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BOMBE D’ARIA: LE MENZOGNE DI RENZI SU ALLUVIONI E CONDONI

Novembre 18th, 2014 Riccardo Fucile

SE LA COLPA E’ DELLE REGIONI PERCHE’ HA VOLUTO UN SENATO PROPRIO COMPOSTO DA CONSIGLIERI REGIONALI NOMINATI?

Dopo un mese di latitanza, s’è visto finalmente un membro del governo sui luoghi di un’alluvione a caso.
È il sottosegretario Graziano Delrio, avvistato a Genova.
In politica da 15 anni, prima nel Ppi, poi nella Margherita, ora nel Pd, Delrio ha subito dato aria alla bocca incolpando i “governi precedenti”.
Tesi originale quant’altre mai: peccato che fra i governi precedenti ci siano quelli di centrosinistra che ha sostenuto anche lui e quello di Letta in cui era ministro degli Affari Regionali.
Ma la moda furbastra dei renziani di spacciarsi per marziani è troppo comoda per rinunciarvi, specie in tempi di sondaggi in calo e piazze in subbuglio.
Renzi invece, tra un koala e un give-me-five al vertice australiano, ha fatto sapere che è tutta colpa delle regioni.
Che però, contando quelle alluvionate ed escludendo la Lombardia, sono governate da pidini: la Liguria dal renziano Burlando, il Piemonte dal renziano Chiamparino, la Toscana dal bersaniano Rossi appena ricandidato dal premier.
Quindi con chi si lamenta? Lo lasci dire a noi, che lo diciamo da sempre, che la classe dirigente delle regioni è la più malfamata del Paese, persino peggio di quella parlamentare, comunale e provinciale: anche perchè l’ha scritta lui la “riforma del Senato” che riempirà  Palazzo Madama di consiglieri regionali da sè medesimi nominati.
Quindi che va cianciando? Delrio, non sapendo con chi prendersela per non accusare il primo responsabile della cementificazione della Liguria, il governatore Gerundio, se la prende con i magistrati: “Uno Stato serio dev’essere al fianco di coloro che ripristinano la sicurezza dei cittadini senza il timore di essere inquisiti o di non avere risorse. Le leggi esistono, ma prima viene la sicurezza delle persone. Il patto di stabilità  non sarà  un problema per chi ha subito eventi catastrofici come il terremoto o eventi drammatici come le alluvioni”.
Quanto al timore di non avere risorse, dipende esclusivamente dalla promessa mai finora mantenuta di rivedere il patto di stabilità  interno per i comuni virtuosi e dagli stitici stanziamenti fatti finora dal governo per le zone alluvionate e contro il dissesto idrogeologico (siamo passati da “4 miliardi in 4 anni” a “7 miliardi in 7 anni”, tipo “7 chili in 7 giorni”, ma non si esclude di arrivare presto a “10 miliardi in 10 anni”, sempre per fingere di aumentare i fondi allungando i tempi utili a non far niente).     Quanto al timore di essere inquisiti, è il consueto cocktail di populismo e fantascienza: quando mai un amministratore è stato inquisito per aver rimesso in sicurezza il territorio?
Con buona pace di Delrio, i magistrati non indagano per sfizio o a casaccio: intervengono quando gli appalti sono truccati, o quando i lavori non vengono fatti o vengono fatti violando le leggi dello Stato e minacciando — anzichè tutelarla — la sicurezza dei cittadini (un vecchio andazzo che sarà  agevolato dal criminale e criminogeno decreto Sblocca-Italia).
Carrara ha speso 50 milioni in 11 anni di lavori su un torrente di 20 chilometri, compresi gli argini di polistirolo, col risultato di quattro esondazioni dal 2003 a oggi. A Genova politici senza scrupoli hanno prima tombato i torrenti col cemento, poi ci hanno costruito sopra e tutt’intorno, e ora si meravigliano se l’acqua non trova più sfoghi ed esplode a bomba ogni volta che piove.
Un mese fa Renzi non trovò di meglio che inventarsi il solito nemico inesistente e incolpare “la burocrazia e il Tar” per la mancata messa in sicurezza del Fereggiano. Poi si scoprì che era la solita balla: il Tar non aveva disposto alcuna sospensiva e i lavori mai fatti potevano iniziare già  nel maggio 2012.
Un messaggio falso che fa il paio con la slide “Meno ferie ai magistrati: giustizia più veloce” che scaricava barile sulla magistratura fannullona, mentre le statistiche Ocse dimostrano che la nostra è la più produttiva d’Europa.
Forse questi signori non sanno leggere i sondaggi, altrimenti la pianterebbero di mentire.
Diceva Lincoln: “Puoi ingannare qualcuno per sempre e tutti per un po’, ma non puoi ingannare tutti per sempre”.

Marco Travaglio
(da “Il Fatto Quotidiano”)

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BONUS 80 EURO A 8,6 MILIONI DI FAMIGLIE GIA’ “MANGIATO” DA AUMENTO TASSE LOCALI

Novembre 18th, 2014 Riccardo Fucile

L’INDAGINE CISL: REDISTRIBUZIONE A DANNO DI PENSIONATI, AUTONOMI E CONTRIBUENTI A BASSO REDDITO

Il bonus Irpef da 80 euro è finito in tasca a oltre 8 milioni di famiglie, per un importo medio di 683 euro, ma ha finito per essere ‘mangiato’ dalla tassazione locale, che di fatto ne annulla l’effetto.
Sono i dati che emergono da un rapporto della Cisl sul peso del Fisco in Italia.
I Caf del sindacato notano che la tassazione locale “continua a crescere”, mentre quella erariale tende a spostarsi “dal reddito verso i consumi” ma “resta costante”. Così, “nel complesso la pressione fiscale cresce: quella sulle famiglie aumenta dal 30,8% nel 2010 al 31,1% nel 2014”.
Da una parte, dunque, a beneficiare del bonus da 80 euro varato dal governo Renzi sono state 8,6 milioni di famiglie italiane, un terzo del totale, per un importo medio di 683 euro.
Dall’altra, però, l’impatto positivo “è stato compensato dall’aumento delle altre imposte”.
La Cisl redige così il catalogo dei rincari: “Crescono le addizionali (regionali e comunali, queste ultime soprattutto tra 2012 e 2013, in corrispondenza dell’abolizione dell’Imu sulla prima casa) ed è reintrodotta la tassazione sulle prime case (dall’Imu 2012 alla Tasi 2014) la quale, in alcuni casi, significa aumento rispetto al passato”.
All’aumento delle imposte locali “non corrisponde una pari riduzione di quelle erariali”: la pressione delle principali imposte statali sulle famiglie “è del 29,7% nel 2010 come nel 2014”.
La tendenza è “verso un cambio di composizione dal reddito verso i consumi”. l’incidenza dell’Irpef passa dal 20,35% al 19,3%, quella di Iva e accise dal 9% al 10,1%. Di conseguenza la pressione fiscale sulle famiglie aumenta dal 30,8% nel 2010 al 31,1% nel 2014″.
Quanto al bonus, “ha determinato una redistribuzione a favore delle famiglie dei lavoratori dipendenti a scapito di pensionati, lavoratori autonomi e, in generale, dei contribuenti a bassissimo reddito”.
In un orizzonte di medio termine (2010-14), calcola la Cisl, “il bonus e gli aumenti di detrazioni per familiari e per lavoro dipendente (oltre alle agevolazioni per ristrutturazioni e risparmio energetico) intervenuti dal 2010 sono stati, nel complesso delle famiglie, più che compensati dall’aumento di Iva, accise e addizionali Irpef. Solo le famiglie dei lavoratori dipendenti conservano, in media, un piccolo beneficio”.

(da “La Repubblica”)

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AL TERZO VALICO I SOLDI. AI PENDOLARI LE FRANE

Novembre 18th, 2014 Riccardo Fucile

LA DURA VITA SULLE LINEE MINORI TRA LIGURIA E PIEMONTE

Sorvegliata speciale, come tante altre in questi ultimi tempi, preoccupa la frana che scivola sul greto del torrente Scrivia, in Piemonte.
Tanto che viene monitorata 24 ore su 24, dopo le ultime piogge che hanno inzuppato un terreno già  fragile.
Siamo nella zona di Libarna, a pochi passi dal sito archeologico testimone della città  romana che sorgeva sulla via Postumia, nel comune di Serravalle Scrivia, provincia di Alessandria.
Quella che passa da qui è la storica “sabauda”, la linea Torino-Genova-Roma, costruita ancor prima dell’unità  d’Italia.
Lungo il suo percorso, tra Liguria e Basso Piemonte, sono almeno una decina le frane che incombono sui binari, secondo il rapporto di Rfi, Rete ferroviaria italiana.
Ma con le ultime piogge sono aumentate anche le criticità  legate all’inarrestabile dissesto.
Il bollettino dei treni che deragliano o si fermano appena in tempo, tra Piemonte e Liguria, è lungo e inquietante.
Il 2014 è iniziato male nel ponente ligure, ad Andora, lungo la martoriata linea che collega Milano e Genova con la Francia che in queste ore registra nuovi disagi.
Indimenticabile l’immagine di quell’Intercity appeso sulla scogliera. Pochi secondi e la frana avrebbe colpito in pieno il convoglio facendolo precipitare in mare. Tragedia sfiorata. A bordo 200 passeggeri rimasti illesi. Feriti in modo lieve i due macchinisti e il capotreno.
Ma quel treno si sarebbe dovuto trovare in galleria, e non su quell’unico binario lungo il litorale, se i tempi per ultimare il raddoppio della Genova-Ventimiglia fossero stati rispettati.
Invece, nonostante gli annunci, molto resta sulla carta.
E mentre si va in Francia ad un binario, cade, con le frane, nel solito dimenticatoio.
Eppure trova tutti d’accordo. Anzi, il raddoppio viene sostenuto anche dagli ambientalisti, con qualche modifica di percorso, per un maggiore utilizzo delle tratte esistenti ed “evitare ulteriore consumo di suolo e offese al territorio”.
Da ponente a levante, la linea costiera sembra un percorso ad ostacoli.
E le interruzioni improvvise, come le frane e gli allagamenti, non si contano in questo anno di piogge intense.
A Zoagli come a Chiavari, alle Cinque Terre come a Nervi e in tante altre località .
Eppure, spesso sono poche righe in cronaca a parlare di interruzioni. Così, anche linee importanti spezzate in due diventano piccole tratte con piccoli disagi.
Senza contare inesattezze, approssimazioni e confusione nelle informazioni.
Quanto alle cosiddette linee “minori”, sembrano avere un destino segnato, denunciano i pendolari.
Sono la Ventimiglia-Cuneo, la Savona-Torino via Valbormida, la “Pontremolese” tra La Spezia e Parma, e la Genova-Acqui Terme.
Su quest’ultima, le cui interruzioni sono all’ordine del giorno, gravano 13 movimenti franosi, secondo il rapporto di Rfi che conta in Liguria e Basso Piemonte 44 punti a “rischio elevato di dissesto idrogeologico ” e si annunciano investimenti per 23 milioni di euro entro il 2015.
Sono 2.900 le criticità  individuate sull’intera rete ferroviaria e 250 i milioni previsti nel “piano di interventi e vigilanza dei punti sensibili”.
Inoltre, c’è un “piano straordinario per contrastare il dissesto, spiegano a Rfi, per un miliardo e 700 milioni gli investimenti a livello nazionale”.
Mentre per manutenzione e sicurezza della rete ligure-piemontese, Rfi spende 200 milioni. Intanto, le criticità  crescono vertiginosamente: raddoppiate in poco più di un anno.
“Servono più risorse”, chiedono da tempo sindacati e pendolari.
Con l’alluvione di Genova, il 10 ottobre, è deragliato a Trasta, in Valpolcevera, il Frecciabianca 9764, ma la notizia non ha avuto una grande eco, neanche sui media locali.
Eppure ci sarebbe qualcosa da dire. Andare oltre quella “prima ricognizione ” delle Ferrovie che escludeva qualsiasi collegamento con i cantieri per il Terzo valico ferroviario dei Giovi.
Si, perchè la frana finita sui binari della storica “direttissima”, poteva essere, come denunciato con tanto di foto dai ferrovieri dei sindacati di base Cub e dai comitati di cittadini, la conseguenza del disboscamento della collina per fare spazio a uno dei cantieri della futura linea ad alta velocità -alta capacità .
Committente Rfi, realizzatore il Cociv, consorzio che fa capo a Salini—Impregilo, il gruppo che regalerà  il progetto definitivo della copertura del Bisagno.
Il tracciato del Terzo valico è cambiato più volte e i costi sono lievitati raggiungendo cifre da capogiro: 6 miliardi e mezzo, pubblici naturalmente.
Per poche decine di chilometri. Una galleria che buca l’Appennino per raccordarsi, dopo Arquata, con le linee esistenti, verso Novi, Alessandria e Torino e verso Tortona e Milano. Dopo oltre 20 anni, siamo al progetto esecutivo del primo dei sei lotti costruttivi e non funzionali.
E pare che, anche qui come per la Lione —Torino, i costi siano destinati ancora a salire.
Fragilità  del territorio e dissesto lungo il tracciato, si intrecciano con i problemi delle linee storiche, usate dai pendolari e sottoutilizzate dalle merci.
La frana di Trasta, sulla quale sono in corso l’indagine interna di Rfi e l’inchiesta della magistratura, ha riacceso le polemiche. “Chi avrà  ancora il coraggio di dire che le priorità  di Genova sono le grandi opere e l’inutilissimo e costosissimo Tav-Terzo Valico?   Si chiedono Antonello Brunetti e Mario Bavastro dell’AFA, amici delle ferrovie e dell’ambiente. “L’unica grande opera urgente, aggiungono, è quella di difesa del suolo: tante opere di prevenzione del dissesto, di manutenzione e miglioramento delle linee esistenti. Anche le imprese avrebbero maggiore lavoro, più qualificato e duraturo. Senza devastare ulteriormente l’ambiente”.
E proprio a Libarna, dove la scarpata ferroviaria scivola sulla Scrivia (i binari sono finiti nuovamente sott’acqua sabato) è previsto uno dei cantieri per le opere viarie funzionali al Terzo valico.
“Tutte le strade verso i cantieri del Terzo valico sono gravemente compromesse”, ha detto la neo presidente della Provincia e sindaco di Alessandria Rita Rossa, alle prese con quella che ha definito una “catastrofe”.
“L’alta velocità  non marcia assieme al rilancio delle ferrovie — sottolinea Gianni Alioti, sindacalista Fim-Cisl – ma segna il loro irreversibile declino, pagato dai pendolari che sono circa l’80 per cento dei passeggeri quotidiani, alle prese con tagli e soppressioni. Anche il sindacato deve aprire una discussione vera, aggiunge, non solo convegni con i pochi interessati all’affare. Prima che nuovo cemento e ferrovie che franano ci facciano perdere il treno”.

Teresa Tacchella
(da “il Fatto Quotidiano“)

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RENZI PERDE QUOTA E I GUFI PREPARANO IL BLITZ

Novembre 18th, 2014 Riccardo Fucile

LA SQUADRA DEL PREMIER MINIMIZZA IL CALO SONDAGGI: “ABBIAMO TUTTI CONTRO”… ALLE REGIONALI SI TEME IL FLOP AFFLUENZA

“Avere un partito presumibilmente al 36% è comunque un buonissimo risultato. I sondaggi cambiano nel tempo e l’esperienza dimostra che anche i sondaggisti sbagliano”. La versione ufficialmente rassicurante è affidata al ministro Boschi.
Il premier è in Australia, i renziani ostentano sicurezza, ma il nervosismo è evidente dal tono teso e evasivo delle risposte.
Domenica Repubblica (non certo giornale nemico) fotografava un calo di 10 punti nel gradimento del premier (dal 62 al 52 per cento da ottobre a novembre), con relativa discesa del Pd al 36,6%.
“I sondaggi? Un sondaggio”, commenta un alto dirigente Dem, mentre mira a chiudere la comunicazione.
Dario Parrini, fedelissimo del premier e segretario Pd Toscana, snocciola una serie di altri dati: l’Ixe registra un 38,6% (-0,4%), Swg 39,9 % (-0,2%), Datamedia 39,7 (-0,3%) e Piepoli 40,5% (+0,5%).
Ma un’altra voce dai piani alti di Palazzo Chigi: “Che dobbiamo fare? In un momento di tensione sociale come questo, con l’economia che non riparte e gli effetti dei provvedimenti che non si vedono, un calo del gradimento è inevitabile”.
Ammissioni pesanti, che fotografano un dato di realtà  inoppugnabile.
“Cosa facciamo? Andiamo avanti per la nostra strada, a partire dal Jobs act”. Sicuri che la riforma del lavoro invertirà  la tendenza? Momento di pausa. “Noi dobbiamo fare le cose”.
Il renziano doc per natura getta il cuore oltre l’ostacolo. E soprattutto, va avanti per la sua strada.
“Continuiamo come rulli compressori. In Italia, chiunque provi a cambiare, si trova davanti l’alzata di scudi delle categorie. Abbiamo tutti contro”.
Però, “se si dovesse andare a votare, di certo il dissenso rientrerebbe”.
Sempre le elezioni sullo sfondo, come scialuppa di salvataggio.
Intanto, a votare per le Regionali ci si va domenica, in Emilia Romagna e Calabria.
In Emilia, il risultato che dà  per vincente il candidato Pd, Stefano Bonaccini è scontato. Ma l’affluenza preoccupa. “È mancato un progetto e per questo mancherà  anche il voto”, diceva ieri a Repubblica, Matteo Richetti, il deputato emiliano che si è ritirato dalle primarie.
E tra i Dem, il timore che l’affluenza scenda addirittura al di sotto del 50% è diffuso. “Vinceremo? Sì. La bella figura la facciamo un’altra volta”, commenta un giovane onorevole emiliano.
Come molti sono convinti che ci sarà  un exploit della Lega. In Calabria il candidato Mario Olivero è un non renziano: anche lui vincerà , ma non sarà  una vittoria del Pd del segretario-premier.
Sulla legge di stabilità , intanto, il Pd non renziano, quello della minoranza non dialogante, ma di opposizione, annuncia battaglia.
Oggi ci sarà  una conferenza congiunta di Stefano Fassina, Pippo Civati, Gianni Cuperlo. Primi firmatari (con loro, tra gli altri, Dattorre, Bindi e Pollastrini) di una serie di emendamenti alla legge di stabilità  che sono stati presentati in Commissione Bilancio.
Uno, soprattutto, può mettere in difficoltà  il governo: quello che chiede di introdurre l’Isee per il bonus di 80 euro.
Un modo per estenderlo agli incapienti, dai disoccupati ai pensionati. Modifica “non segnalata” dal gruppo Dem, che dovrebbe essere fatta propria da Sel.
E il governo, sono convinti i presentatori, potrebbe andare sotto, grazie anche ai voti di FI.
Altro cavallo di battaglia è quello che chiede il finanziamento della riforma degli ammortizzatori sociali per la riforma del lavoro.
Francesco Boccia, in quanto Presidente della Commissione Bilancio, non li ha firmati. Ma non nasconde il fatto di essere d’accordo.
“Riportare il Pd nell’alveo del centrosinistra”, è l’appello che ha lanciato all’Huffington post agli stessi Civati, Cuperlo, Fassina e ai bindiani per dar vita a un “coordinamento” tra quelli che “non si arrendono al pensiero unico”.
Il coordinamento è già  in piedi: sono state fatte una serie di riunione sulla manovra. Boccia, che comunque assicura sia “lealtà ” che “velocità ” nel cammino della Stabilità  in Commissione, avverte: “Se si va al voto anticipato, prima il congresso”.
E Ncd torna a minacciare battaglia sul jobs act, dopo che il governo annuncia l’emendamento sull’articolo 18 per i licenziamenti disciplinari che recepisce l’odg della direzione Pd.
I fronti aperti aumentano.

Wanda Marra
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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IL PREZZO DEI BAMBINI: 200 EURO SOTTO I 9 ANNI

Novembre 18th, 2014 Riccardo Fucile

OGNI GIORNO MUOIONO 16.000 BAMBINI, IL 10% NON ARRIVA A 5 ANNI

Giovedì l’Unicef ricorda che da 25 anni le Nazioni Unite proteggono i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza.
Non sappiamo se nella riunione australiana i signori del G20 hanno dedicato qualche minuto alle tragedie che avviliscono milioni di ragazzi.
Semmai fra un anno ne discuteranno in Turchia. Non cambia granchè.
Ogni giorno muoiono 16 mila bambini, il 10% non arriva a 5 anni, malattie dai nomi diversi: solo fame.
Chi ce la fa diventa a prova di pallottola eppure l’equilibrio è per sempre perduto. Ogni giorno sei miliardi di persone aprono il frigorifero per mangiare qualcosa mentre il miliardo dei senza frigorifero trova la dispensa vuota.
Se la cavano come possono: 170 milioni di ragazzi (dai 5 ai 15 anni) diventano braccia di un lavoro pagato con gli spiccioli, dagli scavi in miniera a chi cuce l’alta moda.
Tanta fatica per qualche soldo e 150 milioni scelgono di tirare avanti vagabondi nelle strade, invisibili senza collare.
Famiglie che consumano la speranza negli slums, favelas, villas miserias o marciapiedi delle grandi città .
Lo strabismo delle società  in doppiopetto li seppellisce nei ghetti africani, asie misteriose, americhe violente. Adesso sono qui. Passeggiano sui nostri marciapiedi; accendono il risentimento delle nostre periferie che inseguono l’attenzione dei politici propensi a rimandare e rimandare, prima o poi qualcuno ci penserà .
Inquietudini agitate da chi è invecchiato nell’emarginazione; ribellioni contenute dalle corporazioni degli affari che arruolano l’adolescenza tradita nei battaglioni dei ragazzi-soldato: 180 milioni dispersi fra le guerriglie o inquadrati nelle divise dei paesi con poltrona al Palazzo di Vetro.
Non importa quale futuro: tanto non sono nessuno.
Eppure la loro quotazione resta alta nel mercato nero della carne umana.
Tra Siria e Iraq l’amministrazione del Califfato islamico ha messo ordine nella compravendita dei curdi ridotti in schiavitù.
Tariffario sul quale si paga il 20% di una specie di Iva.
Da uno a 9 anni i bambini valgono 200 euro; 101 euro da dieci a 18 anni; 68 per le donne yazide e cristiane sotto i 30. Le quarantenni quasi niente.
Allucinazione di un’ordinanza ufficiale da qualche giorno rigorosamente rispettata. Dev’essere la vergogna a ripiegare la notizia nel silenzio di un’informazione che si sconvolge (per qualche ora) quando tagliano la gola all’ultimo ostaggio, ma resta tiepida se la profanazione riguarda le generazioni con le quali faremo i conti domani.
Poi l’imbarazzo dei governi in altalena sulle convenienze politiche: con un colpo di testa alla Bush, può Obama compromettere la presidenza della signora Clinton?
Il Medio Oriente è una polveriera dove ognuno corre come vuole.
Le persone non contano, i ragazzi ancora meno.
Appena si ferma il massacro di Gaza, Gerusalemme annuncia l’esproprio di 400 ettari di territorio palestinese per la costruzione di una nuova colonia destinata agli immigrati russi, un milione e 200 mila arrivati negli ultimi anni.
Non importa se Europa e Stati Uniti si arrabbiano per le trattative di pace che ripiombano nel caos.
Qualche giorno fa la Mogherini, ministro Esteri Ue, incontra Netanyahu.
Lo prega di mettere fine agli insediamenti delle nuove colonie: negli ultimi mesi hanno distrutto 350 abitazioni palestinesi.
Appena parte, Netanyahu annuncia la costruzione di 500 alloggi in un terreno da requisire nel rione di Ramat Shlomo. Haaretz, storico giornale israeliano, riprende il documentario su una casa palestinese sgombrata nelle ore buie.
Bambini trascinati in strada dagli ordini di un tenente dalla voce metallica che riporta all’Europa Anni 40.
Con quali sentimenti ricorderanno la loro notte dei cristalli i piccoli strappati al sonno per finire nei ghetti dei profughi senza patria?
La rabbia comincia sempre così.

Maurizio Chierici

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ALLUVIONE GENOVA, DEL RIO NON HA CACCIATO UN EURO, HA SOLO DETTO AI COMUNI: FATE PURE MUTUI E PAGATEVELI

Novembre 18th, 2014 Riccardo Fucile

I MEDIA PARLANO DI TRE MILIARDI PER LE ZONE ALLUVIONATE, MA CI DEVONO PENSARE GLI ENTI LOCALI

Mentre sulla Liguria ha ricominciato a piovere, dal governo arrivano solo “rassicurazioni” sulla possibilità  per i comuni colpiti dal disastro di intervenire per i danni provocati dalle alluvioni derogando alla legge di stabilità .
Dice, bontà  sua, Delrio: “daremo ai Comuni la facoltà  di rinegoziare i mutui esistenti a nuovi tassi e di accendere nuovi mutui a tasso zero per tre miliardi”.
Lo ha precisato in un vertice a Genova insieme al capo della Protezione civile Franco Gabrielli.
Delrio ha parlato da Genova, una città  in ginocchio da un mese e mezzo a causa del maltempo e delle esondazioni dei torrenti della zona.
Ma anche del rimpallo di responsabilità , un classico italiano che in questo caso ha bloccato i lavori al torrente Bisagno, quello della prima alluvione di inizio ottobre.
La Liguria, ha detto tra l’altro il presidente Claudio Burlando nell’incontro con Delrio, ha subito danni per un miliardo di euro.
D’altra parte poco prima il sindaco di Genova Marco Doria aveva detto che “il comune non è in bolletta ma fa una fatica bestiale. Potrebbe spendere di più se non ci fosse il patto di stabilità ”.
A fronte quindi di un miliardo di danni, fino ad ora di reale c’e’ stato solo stanziamento di 20 milioni da parte della Regione, nulla di concreto da parte del governo, neanche la dichiarazione di calamità .
E i danni alle strade e la sistemazione delle frane chi li paga?
Gli enti locali che accenderanno mutui indebitandosi e quindi aumentando le tasse locali.
Per non parlare dei danni ai   privati che non vedranno un’euro come sempre.
Per Delrio la soluzione sta nell’accensione di “nuovi mutui per 3 miliardi di euro a tasso zero a tutti i comuni che intendono investire nelle proprie comunità ”.
Una cosa è certa: anche quando gli enti locali hanno a disposizione i soldi non è sempre una garanzia di successo.
A Carrara in 11 anni sono stati spesi 50 milioni di euro per la messa in sicurezza di un torrente di 20 chilometri.
Il risultato è che il canale (il Carrione) è esondato per 4 volte dal 2003.
Ma Delrio torna a Roma contento: ancora una volta i politici liguri hanno fatto finta di credere alle palle di chi ce l’ha mandato.

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