LE COSE DA IMPARARE SULLA CRISI GRECA: EVASIONE FISCALE E SPESA PUBBLICA SIMILI AD ATENE
SIAMO INCAPACI DI PENSARE AL BENESSERE COLLETTIVO COME PRESUPPOSTO NECESSARIO DEL BENESSERE INDIVIDUALE
Pare che Tsipras abbia fatto concessioni sostanziose, 8 miliardi di risparmi per il prossimo anno.
Se l’Ue accetteraÌ€ e se il piano saraÌ€ davvero attuato, magari di Grexit non si parleraÌ€ per un paio d’anni.
Nel frattempo l’Italia ha un’occasione per riflettere.
In Grecia, da sempre, l’evasione fiscale eÌ€ elevatissima: secondo il Fmi, si tratta di 30 miliardi all’anno, pari al 10% del Pil.
Anche il “nero” eÌ€ elevato: 25 % del Pil.
Un terzo dell’economia greca non paga le tasse.
Le spese improduttive sono altrettanto elevate: l’80% della spesa pubblica andava in pensioni e stipendi.
EÌ€ per questi motivi che i bilanci dello Stato sono stati falsificati: non c’erano le condizioni per entrare nell’euro; il rapporto deficit/Pil, che non avrebbe dovuto superare il 3%, era pari — in realtaÌ€ — al 12%.
Una volta entrata in area euro, però, la Grecia ha avuto bisogno di sempre maggiori quantità di denaro, dovendo rispettare i parametri Ue.
Da qui un indebitamento che l’ha portata al disastro attuale.
Secondo Bankitalia, l’evasione fiscale italiana eÌ€ pari al 39% del gettito fiscale annuo (per il 2014, circa 500 miliardi).
Si tratta di 195 miliardi di euro, l’ 8,86% del Pil.
Il “nero” (il Sole 24 Ore) ammonta a 333 miliardi, il 15,14 % del Pil.
Dunque il 24% dell’economia italiana non paga le tasse.
Quanto alla spesa pubblica per stipendi e pensioni, secondo la Cgia di Mestre, essa è pari a circa 700 miliardi, il 43% del Pil.
Questi dati non sono molto dissimili da quelli greci.
CioÌ€ che ci differenzia eÌ€ una spesa pubblica improduttiva meno elevata e — almeno lo si spera — bilanci dello Stato non truccati.
Ma ciò che ci accomuna è la dimostrata incapacità a invertire questa tendenza.
Non saraÌ€ domani e forse nemmeno tra un anno, ma la bancarotta italiana eÌ€ probabile. La classe dirigente italiana non ha dimostrato neÌ consapevolezza del disastro neÌ capacitaÌ€ per farvi fronte.
EÌ€ impegnata in una costante guerra tra fazioni per la conquista e il mantenimento del potere.
L’interesse pubblico eÌ€ all’ultimo posto nella gerarchia delle sue scelte.
Ma ancora piuÌ€ grave eÌ€ l’atteggiamento dei cittadini, ognuno chiuso in un individualismo che tutto giustifica: l’evasione fiscale, ma anche la corruzione, il falso in bilancio, il voto di scambio, il riciclaggio.
Il bene comune — anche per loro — eÌ€ all’ultimo posto di ogni scelta.
Eppure ciò che sta avvenendo in Grecia dovrebbe scuotere le coscienze della politica e preoccupare i cittadini.
Davvero vogliono trovarsi in una disperata coda agli sportelli bancomat per prelevare 60 miseri euro al giorno?
EÌ€ noto quello che obiettano: la politica si moralizzi, assicuri servizi pubblici adeguati, riduca i suoi costi; e solo dopo ci potraÌ€ essere chiesto un comportamento civico diverso dall’attuale.
Posizione ipocrita e mistificatoria semmai ce n’eÌ€ stata una.
I voti confluiscono sempre su persone indegne; i servizi pubblici non saranno come quelli finlandesi (peroÌ€ la nostra sanitaÌ€ pubblica garantisce un’assistenza che la quasi totalitaÌ€ degli Stati occidentali non conosce), ma sono comunque nella media di quelli europei; i costi della politica sono vergognosi ma costituiscono una frazione minima della spesa pubblica complessiva.
La verità è che la nostra gente è incapace di pensare al benessere collettivo come presupposto necessario del benessere individuale: non è con questa genetica malata che sfuggiremo al nostro destino.
Bruno Tinti
(da “il Fatto Quotidiano”)
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