RENZI PERDE QUOTA E I GUFI PREPARANO IL BLITZ
LA SQUADRA DEL PREMIER MINIMIZZA IL CALO SONDAGGI: “ABBIAMO TUTTI CONTRO”… ALLE REGIONALI SI TEME IL FLOP AFFLUENZA
“Avere un partito presumibilmente al 36% è comunque un buonissimo risultato. I sondaggi cambiano nel tempo e l’esperienza dimostra che anche i sondaggisti sbagliano”. La versione ufficialmente rassicurante è affidata al ministro Boschi.
Il premier è in Australia, i renziani ostentano sicurezza, ma il nervosismo è evidente dal tono teso e evasivo delle risposte.
Domenica Repubblica (non certo giornale nemico) fotografava un calo di 10 punti nel gradimento del premier (dal 62 al 52 per cento da ottobre a novembre), con relativa discesa del Pd al 36,6%.
“I sondaggi? Un sondaggio”, commenta un alto dirigente Dem, mentre mira a chiudere la comunicazione.
Dario Parrini, fedelissimo del premier e segretario Pd Toscana, snocciola una serie di altri dati: l’Ixe registra un 38,6% (-0,4%), Swg 39,9 % (-0,2%), Datamedia 39,7 (-0,3%) e Piepoli 40,5% (+0,5%).
Ma un’altra voce dai piani alti di Palazzo Chigi: “Che dobbiamo fare? In un momento di tensione sociale come questo, con l’economia che non riparte e gli effetti dei provvedimenti che non si vedono, un calo del gradimento è inevitabile”.
Ammissioni pesanti, che fotografano un dato di realtà inoppugnabile.
“Cosa facciamo? Andiamo avanti per la nostra strada, a partire dal Jobs act”. Sicuri che la riforma del lavoro invertirà la tendenza? Momento di pausa. “Noi dobbiamo fare le cose”.
Il renziano doc per natura getta il cuore oltre l’ostacolo. E soprattutto, va avanti per la sua strada.
“Continuiamo come rulli compressori. In Italia, chiunque provi a cambiare, si trova davanti l’alzata di scudi delle categorie. Abbiamo tutti contro”.
Però, “se si dovesse andare a votare, di certo il dissenso rientrerebbe”.
Sempre le elezioni sullo sfondo, come scialuppa di salvataggio.
Intanto, a votare per le Regionali ci si va domenica, in Emilia Romagna e Calabria.
In Emilia, il risultato che dà per vincente il candidato Pd, Stefano Bonaccini è scontato. Ma l’affluenza preoccupa. “È mancato un progetto e per questo mancherà anche il voto”, diceva ieri a Repubblica, Matteo Richetti, il deputato emiliano che si è ritirato dalle primarie.
E tra i Dem, il timore che l’affluenza scenda addirittura al di sotto del 50% è diffuso. “Vinceremo? Sì. La bella figura la facciamo un’altra volta”, commenta un giovane onorevole emiliano.
Come molti sono convinti che ci sarà un exploit della Lega. In Calabria il candidato Mario Olivero è un non renziano: anche lui vincerà , ma non sarà una vittoria del Pd del segretario-premier.
Sulla legge di stabilità , intanto, il Pd non renziano, quello della minoranza non dialogante, ma di opposizione, annuncia battaglia.
Oggi ci sarà una conferenza congiunta di Stefano Fassina, Pippo Civati, Gianni Cuperlo. Primi firmatari (con loro, tra gli altri, Dattorre, Bindi e Pollastrini) di una serie di emendamenti alla legge di stabilità che sono stati presentati in Commissione Bilancio.
Uno, soprattutto, può mettere in difficoltà il governo: quello che chiede di introdurre l’Isee per il bonus di 80 euro.
Un modo per estenderlo agli incapienti, dai disoccupati ai pensionati. Modifica “non segnalata” dal gruppo Dem, che dovrebbe essere fatta propria da Sel.
E il governo, sono convinti i presentatori, potrebbe andare sotto, grazie anche ai voti di FI.
Altro cavallo di battaglia è quello che chiede il finanziamento della riforma degli ammortizzatori sociali per la riforma del lavoro.
Francesco Boccia, in quanto Presidente della Commissione Bilancio, non li ha firmati. Ma non nasconde il fatto di essere d’accordo.
“Riportare il Pd nell’alveo del centrosinistra”, è l’appello che ha lanciato all’Huffington post agli stessi Civati, Cuperlo, Fassina e ai bindiani per dar vita a un “coordinamento” tra quelli che “non si arrendono al pensiero unico”.
Il coordinamento è già in piedi: sono state fatte una serie di riunione sulla manovra. Boccia, che comunque assicura sia “lealtà ” che “velocità ” nel cammino della Stabilità in Commissione, avverte: “Se si va al voto anticipato, prima il congresso”.
E Ncd torna a minacciare battaglia sul jobs act, dopo che il governo annuncia l’emendamento sull’articolo 18 per i licenziamenti disciplinari che recepisce l’odg della direzione Pd.
I fronti aperti aumentano.
Wanda Marra
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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