Luglio 2nd, 2015 Riccardo Fucile
TOTI HA MENTITO AL CORRIERE DELLA SERA IL 12 MAGGIO 2013?… SE FOSSE CONFERMATA LA VERSIONE DI RISSO, PUO’ UN BUGIARDO GOVERNARE LA LIGURIA?… CONSIGLIERE POLITICO O ORGANIZZATORE DI INTERVISTE PILOTATE?
La lettera dell’ex compagno di Ruby, il genovese Luca Risso, non è soltanto un atto di accusa contro l’ex premier Silvio Berlusconi, reo di aver elargito 7 milioni per indurre Karima a non testimoniare e a proposito della quale scrive a Berlusconi: “Lei, per non far testimoniare Ruby a dicembre, ci chiese di andare via e tornare dop il 10 gennaio. Così, dopo aver visto Maria Rosaria Rossi — la parlamentare di Forza Italia indagata per falsa testimonianza – che ci diede i soldi per andare via, partimmo per il Messico e io fui costretto a vendere anche l’ultimo locale che gestivo (al signor Belsito, all’epoca segretario della Lega Nord, che mi ha pagato con un assegno a vuoto!)”.
Ma contiene un risvolto che mette nei guai anche il nuovo governatore della Liguria, Giovanni Toti, all’epoca direttore dell’informazione Mediaset su Retequattro e Studio Aperto.
Risso parla anche di incontri faccia faccia ad Arcore con l’ex premier, parla di come abbia partecipato a limitare lo scandalo Ruby, organizzando “a casa sua dove, con il dottor Toti e il senatore Messina, le proposi un’intervista a effetto con Ruby, che poi registrammo su Rete 4″.
Quindi si sarebbe trattato in tutta evidenza di un’intervista concordata, affinchè, in cambio di denaro, Ruby scagionasse Berlusconi da ogni responsabilità circa il loro rapporto.
In realtà l’intervista andò poi in onda attraverso uno speciale su Canale 5.
Vediamo come ricostruisce la vicenda il Corriere della Sera del 12 maggio 2013. con un pezzo dal titolo “Processo Ruby, così è nato lo speciale di Canale 5”.
“È un Silvio Berlusconi molto pacato ma fermo, quello che si vedrà stasera su Canale 5 alle
21.10 nello speciale «La guerra dei vent’anni: Ruby, ultimo atto» durante l’intervista rilasciata a Giovanni Toti, direttore di Studio Aperto e del Tg4. La Corrazzata Mediaset gioca la carta dell’approfondimento giornalistico in prima serata per parlare delle tante vicende giudiziarie di Silvio Berlusconi (la «guerra dei vent’anni») e della vicenda Ruby Rubacuori ovvero Karima El Mahroug
C’è chi parla di «militarizzazione» del canale. Tesi smentita da Giovanni Toti, direttore di Studio Aperto e del Tg4, coordinatore del progetto: «In realtà tutto è avvenuto in modo molto semplice. Io avevo chiesto e ottenuto un’intervista al presidente Berlusconi e nello stesso tempo la collega Stefania Cavallaro era riuscita a parlare con Ruby. Avevamo, insomma, raggiunto i due protagonisti della vicenda.
Ma è stata una decisione presa dall’alto o da voi? «Abbiamo interpellato Pier Silvio Berlusconi e Fedele Confalonieri ponendo il problema se non fosse il caso di immaginare un programma speciale tutti insieme. La risposta è stata: se pensate che il prodotto sia buono, se ci credete, possiamo anche puntarci e proporlo in prima serata. È andata così».
Che sia andata proprio così non pare più, dopo la lettera di Risso in cui si rivela che l’intervista venne concordata a tavolino, altro che “casualità ” nell’aver “raggiunto i due protagonisti della vicenda”.
E se da giornalista Toti risponde solo alla sua etica personale, da presidente della Regione Liguria avere un presidente che si fosse piegato a interessi di parte per organizzare un finto scoop non sarebbe certo un bel biglietto da visita.
All’estero un politico bugiardo non avrebbe cittadinanza, qua dovrebbe forse governare con gli eredi di chi ha pagato un locale con un assegno a vuoto?
Attendiamo gli sviluppi del processo per conoscere la verità : fermo restando che in caso i fatti fossero confermati, Toti non è degno di rappresentare i liguri.
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Luglio 2nd, 2015 Riccardo Fucile
DA STIGLITZ A KRUGMAN: “IL RIGORE HA GIA’ FALLITO”
Poco più di 48 ore e il futuro della Grecia e dell’Europa arriveranno a una svolta storica. Il referendum convocato dal primo ministro greco Alexis Tsipras per sottoporre ai propri cittadini il piano di proposte messo a punto dai creditori si è presto trasformato in una consultazione più ampia.
Un voto per dire per dire no, queste almeno le intenzioni del governo ellenico, a una ricetta che negli ultimi anni ha finito per mettere la Grecia in ginocchio, con il Pil caduto del 25% dall’inizio della crisi: quella dell’austerity.
L’edizione Usa di Huffington Post ha raccolto alcune tra le voci più critiche, tra gli economisti, che si sono espresse contro questa impostazione, che avrebbe contribuito ad aggravare, anzichè risolvere, le difficoltà del Paese.
“È sorprendente che la troika abbia rifiutato di assumersi la responsabilità per questo o ammesso quanto siano state pessime le sue previsioni e i modelli da essa adottati”, ha spiegato al World Post il premio Nobel Jospeh Stiglitz. “Ma è ancora più sorprendente che i leader europei non abbiano ancora capito la lezione. La troika sta ancora chiedendo che che la Grecia realizzi un avanzo primario di bilancio (al netto degli interessi) del 3,5% del PIL entro il 2018”.
Per il docente di Harvard Ken Rogoff, che invece dell’austerity è quasi considerato uno dei massimi sostenitori, imporre ulteriori misure in questo senso alla Grecia sarebbe inutile se è il governo in prima istanza a non essere determinato a volerle implementare. “Perchè le riforme abbiano effetto, il governo greco e il suo elettorato devono prima di tutto crederci”, ha scritto per Project syndacate. Rogoff ha sottolineato come non tutte i programmi di riforme strutturali sono sbagliati, ma nel caso della Grecia potrebbero non essere la migliore risposta.
“In un mondo ideale, offrire un aiuto finanziario in cambio di riforme potrebbe aiutare chi vuole trasformare il Paese in uno stato europeo moderno. Ma vista la difficoltà che la Grecia ha incontrato sinora nel fare i cambiamenti necessari per raggiungere l’obiettivo fissato – ha spiegato – potrebbe essere giunta l’ora di rivedere del tutto questo tipo di approccio alla crisi. Invece di un programma che garantisce dei prestiti ai paesi, potrebbe avere più senso elargire aiuti umanitari indipendentemente dal fatto che la Grecia rimanga o meno un membro dell’Eurozona”.
Altri economisti hanno sottolineato come la Grecia sia rimasta intrappolata in un circolo vizioso per via del proprio debito. Le risorse prestate alla Grecia sono servite per rimborsare i creditori privati, piuttosto che il governo greco.
“Il salvataggio messo in atto per il settore bancario è stato decisamente qualcosa di più di un normale salvataggio di istituzioni finanziarie di Paesi dell’Europa continentale che erano eccessivamente esposte con la Grecia”, ha spiegato Vicky Price consigliere e analista per il Centre for Economics and Business Research al World Post. “Il punto è che quel debito è stato scaricato in gran parte sui greci”.
Molti analisti hanno invece rilevato come il leader di Syriza Alexis Tsipras sia stato eletto proprio per combattere le proposte dei creditori e di questo gli stessi avrebbero dovuto tenere conto.
“La Troika ha utilizzato una sorta di metodo Corelone alla rovescia – ha scritto il premio Nobel Paul Krugman — hanno fatto a Tsipras un’offerta che non poteva accettare”.
Per questo — ha continuato Krugman, “l’ultimatum era, in effetti, una mossa per sostituire il governo greco. E anche se non si è dei sostenitori di Syriza, questo dovrebbe essere inquietante per chiunque creda negli ideale europei.
(da “Huffingtonpost“)
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Luglio 2nd, 2015 Riccardo Fucile
LA SAGA INFINITA; ORA LA FIGLIA CERCA DI ELIMINARE LA CARICA DI PRESIDENTE ONORARIO
Le Pen contro Le Pen : nella battaglia tra la figlia e il padre, il patriarca Jean-Marie ha appena vinto
un primo round.
Oggi pomeriggio il tribunale di Nanterre, alle porte di Parigi, ha annullato la decisione presa dall’ufficio esecutivo del Front National lo scorso 4 maggio, che aveva sottratto al suo fondatore non solo la carica di presidente onorario ma anche la tessera della formazione politica.
Basandosi su alcuni problemi di forma (praticamente dei cavilli), la giustizia francese ha stabilito che Jean-Marie Le Pen «dovrà recuperare tutti i diritti inerenti alla sua qualità di aderente e possibilmente l’incarico di presidente onorario».
Quest’ultimo punto significa, in soldoni, poter ritornare nel suo ufficio, nella sede del partito, che lui stesso fondò nel lontano 1972.
E soprattutto rimettere le mani su tutti i vantaggi connessi a quel ruolo, compreso l’auto di ordinanza con chauffeur e la carta di credito.
Il partito, comunque, ha subito fatto appello contro la decisione del tribunale.
Non solo: hanno minimizzato, ricordando che ormai, all’interno dell’Fn, è stata innescata la procedura per eliminare del tutto quella posizione di presidente onorario.
Saranno gli aderenti al Front, che fanno parte del congresso, a deciderlo (hanno già ricevuto il bollettino con il quale votare e devono rinviarlo entro il 10 di luglio).
Visto il predominio attuale di Marine Le Pen sul Front National il risultato di quel voto è dato come scontato, sfavorevole a Jean-Marie.
Che, però, potrebbe inventare altri ricorsi ed espedienti. È chiaro che il vecchio Le Pen non si dà per vinto.
(da “Il Corriere della Sera”)
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Luglio 2nd, 2015 Riccardo Fucile
STORIE DI CORROTTI, CLAN E INQUINATORI NE RAPPORTO DI LEGAMBIENTE
Finalmente gli ecocriminali saranno costretti a pagare.
Dopo 21 anni di battaglie, la legge n. 68 del 22 maggio 2015, ha introdotto i delitti contro l’ambiente nel Codice Penale.
Questa edizione 2015 del rapporto Ecomafia, realizzato col contributo di Cobat, ed edito dalla casa editrice Marotta e Cafiero, non può che aprirsi quindi con un grido di gioia e con la speranza che questo 2015 sia uno spartiacque, l’anno in cui le ecomafie e l’ecocriminalità cominceranno ad essere contrastati con gli strumenti repressivi adeguati.
Intanto, il 2014 si è chiuso con un bilancio davvero pesante: 29.293 reati accertati, circa 80 al giorno, poco meno di 4 ogni ora, per un fatturato criminale che è cresciuto di 7 miliardi rispetto all’anno precedente raggiungendo la ragguardevole cifra di 22 miliardi, cui ha contribuito in maniera eclatante il settore dell’agroalimentare, con un fatturato che ha superato i 4,3 miliardi di euro.
Cresce l’incidenza criminale nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa (Puglia, Sicilia, Campania e Calabria), dove si è registrato più della metà del numero complessivo di infrazioni (ben 14.736), con 12.732 denunce, 71 arresti e 5.127 sequestri.
Si registra un calo dei reati in Campania (-21% circa), dovuto forse ai tanti riflettori accesi di recente sulla regione, e un aumento degli illeciti in Puglia, col 15,4% dei reati accertati (4.499), 4.159 denunce e 5 arresti.
Numeri dovuti al capillare lavoro di monitoraggio e controllo svolto in tutta la regione dalle forze dell’ordine (in particolare da Carabinieri, Guardia di finanza e Corpo forestale dello Stato), coordinate operativamente da diversi anni grazie a un Accordo quadro promosso e finanziato dalla Regione Puglia.
Crescono i reati nel ciclo dei rifiuti (+ 26%) e le inchieste sul traffico organizzato di rifiuti (art.260 Dlgs 152/2006), che arrivano addirittura a 35.
Aumentano anche gli illeciti nel ciclo del cemento: 5.750 reati (+4,3%), realizzati soprattutto in Campania e poi in Calabria, Puglia e Lazio.
Numeri e storie di corrotti, clan e inquinatori, sono state illustrate oggi a Roma da Legambiente per la presentazione del rapporto Ecomafia 2015, alla presenza diRossella Muroni, direttrice nazionale di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente, Alessandro Bratti, presidente della Commissione di inchiesta sul ciclo dei rifiuti, Donatela Ferranti, presidente della Commissione giustizia della Camera, Salvatore Micillo, copromotore della legge sugli ecoreati, Andrea Orlando, Ministro della Giustizia, Serena Pellegrino, copromotrice della legge sugli ecoreati, Ermete Realacci, presidente della Commissione ambiente della Camera e copromotore della legge sugli ecoreati,Franco Roberti, procuratore nazionale antimafia.
Durante la presentazione è stato letto anche messaggio di saluto inviato dal Presidente della RepubblicaSergio Mattarella, che sottolinea: “ricostruire un equilibrio tra territorio e società , tra sviluppo e cultura, tra ambiente e diritto della persona è anzitutto la grande impresa civica a cui ciascuno di noi è chiamato con responsabilità . Il rispetto dell’ambiente è essenziale per la coesione sociale e per la ripresa del Paese”.
“Quella del 2015 è una data straordinaria — ha dichiarato la direttrice nazionale di Legambiente Rossella Muroni -, l’anno della legge che introduce finalmente nel codice penale uno specifico Titolo dedicato ai delitti contro l’ambiente, che punisce chi vuole fare profitti a danno della salute collettiva e degli ecosistemi. Uno strumento fondamentale per combattere anche quella zona grigia, dove impera la corruzione che è diventata il principale nemico dell’ambiente a causa delle troppe amministrazioni colluse, degli appalti pilotati, degli amministratori disonesti e della gestione delle emergenze che consentono di aggirare regole e appalti trasparenti. La corruzione può servire per ottenere un determinato provvedimento o più semplicemente per far voltare dall’altra parte l’occhio vigile del funzionario, l’ultimo e traballante anello di una lunga catena di legalità . C’è bisogno allora dell’applicazione della legge sugli ecoreati — ha concluso Rossella Muroni —, ma anche di un complessivo cambio di passo, verso un paradigma economico più giusto e in grado di sollecitare nuova fiducia, partecipazione e trasparenza, perchè non ci si rassegni a pensare al malaffare come a un male senza rimedi”.
Di questo parla anche Raffaele Cantone, Presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, che nell’intervista di Toni Mira contenuta nel rapporto afferma: “Gli appalti pubblici nel settore dell’ambiente sono tra quelli più esposti alla corruzione e alla criminalità organizzata”.
I dati in questo senso parlano da soli.Sono ben 233 le inchieste ecocriminali in cui la corruzione ha svolto un ruolo cruciale, concluse con l’arresto di 2.529 persone e la denuncia di 2.016, grazie al contributo di 64 procure di diciotto regioni.
La Lombardia è la prima regione dove il fenomeno corruttivo si è maggiormente diffuso con 31 indagini, seguita subito dopo dalla Sicilia con 28 inchieste, la Campania con 27, il Lazio con 26 e la Calabria con 22. Dal Mose di Venezia ad alcuni cantieri dell’Alta velocità , dai Grandi eventi alle ricostruzioni post terremoto, dalla gestione dei rifiuti all’enogastronomia e alle rinnovabili, il fenomeno è purtroppo nazionale.
Analizzando le tipologie di reato, Ecomafia 2015 evidenzia, come già detto, un boom di infrazioni accertate nel ciclo dei rifiuti, che superano la soglia delle 7mila, per la precisione 7.244, quasi 20 al giorno.
Alto è stato anche il numero di inchieste di traffico organizzato di rifiuti (art. 260 Dlgs 152/2006), ben 35 nel 2014, facendo salire il bilancio a 285 a partire dal 2002. Impressionante anche il quantitativo di rifiuti sequestrati in questo ultimo anno e mezzo: in appena 16 inchieste di questo tipo sono stati bloccati da provvedimenti giudiziari più di tre milioni di tonnellate di veleni.
I traffici di rifiuti corrono anche lungo le rotte internazionali dove a farla da padrone sono i materiali di scarto destinati illegalmente al riciclo o a un approssimativo recupero energetico: rottami di auto e veicoli soprattutto (38%) per il recupero dei materiali ferrosi, scarti di gomma e/o pneumatici (17,8%), e poi metalli, plastica, Raee e tessili.
Crescono anche i reati accertati nel settore del cemento, 5.750 (+ 4,3%), mentre la Campania si conferma regione con il più alto tasso di illegalità , seguita da Calabria, Puglia e Lazio.
A questi dati vanno aggiunte le stime sull’abusivismo edilizio elaborate dall’Istituto di ricerca Cresme Consulting, che nel 2014 sarebbe quantificabile in circa 18mila nuove costruzioni fuori legge, circa il 16% del nuovo costruito, con un giro d’affari che supera abbondantemente il miliardo di euro.
Nel 2014 il settore più redditizio per le organizzazioni criminali è stato quelloagroalimentare, il cui fatturato, tra sequestri e finanziamenti illeciti ha superato i 4,3 miliardi (l’anno prima era intorno ai 500 milioni) per 7.985 reati accertati.
Nel racket degli animali le forze dell’ordine hanno verbalizzato ben 7.846 reati tra bracconaggio, commercio illegale di specie protette, abigeato, allevamenti illegali, macellazioni in nero, pesca di frodo, combattimenti clandestini e maltrattamenti, con la denuncia di 7.201 persone, l’arresto di 11 e il sequestro di 2.479 tra animali vivi e morti. La Sicilia è la regione dove se ne sono contati di più.
Se cala poi il numero degli incendi aumenta però la superficie boschiva finita in fumo, che dai 4,7mila ettari del 2013 arriva ai 22,4 dello scorso anno, quasi 5 volte tanto.
Non mancano i reati ai danni di aree tutelate da vincoli paesaggistici e archeologiche, musei, biblioteche, archivi, mercati, fiere e altri luoghi a rischio. Nel 2014 sono stati 852 i furti d’opere d’arte accertati dalle forze dell’ordine.
Furti che hanno portato alla denuncia di 1.558 persone e all’arresto di 15. L’attività più ricorrente tra quelle legate all’archeomafia è quella della ricettazione. Come gli altri anni il Lazio si conferma la regione con il maggior numero di reati, seguita da Emilia Romagna, Campania e Toscana.
Il 2014 è stato un anno di lavoro intenso per le Forze dell’Ordine che hanno raggiunto risultati sorprendenti nella lotta all’ecomafia. Il Corpo forestale dello Stato, insieme ai corpi regionali, come gli scorsi anni ha portato alla luce il numero più alto di infrazioni, 14.135, più del 48% del totale (con 11.214 denunce, 74 arresti e 3.778 sequestri). Risultati che fanno apparire ancora più incomprensibile la decisione del Governo di smembrare questo Corpo per inglobarlo in un’altra forza di polizia.
Spicca anche il lavoro svolto dai vari nuclei della Guardia di finanza, che seguendo l’odore dei soldi sporchi è sempre più spesso sulla scia degli ecocriminali: con 3.027 reati accertati ha messo a segno più del 10% del totale nazionale, raggiungendo numeri alti anche per l’alto numero di denunce, 6.131, di sequestri, 3.027, e di arresti, 31.
I professionisti dell’ecomafia.
L’ecomafia cresce (324 i clan monitorati ad oggi), oltrepassa i confini nazionali, vede i suoi interessi economici aumentare e assume sempre più la forma di una vera e propria impresa al cui interno operano figure professionali precise e definite.
C’è il trafficante dei rifiuti che ha reso questa attività illegale un affare dove a guadagnarci sono tutti gli anelli della catena, dai trasportatori agli industriali, dai tecnici agli intermediari con le istituzioni e agli utilizzatori finali che sotterrano i rifiuti nelle cave dismesse o nei terreni agricoli.
C’è l’imprenditore edile che favorisce il controllo diretto delle famiglie mafiose sugli appalti più “succulenti”, contribuendo alla devastazione dei luoghi più belli dell’Italia. L’uomo del supermarket o cassiere dei boss è colui che, attraverso le casse dei supermercati, ricicla ingenti quantità di denaro per conto della mafia.
Da semplici prestanome a veri e propri tesorieri, questi imprenditori della grande distribuzione, negli ultimi vent’anni hanno fondato imperi economici in Sicilia, in Calabria e in Campania all’ombra dei clan.
Tra le figure chiave troviamo il politico locale, eletto grazie ai voti o al sostegno economico delle famiglie mafiose, che una volta in carica si deve sdebitare, prendendosi cura dei loro interessi. Spesso si tratta addirittura di politici “regolarmente” affiliati a un clan. Ma c’è anche il funzionario pubblico, meglio noto come “colletto bianco”, figura che svolge un ruolo fondamentale negli uffici delle pubbliche amministrazioni e degli enti, quando si tratta di rilasciare un permesso a costruire, un’autorizzazione, una licenza. Poi ci sono il tecnico, l’esperto e il consulente,figure coltivate in passato in seno alla famiglia mafiosa, oggi facilmente reclutabili sul mercato, spesso superprofessionisti utili per estendere il raggio dei propri business.
Una novità assoluta è rappresentata dallo sviluppatore, professionista legato agli affari illeciti della green economy, esperto conoscitore dei meccanismi di sviluppo delle rinnovabili. In ultimo, ma non meno importanti compaiono il truffatore agroalimentare che, ai danni della salute dei consumatori, etichetta e vende prodotti di scarsissima qualità , scaduti o addirittura nocivi, sotto false diciture; il contrabbandiere di cuccioli che si macchia dei reati di compravendita illegale, occupazione di suolo pubblico, accattonaggio, truffa e maltrattamento di animali; il mercante di archeomafia che, avvalendosi di squadre di cercatori, saccheggia i siti archeologici per rivendere anfore e statuette sul mercato nero degli appassionati del genere.
“Finalmente — ha dichiarato il presidente nazionale di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza — i reati ambientali saranno adeguatamente puniti. L’approvazione del Ddl dopo 21 anni di attesa rappresenta sicuramente un salto di civiltà e una vittoria che avremmo voluto condividere con le tante realtà che fino ad oggi hanno dovuto fare i conti anche con la concorrenza sleale dell’imprenditoria criminale. Ma così non è stato. Confindustria, dopo aver fatto di tutto per insabbiare e snaturare la legge, ha reagito alla sua approvazione come ad un indegno attacco all’imprenditoria italiana, senza capire che solo una netta separazione tra economia sana ed economia illegale può rilanciare l’indubbio ruolo positivo dell’imprenditoria, e sprecando un’ottima occasione per valorizzare le imprese sane. Peccato: sarebbe stato un bel segnale per il futuro del Paese che oggi paga costi altissimi, in termini economici ma anche sanitari e sociali, per aver garantito finora l’impunità agli inquinatori. Infine oltre al ddl ecoreati, vogliamo ribadire che la buona politica e un sistema di controlli efficace sono il miglior antidoto per debellare le ecomafie, ecco perchè ci auspichiamo che nei prossimi mesi sia varata la legge di riforma del sistema delle agenzie ambientali, ancora ferma in Parlamento, e si metta mano alla Legge Obiettivo e alla nuova regolamentazione degli appalti”.
(da “Legambiente.it”)
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Luglio 2nd, 2015 Riccardo Fucile
IL MANIFESTO: “COME SI PUO’ PARAGONARE RENZI A PINTOR? IL SECONDO FU UN ERETICO E VENNE ESPULSO, IL PREMIER UN PRESUNTO ROTTAMATORE CHE CACCIA GLI ERETICI”
La nuova Unità già litiga col Manifesto. 
Ha cominciato il direttore Norma Rangeri con un corsivo dal titolo «Eretico chi?».
In bocca al lupo al giornale fondato da Gramsci e via con l’accusa di «travisare la storia con tesi bizzarre».
Renzi come Luigi Pintor? L’azzardo è opera del neodirettore de L’Unità , Erasmo D’Angelis (ex Manifesto), che riscontra nella «irruenza» del premier la stessa forza «rivoluzionaria» che animò il suo «maestro di giornalismo e di politica, un eretico dentro al Pci».
Rangeri gli rinfresca la memoria: «Pintor in quanto eretico è stato radiato dal Pci. Rottamato».
Era dunque «l’esatto contrario» di Renzi, un «rottamatore che sta mettendo ai margini gli eretici del suo partito».
D’Angelis ribadisce la sua fede: «Il premier sta facendo riforme di sinistra mai viste” (buona dose di umorismo involontario…n.d.r.).
Ma Pintor, che c’azzecca?
«Hanno portato entrambi una rivoluzione a sinistra. Matteo è un talento , nato per governare».
Lecito chiedersi se l’Unità sarà «più realista del re». Tantopiù che, attacca Rangeri, «non è con gli antenati altrui che si riconquistano i lettori».
E D’Angelis, citando Renzi: «Il derby è tra speranza e antipolitica. O si cambia, o si muore».
Certe volte meglio l’eutanasia allora…
(da “il Corriere della Sera“)
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Luglio 2nd, 2015 Riccardo Fucile
DETTAGLI SUL DENARO ELARGITO A RUBY… IL RACCONTO DI IRIS BERARDI E DELLA POLANCO
Una vera e propria ammissione di colpa messa nera su bianco da Luca Risso, ex compagno di Ruby, e inviata a Silvio Berlusconi.
Una lettera, quella di Risso all’ex premier, che è finita agli atti dell’inchiesta Ruby ter. Due giorni fa, il procuratore aggiunto di Milano Pietro Forno e i pm Tiziana Siciliano e Luca Gaglio hanno inviato l’avviso di conclusione delle indagini a 34 persone.
In quella missiva a Berlusconi, Risso ripercorre i rapporti tra Karima el Mahroug e l’ex cavaliere: passaggi di denaro, rivendicazioni ma anche una rivelazione.
L’ex compagno di Ruby, infatti, scrive che la sua “vita prese il colpo di grazia nel 2012, quando lei, per non far testimoniare Ruby a dicembre, ci chiese di andare via e tornare dopo il 10 gennaio”.
Il riferimento è alla deposizione di Ruby come parte offesa nel processo di primo grado in cui il leader di Forza Italia era imputato per concussione e prostituzione minorile: dopo una condanna a sette anni di carcere, Berlusconi è stato assolto da quel processo in appello e Cassazione.
“Così — continua Risso — dopo aver visto Maria Rosaria Rossi (senatrice di Forza Italia, indagata per falsa testimonianza nda) che ci diede i soldi per andare via, partimmo per il Messico e io fui costretto a vendere anche l’ultimo locale che gestivo”.
Secondo i pm Berlusconi avrebbe promesso a Ruby sette milioni di euro, con pagamenti che sono proseguiti nel tempo dal 2011 al marzo 2015.
Di quella cifra, almeno 320 mila euro in contanti sarebbero finiti a Risso, per finanziare il trasferimento in Messico della coppia.
Ed è sempre Risso che si adopera per acquistare un ristorante nello Stato centro americano, investendo anche due milioni a Dubai tramite la Playa Cooperation: un modo per fare passare quel denaro come “di sua proprietà ”, ed è per questo che oggi è accusato di riciclaggio.
Nella sua missiva, che risale a quando i rapporti con Ruby si erano incrinati, Risso ripercorre quattro anni di rapporti con l’ex cavaliere. “Io come ben si ricorderà — scrive Risso — mi sono messo a sua disposizione per qualsiasi cosa, sapendo entrambi che avevamo a che fare con un ragazzina scapestrata da seguire attentamente. Si ricorderà che le dissi, e diverse volte, di stare attento a non dare banconote da 500 euro a Ruby perchè era pericoloso, perchè andava in giro con buste piene di banconote da 500 e non si preoccupava di farle vedere”.
Nella lettera Risso chiede a Berlusconi di ricordarsi “di quello che mi promise, e perlomeno mi aiuti come può“.
E annota alcuni consigli dati in precedenza all’ex cavaliere sul denaro elargito a Ruby. “Le dissi di darle meno soldi e tagli più piccoli e magari di avvalersi dell’aiuto di Giuliante (il primo avvocato della ragazza di origini marocchine nda) visto che io ormai ero fuori gioco. E comunque qualsiasi cosa fosse accaduto, i soldi a Ruby li davo io… cosa che anche Ruby doveva dire”
Poi cita Risso anche una riunione ad Arcore .”Spero si ricordi anche della riunione a casa sua dove, con il dott. Toti e il sen. Messina, le proposi una intervista ad effetto con Ruby, che poi registrammo su Rete 4.
E anche quando le dissi che era necessario un atto molto forte di Ruby e decisi con lei di mandare Ruby davanti al tribunale con il cartello per difendere se stessa e lei… e attaccare i magistrati. Si ricorderà l’effetto che ha avuto sui media”.
Nel gennaio scorso Risso aveva scritto un post sulla sua pagina facebook scagliandosi contro il leader di Forza Italia: “Devo tornare per dire sulla faccia a Silvio Berlusconi che è un bugiardo“.
Ma non c’è solo la lettera di Risso agli atti dell’inchiesta milanese.
In un’annotazione della polizia giudiziaria si legge infatti che oltre a Ruby, anche la modella brasiliana Iris Berardi, sarebbe andata ad Arcore “quando era ancora minorenne” e lì avrebbe avuto i “primi contatti” con Berlusconi.
Il documento investigativo prende spunto dal diario personale della Berardi, dove la ragazza annota di “non essersi fatta mancare nulla, droga, alcol, sigarette, sesso orge ad Arcorè”.
Sempre nel diario, si legge nell’annotazione, Berardi “descrive esplicitamente uno specifico dettaglio di un rapporto sessuale da lei avuto con Silvio Berlusconi“.
“In ordine al primo contatto con Berlusconi — scrive sempre la polizia giudiziaria — viene fatto riferimento alla settimana precedente al capodanno 2008 (e all’epoca la Berardi era ancora minorenne nda)”.
Nel diario, la ragazza scrive inoltre che “le ragazze venivano preparate al peggio”, allertate “a non scandalizzarsi per le cose oscene” , dato che “lui le sue ragazze le bacia in bocca, le tocca”.
Ma oltre al diario della Berardi, la polizia giudiziaria ha prodotto anche altro.
“Dirò tutto come sta ho tutte le prove non si può essere così bastardi ci tiene alla politica?Ok oggi sono nella merda ma andremo tutti nella merda“, è il testo di un sms che Marysthell Polanco, una delle ragazze che partecipava ai festini di Arcore, avrebbe inviato all’avvocato Niccolò Ghedini, storico legale di Berlusconi, nel settembre 2014.
Nelle annotazioni della pg sono allegati anche alcuni screenshot relativi ad una conversazione tramite sms.
“Buongiono avvocato — scrive la ragazza a Ghedini — Volevo dirti che siamo molto dispiaciute col dottore perchè non ci riceve e ci chiude le porte, cose che prima non faceva”. “La invito a non contattarmi e comunque a non usare modi siffatti. Valuteremo azioni legali“, è una delle risposte di Ghedini.
La Polanco però non smetteva di scrivere. “Non ce la faccio più a tenere vostre bugie e la vostra presa per il culo lui aveva promesso pagare il mio avvocato e ha fatto delle promesse quando ci ha detto di venire da voi a dire le bugie che mi hanno spaventata, mi ha usata e non lo posso più tenere dentro non me ne frega andare in galera per colpa di lui, dirò tutto come sta ho tutte le prove“.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Luglio 2nd, 2015 Riccardo Fucile
PERIODO DI SFIGA PER SALVINI
Due uomini sono stati arrestati dai carabinieri, a Milano, dopo un tentativo di rapina alla succursale
italiana della Banque Chaabi du Maroc, in cui hanno fatto irruzione armati di pistole e indossando abiti in stile arabo e maschere in lattice.
Uno si fingeva una donna, coperto da un velo islamico.
Si erano anche tinti le mani con un fondotinta scuro, per sembrare nordafricani.
Gli arrestati sono due pregiudicati di 38 e 44 anni di Quarto Oggiaro, quartiere alla periferia di Milano; un terzo complice è riuscito a fuggire.
I tre si sono presentati alla filiale marocchina di via Martignoni, in zona Maggiolina, mercoledì pomeriggio, poco prima dell’orario di chiusura prevista alle 15.30 in periodo di Ramadan.
Hanno mostrato le armi ai tre clienti e ai quattro dipendenti presenti, aspettando l’apertura della cassaforte temporizzata.
La fuga
Intanto però è scattato l’allarme silenzioso e dopo pochi minuti i carabinieri sono arrivati all’ingresso. I banditi sono scappati da un’uscita secondaria e hanno iniziato una fuga terminata poco dopo in via Taramelli.
Lungo il percorso i militari hanno trovato le maschere e le tre pistole: un revolver calibro 38 rubato a Milano nel 2014, e due Sig Sauer 7.65.
Durante la fuga, nel tentativo di scavalcare un muro, un rapinatore è caduto lussandosi il braccio.
Alla fine due dei banditi sono stati catturati, mentre il terzo complice è riuscito a fuggire.
(da “il Corriere della Sera”)
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Luglio 2nd, 2015 Riccardo Fucile
LA ROSSI CONTRO I MOROSI: VIA DAGLI INCARICHI CHI NON PAGA LA QUOTA AL PARTITO
Forza Italia, la creatura politica di Silvio Berlusconi, continua a navigare in cattive acque dal punto di vista economico.
Questa mattina l’amministratore straordinario del partito, la fedelissima dell’ex Cav Maria Rosaria Rossi ha convocato una riunione presso la sede di San Lorenzo in Lucina nel quale è stato deciso che verrà proposto all’Ufficio di presidenza di Forza Italia l’esonero dagli incarichi di partito, sia a livello centrale che territoriale, e da quelli di competenza dei gruppi parlamentari, di tutti i rappresentanti che non sono in regola con i contributi dovuti al movimento.
I guai del partito cominciano nel momento in cui l’ex premier ha deciso di chiudere i ‘rubinetti’.
Lo stesso Berlusconi nel giugno 2014 aveva lanciato l’allarme (“siamo con l’acqua alla gola, servono
soldi”), ad ottobre erano arrivate le cifre ufficiali: un rosso di 15 milioni e un debito pari a 88 milioni.
Con le inevitabili conseguenze: prima 42 dipendenti mandati in cassa integrazione poi ieri il pignoramento di alcuni mobili dalla sede di San Lorenzo in Lucina (inaugurata in pompa magna nel settembre 2013) dopo che un fornitore si è rivolto al tribunale per il mancato saldo di alcuni debiti (congelati beni per un valore di 8mila euro). Nella riunione odierna erano presenti i senatori Paolo Romani, Maurizio Gasparri, Francesco Giro, i deputati Renato Brunetta, Gregorio Fontana, Deborah Bergamini, Sestino Giacomoni, il presidente della Liguria Giovanni Toti e il dottor Marcello Fiori.
Nel vertice è stato stabilito di convocare per la prossima settimana, con lo stesso ordine del giorno, la conferenza dei coordinatori regionali in vista di una successiva riunione dell’Ufficio di presidenza.
(da “La Repubblica“)
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Luglio 2nd, 2015 Riccardo Fucile
SIAMO INCAPACI DI PENSARE AL BENESSERE COLLETTIVO COME PRESUPPOSTO NECESSARIO DEL BENESSERE INDIVIDUALE
Pare che Tsipras abbia fatto concessioni sostanziose, 8 miliardi di risparmi per il prossimo anno.
Se l’Ue accetteraÌ€ e se il piano saraÌ€ davvero attuato, magari di Grexit non si parleraÌ€ per un paio d’anni.
Nel frattempo l’Italia ha un’occasione per riflettere.
In Grecia, da sempre, l’evasione fiscale eÌ€ elevatissima: secondo il Fmi, si tratta di 30 miliardi all’anno, pari al 10% del Pil.
Anche il “nero” eÌ€ elevato: 25 % del Pil.
Un terzo dell’economia greca non paga le tasse.
Le spese improduttive sono altrettanto elevate: l’80% della spesa pubblica andava in pensioni e stipendi.
EÌ€ per questi motivi che i bilanci dello Stato sono stati falsificati: non c’erano le condizioni per entrare nell’euro; il rapporto deficit/Pil, che non avrebbe dovuto superare il 3%, era pari — in realtaÌ€ — al 12%.
Una volta entrata in area euro, però, la Grecia ha avuto bisogno di sempre maggiori quantità di denaro, dovendo rispettare i parametri Ue.
Da qui un indebitamento che l’ha portata al disastro attuale.
Secondo Bankitalia, l’evasione fiscale italiana eÌ€ pari al 39% del gettito fiscale annuo (per il 2014, circa 500 miliardi).
Si tratta di 195 miliardi di euro, l’ 8,86% del Pil.
Il “nero” (il Sole 24 Ore) ammonta a 333 miliardi, il 15,14 % del Pil.
Dunque il 24% dell’economia italiana non paga le tasse.
Quanto alla spesa pubblica per stipendi e pensioni, secondo la Cgia di Mestre, essa è pari a circa 700 miliardi, il 43% del Pil.
Questi dati non sono molto dissimili da quelli greci.
CioÌ€ che ci differenzia eÌ€ una spesa pubblica improduttiva meno elevata e — almeno lo si spera — bilanci dello Stato non truccati.
Ma ciò che ci accomuna è la dimostrata incapacità a invertire questa tendenza.
Non saraÌ€ domani e forse nemmeno tra un anno, ma la bancarotta italiana eÌ€ probabile. La classe dirigente italiana non ha dimostrato neÌ consapevolezza del disastro neÌ capacitaÌ€ per farvi fronte.
EÌ€ impegnata in una costante guerra tra fazioni per la conquista e il mantenimento del potere.
L’interesse pubblico eÌ€ all’ultimo posto nella gerarchia delle sue scelte.
Ma ancora piuÌ€ grave eÌ€ l’atteggiamento dei cittadini, ognuno chiuso in un individualismo che tutto giustifica: l’evasione fiscale, ma anche la corruzione, il falso in bilancio, il voto di scambio, il riciclaggio.
Il bene comune — anche per loro — eÌ€ all’ultimo posto di ogni scelta.
Eppure ciò che sta avvenendo in Grecia dovrebbe scuotere le coscienze della politica e preoccupare i cittadini.
Davvero vogliono trovarsi in una disperata coda agli sportelli bancomat per prelevare 60 miseri euro al giorno?
EÌ€ noto quello che obiettano: la politica si moralizzi, assicuri servizi pubblici adeguati, riduca i suoi costi; e solo dopo ci potraÌ€ essere chiesto un comportamento civico diverso dall’attuale.
Posizione ipocrita e mistificatoria semmai ce n’eÌ€ stata una.
I voti confluiscono sempre su persone indegne; i servizi pubblici non saranno come quelli finlandesi (peroÌ€ la nostra sanitaÌ€ pubblica garantisce un’assistenza che la quasi totalitaÌ€ degli Stati occidentali non conosce), ma sono comunque nella media di quelli europei; i costi della politica sono vergognosi ma costituiscono una frazione minima della spesa pubblica complessiva.
La verità è che la nostra gente è incapace di pensare al benessere collettivo come presupposto necessario del benessere individuale: non è con questa genetica malata che sfuggiremo al nostro destino.
Bruno Tinti
(da “il Fatto Quotidiano”)
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