Febbraio 27th, 2015 Riccardo Fucile
SUL “MATTINALE” BRUNETTA SI SCHIERA CON L’EX SEGRETARIO PD
La notizia è di quelle che fanno saltare sulla sedia: il Mattinale di Brunetta tifa Bersani. “Sta accadendo un fenomeno molto istruttivo. E’ la rivincita della morale in politica. Qualcuno ricorda? La rottura del Nazareno, voluta da Renzi con il tradimento della parola data a Berlusconi sul Presidente della Repubblica, sembrava la furbata di un genio: ora gli si ribalta addosso con esiti prevedibilmente disastrosi per lui e i suoi progetti di dominio solitario”, scrive “Il Mattinale”, la nota politica redatta dallo staff del gruppo Forza Italia della Camera e curata da Renato Brunetta
“Capolavoro – prosegue – fu definita da tutti i commentatori quella che era stata l’esibizione spudorata della slealtà . Allora il premier scelse l’unità del suo partito contro l’unità della nazione. Mal gliene sta incogliendo. Che accade? La minoranza del Pd, che secondo l’informatissimo Stefano Folli vale almeno il 30 per cento dei voti parlamentari dell’intero gruppo, si ribella apertamente contro Renz. Per questo ci piace lo slogan: Forza Bersani!”.
“Tranquilli. Non siamo diventati bersaniani, non andiamo in pellegrinaggio alla tomba di Togliatti. Non siamo affatto per il tanto peggio tanto meglio. Ma per il meglio, e applaudiremo sempre l’emergere delle verità . Quando Bersani dice ‘il Re è nudo’ e si fa ambasciatore della realtà , noi stiamo dalla sua parte”
“Dichiara – si legge ancora – che l’Italicum 2.0 non è accettabile e non lo voterà . Concordiamo. Si tratta di un mostro. In combinato disposto con una riforma costituzionale pessima, la Repubblica rischierebbe di essere trasformata in un regime autoritario in forza di provvedimenti di enorme importanza confezionati su misura per un dominio a tempo indeterminato di Renzi. La modernizzazione delle istituzioni, la necessità di rendere celere i procedimenti legislativi e di dare all’esecutivo la possibilità di agire deve andare insieme alla salvaguardia della democrazia in una logica del bilanciamento dei poteri. Altrimenti il pericolo è troppo grande. E ci pare che i sorci verdi comincino a circolare piuttosto grintosi dalle parti di Renzi. Forza Italia! E per una volta anche Forza Bersani!”.
(da “Huffington Post”)
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Febbraio 27th, 2015 Riccardo Fucile
“RAGIONI DISCIPLINARI”: AVEVANO OSATO PROTESTARE CONTRO LE CONDIZIONI DI LAVORO
Licenziate per aver scioperato contro il lavoro precario. 
Si è conclusa con una lettera di licenziamento l’esperienza lavorativa di Caterina e delle sue colleghe, commesse nel punto vendita Alcott di via Ugo Bassi a Bologna, finchè, in seguito a uno sciopero indetto il 20 dicembre scorso, sono state lasciate a casa dall’azienda per ragioni disciplinari.
Per aver, appunto, protestato davanti alle vetrine del negozio, durante il periodo natalizio, contro le condizioni lavorative a cui erano sottoposte, tutte precarie a tempo determinato o con contratto di apprendistato.
“Parliamo di stipendi pagati in ritardo — racconta Caterina, che con le ex colleghe ha intenzione di intraprendere un’azione legale nei confronti dell’azienda — di straordinari che puntualmente non ci venivano retribuiti, della mancanza di sicurezza nel punto vendita, dell’obbligo di svolgere mansioni che non erano previste dal nostro contratto, e che ci costringevano spesso a lavorare fino a tardi, fino alle dieci o alle undici di sera, sempre non pagate, ovviamente. E questo solo per fare qualche esempio”.
Le cinque ex commesse, quindi, avevano deciso, tramite la Cgil, di chiedere un incontro con l’azienda, in vista della scadenza del loro contratto, che sarebbe scattata il 31 dicembre scorso, per chiedere qualche garanzia.
“In risposta, Alcott ha mandato a Bologna il suo consulente del lavoro — continua Caterina — che però non aveva nemmeno una delega da parte dell’azienda. Una perdita di tempo, quindi, visto che non poteva offrirci alcunchè”.
“Di conseguenza — spiega Stefania Pisani della Filcams di Bologna — abbiamo confermato lo stato di agitazione, annunciando lo sciopero delle lavoratrici del punto vendita, cinque, tutte precarie, per il 20 di dicembre”.
A quel punto, però, l’azienda decide di mettere in ferie forzate le cinque commesse, “un provvedimento che di fatto tentava di negare il loro diritto a scioperare”, precisa Pisani, a cui è seguita una lettera di contestazione disciplinare.
“Nel documento — ricorda Caterina — l’azienda minacciava di chiederci un risarcimento per il danno di immagine causato a Alcott con la nostra protesta”.
Infine, a contratto già scaduto, sono arrivate anche le lettere di licenziamento.
“Noi procederemo per vie legali, perchè è giusto che le lavoratrici abbiano ciò che gli spetta — spiega Pisani — spero però che Bologna decida di sostenerle in questa battaglia, che non riguarda solo le cinque ragazze licenziate da Alcott, ma tantissimi lavoratori, giovani e non, che troppo spesso si trovano costretti ad accettare qualsiasi forma di sfruttamento pur di conservare un impiego”.
Se due delle cinque ex commesse di Alcott sono riuscite a trovare un impiego altrove, c’è anche chi, il prezzo di quello sciopero, continua a pagarlo.
E non solo attraverso la disoccupazione.
“Una di noi qualche giorno fa ha sostenuto un colloquio di lavoro, ed è stata riconosciuta come una delle manifestanti dello sciopero di Natale — continua Caterina — il che è triste, perchè noi non siamo scioperanti di professione che non vogliono lavorare, ma solo ragazze che hanno deciso di lottare per rivendicare i propri diritti. Ci sono troppe aziende in Italia che sfruttano i lavoratori e si arricchiscono sul loro sudore, sulla loro fatica. Ma andare a lavorare non dovrebbe significare sottoscrivere un contratto di sottomissione. È un diritto e un dovere, che però deve prevedere condizioni lavorative ed economiche dignitose”.
Annalisa Dall’Oca
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Febbraio 27th, 2015 Riccardo Fucile
“RENZI HA CONTRIBUITO BEN POCO”
“Renzi raccoglie i frutti del lavoro ‘sporco’ di Monti e Letta. La ripresa? È ancora lontana. E comunque l’azione del governo ha contribuito poco o pochissimo”.
Daniel Gros, direttore del Centro Studi Ceps di Bruxelles è abituato a parlare chiaro. E anche di fronte alla accoppiata, apparente, di buone notizie piovute oggi sulla nostra economia — lo spread sceso sotto quota 100 punti e i primi segnali di crescita certificati dall’Istat per il primo trimestre – invita alla prudenza.
Lo spread è tornato sotto quota 100, significa che il Paese è giudicato più affidabile dal mercato?
“Di certo non siamo più nel 2011, ma il differenziale così basso non è una specificità italiana. Il calo dello spread è generalizzato in tutti i Paesi periferici dell’Europa, non solo in Italia. E dipende prevalentemente non dalle performance dei singoli Paesi. Negli ultimi tempi, ad esempio, molto si deve al programma di Quantitative Easing che la Bce lancerà a marzo”.
Però l’Istat proprio oggi certifica una inversione di tendenza, con il pil in crescita nel primo trimestre. È iniziata finalmente la ripresa?
“Non penso che questa fase di stagnazione sia finita. Quella che è cambiata è la costellazione intorno. Con il deprezzamento dell’euro nei confronti del dollaro, il calo del prezzo del petrolio e i bassi tassi d’interesse. Meglio di così, per l’Italia, era davvero difficile che potesse andare”.
Non crede che abbia contribuito neanche un po’ la cosiddetta “Agenda Renzi”?
“Io penso ancora poco. Anzi, tra poco e pochissimo. Unico elemento concreto fino ad ora è stata la riforma del Lavoro, che però essendo appena stata approvata deve ancora mostrare i propri effetti. Aiuterà senz’altro a far crescere l’economia, ma nei prossimi anni.
Eppure il governo ha scommesso molto sugli 80 euro. Possibile che non abbia aiutato in qualche modo?
“Secondo quasi tutti gli studi l’intervento sugli 80 euro è stato un buco nell’acqua. Penso invece che Renzi raccolga ora i frutti di quanto seminato da Monti e Letta, che hanno fatto il lavoro sporco e difficile”.
Mercoledì la Commissione ha promosso la nostra legge di stabilità , riconoscendo quella flessibilità che il governo si era preso in autunno. Ha fatto bene Bruxelles ad adottare questa linea morbida?
“Secondo me l’Italia avrebbe potuto fare di più. Di fatto, quell’aggiustamento che era stato richiesto all’inizio lo ha fatto il tasso di interesse che riduce le spese che il Paese deve sostenere rimborsando il proprio debito. Il problema vero è che non è stata fatta sul serio la Spending Review. Non si può pensare ad alcuna manovra di alleggerimento fiscale senza la revisione della spesa”.
(da “Huffingtonpost“)
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Febbraio 27th, 2015 Riccardo Fucile
PD 40,2%, M5S E FORZA ITALIA 16,1%, LEGA 12%, NCD 3,9%, SEL 3,5%, FDI 2,4%
La fotografia del sondaggio della Swg pone in evidenza delle novità .
Il Partito democratico è in crescita e passa dal 39,4 al 40,2%.
In salita anche Forza Italia che passa dal 15,9% al 16,1% e che, grazie anche a una perdita di consensi del movimento di Grillo, raggiunge il M5s in seconda posizione.
I grillini infatti scendono dal 16,8% al 16,1%.
Il Ncd cala dal 4,2% al 3,9%.
La novità è data dalla flessione della Lega che cala dal 12,3% al 12% e si piazza alle spalle del partito di Berlusconi, staccato però di ben 4 punti.
Tra i partiti minori Sel passa dal 2,6% al 3,5%, mentre Fratelli d’Italia cala dal 2,7% al 2,4%.
Rifondazione è data all’1,1%, Italia Unica di Passera all” 1%, i Verdi allo 0,9%.
Complessivamente l’area di governo sale dal 44,2% al 44,7%.
Da sottolineare che non si esprime il 48,8% degli interpellati (tra indecisi, astenuti e area del non voto)
L’istituto ha anche chiesto ad un campione di elettori di centrodestra se fosse dalla parte di Berlusconi o Fitto: il 43% si schiera con il leader di Fi, ma un buon 15% con l’esponente pugliese.
Ben il 30% afferma di non stare con nessuno dei due, mentre il 12 per cento non si esprime.
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Febbraio 27th, 2015 Riccardo Fucile
NON SARANNO OPERAZIONI CALATE DALL’ALTO A RISOLLEVARE LA DESTRA IN ITALIA, MA LA PASSIONE E LE IDEE CHE EMERGERANNO DAL POPOLO
A ‪destra‬, purtroppo, continuano le sterili “operazioni calate dall’alto” patrocinate da un gruppo di vecchi burocrati, paciosi e crassi, vogliosi di conservare le poltrone ad ogni costo.
I partiti, però, sono espressione del popolo, gli danno voce, speranza, ed è proprio quel popolo che deve avere voce in capitolo.
Basta con le operazioni fatte a tavolino.
Basta coi burocrati.
Basta con le cooptazioni.
Basta con la supponenza di chi ritiene di posserdere il verbo e si arroga il “diritto” – del tutto fittizio e inconsistente – di assegnare “patenti”, ruoli e competenze.
La destra è del popolo e sarà proprio il popolo a decretare come, chi e quando, a patto che si abbia il coraggio delle idee ferventi, appassionate, irriverenti ed incendiarie.
Le poltrone, quelle poste proprio accanto al camino, tenetevele pure.
Anzi, rinserratevi pure in casa al calduccio: noi guardiamo al nostro Paese, alla gente, ai problemi e alle cose da fare.
E quello che si fa, lo si fa soltanto per passione e per amore dell’ ‎idea‬, che è la più europea e la più rivoluzionarie delle idee.
Salvatore Castello
Right BLU – La Destra Liberale
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Febbraio 27th, 2015 Riccardo Fucile
PASSANO DUE MOZIONI OPPOSTE, IN PURO STILE DEMO-RENZIANO… COSI’ ISRAELE PLAUDE: “NON LI SOSTENETE, OTTIMA SCELTA” E IL PD PARLA DI “DUE POPOLI, DUE STATI”… CRITICHE DA FASSINA: “RIDICOLI” E M5S: “BLUFF VERGOGNOSO”
Riconoscimento della Palestina sì, ma anche no. 
Il governo si dichiara favorevole, ma la maggioranza è divisa alla Camera. Nel giorno in cui l’aula di Montecitorio è chiamata a votare, Partito Democratico e Nuovo Centrodestra hanno presentato due documenti diversi: la mozione Area popolare e Ncd non prevedeva espressamente il riconoscimento, a differenza di quella del Pd che era invece esplicita.
Ed entrambe sono state approvate a Montecitorio: 237 sì e 84 no per la prima, 300 favorevoli e 45 contrari per la seconda.
Il cortocircuito emerge dalle reazioni al voto
Una votazione accolta favorevolmente dall’ambasciata israeliana a Roma, soddisfatta della “scelta del Parlamento italiano di non riconoscere lo Stato palestinese e di aver preferito sostenere il negoziato diretto fra Israele e i palestinesi, sulla base del principio dei due Stati, come giusta via per conseguire la pace”.
In realtà , però, è soltanto la mozione Ap e Ncd che non si schiera a favore del riconoscimento.
Tant’è che in un tweet Roberto Speranza, capogruppo del Pd alla Camera, registra un altro risultato: “Oggi è un bel giorno per il Parlamento. Approvata mozione per il riconoscimento della Palestina. #duepopoliduestati“.
I deputati M5S delle Commissioni Esteri e Difesa, invece, vedono nell’approvazione dei due testi “un bluff vergognoso da parte del governo, che ha votato due mozioni dal significato e dal valore diametralmente opposto sul riconoscimento dello Stato di Palestina, negando ancora una volta il sacrosanto diritto di esistere ad un popolo che da 67 anni attende giustizia”.
Parere negativo anche da Nichi Vendola secondo cui “per le solite furbizie di Palazzo e per le ambiguità di questo governo, l’esecutivo e parte del Pd” hanno “contribuito a far approvare un documento contrastante. Una furbizia, un giochino che si potevano risparmiare su una vicenda maledettamente seria come questa”.
A sottolineare la contrapposizione dei due testi erano intervenuti prima del voto i due esponenti della minoranza dem Stefano Fassina e Pippo Civati.
Per l’ex viceministro dell’Economia l’ok governo alla mozione Ncd è stata una decisione “ridicola”, perchè il testo era contrario alla “nostra mozione. Io — ha proseguito — la mozione di Ncd non la voto e non la votano neppure molti parlamentari del Pd”.
“Voterò sì alla risoluzione del Pd sulla Palestina perchè va bene — aveva poi aggiunto Pippo Civati — non voterò di conseguenza nè quella di Sel nè quella di Ap. E’ chiaro che avrei preferito una risoluzione unica ma non mi sembra il caso di drammatizzare”.
Gentiloni: “Diritto dei palestinesi a un loro stato”
A sostenere la mozione dem anche il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, secondo cui “c’è il diritto dei palestinesi a un loro Stato e il diritto dello stato di Israele a vivere in sicurezza di fronte a chi per statuto vorrebbe cancellarne l’esistenza. In questo quadro il governo valuta favorevolmente l’impulso parlamentare a promuovere il riconoscimento di uno stato palestinese e a fare tutti gli sforzi per riprendere il negoziato tra le parti”.
Le due mozioni
La mozione Ap e Ncd non prevede espressamente il riconoscimento diretto della Palestina. Impegna il governo “a promuovere il raggiungimento di un’intesa politica tra Al-Fatah e Hamas che, attraverso il riconoscimento dello stato d’Israele e l’abbandono della violenza determini le condizioni per il riconoscimento di uno stato palestinese”.
La mozione del Pd è invece esplicita sulla strada del riconoscimento dello Stato palestinese. E impegna il governo “a continuare a sostenere in ogni sede l’obiettivo della Costituzione di uno Stato palestinese che conviva in pace, sicurezza e prosperità accanto allo stato d’Israele, sulla base del reciproco riconoscimento e con la piena assunzione del reciproco impegno a garantire ai cittadini di vivere in sicurezza al riparo da ogni violenza e da atti di terrorismo”.
C’è quindi l’impegno per il governo a “promuovere il riconoscimento della Palestina quale Stato democratico e sovrano entro i confini del 1967 e con Gerusalemme quale capitale condivisa, tenendo pienamente in considerazione le preoccupazioni e gli interessi legittimi dello Stato di Israele”.
Cosa succede in Europa
Il 14 ottobre 2014 la Camera dei Comuni del Parlamento inglese approvava una mozione con cui chiedeva al governo inglese di riconoscere lo Stato palestinese “per garantire una soluzione negoziata in Medio Oriente”.
Il 30 ottobre la Svezia aveva riconosciuto ufficialmente lo Stato di Palestina: il premier Stefan Là¶fven definiva la decisione una “priorità ” della sua coalizione di centro-sinistra.
Il successivo 18 novembre il Parlamento di Madrid approvava all’unanimità una risoluzione per il riconoscimento.
Il 2 novembre a votare a favore del riconoscimento era il parlamento francese: con 339 voti favorevoli, 151 contrari e 16 astenuti, l’Assemblea di Parigi dava il via libera alla mozione non vincolante che dovrà essere resa esecutiva dal Governo di Manuel Valls.
Oggi l’Italia è riuscita a superare tutti, dicendo sì e no al tempo stesso: una farsa.
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Febbraio 27th, 2015 Riccardo Fucile
A SANTA LUCIA SI VOLEVA VOTARE PERSINO NEL CIRCOLO DEL CENTRODESTRA
«È una farsa. Domenica sarà il caos e lunedì Renzi sarà costretto ad annullare l’esito del voto». «È un esempio di democrazia, si dà voce alla gente. Tutto andrà bene».
Due anime. Due previsioni. Lo stesso partito.
Il travagliato cammino verso il voto per la scelta del candidato presidente alla Regione sconquassa i democratici che ieri hanno registrato anche la rinuncia di Gennaro Migliore.
Sullo sfondo si annuncia il rischio di brogli, di patti segreti inconfessabili con il centrodestra e con ambienti legati all’ex deputato Nicola Cosentino.
Non si voterà nel seggio indicato in un primo momento nel quartiere di San Lorenzo in un’associazione del corso Meridionale.
Sarebbe legata al consigliere comunale di Fratelli d’Italia, Vincenzo Moretto, e questo ha spinto a dimettersi Antonio Sassi, componente renziano della commissione per le primarie.
«Questo seggio è stato cancellato» dice Marco Sarracino, leader dei Giovani democratici, legato alla minoranza del partito.
Chiamato in ballo Moretto sostiene che «nessuno ci ha chiesto niente. Forse avevano pensato alla sede del sindacato Cisal. Se il Pd ha bisogno di locali noi li possiamo concedere».
Parole che non placano Sassi: «Il seggio di corso Meridionale è stato indicato da una forza politica, ma non fa capo a quella forza ed è una cosa strana e illegittima. Ora è sparito e ne è spuntato un altro in via Carbonara di cui non si era mai parlato. È anomalo, ma ne prendo atto».
Il timore è che si indichino seggi “civetta” per alterare il risultato del sorteggio per segretari e scrutatori.
La questione San Lorenzo non è l’unica a tenere banco, tanto che nel Pd c’è chi sta preparando un dossier indicando i luoghi della “vergogna”.
«Comunque andrà , sarà una catastrofe. L’unica strada era quella del candidato unitario» confessa un dirigente locale legato alla maggioranza di Renzi.
«Saranno le primarie più controllate mai avvenute » ribatte Sarracino. E a conferma di questa previsione, annuncia, che «saranno solo 56 tra minorenni ed extracomunitari con carta di soggiorno a votare. Hanno provato di tutto per far annullare queste elezioni – aggiunge Sarracino – la maggioranza del partito aveva questa intenzione fin dall’inizio e trovo assurdo l’atteggiamento di Renzi che sulle primarie ha costruito una carriera, ma che per la Campania non le voleva».
Quindi non ci saranno cinesi in fila ai seggi, come avvenuto nel 2011, ma nei circoli vince lo scetticismo.
«A livello nazionale è stato sottovalutato il problema Campania – dice Vincenzo Acampora, promotore dell’associazione Rosso Democratico – d’altra parte l’alternativa era affidarsi al candidato unico indicato dai capi bastone. La verità è che non esiste più una struttura di partito. C’è il deserto. Nessun coinvolgimento degli iscritti. La dirigenza regionale ha atteso fino all’ultimo nella speranza che arrivasse un messia indicato da Roma e il clima si è incattivito».
Domenica, dalle 8 alle 21, si voterà ovunque.
In alberghi, palestre, circoli e persino nella chiesa del Buon Pastore a Caserta.
«Noi apriamo sempre a chi bussa – spiega don Antonello Giannotti – la parrocchia è come la fontana del villaggio cui tutti si rivolgono. Abbiamo un salone e diamo a chiunque la possibilità di utilizzarlo. L’importante è che sia a titolo gratuito. Credo nella politica. Spero che si impegni per dare un volto nuovo a tutto il Mezzogiorno». A Somma Vesuviana si voterà in un’enoteca.
Saranno utilizzate le sedi di Idv, Psi e il circolo Vera Lombardi di Rifondazione comunista, alla Sanità .
Gli elettori di Salerno avranno a disposizione un ristorante sul mare e una scuola di danza. A Battipaglia urne in due alberghi. Saranno circa 620 i seggi aperti. Il numero finale subirà ritocchi: per alcuni circoli manca l’accordo su chi dovrà aprirli e chiuderli per permettere l’elezione.
Coinvolte oltre 3.000 persone, 1.800 come componenti del seggio più almeno due rappresentanti di lista.
Gli elettori dovranno munirsi di tessera elettorale e documento di identità .
Chi non è iscritto al Pd dovrà pagare due euro.
Ma non ditelo alla chiesa del Buon Pastore.
Antonio Di Costanzo
(da “La Repubblica“)
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Febbraio 27th, 2015 Riccardo Fucile
L’AMICO DI RENZI, TRAMITE IL FONDO ALGEBRIS, VUOLE COMPRARSI I CREDITI DELLA BANCA POPOLARE
Dalle Popolari, al business delle sofferenze bancarie passando per la cosiddetta bad bank. 
Laddove c’è un provvedimento approvato o messo in cantiere da Matteo Renzi su questioni che riguardano da vicino il mondo della finanza ecco che spunta il fondatore di Algebris, Davide Serra, a fare business cavalcando la furia rottamatrice del premier. Coincidenze, sicuramente. Che però hanno fatto discutere.
Soprattutto per i movimenti anomali dei titoli delle banche Popolari su cui hanno acceso i riflettori sia la Consob sia la Procura di Roma.
All’inizio di febbraio lo stesso Renzi era stato molto chiaro nel salotto a Porta a Porta: “Se qualcuno, chiunque sia, ha utilizzato informazioni riservate, sono il primo a chiedere le indagini più rigorose e chi ha fatto il furbo deve pagare fino all’ultimo giorno”, aveva detto a Bruno Vespa.
Parole che sono suonate a molti osservatori come una presa di distanza dalle mosse del suo finanziatore di campagne elettorali.
Serra ha precisato che Algebris non ha mai effettuato investimenti nella Popolare dell’Etruria e che l’unica operazione, per altro in perdita, è stata in quel periodo la dismissione di 5,2 milioni di azioni del Banco Popolare.
L’affare potrebbe, però, essere un altro.
Secondo quanto scritto ieri dal quotidiano MF-Milano Finanza, tra i fondi che si sono affacciati per acquisire asset, e nel caso specifico non performing loan (crediti dalla riscossione incerta), della Popolare dell’Etruria commissariata l’11 febbraio, c’è anche Algebris Npl Fund 1.
Ovvero il fondo di Serra riservato a investitori istituzionali lanciato a ottobre 2014 che si era posto come obiettivo di raccolta 400 milioni di euro e ne ha invece raccolti 440. Al business delle sofferenze bancarie è inoltre connesso il progetto di bad bank al vaglio del governo la cui novità principale sarà proprio l’introduzione di strumenti atti a facilitare l’escussione della garanzia immobiliare alle famiglie in difficoltà nel pagare le rate del mutuo.
Il finanziere ha spesso avuto un ottimo fiuto.
Prendiamo Mps, nel cui capitale potrebbe entrare a luglio il Tesoro se non si farà avanti un nuovo partner finanziario portando in dote la liquidità necessaria per rimborsare gli interessi sui Monti bond.
Ad aprile 2014 in un’intervista a Radio 24, Serra illustra la sua tesi sull’istituto senese: “Altro che aumento da tre miliardi, per il Monte dei Paschi ne servono almeno il doppio”, dice puntando il dito sui tassi di copertura delle sofferenze e crediti incagliati in vista degli stress test europei che qualche mese dopo avrebbero bocciato proprio Mps e Carige.
Dando pienamente ragione a Serra che su Siena aveva visto giusto considerando anche che il Monte è dovuto tornare a chiedere altri soldi al mercato con il nuovo aumento di capitale da varare entro giugno).
Qualche settimana prima di intervenire in radio il finanziere aveva comunicato alla Consob la sua decisione di vendere allo scoperto l’1 per cento del capitale del Monte “perchè il prezzo attuale non ha senso, è altissimo rispetto ad altre banche”.
Non solo. A fine ottobre dell’anno scorso un articolo del Sole 24 Ore citava Algebris tra gli investitori attivi sulla due diligence (esame preventivo) del pacchetto di 1,2 miliardi di crediti dubbi del Monte dei Paschi.
Non sempre però Serra ha puntato sul cavallo giusto.
In un suo ritratto apparso mercoledì scorso sul Blog di Beppe Grillo si ripercorre la carriera del finanziere, comprese le scommesse sbagliate.
Fra cui quella su Lehman Brothers: “Nel giugno 2008, Serra si spese su giornali e tv a favore del management della banca, e in particolare di Richard Fuld, capo azienda di Lehman, dopo aver investito nella banca svariate decine di milioni di dollari. Di nuovo una tempistica eccellente visto il fallimento di Lehman pochi mesi dopo“, scrive l’anonimo autore del profilo sul blog grillino.
Siamo andati a verificare ed effettivamente nell’estate del 2008 Algebris era diventato azionista di Lehman Brothers.
Il fondo aveva investito nella banca d’investimento americana poco meno di 90 milioni di dollari.
Secondo quanto emerge da un documento depositato presso la Sec (la Consob Usa), nel corso del secondo trimestre del 2008 il fondo britannico guidato da Serra aveva comprato 4,4 milioni di azioni ordinarie pari a circa lo 0,8 per cento del capitale del gruppo guidato dada Fuld, già in forte difficoltà a causa della crisi dei mutui subprime.
Il 15 settembre dello stesso anno il colosso americano fa il crac che sconvolgerà l’economia di tutto il mondo.
Marco Franchi
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Febbraio 27th, 2015 Riccardo Fucile
VIETATO MANIFESTARE CONTRO SALVINI: CONTESTATORI TRASCINATI VIA… ANCHE A DESTRA MANIFESTAZIONE CONTRO LA LEGA LADRONA
Cresce l’attesa a Roma per sabato quando in piazza del Popolo salirà sul palco per il comizio della Lega Matteo Salvini e da piazza Vittorio sfileranno ciittadini, associazioni e i centri sociali dietro lo slogan “Mai con Salvini” con un rebus ancora sulla destinazione finale anche se prende piede l’ipotesi Campo de’ Fiori.
Questa mattina sono partite nuove contestazioni.
Un centinaio attivisti dei movimenti di lotta per la casa sono stati bloccati all’ingresso della metro piazza di Spagna a Roma: erano diretti in piazza del Popolo ma sono stati fermati dalle forze dell’ordine.
Un gruppo è comunque riuscito a raggiungere la piazza ed è entrato nella basilica di Santa Maria del Popolo dove ha srotolato gli striscioni con su scritto ‘Mai con Salvini, mai con Renzi, respingiamoli’.
Sono intervenuti gli agenti che li hanno trascinati fuori, una donna ha avuto un malore e sul posto è arrivata un’ambulanza.
Intorno alle 13.30, la protesta è terminata, le porte della chiesa sono state chiuse e alcuni degli attivisti sono rimasti sulla scalinata e nel piazzale.
Gli attivisti hanno lanciato la sfida: alle 17 tutti in piazzale Flaminio per “impedire materialmente il comizio della Lega Nord previsto per domani – 28 febbraio – a piazza del Popolo”.
In questa maniera, nella costruzione della manifestazione di domani che partirà da piazza Vittorio alle 14, i movimenti per la casa e i migranti, insieme a studenti e precari, “quotidianamente protagonisti nelle lotte di questa città , stanno dando un segnale di ‘respingimento’ forte e chiaro nei confronti del Matteo padano e dei suoi alleati”, si legge nella nota dei movimenti.
Ma a destra non sono poche le voci di dissenso contro l’inciucio Salvini-Meloni, ritenuto una svendita dei valori e della identità della destra.
Cresce la protesta sul web anche da parte di militanti e di organizzazioni di destra che vogliono “respingere” Salvini e la sua mascotte Giogio’.
E’ stato indetto per domani un presidio anti-Lega da parte del Movimento Sociale Europeo di via Ottaviano alle 18 in piazza Cola di Rienzo, che commemorerà invece Mikis Mantakas, militante ucciso 40 anni fa a Roma da estremisti di sinistra.
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