vive nella capitale, Sofia, da ottobre 2009.
Ex camionista di Mandello del Lario, in provincia di Lecco, separato dal 2005 e in pensione dal 2007 con 1200 euro al mese.
È stato intervistato dalle Iene e dopo che il servizio è andato in onda, a gennaio, la sua casella di posta elettronica è stata presa d’assalto: 1600 mail in dieci giorni da parte di pensionati, tutti italiani, di cui il 20 per cento già residente all’estero: “Mi hanno scritto dalle Canarie, Francia, Svizzera, Belgio, Germania, Lituania, Sudafrica, Mauritania, Congo, Brasile, Filippine e New York”, dice Franco, ancora incredulo.
Gli hanno chiesto di tutto: “Come si sta, dov’è la Bulgaria, quante tasse ci sono, se c’è l’euro, se è vero che l’assicurazione della macchina costa un terzo (vero), quanto tempo serve per avere il trasferimento della pensione lorda e della residenza”.
Risposta: “Dipende da quanto impiega il Comune italiano di residenza a mandarti il certificato di cambio di residenza. A me lo hanno spedito dopo 20 giorni ma c’è chi aspetta anche 5 mesi. Comunque qui nel giro di una settimana l’ufficio immigrazione ti fornisce la tua carta d’identità bulgara. Prima però devi presentare un documento di riconoscimento italiano, un contratto di affitto e un conto corrente in una banca locale, che apri subito con 50 euro. Dopodichè vai in ambasciata per l’iscrizione all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero, cioè l’Aire”.
Nel frattempo Franco è diventato referente per Mollotutto e quasi ogni settimana accoglie gruppi di pensionati che vengono qui per un sopralluogo.
“La mia mail è franco.tenca@alice.it. Pubblicatela pure!”.
Franco vive con la nuova moglie, una signora bulgara della sua età , in un appartamento in centro di 50 metri quadri, che gli costa al mese 20 euro di affitto: “Mia moglie è inquilina dai tempi del regime comunista e il canone è rimasto uguale”.
Altrimenti per un alloggio arredato della stessa superficie si spendono 200 euro.
Cinquanta euro in più per 80 metri quadrati. Per le bollette? “40 euro al mese di elettricità e 12 per l’acqua. Qui non c’è il gas, abbiamo il boiler e il piano di cottura elettrico”, spiega Franco.
E la spesa? “300 euro al mese per due persone. Anche il fisco non strozza: circa il 18 per cento di tasse e il sei per cento se sei pensionato”.
Risultato: “Oggi vivo da nababbo e non più da barbone come in Italia, dove al venti del mese ero costretto ad attingere ai risparmi, che a forza di fare così sarebbero finiti alla svelta”. Svantaggi? “La lingua, ma la gente è cordiale e appena può ti aiuta, mi ricorda gli italiani negli anni ’60 e ’70”. La Bulgaria è entrata nell’Unione europea nel 2007 ma non ha adottato l’euro: “La moneta è il lev e vale quasi due euro”, risponde Franco alle decine di pensionati che gli continuano a scrivere.
Tornerà a Lecco prima o poi? “Assolutamente no. Voglio che le mie ceneri siano gettate nel Mar Nero”.
Chiara Daina
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Maggio 11th, 2014 Riccardo Fucile
E AL BAR SPIEGANO: “SONO SOLO ROGNE”
Crisi e antipolitica stanno minando l’impegno civico, soprattutto dove questo non è accompagnato da prestigio e indennità dorate.
Sono sei i comuni che il prossimo 25 maggio non potranno votare la nuova amministrazione per mancanza di candidati.
Il viaggio del fattoquotidiano.it nell’Italia al voto non poteva ignorare il fenomeno ed ha fatto tappa a Esino Lario, un comune di 700 anime in provincia di Lecco dove nessuno si è presentato entro i termini previsti dalla legge e il paese si avvia al commissariamento.
Il sindaco uscente, Giovanni Dell’Era si dice “deluso, amareggiato e preoccupato”.
Ha aggiunto anche. “Auspicavo che qualcuno si facesse avanti. Mi dispiace”, ma così non è stato.
E a far quattro chiacchiere con i cittadini di Esino si capisce che il problema sta tutto (o quasi) nella carenza di risorse: “Qui nessuno vuol sentire parlare di sindaci e vicesindaci”, parola di ex primo cittadino: “ne hanno tutti le scatole piene” e, ancora: “Nessuno vuole governare senza risorse”.
È un destino che Esino Lario condivide con altri piccoli centri sparsi in tutto lo Stivale, isole comprese.
Succede ad esempio a Tadasuni, in Sardegna, dove tra i 179 residenti nessuno se l’è sentita di candidarsi per la poltronissima.
La carenza di vocazione amministrativa ha colpito anche il comune di Locatello (Bergamo) e San Vendemiano (Treviso).
Anche i cittadini di Mazzo, in provincia di Sondrio, non sono riusciti a trovare un loro candidato.
Una situazione, questa che suona beffarda, se si pensa che appena pochi mesi fa, gli stessi cittadini avevano votato contro l’ipotesi di accorpamento del loro piccolo comune con altri comuni limitrofi.
Niente candidati nemmeno a Sant’Angelo del Pesco (in provincia di Isernia).
Qui l’appello del sindaco uscente Guglielmo Delle Donne non ha fatto breccia nel cuore dei suoi 368 concittadini, consegnando l’amministrazione al commissariamento. In Molise a fare da contraltare al comune di Sant’Angelo del Pesco c’è il piccolo centro di Castelverrino che, con 124 residenti è riuscito ad esprimere addirittura cinque candidati sindaco.
Alessandro Madron
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Maggio 11th, 2014 Riccardo Fucile
POI ARRIVA L’ESPERTO MAESTRO D’ELEGANZA STORACE: “ALFANO HA LA FACCIA COME IL CULO”
Per Silvio Berlusconi non aveva il “quid”, per Francesco Storace “ha la faccia come il culo”. 
Il leader della Destra ha così risposto al ministro dell’Interno Angelino Alfano che, durante un incontro a Roma del Nuovo Centrodestra, aveva detto: “Forza Italia non è nè carne nè pesce, non è nè maggioranza nè opposizione. Non c’è nessuna ragione per votare quel movimento politico e quindi è davvero un voto inutile”.
A dirla tutta mutuando i medesimi slogan che spesso Berlusconi aveva indirizzato agli ex sodali.
L’ affondo di Alfano però a molti, nel partito di Berlusconi, proprio non è andato giù.
La campagna elettorale in vista delle Europee entra nel vivo e i toni si alzano.
L’uscita del titolare del Viminale ha così scatenato una serie di reazioni a catena, che trovano sfogo anche sui social network.
E che hanno dato il via a una vera e propria rissa su twitter tra esponenti di Forza Italia e del Nuovo Centrodestra.
Così la deputata di Forza Itala Elvira Savino ha twittato: “La partita delle Europee la sta giocando Forza Italia contro Pd e M5s. Alfano è a bordo campo si dovrà accontentare di fare il raccattapalle”.
Anche Deborah Bergamini ha risposto ad Alfano: “Caro Angelino, nè carne nè pesce? Meglio vegetariani se carne o pesce significa concepire politica come fai tu: potere personale”.
E poi il generale dell’Esercito di Silvio, Simone Furlan, fresco di candidatura al Parlamento Europeo: “Voto a FI inutile? Io di inutile vedo solo lui”.
Infine, un’altra candidata a Bruxelles, Licia Ronzulli: “Si avvicina il 25 maggio e i nervi di Alfano iniziano a crollare. Rinnegare la propria storia pur di arrivare al 4 per cento. Paura eh?”.
Il delfino di Berlusconi Giovanni Toti invece risponde a Cicchitto, altro esponente di Ncd: “Cicchitto stia sereno, dopo tanto professionismo parlamentare gli italiani gli concederanno di godere la sua dorata pensione”.
Dall’altra parte della barricata, l’ex ministro Nunzia De Girolamo ha preso le parti del suo leader: “Voto a FI non sa nè di carne nè di pesce. Un giorno sta con il Governo, l’altro no. Ncd ha le idee chiare, ci abbiamo messo la faccia”.
Per Barbara Saltamartini “Bergamini e Toti sono nervosi, si prendano una camomilla. Almeno così la notte, preoccupati dei sondaggi di Forza Italia in calo, potranno dormire”.
Ma è lo stesso Alfano a twittare dopo le reazioni scatenate dalla sua frase: “Più che dispiaciuti, siamo annoiati dalle offese e insulti degli ex amici di Fi e del loro leader”. E aggiunge: “Vogliamo dimostrare che c’è un altro centodestra. Non temiamo competizione con chi ha televisioni e ci insulta ogni giorno”.
Alla fine piomba il commento dell’ultimo acquisto di Forza Italia, Francesco Storace, esperto in materia e raffinato maestro d’eleganza: “Alfano che definisce inutile il voto a Forza Italia ricorda un viso modellato a mo’ di chiappe: dicesi la faccia come il culo”, ha scritto.
Magari qualcuno si era dimenticato di lui, ora sa che esiste ancora.
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Maggio 11th, 2014 Riccardo Fucile
“CREDO CHE SI SIA FIDATO DI AMIN GEMAYEL, BEN INTRODOTTO IN ITALIA E CHE SARA’ PROBABILMENTE IL NUOVO PRESIDENTE DEL LIBANO”
Carlo Rossella, giornalista, ex direttore de La Stampa, del Tg1, di Panorama, del Tg5, uomo di mondo, attuale presidente di Medusa film è anche un grande conoscitore del Libano e di Beirut in particolare.
Si dice “sorpreso” di questo ritorno di fuggitivi: “Leggo che tutti vogliono scappare a Beirut. La storia che si ripete da Felice Riva, Gaetano Balducci, direttore del Giorno. Chiunque ha problemi legali fugge a Beirut anche se loro poi sono stati arrestati e portati in uno dei peggiori carceri immaginabili. Non credo sia il caso di Dell’Utri, almeno mi sembra”.
A lui è stato riservato un trattamento di favore, diciamo: dalla caserma è stato trasferito all’ospedale privato Al Hayat.
A Beirut bisogna avere le conoscenze giuste, stabilire i contatti che contano.
Quali sarebbero? Ci faccia un esempio.
Penso alla famiglia di Amin Gemayel, alla famiglia Hariri.
Proprio quelle che gli avrebbero garantito protezione.
Dovendo tagliare la corda il Libano non è un Paese consigliabile perchè c’è un’opinione pubblica non schierata, ci sono i giornali che informano, è una società complessa. I miei amici conoscono benissimo la politica italiana, sanno cosa accade e passare inosservato non è semplice. Ma ripeto se si hanno le giuste entrature tutto cambia. E lui credo proprio che si sia fidato di Amin Gemayel, di questa cà’tè di falangisti cristiani molto bene introdotta negli ambienti conservatori italiani e anche in certi ambienti della destra italiana. Gemayel mi dicono che sarà con molta probabilità il nuovo presidente della Repubblica libanse.
E se tanto mi dà tanto Dell’Utri tra poco tornerà a essere un libero cittadino. Ci dica, come si vive a Beirut?
Beirut è una città bellissima e molto divertente. Il clima in inverno è mite. A marzo già si può fare il bagno in mare e poi andare a sciare sul Mont-Liban. Ci sono ottimi ristoranti. I libanesi sanno vivere, pasteggiano a champagne, mangiano ostriche. C’è una fervida vita culturale che si sviluppa anche attorno all’Università americana dove studiano tutti i rampolli del Medio Oriente. Librerie bellissime dove si possono trovare libri inimmaginabili. Concerti. A Beirut ci sono molti immigrati del Golfo legati alle famiglie regali e tantissimi cristiani maroniti ricchissimi. Amano molto il made in Italy, vengono a fare acquisti in via Montenapoleone. Vestono Tod’s, Prada, Armani. Per vivere bene a Beirut bisogna avere molti soldi.
Che a Dell’Utri non mancano certamente.
Immagino proprio di no.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Maggio 11th, 2014 Riccardo Fucile
UNA NEBULOSA DI RAPPORTI PERSONALI E TRASVERSALI HA SOSTITUITO LE VECCHIE STANZE DI COMPENSAZIONE FRA AFFARI E POLITICA
Unite i puntini, come se fosse il giochino della Settimana Enigmistica. 
Uniteli pure tutti con tutti e non sbaglierete. Ne verrà fuori l’immagine di un sistema dove tutti parlano con tutti, e le conversazioni scivolano dalla politica agli affari, dal destino della nazione alle sorti di un’azienda, da una riforma istituzionale a un grosso appalto.
Nella Prima Repubblica il sistema era centralizzato, le stanze di compensazione erano le segreterie dei grandi partiti, e tutto era regolato secondo quote soppesate al grammo: tanto alle aziende di area Dc, tanto agli imprenditori amici di Bettino Craxi, tanto ai mitici privati della galassia Fiat-Mediobanca, tanto alle cooperative rosse. Dopo il Big Bang di Mani Pulite la galassia partitocratica è esplosa e si sono formate le nebulose delle relazioni e dei poteri personali: nessuno vive una vita autonoma, tutti sono intersecati.
Dimenticate i reati e le inchieste giudiziarie, qui si parla rigorosamente di amicizie e di fatti non penalmente rilevanti.
I tre faccendieri arrestati per l’inchiesta Expo (Greganti, Frigerio e Grillo) sono teoricamente complementari: il compagno G copre a sinistra attraverso le grandi cooperative rosse, Frigerio (ex democristiano ed ex italoforzuto) copre a destra insieme a Grillo, anche lui democrastiano passato alla corte di Berlusconi nel 1994 in cambio di un posto al governo nel settore “aree urbane” sua vecchia passione.
Però il riferimento forte di Frigerio e Grillo è Vito Bonsignore, un tempo andreottiano, poi fervente berlusconiano e infine alfaniano irriducibile come del resto i suoi amici arrestati e gli stessi Maurizio Lupi e Roberto Formigoni.
Bonsignore è anche un importante imprenditore con amicizie anche a sinistra.
È il promotore della Nuova Romea, l’autostrada Mestre-Orte che è uno dei grandi affari lanciati dal ministro delle Infrastrutture Lupi.
Tra i politici da sempre impegnati a favore della nuova grande opera (una decina di miliardi) c’è Pier Luigi Bersani.
Ma Bonsignore è soprattutto grande amico di Massimo D’Alema.
Tutti i frequentatori del Transatlantico di Montecitorio ricordano l’imperdibile siparietto dei primi di maggio 2006, quando l’ex premier era sicuro di essere eletto presidente della Repubblica. Bonsignore gli sussurrò: “Sarò in grandissimo imbarazzo quando sarai presidente della Repubblica perchè come farò a venirti a trovare?”. D’Alema, felice, sorrise: “Ti invito”.
Non era ancora uscita l’intercettazione in cui D’Alema spiegava all’amico Gianni Consorte di Unipol di aver parlato con Bonsignore, azionista della Bnl, della scalata che l’assicurazione rossa stava tentando alla banca romana: “Ho parlato con Bonsignore, che dice cosa deve fare, uscire o restare un anno… Se vi serve, resta… Evidentemente è interessato a latere in un tavolo politico”.
Consorte è comprensivo: “Chiaro, nessuno fa niente per niente”. Poi la scalata finì male e Consorte cadde in disgrazia: a puntare il dito accusatore contro di lui ci fu, tra gli altri inamovibili del sinedrio cooperativo, Claudio Levorato, presidente della Manutencoop, indagato con gli altri anche se per lui il gup ha negato l’arresto richiesto dalla procura di Milano.
Ma tra gli accusatori di Consorte vi fu anche Greganti, che gli fece la morale per quei 50 milioni che si prese per aver agevolato la vendita di Telecom Italia da Roberto Colaninno a Marco Tronchetti Provera.
Anche Marcellino Gavio, morto nel 2009, aiutò Consorte nella scalata alla Bnl, investendo parte della montagna di denaro pubblico che Filippo Penati, presidente della provincia di Milano (e poi braccio destro di Bersani), gli aveva dato in cambio di un inutile pacchetto di azioni dell’autostrada Milano-Serravalle.
Ma non si tirò indietro neppure quando ci fu da investire della cordata dei “patrioti” per salvare l’italianità di Alitalia, voluta da B., organizzata da Corrado Passera allora a capo di Intesa Sanpaolo e guidata da Colaninno.
Gavio, socio di Bonsignore, ma anche della potente Coopsette, nella banca Carige, insieme a Grillo si schierò anche con Gianpiero Fiorani nella scalata della Popolare Lodi all’Antonveneta, finita in tribunale, come pure il successivo acquisto della banca padovana da parte del Monte dei Paschi del dalemiano Giuseppe Mussari.
Mussari era in amicizia e affari con Ruggero Magnoni, arrestato due giorni fa insieme ai fratelli Aldo e Giorgio per la bancarotta della finanziaria Sopaf.
Anche Magnoni è pieno di amici o quasi amici. È stato uno degli strateghi della scalata alla Telecom Di Colaninno, e ha sempre lavorato bene sia con Berlusconi sia con Carlo De Benedetti.
Il quale a sua volta è stato finanziato da Mussari per 1,2 miliardi di euro per le centrali elettriche di Sorgenia, gestite dal figlio Rodolfo. Si potrebbe continuare a lungo.
È quasi impossibile sbagliare.
Giorgio Meletti
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Maggio 11th, 2014 Riccardo Fucile
FERMATA ALL’AEREOPORTO MENTRE ERA IN PROCINTO DI PARTIRE PER ROMA PER CONSEGNARSI ALLE AUTORITA’ ITALIANE
Ammanettata all’aeroporto di Nizza, dove è stata presa in consegna dagli investigatori della Dia. 
Finisce la latitanza a Montecarlo, durata circa 72 ore, di Chiara Rizzo, 43 anni, la moglie di Amedeo Matacena, armatore siciliano ed ex deputato Pdl a favore del quale l’ex ministro Scajola si sarebbe adoperato per favorirne la fuga dall’Italia.
La donna è stata arrestata poco fa da ufficiali della polizia francese e gli investigatori della Dia che la stavano attendendo dopo aver concordato le modalità del fermo con il suo avvocato Bonaventura Candido.
Coinvolta nell’indagine sulla latitanza del marito
Nell’indagine sulla latitanza dell’ex parlamentare era stata coinvolta anche la donna, raggiunta da un’ordinanza di custodia cautelare. Per il gip, Scajola era «totalmente asservito» alle necessità di Rizzo.
Nel 2010 tra le più belle del Principato
Di Montecarlo Chiara Rizzo è una sorta di icona. Non solo perchè nel 2010 è stata protagonista del libro «Women of Monaco».
I proventi della vendita del book fotografico – con le 11 più belle del Principato,,tra cui appunto la moglie di Matacena – sono andati in beneficenza, all’Association Mondiale Amis De l’Enfance fondata nel 1963 dalla principessa Grace.
Nel Principato i Matacena hanno vissuto a lungo, coinvolti in eventi organizzati dal jet set monegasco ma anche dalla comunità italiana.
Sovente compariva anche Scajola, «come nel caso della festa della Repubblica», precisa una nota firmata dall’ambasciatore a Monaco Antonio Morabito. Proprio al diplomatico Chiara Rizzo si era appellata per intercedere a favore del marito.
Si trattò di «una telefonata a pochi giorni dall’arresto a Dubai del marito ex parlamentare» precisa l’ambasciatore. Alla richiesta di assistenza circa le modalità per far visita in carcere al marito, il diplomatico sostiene di aver «fornito l’unica risposta legale possibile»: quella di «rivolgersi al consolato generale competente per richiedere assistenza legale prevista dalle funzioni di assistenza consolare per i connazionali italiani detenuti all’estero e alle loro famiglie».
Con l’ex deputato amore nato a Maratea
In un’intervista al «Foglio italiano», elegante rivista distribuita in tutta la Costa Azzurra, capitali europee e parte della Riviera, Rizzo racconta di aver conosciuto suo marito a a Panarea «durante una calda estate al mare eolico».
Messinese, due figli – Francesca, laureata in business e management e Athos, quindicenne – Acquario, «sognatrice» come questo segno, hobby della cucina, racconta che nella sua vita «tutto ruota attorno alla famiglia, la mia bella, unica, indissolubile famiglia e i suoi amici».
Del marito, per il quale è stata arrestata cercando di favorire la fuga, diceva: «Non solo sono innamorata di lui, ma provo nei suoi confronti un grande sentimento di stima per il suo coraggio e per i valori nei quali crede e che condivido fortemente».
«Monaco, utopia realizzata»
Se i Matacena hanno la residenza a Montecarlo, è anche perchè «pochi posti al mondo hanno il litorale accessibile cone qui nel Principato». Monaco è «un’utopia realizzata» dove «avvengono cose che nelle altre parti del mondo stentato a realizzarsi», tipo «un vivere comune fuori dalla norma sia per la sicurezza, sia per la funzionalità e fruibilità dei servizi». «Sicuro merito» naturalmente di «Alberto II».
Per quel che riguarda la moda, la signora Matacena di sè racconta che preferisce «essere eclettica, poter cambiare look con facilità . Mi piace entrare da Zara dove trova un pràªt-à -porter con prezzi alla portata di tutti e mi fa piacere pensare che tutti possano avere accesso a capi esclusivi, belli e particolari come da Zara».
Non che manchi una virata su griffe che «adoro». Ad esempio Coco Chanel e Karl Lagerfeld: entrambi, à§a va sans dire, a lungo residenti nel Principato «e ne hanno assorbito il fascino».
Quanto a Montecarlo, il posto frequentato è lo Yacht Club «dove mi sento accolta come a casa».
L’avvocato: «Non c’è bisogno di estradizione»
«Avevo comunicato nel dettaglio il piano di volo della nostra assistita, tutti i voli e gli orari e le modalità di rientro dall’estero», riferisce a Sky Tg24 Bonaventura Candido, legale di Chiara Rizzo, moglie di Amedeo Matacena, appena arrestata a Nizza.
«La signora rientra spontaneamente in Italia, non c’è bisogno di nessuna procedura di estradizione, credo sia stata presa in consegna dall’Interpol, secondo me in serata dovrebbe arrivare a Reggio Calabria, correttamente sono andati a prenderla fino a Nizza, lo ritengo giusto e normale», sottolinea l’avvocato, secondo il quale Rizzo dovrebbe atterrare a Reggio Calabria intorno «alle 22,40 di questa sera».
(da “il Corriere della Sera”)
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Maggio 11th, 2014 Riccardo Fucile
“NON SONO FUGGITO, ERO UN LIBERO CITTADINO”
La sua stanza, la 410, è al quarto piano del reparto riservato ai detenuti. È sorvegliato da tre militari, uno con la pistola in pugno e il dito sul grilletto e gli altri con i mitra che lo sorvegliano 24 ore su 24: stazionano nel salottino con un divano e due poltrone che comunica con la sua stanza con la porta sempre aperta.
Chiediamo al capo della pattuglia se è possibile “salutare” quel malato “speciale”, i militari sembrano stupiti e quando gli mostriamo il passaporto con la data di nascita di Palermo, stessa città dov’è nato Dell’Utri, si tranquillizzano e chiedono: ”Marcello (così lo chiama il militare che evidentemente ha ormai familiarizzato con il detenuto “eccellente”, ndr) c’è qui un signore che dice di conoscerti, possiamo farlo entrare?”.
L’ex senatore alza la testa dal cuscino del suo lettino, guarda l’intruso e risponde: «Ah è sempre lei, è la seconda volta che riesce ad entrare, ma non l’avevano arrestato?»
Così ci troviamo faccia a faccia in questa piccola stanza d’ospedale, alle pareti due quadri che descrivono paesaggi di mare («Li ho fatti io durante la detenzione», dice lui sorridendo), un comodino alla destra del letto dove sono appoggiati libri ( I Promessi Sposi, La Divina Commedia e un volume su Canova”) e il giornale libanese in lingua francese, L’Orient Le Jour.
Fa caldo qui dentro e Dell’Utri indossa una t-shirt bianca sopra i calzoncini neri.
Il lenzuolo è arrotolato ai piedi del letto. «Questo si che è un giornale serio, non come quelli italiani che scrivono “minchiate”», dice prendendo il mano il quotidiano libanese.
Allora, per evitare di scrivere “minchiate” come le chiama lei, perchè non ci dice quello che è veramente successo? Perchè è venuto qui in Libano poco prima della prevista sentenza della Cassazione che l’ha condannato a sette anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa? Qual è la sua verità ? Voleva sfuggire alla giustizia italiana?
Dell’Utri – con accanto la figlia più piccola, Margherita che gli stringe la mano confortandolo – abbassa il volume della televisione che sta trasmettendo incontri di calcio dei Paesi arabi, e risponde.
«Io sono un prigioniero politico perchè quella di venerdì è stata una “sentenza politica”, una sentenza già scritta di un processo che mi ha perseguitato per oltre 20 anni soltanto perchè ho fatto assumere Vittorio Mangano come stalliere nella villa di Arcore del Presidente Silvio Berlusconi. Una persona per me davvero speciale anche se aveva dei precedenti penali: per me Mangano era un amico e basta».
Sarà una “sentenza politica” ma tre processi e il giudizio della Cassazione, dicono il contrario. E poi, perchè è andato via dall’Italia ed è venuto in Libano alcuni giorni prima della prevista sentenza di Cassazione?
«Ero un libero cittadino, avevo un regolare passaporto e potevo andare dove volevo. Ho scelto il Libano perchè qui ci sono medici bravissimi. E sono partito in compagnia di mio figlio Marco. Non sono fuggito, come avete scritto».
Ma perchè proprio pochi giorni prima della sentenza? Questa coincidenza, secondo gli inquirenti italiani, è molto “sospetta”. Dicono che lei qui ha amici “importanti”, politici, imprenditori, conoscenze influenti che potrebbero aiutarla a rimanere in Libano…
«Ma quali aiuti, sono venuto qui senza nascondermi e da quando sono a Beirut ho sempre usato il mio cellulare che probabilmente poteva essere intercettato. Io sono partito con il mio nome e cognome, non ho usato altri mezzi».
Quindi sono tutte favole quelle che si dicono, che lei è “intimo” amico dell’ex presidente del Libano, Amin Gemayel, dell’imprenditore calabrese che vive qui, Vincenzo Speziali, quello che voleva aiutare anche l’ex deputato del suo stesso partito, Matacena a raggiungere Beirut?
«Guardi, io so chi è Gemayel, certo che lo conosco, ma non l’ho mai incontrato durante la mia permanenza in Libano. Non c’era motivo: non ho avuto alcuna “protezione”, nè “assistenza”, sono venuto qui da solo e basta».
E Vincenzo Speziali, la persona che è indagata nel caso Matacena? Neanche lui conosce? non lo ha aiutato a trasferirsi in Libano? Gli investigatori italiani hanno rilevato dai tabulati telefonici suoi e di Speziale, che vi siete sentiti numerose volte, prima e dopo il suo viaggio in Libano? Sono “minchiate”, come le chiama lei, anche queste?
«Vincenzo Speziali? Il nipote omonimo del mio ex collega di partito? Certo che lo conosco, l’ho incontrato diverse volte perchè voleva candidarsi nel Pdl e quindi l’ho incontrato, ma è ormai da tempo che non lo vedo e non lo sento. Non so da dove spuntino questi tabulati».
I suoi avvocati italiani e libanesi si appelleranno alla Corte di Giustizia Europea contro questa sentenza e faranno di tutto, hanno detto, per non farla estradare in Italia.
«Guardi io sono qui in ospedale e le posso assicurare che, come si dice a Palermo, “meglio il carcere che una tinta malattia” (Meglio la galera che una brutta malattia, ndr ) e se sarò estradato in Italia vorrei fare quello che fa il Presidente Berlusconi, essere affidato ai servizi sociali, ma io sono condannato per mafia e non posso assistere gli anziani come sta facendo lui. Posso solo assistere, se me lo permetteranno, i carcerati».
La conversazione viene interrotta, i militari che lo sorvegliano dicono “stop”.
Lo salutiamo mentre la figlia gli stringe ancora la mano: «Mio padre è quello che vede – dice Margherita Dell’Utri – non è un mafioso, è stato ed è un grande padre».
Francesco Viviano
(da “La Repubblica”)
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