Novembre 28th, 2014 Riccardo Fucile
GRILLO E CASALEGGIO FORMALIZZANO IL CERCHIO MAGICO, MA MEZZO MOVIMENTO GIA’ SI RIBELLA
Cinque astri destinati a illuminare il cammino del Movimento. 
O cinque supernove destinate a far collassare il mondo conosciuto delle 5 stelle.
Luigi Di Maio, Alessandro Di Battista, Roberto Fico, Carla Ruocco e Carlo Sibilia sono i cinque parlamentari destinati a prendere in mano le redini degli uomini di Beppe Grillo.
Il leader è stanco, lo si scrive da tempo, sempre più disinteressato – se mai lo sia stato veramente – a seguire il day-by-day fatto di decisioni e composizioni di diversi interessi che costituiscono la vita quotidiana di un soggetto politico.
Complici i problemi di salute di Gianroberto Casaleggio, i due diarchi hanno deciso di passare (parzialmente) la mano.
Una decisione meditata da tempo. Esclusa la possibilità di far scegliere agli stessi parlamentari i nomi, il caos generato dalle espulsioni a freddo di Massimo Artini e Paola Pinna hanno accelerato un processo già messo in moto.
Obiettivo: riorganizzare le fila di un Movimento che oggi va in ordine sparso.
“Ma se poi la decisione provoca una definitiva frattura con l’ala dissidente tanto meglio – spiegano dallo staff – così risolviamo subito il problema e ripartiamo”. Perchè è questa la direzione che stanno prendendo gli eventi nelle ultime ore.
Un insospettabile come Daniele Pesco è arrivato alle conseguenze più estreme: “Se vincono i sì mi dimetto”.
Già , perchè la nomina del Direttorio passa da una ratifica sul blog.
Un sondaggio impostato in modo da dover dire sì o no in blocco alle scelte dello staff.
Ma sono tantissimi quelli che non ci stanno.
“Così diventiamo un partito”, protestano Marco Baldassarre e Patrizia Terzoni, quest’ultima forse la più energica a protestare contro le ultime 24 ore di ordinaria follia del M5s. Tanti sono con lei.
“È la svolta del cancellino, ex predellino di Bibbona”, ironizza Tiziana Ciprini.
Per il momento, tuttavia, manca una leadership politica in chi si oppone alle scelte di G&C, e i gesti come quello di Pesco rimangono isolati.
Di ora in ora si susseguono i conciliaboli tra i dissidenti. Che sembrano però intenzionati a rispettare alla lettera la regola dell'”uno vale uno”, marciando in ordine sparso senza riuscire a trovare un punto di caduta.
Quella regola che Grillo e Casaleggio hanno deciso non debba più valere.
O meglio, varrà , ma in cinque varranno più degli altri. Una decisione che, in un movimento che ha sempre rivendicato con orgoglio l’assenza di incarichi interni e la rotazione di quelli istituzionali, è destinata a lasciare il segno.
Tanto che il capogruppo a Montecitorio Andrea Cecconi spiega che “l’incarico non è mica a vita”, e Daniele Del Grosso mette le mani avanti spiegando che (testuale) “non saranno degli imperatori”
La formalizzazione plastica del cerchio magico, o di parte di esso, è uno schiaffo in faccia a tutti quelli che da mesi chiedono un cambio di passo in tutt’altra direzione.
E scontenta un po’ tutti. Perchè non è stata decisa collegialmente, perchè il voto chiesto alla rete è di mera ratifica, prendere o lasciare, perchè i prescelti sono tutti deputati (e qualche senatore, anche tra i più ortodossi, commenta che “da domani dobbiamo farci dirigere da cinque ragazzini), perchè sono tutti espressione di sole due regioni, il Lazio (Di Battista, Ruocco) e la Campania (Fico, Sibilia, Di Maio).
La base intanto insorge. “Il ducetto ha eletto il ‘gran consiglio'”, lamenta un attivista sul blog, puntando il dito contro Grillo e i 5 prescelti.
“Il M5S non comprende tutta l’Italia? – chiede un militante – allora come lo si spiega che sono tutti campani con la sola eccezione di Di Battista, romano”.
“Da attivista – chiede un altro utente – chiedo che si indicano delle primarie aperte agli iscritti e si elegga il leader, Grillo torni a fare il garante del Movimento e si adoperi affinchè la votazione on line diventi certificata ed i due Casaleggio si mettano pure in disparte ad occuparsi di informatica”.
C’è infine chi getta ombre sulla correttezza della votazione in corso, riprendendo la denuncia di Occupypalco. “Non si potrebbero avere i risultati della votazione in anticipo come quelli di ieri (anche nei numeri) verso le 17,21? – chiede ironica un’attivista – Dalle 18,30 ho un impegno di lavoro”.
Anche Claudio Messora, un tempo considerato il numero 3 del Movimento, è caustico: “Dopo le polemiche sulle ultime espulsioni – osserva – Grillo cerca di formare una vera e propria segreteria di partito, un direttorio a 5 stelle scelto da lui, e chiede alla rete di ratificare la sua scelta. Meglio sarebbe stato che i parlamentari stessi, o meglio ancora la rete, avessero indicato i suoi rappresentanti. Dove sono i senatori? Dove sono gli eurodeputati? Dove sono le donne? Dove vengono specificati ruoli, poteri e durata del mandato?”.
Cos’ si affilano le lame, in attesa di una riunione serale che dovrebbe semplicemente sancire la nomina dei cinque ma che si preannuncia un Vietnam, e di un’assemblea congiunta il prossimo 3 dicembre che ratifichi le espulsioni.
Tra il napalm dell’ala dura che spiega che “non ce n’è alcun bisogno, ha già deciso la rete” e l’idea di boicottaggio dei più eterodossi, che si chiedono “ma a che serve ormai? È una presa in giro?”.
E Iannuzzi e Terzoni hanno chiesto che il capogruppo non ratifichi le espulsioni, una mossa destinata a cadere nel vuoto.
Ma l’ala dura festeggia. Nicola Morra usa parole che sembrano arrivare da tre secoli fa: “Bene il Direttorio, continua il progetto rivoluzionario”. Questa volta, almeno, le teste rotolano soltanto metaforicamente.
(da “Huffingtonpost“)
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Novembre 28th, 2014 Riccardo Fucile
“IL VIA LIBERA ALLA MANOVRA NON E’ GIUSTIFICATO DAL PUNTO DI VISTA TECNICO, L’ITALIA ENTRO MARZO DOVRA’ ADOTTARE LE MISURE NECESSARIE”
Altro che fiducia nell’Italia e giudizio positivo sull’”agenda di riforme strutturali importanti che stiamo mettendo in moto”, come rivendicato dal titolare del Tesoro Pier Carlo Padoan.
Altro che la presunta “promozione piena” di cui ha parlato il sottosegretario all’Economia Enrico Zanetti.
Se la Commissione Ue ha deciso di non bocciare già ora la Legge di Stabilità dell’Italia per il 2015 è solo per scelta politica e per evitare “contestazioni“.
A rivelarlo sono stati i suoi stessi vertici: prima il presidente Jean-Claude Juncker, poi il commissario europeo per gli Affari economici Pierre Moscovici.
Che, presentando il parere della Commissione sulla bozza di bilancio inviata da Roma a Bruxelles in ottobre e modificata in corsa per ridurre ulteriormente il deficit, ha spiegato: “La Commissione applica scrupolosamente le regole ma ha deciso di non precipitare” decisioni che “sarebbero potute essere contestate“.
Tuttavia, la legge di Stabilità renziana “non può essere considerata rispondente alle esigenze”.
In particolare “non è ancora pienamente compatibile con le regole del Patto, per questo riteniamo che la Commissione possa e debba chiedere all’Italia ancora un piccolo sforzo in più“.
Ulteriore ammissione, insomma, che dal punto di vista strettamente tecnico la manovra avrebbe dovuto essere bocciata, ma valutazioni di altro genere — tra cui quelle emerse dopo lo scandalo LuxLeaks che ha coinvolto Juncker fino a costargli una mozione di sfiducia, respinta — hanno suggerito a Bruxelles di procedere con i piedi di piombo.
Come anticipato la settimana scorsa, però, a marzo ci sarà un nuovo esame che verrà fatto “alla luce del completamento della legge di bilancio e delle attese specifiche del programma di riforme strutturali annunciato dalle autorità italiane nella lettera del 21 novembre firmata dal ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan“.
Nel frattempo, la nostra Stabilità è stata classificata tra quelle (sette sulle 28 presentate dai Paesi membri) “a rischio di non conformità al Patto di stabilità e crescita“.
Di conseguenza il governo Renzi deve “adottare le misure necessarie per garantire che sia compatibile con il Patto”.
A oggi, “il progetto di bilancio è un po’ limitato rispetto a quello che noi vorremmo”, ha detto l’ex ministro francese scelto per guidare gli Affari economici ma affiancato da Jyrki Katainen con il ruolo di vicepresidente responsabile per tutti i portafogli economici.
In particolare l’Italia deve “migliorare il bilancio strutturale per il 2015″.
Vero è, ha riconosciuto Moscovici, che il Paese si è trovato in “circostanze eccezionali”, perchè ha sperimentato “una crescita negativa e un ‘output gap’ (il discusso parametro su cui si basa il calcolo del deficit strutturale, ndr) negativo pari al 4% del pil”.
“Riconosciamo che l’Italia si confronta con situazione economica svantaggiata e una bassa inflazione che non permette un’accelerazione della correzione degli squilibri economici”, spiega nero su bianco la nota della Commissione.
Ciò non toglie che Roma deve “tenere la spesa primaria corrente sotto stretto controllo” e “aumentare l’efficienza complessiva della spesa pubblica“.
L’Italia “tenere la spesa primaria corrente sotto controllo” e “aumentare l’efficienza della spesa pubblica“
Tenendo conto dell’ulteriore “sforzo aggiuntivo” richiesto venerdì, ai primi di marzo i commissari decideranno “se è necessario adottare ulteriori misure“.
Per allora “avremo un quadro più chiaro circa il mantenimento degli impegni di riforma da parte dei governi, ed è nell’interesse della zona euro che lo facciano”.
Nel frattempo, “all’inizio del 2015 la Commissione europea fornirà chiarimenti sul miglior uso della flessibilità presente già nel Patto di stabilità e crescita” e in febbraio saranno poi diffuse le previsioni economiche di inverno, quelle che per la prima volta non saranno presentate in conferenza stampa perchè, ha spiegato Juncker, “le previsioni sono il frutto del lavoro di uno staff tecnico” e “se vogliamo che la Commissione sia davvero un organo più politico, non dobbiamo dare nessun endorsement a questo tipo di analisi tecnica”.
“Il tempo che resta non può essere tempo perso, bisogna che le cose avanzino da qui a marzo, o la Commissione non esiterà ad assumersi le sue responsabilità ” proseguendo con le procedure d’infrazione, ha concluso Moscovici riferendosi a Italia, Francia e Belgio.
I documenti programmatici di bilancio finora esaminati dalla Commissione sono sedici.
Cinque di questi sono giudicati “conformi” alle indicazioni del Patto, quattro “sostanzialmente conformi” e sette, fra cui quello dell’Italia, “a rischio di non conformità ”.
I cinque promossi a pieno titolo sono Germania, Irlanda, Lussemburgo, Paesi Bassi e Slovacchia.
Le finanziarie di Estonia, Lettonia, Slovenia e Finlandia sono invece state ritenute “sostanzialmente conformi”.
Oltre all’Italia, anche Belgio, Spagna, Francia, Malta, Austria e Portogallo risultano invece a rischio e dovranno adottare nuove misure.
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Novembre 28th, 2014 Riccardo Fucile
ESSERE “UNO” IN MEZZO A TANTI, MA NON SENTIRSI MAI SOLI NEL MOMENTO DEL BISOGNO… E AVERE LA CERTEZZA DELLA PRESENZA DELLO STATO
Solidarietà è qualcosa di ben diverso dall’assistenzialismo. 
E’ un sentimento, è un’attitudine, è quell’armonica propensione che vive nel cuore di ogni essere umano che sa di essere “uno” in mezzo a tanti.
L’assistenzialismo ha creato dei veri e propri “mostri” e ha impedito la consumazione delle grandi sfide politiche e culturali, spegnendo passioni e mortificando talenti.
Si pensi al Meridione: mai nessuna politica l’ha realmente messo al centro di un piano strategico di ripresa e di sviluppo.
Qualsivoglia iniziativa è sempre stata tesa unicamente a favorire “le clientele politico-affaristico-malavitose”.
“Omaggi” per garantirsi “voti” e per “fare affari”, con fannulloni che sono rimasti tali e persone in difficoltà che, finita “la minestra”, si sono ritrovate senza nulla.
E la politica non può continuare “a pensare” e “a fare” con schemi che di “res-publica” non hanno proprio nulla.
Il dovere è quello di andare oltre, pensando e lavorando ad un sistema che sia realmente capace di dare “all’uomo” la possibilità di essere artefice del proprio destino e di essere sostenuto e sorretto, se lo merita.
Di aiutarlo a crescere assumendo un ruolo sempre più consapevole e da protagonista, per sè stesso e per la collettività .
La solidarietà è un sentimento profondo dell’animo umano.
E’ fare un sorriso a chi ne ha bisogno. Ascoltarlo quando nessuno è disposto a farlo. E’ “dare una pacca” sulle spalle per dire, anche restando in silenzio, “stai tranquillo, ci sono anch’io quì con te”
La solidarietà è una meravigliosa magia: camminare l’uno accanto all’altro e impegnarsi a diventare grandi.
Insieme.
Salvatore Castello
Right BLU – La Destra Liberale
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Novembre 28th, 2014 Riccardo Fucile
IL LEADER SI DICHIARA “STANCO” E PROPONE L’ELEZIONE FARSA DI UN DIRETTORIO CON DI MAIO, DI BATTISTA, FICO, RUOCCO E SIBILIA… ALMENO STAVOLTA NON HA INSERITO NE’ SUO NIPOTE NE’ IL SUO COMMERCIALISTA COME NELLO STATUTO
In meno di 24 ore il Movimento Cinque Stelle si prepara a un’altra giornata farsa.
Ieri, 27 novembre le espulsioni di altri due deputati (Massimo Artini e Paola Pinna), le accuse reciproche su chi rispetta di più le regole (e oggi prende posizione anche il sindaco di Livorno Filippo Nogarin), l’inedito “sit in” di un gruppo di parlamentari e attivisti sotto alla villa del leader, Beppe Grillo, il confronto tesissimo sul pianerottolo della sua casa toscana per chiedere — invano — di rivedere il voto del blog sull’espulsione.
Grillo oggi fa un altro passo, segnando certamente una svolta nella vita del M5s per come lo abbiamo conosciuto finora: sul blog ha messo ai voti (fino alle 19) la nomina di 5 deputati che lo affianchino nella gestione e nel coordinamento del Movimento.
Ovviamente cinque parlamentari chinati ai suoi voleri.
Le figure a cui chiede agli iscritti di potersi affidare sono Alessandro Di Battista, Luigi Di Maio, Roberto Fico, Carla Ruocco e Carlo Sibilia. Non definisce il loro ruolo.
Un’agenzia di stampa lo chiama direttorio, un’altra “collegio di garanti“, qualcun altro lo chiama comitato di garanzia.
Quello che si capisce è che insieme a Grillo esamineranno la situazione politica e con lui prenderanno eventuali decisioni urgenti.
Il nuovo organo M5s, ad ogni modo, non prevede la presenza di senatori.
E soprattutto provoca altri scontri interni ai gruppi parlamentari.
Ma sembra anche allargarsi il fronte dei critici.
Non ci sono solo Artini, Patrizia Terzoni, Samuele Segoni e Marco Baldassarre che già facevano parte della delegazione che si è presentata a Bibbona.
Ma si aggiunge, per esempio, Daniele Pesco che fin qui è sempre rimasto fuori dai riflettori (nè “figura di riferimento” nè dissidente): “Se dovesse vincere il SI — annuncia — io mi dimetto. Sono tutti miei cari amici, ma il Movimento 5 Stelle non è questo. non siamo un partito.. l’abbiamo sempre detto. Non abbiamo bisogno di un direttivo”.
La seconda notizia è che il “megafono del Movimento” si dice stanco.
Cita Forrest Gump: “Sono un po’ stanchino” scrive. E quindi pur rimanendo in veste di “garante” chiede alla base di sostenere la sua scelta di affiancarlo con 5 parlamentari che finora sono stati tra i più vicini alle scelte di Grillo in questo anno e mezzo di legislatura.
Terza notizia: tutto questo viene reso noto attraverso un “comunicato politico” (il numero 55).
Era da tempo che non ne veniva pubblicato uno. Più precisamente il numero 54 è datato 26 marzo: non portò benissimo, lanciò il #vinciamonoi per le elezioni europee. Il leader dei Cinque Stelle si dice, con ironia, “stanchino” e quindi da una parte assicura che rimarrà nel ruolo di “garante del M5S”, ma dall’altra propone i 5 deputati, come figure che “grazie alle loro diverse storie e competenze opereranno come riferimento più ampio del M5s in particolare sul territorio e in Parlamento”. Cosa faranno Di Battista, Di Maio, Fico, Ruocco e Sibilia?
“Queste persone si incontreranno regolarmente con me per esaminare la situazione generale, condividere le decisioni più urgenti e costruire, con l’aiuto di tutti, il futuro del Movimento 5 Stelle”.
Terzoni: “Non ci sto, così diventiamo un partito
Per il momento l’unica che si mette di traverso a questa decisione di Grillo è la deputata Patrizia Terzoni, già contraria nelle ore scorse all’espulsione di Artini e Pinna: “#BeppeQuestaVoltaNonCisto. Ho votato no e spero che tutti gli iscritti al portale votino no. Ma non solo, chiedo a Roberto Fico, Alessandro Di Battista, Luigi Di Maio, Carla Ruocco e Carlo Sibilia di prendere una posizione contro questo comunicato. Se vince il sì diventeremo un partito ed io non voglio far parte di un partito! Le sovrastrutture lasciamole al Pd”.
Critico anche su questa scelta Massimo Artini, espulso ieri da oltre 19mila iscritti: “Un altro chiaro esempio di democrazia! Sono nomi imposti dall’alto, senza consultazione dei gruppi parlamentari e dell’assemblea”dice al Gr1 Rai.
“Che farò? Sono stato eletto in Toscana. Ieri a Livorno ho incontrato tanti attivisti. Ora mi consulterò con i miei elettori e deciderò”, aggiunge. E l’open day di Pizzarotti? “Mi sono iscritto in tempi non sospetti. E’ inutile strumentalizzare. Ci andrò perchè sono molto interessato alla discussione”.
Iannuzzi al capogruppo Cecconi: “Non firmare l’espulsione”
Ma nel frattempo prosegue il dibattito sulle espulsioni di Artini e Pinna. “Di danni a livello umano ne ho visti davvero troppi, indietro non si torna, il dado è tratto!” scrive su facebook la deputata Tatiana Basilio, che è tra quelle che si sono presentate di fronte alla villa di Grillo insieme ad Artini, Baldassarre e altri.
“Chiudo così, stremata, una giornata terminata con un epilogo triste, figlia di un prologo oscuro — ha aggiunto — Tutto quello che ho vissuto, visto, sentito oggi non mi è piaciuto ed ha segnato il mio animo come un marchio a fuoco indelebile sulla mia pelle”.
Il deputato Cristian Iannuzzi invece ha scritto al capogruppo di Montecitorio Andrea Cecconi per chiedergli di non firmare l’espulsione di Artini e Pinna per “l’anomala procedura”, dice, adottata dal blog di Grillo.
“Almeno non prima — si legge nella mail che Iannuzzi ha inviato anche alla vice capogruppo Fabiana Dadone e al presidente “formale” Alessio Villarosa — della prossima assemblea congiunta M5S Camera e Senato, in cui potremo valutare e decidere assieme la legittimità della procedura stessa”.
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Novembre 28th, 2014 Riccardo Fucile
ECCO COSA SI SONO DETTI NEL DURO CONFRONTO DI UN’ORA NELLA LUSSUOSA DIMORA DI GRILLO IN TOSCANA… AVEVAMO RAGIONE: LI HA RICEVUTI SULL’USCIO PER NON OFFRIRGLI UN CAFFE’
Li ha ricevuti a pochi passi dal cancello della sua villa di Marina di Bibbona, in Toscana. 
L’incontro del chiarimento tra i deputati del Movimento 5 stelle e Beppe Grillo è durato quasi un’ora. In piedi con giacca e cappotti sul pianerottolo di casa.
Non li ha invitati a entrare perchè, secondo il leader, di un colloquio non c’era proprio bisogno.
Poco dopo l’espulsione di Massimo Artini e Paola Pinna in sette si sono attaccati al citofono. Grillo ha fatto resistenza: “Sono stanco”, gli ha risposto.
Poi è uscito per guardarli negli occhi. “Beppe mi avete rovinato la reputazione. Il blog ha detto che non restituisco i soldi. E’ falso, tutto falso”, ha detto Artini.
Ma il comico non ha voluto sentire ragioni. Gli ha risposto che conosce il caso ed è stato giusto così.
Gli ha detto anche che il Movimento sta bene. I deputati allora: “Siamo qui perchè l’M5s è diventato un’altra cosa. Dobbiamo ricominciare e abbiamo bisogno di te”. Proprio quello che Grillo non poteva accettare di sentire: “Così mi offendete. Non vi fidate più di me? Il problema è Casaleggio?”.
Un’ora di incontro per non cambiare nulla. “E’ stato un muro, un muro”, ha ripetuto il deputato Marco Baldassarre. “Siamo delusi”
Nascosto a Marina di Bibbona, in un giorno così Grillo sperava solo di non farsi trovare. Nella villa al mare si è rifugiato perchè stanco e infastidito da tutto.
Perchè i giornalisti tanto sarebbero andati sulla collina di Sant’Ilario a Genova per avere sue notizie.
E invece lui sarebbe stato semplicemente lontano, in riva alla spiaggia.
E lì l’hanno trovato i suoi attivisti, quelli che in Toscana sanno dove andarlo a cercare. Ci ha messo un’ora a convincersi a riceverli. Nel pomeriggio aveva parlato con il deputato Samuele Segoni, poi verso le 21 al telefono con Marco Baldassarre, Massimo Artini, Federica Daga, Tatiana Basilio, Silvia Benedetti.
E anche a quel punto ha provato a mandarli via: “Sono stanco, non posso incontrarvi”. “Ma Beppe siamo venuti fino qui da Roma”, hanno risposto i parlamentari. E così ha deciso di aprire il cancello
Artini: “Sul blog cose false e calunniose. Così rovinate la mia reputazione”
Il viso, i sei, lo descrivono come di ghiaccio. Un muro inflessibile che non voleva sentire ragioni e che ripeteva la storia così come è stata raccontata dal blog.
Ha preso la parola Artini, espulso da poche ore ed accusato di non aver reso parte dello stipendio: “Beppe sono state scritte cose false e calunniose. Io ho restituito tutto, ho le prove dei miei rimborsi. Così mi rovinate. Rovinate la mia reputazione”.
E Grillo, riportano i parlamentari, avrebbe risposto sicuro della sua versione: “E’ falso. Io conosco i rendiconti e so che non hai restituito. Non siamo passati dall’assemblea perchè non avremmo avuto la maggioranza per far passare la mozione”.
Ma l’espulsione per i deputati era solo una scusa per parlare di una crisi che sentono sempre più forte.
Un faccia a faccia con Grillo da soli per più di dieci minuti non ce l’hanno mai avuto, se non dopo un comizio o un’assemblea.
E così questa volta lo hanno investito di pensieri e sensazioni che raccolgono da oltre un anno. E anche i malesseri di un qualcosa che tra di loro è cambiato.
“Beppe non siamo più quelli del passato”, gli ha detto Baldassarre. Ma ancora non c’è stato niente da fare. “Vogliamo ricostruire il Movimento e rifarlo con te. Siamo qui a parlare perchè pensiamo che tu sia il fondatore M5s. Noi siamo in parlamento grazie a te, non grazie a Casaleggio”.
Grillo ascoltava, ma poi ripeteva: “Ti sbagli, ti sbagli. Questa è la tua versione. Il Movimento va alla grande e va tutto bene. In Emilia Romagna abbiamo eletto 5 consiglieri regionali”.
I deputati insistevano: “Beppe noi viviamo nei Meetup e siamo sul territorio. Ti diciamo quello che vediamo e conosciamo direttamente. Devi ascoltarci. L’M5s non è più quello che era anni fa e dobbiamo intervenire”.
Grillo: “Mi offendete. Non voglio sentire che il Movimento è finito. Non vi fidate più di me?”
Grillo ha ascoltato paziente e retto il gioco del leader che non molla a metà la strategia del gruppo. Ma certe frasi non potevano non ferire lui, che quei ragazzi li ha portati in giro nelle piazze e li ha visti crescere.
“Non dovete dire queste cose. Così mi offendete. Non voglio sentire che il Movimento è finito. State dicendo che non vi fidate più di me? Qual è, ragazzi, il problema? E’ Gianroberto Casaleggio?”.
Eccolo il nodo: la fiducia. Un gruppo di deputati e attivisti che mette in dubbio il voto e la gestione del blog.
Tutto che si mette in discussione. “No, Beppe, siamo qui proprio perchè ci fidiamo di te. Siamo qui per avere un confronto”, gli hanno risposto.
E poi hanno chiesto la cosa più difficile: “Perchè non si può annullare l’espulsione di Massimo? Si basa su cose non vere. Non è giusto”.
Ma ancora Grillo ha risposto che non c’è più niente da fare. “Vi sbagliate, va tutto bene così”.
E poi li ha fatti uscire.
Martina Castigliani
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Novembre 28th, 2014 Riccardo Fucile
LA DENUNCIA DOCUMENTATA DI “OCCUPYPALCO”, COLORO CHE AL CIRCO MASSIMO CHIESERO TRASPARENZA E VENNERO ESPULSI…. MA CHI CONTROLLA I CONTROLLORI?
Il blog di Beppe Grillo ha deciso di fare votare online gli iscritti al Movimento 5 Stelle affinchè decretassero o meno l’espulsione dei deputati Massimo Artini e Paola Pinna.
E il 70 per cento, ha scritto in rete il leader 5 Stelle, ha scelto il sì.
Ma a insospettire è l’ora di pubblicazione del “verdetto”.
La denuncia arriva dal gruppo di Occupypalco, gli attivisti che al Circo Massimo avevano chiesto chiarimenti sull’esclusione di Federico Pizzarotti, sullo staff della Casaleggio associati e sulla gestione del voto online. In sostanza, la loro richiesta era di una maggiore trasparenza.
Il gruppo su Facebook pubblica infatti uno screenshot con i risultati delle votazioni. L’orario che si legge chiaramente è 17.21.
Ma il voto in rete è stato chiuso alle 19 e comunicato quasi due ore dopo.
“Il cerchio è davvero magico — scrive Occupypalco — Lo Staff vede e prevede: alle 17:21 già sapevano il risultato che ci sarebbe stato alle 19. Più potente di Piepoli, più preciso di Nostradamus, lo Staff sa cosa voterete e quando. Siccome i sistemi di votazione sono opachi e imperfetti, per ovviare a queste problematiche lo Staff ha sviluppato dei nuovi poteri e fate attenzione: ha intenzione di usarli spesso”.
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Novembre 28th, 2014 Riccardo Fucile
SALTA IL CHIARIMENTO CON SILVIO,…ALLA CONVENTION DI FITTO SPUNTANO ALEMANNO, RONCHI E STORACE…”CON LUI STANNO I DEMOCRISTIANI”
Salta il pranzo a Palazzo Grazioli che avrebbe dovuto suggellare quanto meno un armistizio. 
Scende il gelo con la telefonata di pochi minuti tra Silvio Berlusconi e Raffaele Fitto, la tregua tra i due dura lo spazio di una sera
L’ex governatore pugliese vorrebbe incontrare il capo per un chiarimento a due, un faccia a faccia risolutivo sul futuro di Forza Italia dopo l’ufficio di presidenza del giorno prima.
Il leader invece gli risponde che no, a quell’appuntamento lui ha già invitato il consigliere Giovanni Toti e Gianni Letta, Denis Verdini e Deborah Bergamini, i capigruppo Romani e Brunetta, oltre alla solita Maria Rosaria Rossi: «Se si parla di partito non posso tenerli fuori».
Allora è Fitto a tirarsi fuori: «Meglio rinviare, a questo punto, io ho poco tempo, terrò la mia manifestazione nel pomeriggio». Il pranzo ufficialmente è solo rinviato alla prossima settimana, ma il clima è glaciale.
Berlusconi è su tutte le furie, ai commensali ospitati a Palazzo Grazioli non ne fa mistero: «Qui io dialogo, apro, mi mostro accomodante, ma è una roba a senso unico, allora vada a quel paese» sbotta alludendo a Fitto che la sera prima, appena uscito dalla riunione di partito, ha chiesto davanti alle telecamere l’azzeramento di tutte le cariche.
Figurarsi quando, da lì a qualche ora, l’eurodeputato pugliese tiene di fatto a battesimo la sua corrente in un affollatissimo Tempio di Adriano nel cuore della Capitale, colmo almeno tre volte più di quanto lo fosse due giorni prima alla presentazione del libro di Vespa con l’ex Cavaliere ospite d’onore.
Si parla di legge di stabilità , si pensa al fortino assediato di Palazzo Grazioli.
Ai 32 parlamentari già vicini a Fitto se ne sono affiancati altri, da Laffranco ad Aracri. C’è Augusto Minzolini e poi gli ormai schierati Francesco Paolo Sisto, Saverio Romano, Daniele Capezzone.
Si sono rivisti tutti insieme per organizzare la «resistenza» anche mercoledì a tarda sera, dopo l’ufficio di presidenza forzista, appuntamento alla “catacomba”, come ormai l’hanno battezzata.
Si tratta di una sala sotterranea dell’hotel Cosmopolitan in centro, “catacombe” che evocano già di loro l’inizio del declino dell’Impero romano.
Ma in platea al Tempio compaiono a sorpresa anche pezzi del mondo ex An.
Ecco in prima fila Francesco Storace («Berlusconi dia fiducia al campione in casa Fitto e si liberi di tante pippe »), in seconda Gianni Alemanno interessato a «tutto quello che di nuovo si muove nel centrodestra», ma anche Adolfo Urso e Andrea Ronchi, il più motivato: «Fitto ha il merito di accendere i motori di una macchina in grado di competere con la “rossa” di Renzi».
L’eurodeputato rilancia su primarie e non solo: «Basta improvvisazione, la rifondazione deve partire dai contenuti. Dobbiamo fare autocritica, le contrapposizioni non ci interessano, con Berlusconi non c’è nessuno scontro, ci vedremo presto».
E poi a Salvini, investito del ruolo di “goleador” dal capo: «Io ero un buon centrocampista e so quanto sono importanti schemi e squadra».
Il leader legge le agenzie e commenta sarcastico: «È tutta una liturgia democristiana, quei professionisti della politica, reduci da Prima Repubblica, sarebbero il nuovo che pretende che mi faccia da parte?»
In fondo alla sala della kermesse di Fitto compare anche Antonia Ruggiero, aveva fondato il club “Silvio ci manchi” con Francesca Pascale in Campania, prima di diventare assessore ad Avellino e oggi consigliere regionale.
Conquistata anche lei da Fitto? «Non parlerei di conquista ma di politica. Mi hanno invitato e mi sembrava giusto esserci, anche Berlusconi dice che dobbiamo essere tutti uniti».
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)
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Novembre 28th, 2014 Riccardo Fucile
L’ODORE DELLE MAZZETTE DELLE INDUSTRIE FARMACEUTICHE NEL MONDO DELLE LOBBY DEL FARMACO
La cura è il movente grazie al quale una formidabile rete di interessi si conciliano ed evolvono spesso in cartelli industriali che succhiano soldi oltre il lecito.
La salute è un affare e le corsie degli ospedali purtroppo restano i presidi dove si scambiano carriere, si nutrono clientele, si impegnano quattrini in nome della vita. L’Aifa, Agenzia italiana del farmaco, fu creata proprio per restituire la fiducia degli italiani nella sanità pubblica, ripulire le stanze dall’odore delle mazzette delle industrie farmaceutiche, e voltare pagina dopo l’era di Duilio Poggiolini.
Ieri l’Aifa ha provveduto a ritirare dal mercato due lotti di un vaccino anti influenzale, decisione presa dopo tre morti sospette.
Si apre così il capitolo dei controlli e soprattutto delle connessioni che l’industria del farmaco, lobby aggressiva e dal potere economico enorme, ha con coloro che devono accogliere o respingere un prodotto e soprattutto il costo di una singola confezione.
È di queste settimane l’indagine aperta dall’Antitrust sul costo di un farmaco anti tumorale imposto da un cartello di aziende.
È vero che l’Italia riesce a imporre rispetto a molti altri Paesi europei prezzi in media più bassi, ma è anche vero che il nostro Stato finanzia, attraverso le sue università , la ricerca farmacologica nella sua fase più onerosa.
Ed è certo che le industrie dirigono i loro investimenti verso i target ricchi, lasciando i Paesi poveri, e la vicenda del virus ebola è uno scandalo che grida vendetta, al loro destino.
È bene sapere ogni cosa e convincersi che le industrie del farmaco badano unicamente al fatturato.
Mentre l’Aifa (che incidentalmente ha la sua sede vicina a quella di Farmindustria) deve ricordarsi che è un’Autorità di garanzia con l’unico inderogabile dovere di tutelare la salute dei cittadini.
Antonello Caporale
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Novembre 28th, 2014 Riccardo Fucile
CON AVVERSARI COSI’, RENZI CAMPA ALTRI CENTO ANNI
Non ci sono più parole per descrivere il lento e inesorabile, ma tutt’altro che inevitabile, suicidio del
Movimento 5Stelle.
Un suicidio di massa che ricorda, per dimensioni e follia, quello dei 912 adepti della setta “Tempio del Popolo”, che il 18 novembre 1978 obbedirono all’ultimo ordine del guru, il reverendo Jim Jones, e si tolsero la vita tutti insieme nella loro comune di Jonestown, nella giungla della Guyana, bevendo un cocktail al cianuro.
L’ultima mattana del Tempio del Grillo è l’avviso di sfratto per i deputati Artini e Pinna, accusati di violare da mesi l’impegno — a suo tempo sottoscritto da tutti i candidati — di restituire parte dello stipendio e rendicontare tutto sul blog.
I due sostengono che non è vero ed esibiscono ricevute, ma la loro difesa non appare nella requisitoria pubblicata sul blog di Grillo che ieri ha chiamato gli iscritti a votare per l’espulsione
Finora gli “enucleandi” potevano difendersi nell’assemblea dei gruppi parlamentari, dopodichè scattava il voto sul web.
Stavolta invece la procedura è stata invertita: prima il voto sul web, poi eventualmente quello degli eletti.
In questo guazzabuglio di scontrini e carte bollate, capire chi ha ragione e chi ha torto sul merito è arduo. Ma anche inutile.
È vero che chi si candida in un partito o movimento ne accetta le regole e, se le viola, può essere espulso. Ed è vero che la restituzione dei fondi pubblici (42 milioni di rimborsi elettorali totali e 10 di indennità parziali) fa parte del Dna dei 5Stelle ed è una delle ragioni del loro successo.
Ma, chiunque abbia ragione sul restituire&rendicontare, c’erano mille strade per risolvere la questione in modo meno traumatico.
Lo dimostrano le perplessità non solo dei soliti dissidenti, ma anche di diversi “duri e puri”.
Chi ha messo in piedi il processo a ciel sereno ne trascura la devastante ricaduta esterna: nei giorni più neri del governo Renzi, alle prese con mille guai che per la prima volta danno ragione alle opposizioni e in primis ai 5Stelle, tg e giornali hanno buon gioco a parlar d’altro.
Cioè — paradosso dei paradossi — dei guai del M5S.
Che così riesce nell’impresa di calciare in tribuna l’ennesimo rigore a porta vuota: invece di affacciarsi a dire “noi l’avevamo detto che Renzi sbagliava tutto”, regala al governo e ai suoi fans un’occasione d’oro per dire “noi l’avevamo detto che Grillo sbagliava tutto”.
Geniale: un auto-sabotaggio identico a quello rinfacciato a Orellana&C.
Nell’ultima settimana, poi, anzichè analizzare seriamente la fuga di elettori registrata in sei mesi tra Emilia Romagna e Calabria (401.847 voti in meno rispetto alle Europee di maggio), il blog di Grillo è riuscito prima a cantare vittoria (col raffronto tipicamente doroteo con le regionali del 2010, quando il M5S era nella culla).
Poi a ospitare un’intervista allo storico Petacco sulla (non)responsabilità di Mussolini nel delitto Matteotti, trascurando inspiegabilmente le guerre puniche e il Congresso di Vienna.
Infine a scomunicare un deputato per leso divieto (peraltro intermittente) di andare in tv.
Risultato: il buon lavoro dei parlamentari pentastellati resta sullo sfondo, mentre la fame atavica di forze anti-sistema viene confiscata da un Salvini qualunque, portatore insano di ricette fallimentari lunghe vent’anni, solo perchè le sue felpe sono sempre in tv e riescono a imbonire quel pubblico periferico e ultracinquantenne che è magna pars dell’elettorato italiano.
E dire che basterebbe poco per raddrizzare la baracca: eleggere due o tre portavoce da mandare nei tg e nei talk meno indigesti a rappresentare la linea del M5S, evitando che a farlo sia il primo peone semidissidente che passa.
E nominare un direttorio che giri per i meetup dirimendo i dissensi che inevitabilmente esplodono qua e là .
L’alternativa è il permanente stillicidio-suicidio di espulsioni che fra l’altro assottiglia i gruppi parlamentari: due anni fa gli eletti erano 163, ora si son già ridotti a 143.
Se poi gli espulsi votano col governo, magari sperando che qualcuno li ricandidi, si può pure sputtanarli come i nuovi Razzi e Scilipoti.
Ma il primo colpevole è chi li ha espulsi, gettandoli fra le braccia di Renzi. Il quale, con degli avversari così, può campare cent’anni.
Marco Travaglio
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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