Novembre 19th, 2014 Riccardo Fucile
DIVISI ALLA META: CENTO ANIME, MILLE OPINIONI
Divisi alla meta. E anche ammaccati, come ammette sconsolato Pippo Civati, ormai deciso alla scissione. «Se tutti avessimo tenuto il punto, il Jobs Act sarebbe stato diverso. Davvero non riesco a immaginare Bersani che lo vota…».
La minoranza dem rischia davvero di trasformarsi in un caleidoscopio scassato.
Cento anime, mille opinioni.
Da una parte Area riformista, pronta a ingoiare i nuovi ritocchi all’articolo 18.
Dall’altra poche, ma significative defezioni sulla legge delega. Civati, appunto, Stefano Fassina, Francesco Boccia, Gianni Cuperlo, Barbara Pollastrini e probabilmente Rosy Bindi.
Nell’Aula di Montecitorio, in tutto, mancheranno una decina di “sì”.
Quasi nessuno dei “resistenti”, in realtà , si spingerà fino a sfiduciare Palazzo Chigi.
Alla Camera è possibile sostenere il governo, sfilandosi il giorno successivo nel voto finale sul provvedimento.
Così meditano di fare Fassina e Cuperlo. Ieri, assieme ad Alfredo D’Attorre e Civati, hanno fatto il punto riservatamente, prima di presentare gli emendamenti alla manovra.
«Sul Jobs Act — mostra cautela D’Attorre — vediamo alcuni miglioramenti, ma il giudizio resta critico. La valutazione di alcuni bersaniani è di attendere il testo definitivo. Capiremo tutto entro venerdì».
I tempi, in effetti, sono stretti.
E la mediazione di Roberto Speranza è considerata anche da Pierluigi Bersani come un’inevitabile riduzione del danno. Dove il danno in questione è la deflagrazione dell’opposizione interna.
Ne è consapevole anche Fassina, che però difficilmente dirà sì al momento del voto finale: «Vedrò l’impianto nel suo complesso, le risorse per gli ammortizzatori, poi deciderò che cosa fare in Aula. Nella minoranza ci sono posizioni diverse? È legittimo. Non so se è il punto di non ritorno, di certo il Jobs Act è rilevante ».
La spaccatura interna — con le sue proporzioni — si riflette al meglio anche in commissione Lavoro.
Lì solo Monica Gregori ha deciso di astenersi. «Una scelta difficile, sofferta — spiega — La fiducia la voterò, il provvedimento vedremo».
Strappi che producono strappi, tensioni che alimentano altre tensioni.
«Rispetto ogni scelta — commenta la “giovane turca” Chiara Gribaudo — ma non condivido chi in un momento così delicato e importante divide il partito per cercare un po’ di visibilità ».
Come se non bastasse, un’altra ferita è destinata ad aprirsi a causa della legge di Stabilità .
La sinistra dem si presenta ai blocchi di partenza compatta, grazie agli emendamenti comuni. Eppure una nuova mediazione di Speranza — stesso copione del Jobs Act — finirà col deludere l’ala più oltranzista.
Il capogruppo, nel dubbio, stronca l’idea di un coordinamento delle minoranze sui temi economici, avanzata da Boccia: «Io lavoro per un partito plurale, ma unito».
Il solco con l’area dura di Cuperlo e Civati, insomma, si allarga ancora.
Il primo, incitato da Massimo D’Alema, continua a picchiare duro sul governo. E il secondo accompagnato dal deputato Luca Pastorino — attende solo che si concluda il tour de force su manovra e Jobs Act per dire addio al partito.
Per costruire un nuovo inizio assieme a Sel, sembra.
«Con lui ci confrontiamo — ammette il coordinatore vendoliano Nicola Fratoianni — e io discuto con tutti quelli che hanno un punto di vista critico verso il governo. Ognuno è libero di fare le proprie scelte, ma visto il valore simbolico del Jobs Act mi sembra difficile scindere la fiducia al governo dal voto sul provvedimento».
La maionese, in effetti, rischia di impazzire. E le anime dem si confondono a ritmo frenetico.
C’è chi, come Simone Valiante (AmiciDem), tifa per le aziende: «Ciò che più conta è che la riforma del lavoro aiuti gli imprenditori ».
Di certo c’è che gli uomini del premier non smettono di sparare sulla minoranza: «Presentano emendamenti e si comportano come se non fossero del Pd», tuona Ernesto Carbone.
Se Pippo scherza per smorzare la tensione, i Cinquestelle prendono sul serio le mosse dell’opposizione dem.
E propongono battaglie comuni in Parlamento per sfruttare tatticamente le divisioni sulla manovra.
Inutilmente, però, perchè i dissidenti del Pd fanno subito sapere che schiveranno l’abbraccio mortale dei grillini della Casaleggio associati.
Tommaso Ciriaco
(da “La Repubblica”)
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Novembre 19th, 2014 Riccardo Fucile
LO DIREBBE PIU’ CHE ALTRO IL BUON SENSO CHE NON ALBERGA AL GOVERNO
La legge di Stabilità al battesimo del voto in Commissione Bilancio della Camera con l’obiettivo di chiudere
l’esame in settimana in attesa dell’approvazione in aula il 27 novembre, dopo l’esame del Jobs Act. «Restituisce fiducia e riduce le tasse», dichiara on line il premier Renzi.
Scontro all’interno del Pd: la minoranza con Fassina, Cuperlo e Civati presenta gli 8 emendamenti annunciati che prevedono la modifica dei criteri di assegnazione del bonus da 80 euro parametrandolo all’indicatore Isee e dunque rivolgono l’aiuto ai redditi più bassi.
Proposta anche la riduzione della platea per il bonus bebè (da 90 mila a 70 mila euro di reddito familiare); il divieto di beneficiare degli sconti contributivi per le assunzioni alle aziende che abbiano fatto recenti licenziamenti.
«Bene la conferenza stampa delle minoranze Pd sulla Stabilità », scrive su Twitter il deputato M5S Danilo Toninelli, che aggiunge: «Speriamo che ora dialoghino col M5S per aiutare famiglie e imprese in difficoltà ».
Dura invece la reazione dei renziani.
«Altro che metodo democratico, altro che discussione e confronto interno. A parole si dice di volere il bene della casa comune, nei fatti ci si comporta come se non se ne facesse parte», osserva Ernesto Carbone della segreteria del Pd.
Il clima è teso e non sono stati ancora affrontati a colpi di voti gli emendamenti più caldi che occuperanno la Commissione da stamattina: bonus bebè, Tfr in busta paga e 80 euro.
Su uno di questi temi c’è già da registrare una posizione netta del governo: «Il bonus di 80 euro non si tocca», avverte il sottosegretario al Tesoro Pier Paolo Baretta.
In prima battuta ieri è stato comunque approvato il rafforzamento della manovra di 4,5 miliardi chiesto dalla Commissione di Bruxelles che lunedì darà il suo giudizio sulla Finanziaria italiana.
L’emendamento del governo corregge, dunque, i saldi della legge di Stabilità .
Le misure previste riducono di 3,3 miliardi il fondo taglia tasse, sfoltiscono di 500 milioni fondi del cofinanziamento nazionale ai fondi strutturali europei e allargano la reverse charge dell’Iva alla grande distribuzione, cioè agli ipermercati, i supermercati e i discount alimentari.
Per quest’ultima misura è stata introdotta l’ennesima clausola di salvaguardia che rischia di portare un aumento delle accise sulla benzina poichè l’ampliamento della reverse charge deve essere sottoposto all’ok Ue.
«Mi aspetto che sarà riconosciuto lo sforzo anche qualitativo sul bilancio e sulle riforme strutturali», dice il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan rispondendo a chi gli ha chiesto se ci sia preoccupazione per l’imminente giudizio Ue sulla manovra. Secondo il titolare di Via Venti settembre la legge di Stabilità «coniuga consolidamento della finanza pubblica e crescita».
Padoan si è anche soffermato sulle prospettive di crescita del Paese: «Per l’ultimo trimestre — aggiunge — mi aspetto che continui a dimostrare quello che sta già succedendo, cioè che la macchina smetta di scendere e cominci la risalita».
Tra le misure esaminate anche l’emendamento Pastorelli e Di Gioia in Commissione Bilancio della Camera che proponeva di trasferire le risorse della Cassa conguaglio per il settore elettrico alla Tesoreria unica. E’ stato bocciato.
Intanto anche Forza Italia si prepara alla battaglia della legge di Stabilità .
Ieri ha presentato la sua “contromanovra”. Si tratta di 72 emendamenti, già dichiarati ammissibili, che spaziano dalla tassazione sulla casa al Mezzogiorno.
(da “La Repubblica“)
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Novembre 19th, 2014 Riccardo Fucile
APPROVATO L’EMENDAMENTO DEL GOVERNO CHE METTE D’ACCORDO MINORANZA PD E NCD
È stata una corsa continua a intestarsi l’emendamento sul Jobs Act presentato ieri dal governo.
Un testo che, per la prima volta in forma chiara, esclude l’applicazione del reintegro “per i licenziamenti economici” prevedendo “un indennizzo economico certo e crescente con l’anzianità di servizio”.
Il reintegro viene previsto, nero su bianco, solo per i licenziamenti “nulli e discriminatori” ma anche per “specifiche fattispecie di licenziamento disciplinare ingiustificato”.
Queste ultime righe, che rinviano ai decreti delegati l’indicazione concreta delle “fattispecie”, cioè la lista esatta dei licenziamenti previsti, è stata impugnata sia dalla minoranza Pd legata a Pierluigi Bersani che dal Ncd di Angelino Alfano come la prova della propria “vittoria”.
Per tutto il giorno è stato un fluire di dichiarazioni, alle agenzie, su Twitter, in interviste concesse a giornali e tv, per assicurare il proprio elettorato che hanno vinto i riformisti, la sinistra che si impegna oppure, come twitta il responsabile economico democratico, Filippo Taddei, “ha vinto tutto il Pd”.
La norma permetterà al Jobs Act di procedere spedito anche perchè, se dovessero esserci “migliaia di emendamenti” sarà posta la fiducia come conferma lo stesso Taddei (che però non ha incarichi nè di governo nè parlamentari).
Fuori dall’accordo siglato ieri, e che ha prodotto il voto favorevole della commissione Lavoro, si sono collocati il Movimento 5 Stelle, Sel, Forza Italia, Fratelli d’Italia e Lega che hanno votato contro e subito dopo abbandonato i lavori della commissione in segno di protesta.
L’intesa con la minoranza sul Jobs Act non ha però chiuso il contenzioso interno al Pd.
Le varie minoranze, da Speranza a Pippo Civati, hanno fatto fronte comune.
In apposita conferenza stampa ecco pronti otto emendamenti alla legge di Stabilità per favorire gli investimenti, contrastare la povertà , ampliare gli ammortizzatori sociali. Una mossa immediatamente stigmatizzata dai “renziani” come Ernesto Carbone, membro della segreteria: “La minoranza si comporta come se non fosse nel Pd” ha dichiarato l’autore del tweet sullo “sciopero dell’Immacolata” a proposito della Cgil. Anche in questo caso, rituale sequenza di dichiarazioni in agenzia per ribadire le varie posizioni.
Salvatore Cannavò
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Novembre 19th, 2014 Riccardo Fucile
“BISOGNAVA STARE PIU’ SULLE STRADE E MENO NEI PALAZZI DELLA POLITICA”
Paola Taverna parla con lo stesso accento di chi la periferia romana la conosce bene. Forse per questo, non
si aspettava le contestazioni di Tor Sapienza.
Il giorno dopo la brutta serata, l’ex capogruppo dei 5 stelle al Senato non è pentita di quella che alcuni suoi colleghi — a bassa voce, alla buvette — definivano ieri «una passerella mediatica andata male».
«Non abbiamo litigato, è stato un faccia a faccia, ci dovevamo annusare e riconoscere — dice lei, salita alla ribalta, per la prima volta, grazie a una poesia in romanesco contro i “dissidenti” -Quello che avete sentito in quei video è il linguaggio di borgata , quello m’ha imbruttito, e io gli ho imbruttito, muso a muso. Nun c’ho paura”.
Come sta dopo essersi sentita dire che lei è un politico, e che il Movimento 5 Stelle non è la Caritas?
«Io quelle zone le vivo, e quelle persone non le avevo mai viste. Già oggi, mi sono arrivate centinaia di email che mi dicono: “Torna, vieni, facciamo un’agorà ”»
Tornerà ?
«Passato questo momento di rabbia, certo. Sono contenta che si siano accesi i fari sulle periferie, anche se lì lo scontro non era motivato, sono anche andata a visitare il centro di accoglienza…qualcuno ha soffiato sul fuoco».
Chi?
«Associazioni di quartiere, persone che volevano distogliere l’attenzione dalla zona. In quei vialoni c’è lo spaccio, lì hanno infilato tutta la monnezza di Roma. Davanti a quel campo Rom passo da vent’anni, ma coi ragazzi del Movimento che stanno lì mi sono incazzata: ho detto “stiamo sbagliando qualcosa, questa roba la dovevamo percepire”. Poi però lo so che non è colpa loro, che le cose sfuggono di mano».
Com’è stato, sentirsi identificare con la casta?
«Bruttissimo. Da quando sono qui dentro ho lottato per mantenere la mia identità . Non prendo 14mila euro al mese, noi restituiamo, ma anche 3000 in vita mia non li avevo mai avuti. Non mi ero resa conto che la gente fuori ci vede come loro. Non riusciamo a far passare quello che facciamo. Sono due anni che mi batto per far passare la mia legge sullo screening neonatale».
Avete fatto degli errori?
«Renzi ci ha tagliato le gambe con la decretazione d’urgenza, e siamo stati fagocitati del sistema. Dobbiamo cambiare, portare nei palazzi tre temi nostri: il reddito di cittadinanza, il no all’euro, un altro, ma poi tornare in mezzo alla gente. Perchè senza un partito vero e senza aver dietro i cittadini siamo un ibrido che non va da nessuna parte».
Lei è arrivata tardi a Tor Sapienza, le è stato chiesto di andare a nome del Movimento?
«Sono andata di mia iniziativa, e non l’ho fatto subito perchè non volevo la ribalta mediatica. Volevo parlare con i cittadini, dire loro di andare a farsi sentire in consiglio comunale, di non delegare il primo che passa. Non mi frega chi votano».
Pentita?
«Non mi sarei mai perdonata di non averci messo la faccia. È facile andare dove si ricevono applausi, ma io sono così: so’ vera, e so che alla fine la mia verità passa. Accetto le critiche. Alcune ce le siamo meritate: una volta capito di essere finiti in un ufficio delle carte perdute — perchè questo è — bisognava stare più sulla strada, e meno nei palazzi».
Annalisa Cuzzocrea
(da “La Repubblica”)
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Novembre 19th, 2014 Riccardo Fucile
IL PRESIDENTE DEL COORDINAMENTO: “A TOR SAPIENZA FREQUENTAVANO LA SCUOLA SENZA PROBLEMI E SI ERANO INTEGRATI”
Lei, Francesco Gobbi, è presidente del Coordinamento Infernetto. In quali condizioni sono i 25 ragazzi trasferiti da Tor Sapienza all’Infernetto?
«Li ho visti terrorizzati. Hanno tra i 14 e i 17 anni e, tranne quattro del Bangladesh, vengono quasi tutti dall’Egitto. Sono musulmani e cristiani copti. Hanno perso il padre, sono scappati da situazioni terribili e sanno di non poter tornare dalle loro madri. A Tor Sapienza frequentavano le medie e andavano a scuola in bus. Erano confortati, assistiti e abbastanza integrati. Dopo l’assalto al centro d’accoglienza sono stati portati via in gran fretta per proteggerli».
Ora sono in un centro non attrezzato per loro …
«La struttura “Le betulle” è condotta da ong, cooperative ed enti religiosi. È stata aperta tre anni fa ristrutturando casali di campagna. Dall’ex complesso agricolo sono stati ricavati 8 edifici: un centro diurno per malati di Alzheimer e alloggi per minorenni, spesso mandati dalla Caritas, in attesa di una casa famiglia e di comunità protette. Questi 25 ragazzini chiedono di tornare a Tor Sapienza: lì avevano operatrici diventate come seconde madri. Relazioni di affetto e umanità che non si possono sostituire. L’Infernetto è sistemazione provvisoria. Trauma su trauma».
Cosa spaventa i profughi?
«Il più piccolo si è messo a piangere. Si sentono animali in gabbia. Non capiscono le ragioni del caos esploso. All’Infernetto, su 270 strade in 70 chilometri, 90 sono senza illuminazione, mancano commissariato di polizia, stazione dei carabinieri, vigili urbani e presidio medico. Abbiamo insediamenti rom e diffusa criminalità . I profughi minorenni sono capri espiatori in una giungla di rabbia. Temiamo un Far West in cui nessuno controlla più niente».
Gia. Gal.
(da “La Stampa“)
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Novembre 19th, 2014 Riccardo Fucile
LA VIOLAZIONE DELLE REGOLE E LA FLEBO DI SANTITA’
Mauro compra i biglietti di Italia-Croazia e domenica sera si presenta con la ragazza alle porte di San Siro. 
Svita il tappo della bottiglietta di plastica, assiste incredulo alla perquisizione di una bimba di sei anni e scopre che il settore dove avrebbe dovuto accomodarsi è stato invaso dagli ultrà croati. Lo sistemano in una zona confinante, presidiata da individui incappucciati di nero tra cui spunta una bandiera della Bosnia, che sui croati ha lo stesso effetto di unamuleta.
Il parapiglia è impreziosito da scariche di petardi e fumogeni.
La ragazza di Mauro ha gli occhi pieni di nebbia e di paura, i padri scappano coi bambini piangenti per mano e gli steward impotenti spiegano che i seicento spaccatutto sono entrati senza controllo perchè arrivati in massa all’ultimo minuto.
Mauro è esterrefatto. Per comprare il biglietto ha dovuto compilare la sua autobiografia, all’ingresso gli hanno fatto svitare il tappo della bottiglietta, hanno perfino perquisito una bambina.
E seicento ultrà sono-entrati-senza-controllo?
Nella costernazione di questo giovane lettore si riconosceranno in tanti.
Dal contribuente che paga le tasse e si sente fare la morale dagli evasori al parrucchiere che si sottopone ad adempimenti di ogni genere mentre il concorrente cinese, invisibile agli occhi dello Stato, può permettersi di offrire a sette euro un amessa in piega.
Ci vuole una flebo di santità per rispettare le regole quando tutto intorno impera il Far West e la fedeltà al proprio dovere è percepita come un segnale di debolezza.
Ma alla lunga anche i santi si stufano di esserlo.
Massimo Gramellini
(da “La Stampa”)
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Novembre 19th, 2014 Riccardo Fucile
LA GUERRA TRA POVERI ALL’OMBRA DEL VESUVIO TRA DISAGIO SOCIALE, PERMISSIVISMO E ASSENZA DELLE ISTITUZIONI
I fronti sono due.
Da un lato “l’emergenza rom”, soprattutto nel circondario della quarta municipalità . Dall’altro il braccio di ferro tra commercianti ambulanti e Comune.
Purtroppo succede, e succede da troppo tempo.
I rom, soprattutto la sera tardi, girano con le loro “carrozzelle”, scavano tra i rifiuti, raccolgono gli oggetti che secondo loro sono ancora spendibili e li portano nei loro “campi”.
Il giorno dopo li mettono in vendita occupando abusivamente i marciapiedi di Napoli. Sembra quasi che il circondario di Piazza Garibaldi sia diventato una sorta di “mercatino ambulante a vocazione internazionale”: si mettono ovunque, fanno “caciara”, rendono difficoltoso il transito pedonale e imbrattano in ogni dove.
Lo scenario non è dei migliori e la gente è esasperata anche a causa dei “campi”, soprattutto per quello sito nei pressi di Scampia, un campo rom molto esteso con tanto di vedette a fare da guardia e con rifiuti, immondizia e topi dappertutto.
Come se non bastasse, i rom “bruciano tutto”, e quel campo è anche sistematica fonte di tantissimi, reiterati e continuati “mini-roghi” tossici.
Come è noto in Campania non sono gli unici…
«Se il sindaco non interverrà esploderà una bomba come accaduto nel quartiere di Tor Sapienza a Roma, dove esiste un disagio acuito dalla presenza di immigrati e campi rom. La gente è esasperata. Chi verrebbe a spendere in una zona che, da biglietto da visita della città , si è trasformata nel mercato dell’immondizia al dettaglio?»: è stato questo il grido disperato, la denuncia e, al contempo, l’appello stesso della cittadinanza riportato dai vari media.
Una situazione resa ancora più critica dalla decisione del Comune di procedere alla delocalizzazione del mercatino ufficiale dei commercianti ambulanti, da Piazza Leone a Via Aquileia.
Insomma, da un lato, l’Amministrazione Comunale ha trasferito il mercatino altrove, dall’altro, sembra proprio “far finta di non vedere” l’occupazione abusiva della zona sistematicamente consumata anche da parte di quelli non “in regola”.
Se si va all’estero, se si vive in un paese straniero, piaccia o meno, si ha l’obbligo di rispettare le sue regole e il discorso vale per tutti: autoctoni, stranieri, ospiti.
E non importa se taluno abbia o meno “la vocazione al rispetto naturale delle regole”, siano essi cittadini di quello Stato o appartenenti ad altre etnie.
Le regole stabilite sono tali e vanno fatte rispettare da tutti, perchè su di esse si fonda la convivenza civile.
E il dovere delle Istituzioni repubblicane, siano esse nazionali o locali, è quello di applicarle senza guardare in faccia nessuno.
Forse sarebbe opportuno che a Destra si cominciasse a sostituire lo slogan “prima gli italiani” con quello “prima la legalità “.
Non è mai troppo tardi per riscoprire una delle nostre radici.
Salvatore Castello
Right BLU – La Destra liberale
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Novembre 19th, 2014 Riccardo Fucile
LA PAURA DI SALVINI SPINGE SILVIO E ANGELINO AL DIALOGO
La paura si chiama Salvini. Il cui boom è questione di giorni. E sarà annunciato dalle urne emiliane, dove il
“sorpasso” ai danni di Forza Italia è dato ad Arcore quasi per certo.
È questa “paura” che corre lungo la linea telefonica che mette in contatto, dopo mesi, Silvio Berlusconi e Angelino Alfano.
I due, rivela Tmnews, si sono sentiti qualche giorno fa per fissare, a breve, l’incontro del disgelo.
Un azzurro di casa ad Arcore, non usa perifrasi: “Siamo costretti a dialogare con Angelino, perchè Salvini ci asfalta. Litigare non ha più senso, perchè tanto Renzi prima usa noi e Ncd come due forni e alla fine gli dà le soglie basse”.
È dunque un cambio di “schema” quello che sta prendendo forma in questi giorni pre voto.
Prova ne siano le parole morbide con cui tutti i big di Forza Italia non si impiccano più alla soglia del 4 per cento che raderebbe al suolo Ncd, ma danno garanzie sul tre. Passa da qui, la ricostruzione di una trama comune, come spiega Maurizio Lupi al Corriere: “Individuo due punti cruciali nella costruzione di un nuovo soggetto politico. Il primo parte dalla legge elettorale. Il secondo è identitario: non si può, come ha fatto Forza Italia finora, rincorrere Salvini”.
Ecco, i “traditori” tornano potenziali alleati, per necessità .
È una doppia debolezza quella che Alfano e Berlusconi non si confessano che ma che li muove.
“Angelino”, che nel suo partito non è saldo come una volta, grazie alla sponda del Cavaliere può dire di averlo “indotto” a un nuovo dialogo grazie alla battaglia sulla legge elettorale.
Prospettiva che non piace a parecchi, da Quagliariello alla Lorenzin che piuttosto con questa legge elettorale preferiscono diventare junior partner di Renzi. “Silvio” invece può cercare una prospettiva in un “listone moderato” per resistere all’Opa della Lega.
Ipotesi, trame, abboccamenti. Che dovranno incrociare la dura realtà delle urne. Perchè Salvini fa paura davvero. Tanto che, secondo quanto scrive Dagospia (non smentito), sarebbe partito l’ordine di non invitarlo a Mediaset in questi ultimi giorni per limitare i danni.
Il rischio, spiegano fonti vicini ai sondaggi, non è solo che “sorpassi Forza Italia”, ma che “sorpassi” in Emilia la somma tra Forza Italia e Ncd.
Un ragionamento che la dice lunga sul nervosismo degli azzurri, considerato che in Emilia con Salvini sono in coalizione.
E che, da quelle parti, il partito di Alfano corre da solo. Praticamente la Lega non è vissuta come un alleato.
Nè dalla Calabria arrivano segnali incoraggianti. Nella roccaforte di un tempo è atteso un risultato assai brutto per gli azzurri.
Proprio questa ansia da sopravvivenza si concretizza in segnali discordanti, all’insegna del primum vivere.
Con Berlusconi che chiama “Angelino”. Ma al tempo stesso dà il via libera alla piazza contro il governo, per provare a recuperare un po’ di voti.
Sia pur piccola (la piazza), rispetto a una volta. Il Cavaliere chiuderà il 30 in piazza San Carlo a Milano il no tax day che prevede una due giorni di gazebo in tutta Italia.
È col tono delle grandi occasioni che lo annuncia in conferenza stampa tutto lo stato maggiore di Forza Italia.
Con Brunetta nei panni del crociato anti-renziano. Il capogruppo alla Camera, poco apprezzato a palazzo Chigi, presenta la sua contromanovra, attacca l’annuncite di Renzi, se la prende con “l’infame patrimoniale”.
Toni da opposizione che non si sentivano da tempo: “Gli italiani dice Deborah Bergamini – sono stanchi di fare il bancomat di governi che non prendono decisioni e prosciugano le ricchezze dei cittadini”.
Governo nel quale c’è pure Alfano. Chissà .
Se ne riparla lunedì, a urne chiuse.
(da “Huffingtonpost“)
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