Luglio 23rd, 2015 Riccardo Fucile
“VATTENE TERRONE”: MA IL SINDACO RIMEDIA UNA BRUTTA FIGURA… LA REPLICA: “SE IO SONO TERRONE TU SEI EXTRACOMUNITARIO, VISTO CHE NON ABITI NEANCHE A PADOVA”
Con addosso una maglietta con scritto «Je suis teron», alla pasticceria «Le Sablon» di via Reni
all’Arcella, una trentina di padovani originari del Sud ha preso simpaticamente parte all’aperitivo di solidarietà nei confronti di Antonio Foresta, il consigliere comunale nato in provincia di Cosenza e residente in città da oltre 35 anni che, due giorni fa, durante un’accesa discussione nell’aula di Palazzo Moroni, è stato attaccato così dal sindaco leghista Massimo Bitonci: «Vai via, terrone».
«Se noi meridionali siamo terroni, allora Bitonci è un extracomunitario, visto che viene e ancora abita in un Comune diverso da Padova», hanno ironizzato in coro i presenti all’«aperiterrone».
Soprattutto calabresi e pugliesi i presenti al fianco di Foresta, ma anche diversi padovani (tra cui l’ex leghista, ora passato con Tosi, Pierfilippo Pavanini) che hanno preso le parti del calabrese, e hanno approfittato per prendersela con il sindaco: «I leghisti possono nascondersi quanto voglio, ma quando vai a grattare sappiamo bene di che pasta sono fatti» hanno dichiarato.
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Luglio 23rd, 2015 Riccardo Fucile
IL CONFRONTO TRA 31 PAESI DA PARTE DEL SERVIZIO STUDI DI MONTECITORIO
Un cantiere sempre aperto. Con continue varianti e modifiche allo studio.
Segnate da un minimo comun denominatore: tagliare la spesa.
E’ la storia delle pensioni italiane, vero e proprio macigno sull’equilibrio dei conti pubblici.
Non è bastata neppure l’ultima riforma Fornero per chiuderla definitivamente. Varata non più tardi del 2012 già si pensa di scrivere nuovi capitoli.
Come ha annunciato il presidente del Consiglio Matteo Renzi e come ha proposto il presidente dell’Inps Tito Boeri con l’idea di ricalcolare tutti gli assegni previdenziali con il metodo contributivo che avrebbe l’effetto di dare una bella sforbiciata, l’ennesima, agli assegni.
Eppure, sfogliando il dossier del Servizio Studi della Camera dei deputati che ha messo a punto un’analisi comparativa tra la legislazione nazionale e quella di altri 30 Paesi europei, si scopre un dato interessante.
Quando nel 2050 l’attuale sistema pensionistico italiano andrà a regime, per le pensioni di vecchiaia (quelle erogate al raggiungimento dell’età pensionabile in base ai requisiti di legge, tra i quali gli anni minimi di contribuzione, vigenti al momento in cui matura il diritto previdenziale) bisognerà aver compiuto 69 anni e 9 mesi di età .
Una soglia che non ha eguali negli altri 30 Stati presi in considerazione nel dossier sia in confronto alla situazione vigente sia a quella che, negli anni, si determinerà nei singoli Paesi analizzati.
Ed anche sul fronte delle pensioni anticipate, le vecchie pensioni di anzianità (corrisposte al raggiungimento del requisito di anzianità contributiva, cioè del numero minimo di anni di contribuzione previsti dalla legge), il regime italiano resta uno dei più duri in circolazione.
LAVORATORI DI LUNGO CORSO
Partiamo dalle pensioni di vecchiaia. La normativa italiana prevede la possibilità per i lavoratori di sesso maschile del settore privato, lavoratori autonomi e para-subordinati, di ritirarsi a 66 anni e 3 mesi; idem per i dipendenti pubblici (uomini e donne); per le lavoratrici del settore privato invece uscita prevista a 63 anni e 9 mesi; per le lavoratrici autonome e para-subordinate a 64 anni e 9 mesi.
Sono invece necessari 65 anni e 3 mesi per la concessione dell’assegno sociale.
Riforme alla mano, per il futuro l’età pensionabile sarà gradualmente aumentata in proporzione all’aumento della speranza di vita e, a partire dal gennaio 2021, non potrà essere inferiore a 67 anni.
Che, come detto, saliranno a 69 anni 9 mesi entro il 2050.
Tra le discipline più rigorose d’Europa, c’è quella della Germania che fissa a 67 anni l’età pensionabile standard (a regime nel 2029) per l’accesso ai trattamenti di vecchiaia.
Unica eccezione per il lavoratori con almeno 45 anni di contributi obbligatori per i quali il limite di età scende a 65 anni.
Poi c’è la Francia: 60 anni per i nati prima del 1° luglio 1951, con incrementi di 5 mesi per anno di nascita fino a toccare i 62 per i nati dal 1955 in poi, se il lavoratore ha raggiunto il periodo minimo di iscrizione; 65 o 67 anni (in base agli stessi parametri anagrafici), invece, se non è stato maturato il periodo minimo di iscrizione.
Ci vogliono 67 anni anche in Islanda e in Spagna ma solo per i lavoratori con meno di 38 anni e 6 mesi di contributi (oltre tale soglia bastano 65 anni, ma dal 2027 ci vorranno 67 anni per tutti).
PENSIONI SCONTATE
Un anno di sconto, invece, nei Paesi d’oltre Manica. L’Irlanda ha fissato a 66 anni il requisito di età per l’erogazione della pensione.
Addirittura due nel Regno Unito: per i sudditi di Sua Maestà , attualmente, è previsto il limite di 65 anni per gli uomini che, entro il 2018, scatterà anche per le donne (per le lavoratrici, fino al 2010, era di 60 anni), in attesa che dal 2020 l’età pensionabile si alzi a 66 anni per tutti.
Soglie più basse, invece, nel resto d’Europa. Dove il record dei “baby” pensionati spetta, attualmente, ex equo alla Repubblica Ceca (62 anni e 8 mesi per gli uomini e da 61 anni e 8 mesi per le lavoratrici senza prole a 57 anni e 8 mesi per quelle con almeno 5 figli) e alla Slovacchia (62 anni per tutti, con trattamenti di favore per le donne con figli, ma dal 2017 scatteranno meccanismi di adeguamento dell’età pensionabile alla speranza di vita). In mezzo ci sono altri 17 Paesi nei quali, sebbene con sfumature diverse e in alcuni casi con trattamenti diversificati tra uomini e donne, l’età di riferimento per la pensione di vecchiaia è fissata a 65 anni.
Si tratta di Austria, Belgio, Danimarca, Lussemburgo, Slovenia, Cipro, Lettonia, Estonia, Lituania, Malta, Polonia, Romania, Ungheria, Svizzera, Bulgaria, Paesi Bassi, Polonia e Croazia.
Ma in questi ultimi tre Paesi, con meccanismi e tempi diversi, il limite di età sarà innalzato per tutti a 67 anni.
Ne bastano, invece, 64 ai cittadini di entrambi i sessi del Liechtenstein per acquisire il diritto ad una pensione di vecchiaia.
Poi ci sono i cosiddetti sistemi previdenziali flessibili, come quelli di Svezia (da 61 a 67 anni), Norvegia (da 62 a 75 ) e Finlandia (61 e i 68) dove il lavoratore può decidere di anticipare o posticipare la pensione.
ASSEGNO ANTICIPATO
Quanto alla pensioni anticipata, che ha sostituito dal gennaio 2012 la vecchia pensione di anzianità (riforma Fornero), quando essa è richiesta prima dei 62 anni di età e la persona ha maturato i requisiti per il godimento del trattamento (42 anni e 6 mesi per gli uomini e 41 anni e 6 mesi per le donne), è prevista una riduzione dell’importo dell’1% se si beneficia di una pensione anticipata 2 anni prima dei 62 anni; del 2% prima oltre i 2 anni. Guardando all’Europa, in Danimarca, Finlandia, Irlanda, Norvegia, Paesi Bassi, Regno Unito e Svezia la pensione anticipata non esiste.
In Germania è possibile lasciare il lavoro a 63 anni con 35 anni di contributi; a 60 anni per le donne nate prima del 1952 e con almeno 15 anni di contributi; a 63 anni per le persone nate prima del 1952 e con particolari requisiti. In Francia, la pensione anticipata è prevista in tre casi: tra i 56 e i 60 anni di età (lunga carriera); tra i 55 e i 59 anni (per grave disabilità ); a partire da 60 anni (lavori usuranti) in caso di invalidità causata da infortunio sul lavoro o fattori di rischio professionale.
In Spagna il diritto alla pensione anticipata si consegue a 60 anni per i lavoratori assicurati in base al sistema abolito nel 1967.
E’ possibile anticipare il congedo fino a un massimo di 2 anni prima del raggiungimento dell’età pensionabile in caso di pensionamento volontario; con 35 anni di contributi; se l’importo della pensione è pari al valore minimo della pensione stessa.
Oppure di 4 anni con 33 anni di contributi o se il lavoratore è rimasto disoccupato per almeno 6 mesi. I lavoratori con invalidità almeno del 45% possono andare in pensione a 56 anni (a 52 se l’invalidità è del 65%).
Antonio Pitoni
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Luglio 23rd, 2015 Riccardo Fucile
IL DOCUMENTO DELLA GUARDIA DI FINANZA CONTIENE ANCHE UNA MAIL INTERNA ANAS: “BASTAVA ATTENDERE 4 MESI”
Furono i capi dell’Anas a volere a tutti i costi l’apertura del viadotto Scorciavacche sulla statale 121
Palermo-Lercara Friddi con quattro mesi di anticipo sui tempi di lavorazione previsti.
E quell’apertura frettolosa la pretesero per incassare l’Mbo, il bonus economico per i risultati raggiunti.
E’ quanto emerge in modo netto da una minuziosa indagine condotta dal Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza di Palermo coordinata dal colonnello Italo Savarese e dal capitano Elisabetta Zanon.
Un documento di 20 pagine consegnato alla Procura di Termini Imerese che sta indagando sull’accaduto e che ilfattoquotidiano.it è riuscito a consultare.
Il viadotto fu inaugurato in pompa magna dall’allora presidente dell’azienda delle strade, Pietro Ciucci, alla vigilia di Natale 2014 e sprofondò rovinosamente dopo nemmeno una settimana.
Da allora lo stesso Ciucci e i dirigenti che gli facevano corona hanno sempre rigettato con sdegno il dubbio avanzato da molti, e cioè che l’apertura frettolosa non fosse affatto dettata da motivazioni nobili come quella di permettere agli automobilisti di percorrere quel pezzetto di strada su un tracciato nuovo e più sicuro.
E che neanche le esigenze di immagine del vertice Anas c’entrassero molto, cioè la necessità da parte di Ciucci di farsi bello con il nuovo governo di Matteo Renzi con l’apertura di un lavoro stradale importante.
I motivi veri di tanta fretta erano altri e assai meno confessabili: inaugurando prima della fine dell’anno lo Scorciavacche, i capi dell’Anas avrebbero guadagnato un bel po’ di soldini.
Quei bonus che ad alcuni dirigenti dell’azienda delle strade vengono riconosciuti con la formula dell’Mbo, Management by Objectives, metodo di valutazione che si basa sui risultati raggiunti a fronte di obiettivi prefissati.
Premi che non sono uno scherzo: non c’è una cifra fissa per tutti, l’importo varia ovviamente da dirigente a dirigente, da un contratto ad un altro.
Ma in linea di massima sono diverse decine di migliaia di euro l’anno ciascuno. In tal senso, era strategico aprire lo Scorciavacche in anticipo. E così avvenne.
Fu un disastro e probabilmente una delle ultime gocce che fecero traboccare il vaso della pazienza del governo nei confronti di Ciucci, che di lì a qualche mese in effetti fu dimissionato.
L’altra goccia cadde su Ciucci a marzo con la storia del viadotto Italia in demolizione sulla Salerno-Reggio Calabria: un operaio di origine rumena cadde da un’ottantina di metri e morì sul colpo.
Il viadotto è tuttora chiuso, i lavori in corso e una spina nel fianco anche del nuovo presidente Anas, Gianni Armani, con l’Italia spezzata in due nel Sud tra Mormanno e Laino Borgo, dove auto e camion sono incredibilmente costretti ad una lunga e pericolosa deviazione tra le stradine di montagna del parco del Pollino.
I finanzieri di Palermo sono arrivati a conclusioni esplicite dopo aver sequestrato una mole notevole di documenti e mail scambiate dai vari dirigenti Anas tra loro e con le ditte costruttrici riunite nel consorzio Bolognetta (Tecnis e cooperative Cmc e Ccc).
Le conclusioni sono queste: “L’apertura anticipata del tratto stradale oggetto del cedimento, sebbene richiesta ufficialmente dal Contraente generale (le ditte costruttrici ndr), proveniva, di fatto, da Anas Spa”.
Inoltre “la tratta in argomento rientrava tra i lavori che concorrevano al conseguimento degli obiettivi aziendali e l’apertura anticipata avrebbe, verosimilmente, consentito di rispettare le previsioni di produzione fissate per l’annualità 2014 e, conseguentemente, raggiungere gli Mbo”.
Secondo i finanzieri quattro erano i dirigenti Anas più interessati di altri ad anticipare l’apertura: Stefano Liani, Michele Vigna, Claudio Bucci e Salvatore Tonti.
Quest’ultimo è ancora il capo dell’Anas in Sicilia, Bucci era il responsabile dei lavori e fu spedito all’Aquila con un trasferimento che aveva il sapore della promozione, Vigna è il vice direttore delle nuove costruzioni nel Centrosud e Liani è il capo di due direzioni: nuove costruzioni e progettazione.
L’apertura frettolosa del viadotto fu quasi sicuramente la causa principale del crollo.
Tra i documenti sequestrati dalla Finanza c’è infatti anche una mail di uno dei componenti della commissione interna Anas sullo Scorciavacche, il professor Albino Lembo Fazio dell’Università Roma 3, indirizzata a Stefano Liani in cui si ammette: “I 4 mesi previsti dal programma dei lavori tra il termine del rilevato e l’inizio della costruzione della sovrastruttura stradale avrebbero probabilmente consentito di evitare quanto si è verificato”.
Daniele Martini
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Luglio 23rd, 2015 Riccardo Fucile
SU 14 PAESI OGGETTO DELLA RICERCA, GLI ITALIANI RISULTANO I PIU’ IGNORANTI… LA NOSTRA PERCEZIONE DI UN PROBLEMA E’ SPESSO LONTANO DALLA REALTA’
Quanti sono i disoccupati in Italia? Qual è la percentuale di musulmani nel nostro paese? Gli omicidi
in Italia stanno aumentando?
La società di ricerca Ipsos Mori ha fatto queste domande in 14 paesi l’anno scorso e gli italiani sono risultati il popolo più ignorante.
Alla pubblicazione del report del 2014 noi italiani ci siamo un po’ offesi.
A nessuno piace sentirsi dare dell’ignorante ma questo non cambia il fatto che molto spesso la nostra percezione del mondo sia piuttosto lontana dalla realtà .
Siamo ‘ignoranti’ nel senso che spesso ignoriamo dati e fatti fondamentali su temi che tanto ci fanno infervorare
In maniera meno spiccata, questo succede anche nei Paesi che secondo lo studio sono i meglio informati.
I tedeschi e gli svedesi, ad esempio, sovrastimano, e di molto, il numero di emigrati e il numero di madri minorenni nei loro Paesi.
Secondo Ipsos, però gli italiani tendono più di altri a filtrare attraverso opinioni preconcette le informazioni che ricevono, semplificandole fino a creare delle scorciatoie mentali basate sulla narrativa prevalente e quella comunemente accettata o ritenuta più accettabile in famiglia, a lavoro o tra conoscenti.
Con un riferimento alle scienze comportamentali, Ispos spiega che abbiamo la tendenza a crearci delle certezze dove non è semplice trovarne, cioè quando siamo davanti a questioni complesse o situazioni nuove.
Prendiamo in prestito opinioni da fonti che riteniamo attendibili senza assicurarci che lo siano davvero e le usiamo come ancore cognitive per arrivare a conclusioni semplicistiche su questioni complesse.
Scorciatoie appunto, che usiamo per filtrare le informazioni e decidere velocemente se prenderle per buone, ma scambiando, a volte, affermazioni opinabili per fatti assodati.
Per esempio, sentiamo sempre parlare di bassa natalità e paese che invecchia.
Questo naturalmente è vero. Ma quando Ipsos ci ha chiesto quale fosse la percentuale di over 65 in Italia e abbiamo provato a quantificare questo ‘invecchiamento della popolazione’, molti hanno risposto che quasi la metà della popolazione italiana è in età da pensionamento.
Abbiamo semplificato ed estremizzato, e abbiamo dipinto per i ricercatori l’immagine di un Paese quasi senza speranza, dove la metà della popolazione ha oltre 65 anni e degli altri, la metà è disoccupata. Catastrofico.
Pensiamo che una ragazzina su 6 diventi madre prima di poter prendere la patente (le minorenni Italiane che hanno figli sono lo 0.5% non il 17%) e che sia in atto una sorta di invasione islamica (i musulmani in Italia sono invece il 4% non il 20% come i più credono).
Questo golfo tra la nostra percezione del mondo e la realtà dei fatti è preoccupante perchè ha un impatto enorme sulle nostre scelte economiche, personali e politiche, può distorcere il dibattito politico del paese e in alcuni casi influenzare il suo andamento economico.
È quindi interessante vedere come quest’anno il rapporto di Ipsos sui 14 paesi monitorati spieghi che all’origine di tanta ignoranza ci sia il fatto che gli esseri umani in generale e — sembrerebbe — gli italiani in particolare tendono a interpretare la realtà che li circonda basandosi su opinioni preconcette o prese in prestito.
Secondo Ipsos alla base di tutto c’è una normalissima strategia di sopravvivenza: ogni giorno riceviamo talmente tante informazioni che necessariamente ci troviamo a doverle filtrare e interpretare secondo un sistema di ‘convincimenti guida’.
Il problema sorge quando l’uso di scorciatoie mentali prende il sopravvento sul nostro senso critico e quindi ci auto-limitano nell’apprendere ed elaborare dati e informazioni nuove, essenziali perchè continuiamo ad adattarci a situazioni nuove e quindi a sopravvivere.
Per questo può essere piuttosto difficile sfatare opinioni consolidate semplicemente fornendo i dati reali.
Il filtro, una volta creato, tende a renderci impermeabili a evidenze e fatti che vanno a minare le nostre persuasioni consolidate, indipendentemente dall’attendibilità e autorevolezza delle fonti
Alla base della distanza tra le risposte date ai ricercatori e la realtà però c’è anche la poca dimestichezza che tanti hanno con i numeri.
Percentuali e cifre con molti zeri sembrano troppo astratte, quindi probabilmente sappiamo fare una stima di quanti dei nostri conoscenti abbiano una seconda casa, ma non siamo in grado di quantificare quando i 60 milioni di italiani sono la base
Gli italiani tendono a sovrastimare situazioni inedite (immigrazione di massa verso l’Italia) o che vengono presentate come una fonte di potenziali problemi (presenza di musulmani in Italia) perchè troppo spesso le nostre emozioni, non le informazioni fattuali, sono alla base della nostra percezione.
Secondo lo stesso studio molti di noi sono terrorizzati da attacchi nucleari o chimici e il 60% di noi pensa che un’epidemia di ebola in Italia sia un’eventualità estremamente concreta.
Ma in pochi stanno svegli la notte per colpa del colesterolo alto nonostante le malattie ischemiche del cuore siano la prima causa di morte in Italia (75.098 casi).
Ipsos spiega che il rischio per il nostro Paese è che i cittadini diventino sempre meno capaci di discernere tra percezioni e realtà , costruendosi una corazza di scetticismo e sviluppando una tendenza a stare sempre sulla difensiva e perdere fiducia.
Abbiamo insomma la tendenza a guardare il Paese con lenti grigie e tendiamo a interpretare tutte le informazioni e gli stimoli che riceviamo secondo un sistema di comprensione impregnato di sconforto e apatia.
Col tempo, corriamo il pericolo di diventare un Paese trincerato dietro un’attitudine genericamente negativa alla vita e al futuro, incapace di immaginare, e quindi di sviluppare, soluzioni ai nostri problemi.
Secondo il report, la scuola, fin dai primi anni, può e deve aiutare ad acquistare familiarità con numeri e fatti e impegnarsi di più per insegnare ai giovani un metodo di ricerca e sviluppare il senso critico necessario per discernere tra percezioni e fatti. Imparare a mediare le nostre risposte emotive con analisi razionali sembra il modo migliore per riequilibrare la percezione, a volte eccessivamente negativa, che abbiamo del nostro Paese e dei suoi problemi.
Problemi veri, che nessuno può negare, e cambiamenti profondi che naturalmente non vanno sottovalutati ma che possono essere compresi pienamente e affrontati solo se acquisiamo collettivamente una maggiore consapevolezza del Paese.
Esiste certamente anche una responsabilità dei mezzi di informazione che a volte cavalcano allarmismi ingiustificati ed esiste una responsabilità della politica del panico collettivo che trova terreno fin troppo fertile in momenti di crisi economica o instabilità .
E sarà un’ovvietà ma forse vale la pena ripeterlo: esiste soprattutto una responsabilità individuale.
La responsabilità che abbiamo tutti noi, quando condividiamo link di dubbia provenienza, quando ci indigniamo per un sentito dire e quando decidiamo di ignorare fatti o dati che in qualche modo indeboliscono o confutano le nostre idee preconcette.
Proviamoci, anche solo per non fare la figura degli ‘ignoranti’ la prossima volta che ci chiamano i ricercatori Ipsos.
Alice Pilia Drago
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Luglio 23rd, 2015 Riccardo Fucile
LA NASA: “UN SOGNO DELL’UMANITA’ DA MIGLIAIA DI ANNI”
Si chiama Kepler-452b ed è il primo pianeta simile alla Terra scoperto dagli uomini.
La conferma, attesissima, è arrivata nel tardo pomeriggio quando la Nasa ha spiegato che la missione Kepler è riuscita a rintracciare un pianeta grande più o meno come il nostro che orbita in una “zona abitabile” – e cioè compatibile con la vita – attorno a una stella molto simile al Sole.
Per l’agenzia spaziale americana questa scoperta è una pietra miliare nel viaggio che dovrebbe portare alla scoperta di un nuovo pianeta Terra.
Durante la conferenza stampa sono stati presentati altri 11 piccoli pianeti in nuove zone abitabili, che potrebbero essere a loro volta nostri cugini.
Ad oggi Kepler-452b è il pianeta più piccolo mai scoperto in una “zona abitabile”, ossia dove l’acqua può rimanere in forma liquida sulla superficie, nell’orbita di una stella di tipo G2 – vale a dire della stessa famiglia del nostro Sole.
Si trova a 1400 anni luce, nella costellazione del Cigno.
Ecco i suoi dati, così come vengono forniti dalla Nasa:
Nonostante la sua massa e la composizione non sono ancora stati determinati, ricerche fatte in passato suggeriscono che i pianeti delle stesse dimensioni di Kepler-452b hanno una buona probabilità di essere rocciosi. Sebbene sia più grande della Terra, la sua orbita di 385 giorni è più lunga soltanto del 5% rispetto alla nostra. Inoltre Kepler è distante dalla sua stella il 5% in più rispetto alla distanza che separa la Terra dal Sole. È vecchio 6 miliardi di anni, 1,5 miliardi di anni di più del Sole, ha la stessa temperatura, il 20% più luminoso, il suo diametro è del 10% più largo.
Proprio per queste caratteristiche, la Nasa ha dichiarato che Kepler-452b è un “cugino più vecchio e più grande” del nostro pianeta, “un’opportunità per capire e riflettere sul modo nel quale può evolvere la Terra”.
“È emozionante pensare che questo pianeta è stato 6 miliardi di anni nella zona abitabile della sua stella, più a lungo della Terra. La vita in queste condizioni può avere molte probabilità di fiorire, se tutti gli ingredienti e le condizioni per la vita esistono su questo pianeta”
Il pianeta Kepler-452b ha dimensioni del 60% maggiori della Terra e orbita attorno a una stella del 10% più grande
L’agenzia governativa americana ha anche reso noti i progressi raggiunti dalla missione Keplero, progetto per scovare eventuali pianeti abitabili nella Via Lattea.
Il telescopio “cacciatore di pianeti” inviato nello spazio nel 2009 ha da allora trovato più di 4.000 pianeti nelle cosiddette “zone abitabili” della nostra galassia.
L’annuncio della scoperta di Keplero 452b, che ha tenuto con il fiato sospeso tutto il mondo, è “qualcosa che le persone hanno sognato per migliaia di anni”, la presenza di un pianeta come la Terra.
Come riporta il Telegraph:
È stato scoperto un enorme numero di pianeti vicini a noi, ma molti di essi sono inabitabili giganti gassosi o pianeti rocciosi simili alla Terra che sono troppo vicini alle loro stelle per ospitare la vita. Dal momento che è l’acqua a rivestire un ruolo cruciale per la nascita della vita, molti scienziati credono che sia necessario concentrarsi sui pianeti in cui l’acqua è presente.
Inoltre, anche le dimensioni del pianeta sono molto importanti in quanto si deve avere una forza di gravità sufficiente alla creazione dell’atmosfera – e la cosa migliore sarebbe trovarne uno grosso all’incirca come la Terra.
Lo scorso aprile gli astronomi trovarono il pianeta in assoluto più simile al nostro mai trovato sin’ora.
È stato rinominato Kepler-186f e si trova a 500 anni luce da noi. Orbita attorno ad una nana rossa nella costellazione del Cigno posizionata dalla nostra parte della Via Lattea.
Il Telegraph scrive ancora:
Kepler-186f sta orbitando al limite esterno della zona abitabile della sua stella, che vuol dire che l’eventuale presenza di liquidi sulla sua superficie potrebbe essere a rischio di congelamento. Tuttavia, poichè è leggermente più largo della Terra, gli scienziati sperano che l’atmosfera sia abbastanza densa da fornire il necessario isolamento termico.
In attesa di conoscere da vicino il nuovo pianeta Terra, gli scienziati ben sperano rispetto alla possibilità di vita aliena, e infatti è già stato costituito in Australia un gruppo di ricerca per captare eventuali segnali di vita extra-terrestre, ben finanziato e sostenuto da Stephen Hawking.
(da “Huffingtonpost“)
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Luglio 23rd, 2015 Riccardo Fucile
IL MERCATO PER FARE I GRUPPI ENTRO LUNEDI’, MA MANCANO I NUMERI
Il primo ad uscire dal ristorante, con aria sorniona, è Denis Verdini, con un plico di fascicoli sotto un
braccio.
Pochi minuti dopo, come le coppie che vogliono evitare sguardi indiscreti, esce il potente sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Luca Lotti, braccio destro (e sinistro) di Matteo Renzi.
Il ristorante la Gallura, ai Parioli, viene presentato su Tripadvisor come “un rifugio di classe, per una cena romantica o un incontro riservato”.
Escludendo la pista passionale, il posto “riservato” porta — secondo la fonte che li ha visti parlare — al motivo “riservato” dell’incontro: l’operazione “responsabili” su cui è al lavoro Verdini per garantire a Renzi, sulle riforme e non solo, un sostegno parlamentare al Senato.
E se dopo la cena nell’agenda di Verdini, nella giornata di oggi, compare anche il pranzo a palazzo Grazioli con Silvio Berlusconi, la manovra si configura come la più classica delle “aste”, in perfetto Verdini style.
Fatta di bluff sui numeri, di giochi di forza, di segnali obliqui.
Perchè nel momento in cui entra a palazzo Grazioli Verdini ha, nella cartellina sotto il braccio, un foglio con i nomi degli undici senatori che lunedì dovrebbero dare vita al gruppo Azione liberal-popolare. Chissà .
Per Silvio Berlusconi è il più classico dei bluff. Perchè l’ex premier negli ultimi giorni ha chiamato uno ad uno i “verdiniani” maturando la sensazione che, al momento, “Denis i numeri non li ha”.
Ipotesi che è sembrata una certezza quando, ieri sera, mentre Verdini al Gallura con Lotti, il Cavaliere all’hotel Bernini ha partecipato alla classica cena di “buone vacanze con i senatori”.
Di possibili seguaci di Denis ne mancavano cinque, compreso il suo ex plenipotenziario. Col quale, ormai, scorre l’odio: “Con me — ha ripetuto ai suoi — ha chiuso. Finchè aveva bisogno del sostegno economico stava qui, e ora che è spaventato dalla procura di Firenze dove è rinviato a giudizio si mette sotto l’ala protettiva di Renzi”.
Ed evidentemente il vecchio leone ha capito qualcosa visto che, al Senato, in parecchi raccontano che Verdini è in difficoltà sui numeri.
Tanto che, negli ultimi giorni, si è messo a telefonare pure a grillini, ex grillini e a Scelta civica, come racconta all’HuffPost più di un senatore a cui è squillato il telefono.
Tra gli incerti, poi, alcuni hanno aperto anche la loro, di asta.
Come l’ex governatore della Sicilia Raffaele Lombardo, che ha due senatori — Scavone e Compagnone — il quale prima è andato da Berlusconi e poi ha fatto sapere che vuole parlare direttamente con Renzi per vedere “cosa propongono sulla Sicilia” e poi decidere dove collocare i suoi.
In un clima che evoca i momenti più febbrili della compravendita che allora Verdini e Berlusconi gestirono assieme nel suk del Senato o l’operazione “responsabili” di Razzi e Scilipoti nel suk della Camera, negli ultimi mesi Denis ha incontrato tra pranzi, cene e caffè a Ciampini, trasformato nel suo quartier generale, almeno trenta senatori.
Di sicuri, al momento, ne ha sei: tre sono i “cosentiniani” Vincenzo D’Anna, Ciro Falango ed Eva Longo, il toscano Riccardo Mazzoni con cui Verdini gestì la fallimentare operazione dell’inserto toscano del Giornale, il sempre craxiano Lucio Barani, che va ancora in giro col garofano nel taschino. E, ovviamente, Verdini stesso.
L’obiettivo, rivela uno dei sei, è formare il gruppo entro lunedì, altrimenti con l’estate di mezzo si complica tutto, secondo la road map messa a punto con con Luca Lotti. Per questo si prefigura un pressing asfissiante dello stesso Verdini, che ha già promesso posti e incarichi di governo e di sottogoverno a mezzo Senato, su quelli che considera in bilico.
Oltre ai due lombardiani, c’è Riccardo Conti legato a Verdini da un processo per la vendita di un immobile a Roma, e Giuseppe Ruvolo, legato all’ex governatore della Sicilia Totò Cuffaro, che attualmente è in carcere per mafia, così come Cosentino è in carcere per camorra. Irrecuperabile, per Verdini, invece Riccardo Villari, per cui aveva pensato al ruolo di capogruppo della compagnia di responsabili verdinian-cosentian-cuffariani.
In ogni caso, i nomi, usciti dalla cartellina di Verdini, sono sul tavolo di Luca Lotti a palazzo Chigi.
(da “Huffingtonpost“)
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Luglio 23rd, 2015 Riccardo Fucile
IL SETTIMANALE: “CONFERMA TOTALE E CHIARA DA PARTE DI UN INQUIRENTE”
Nel numero del settimanale L’Espresso in edicola venerdì 24 luglio, con il titolo “Il calvario di Lucia”, la direzione racconta la storia dell’intercettazione che fa tremare la giunta di Rosario Crocetta e lo stesso governatore della Sicilia.
Si tratta della conversazione tra Matteo Tutino, primario di chirurgia estetica arrestato per una serie di reati tra i quali truffa e peculato, e Crocetta: Tutino dichiara “Lucia Borsellino va fatta fuori. Come il padre”.
A queste parole, secondo il settimanale L’Espresso che ha riportato la notizia, Crocetta risponde stando in silenzio.
L’Espresso scrive di essere a conoscenza dell’intercettazione fin dal maggio 2014: “Uno degli investigatori fa ascoltare ai cronisti Piero Messina e Maurizio Zoppi il brano di un audio, presentandolo come la dichiarazione di Tutino al governatore Rosario Crocetta sulla necessità di “far fuori” l’assessore Lucia Borsellino”.
Dopo l’arresto di Tutino, il 29 giugno 2015, e le dimissioni della Borsellino – il giorno dopo – secondo il settimanale “la stessa fonte contatta Piero Messina e gli ricorda la vicenda dell’intercettazione. Gli scandisce parola per parola la frase di Tutino”.
A quel punto l’Espresso racconta di aver cercato “altri riscontri”, che arrivano con la conferma di “un autorevole inquirente”: “Una conferma totale e chiara”. Con un invito alla pubblicazione: “Questa volta si va fino in fondo”.
Giovedì il direttore della rivista, Luigi Vicinanza, è tornato a difendere i suoi giornalisti sull’intercettazione per la quale Crocetta chiede all’Espresso 10 milioni di euro: “Noi non abbiamo messo in discussione la sorte del governo siciliano, abbiamo raccontato una storia, un contesto e una vicenda che tutte le inchieste che emergono stanno confermando. Nell’epoca del web in cui si vede, si sente tutto, capisco che il non poter esibire l’intercettazione appare un elemento di debolezza, ma i nostri cronisti a Palermo l’hanno sentita, hanno incrociato altre fonti e poichè era in dialetto, l’hanno tradotta”.
Alla domanda di Skytg24 se è ottimista sulla causa, Vicinanza risponde: “Come finirà la causa? Le cause sono per loro natura incerte. Quella sarà l’occasione di rispondere della correttezza del nostro operato, pur tutelando le nostre fonti”.
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 23rd, 2015 Riccardo Fucile
LA DECISIONE DEL GUP NELL’INCHIESTA PER IL FALLIMENTO DI UNA DITTA CHE AVEVA UN DEBITO DI 4 MILIONI DI EURO CON IL CREDITO COOPERATIVO FIORENTINO
Il senatore Denis Verdini è stato rinviato a giudizio dal gup di Firenze nell’ambito di un
procedimento in cui viene ipotizzata la bancarotta fraudolenta per il fallimento di una ditta che aveva un debito di 4 milioni di euro con il Credito Cooperativo fiorentino, che era presieduto da Verdini. A giudizio anche due imprenditori.
Altri problemi giudiziari dunque per il senatore fiorentino, rinviato a giudizio dal gip del Tribunale Silvia Cipriani.
Insieme a Verdini su richiesta del pm Luca Turco saranno processati anche due imprenditori edili, Ignazio e Marco Arnone, padre e figlio.
Secondo l’accusa, nel 2009-2010 Verdini – allora presidente della banca di Credito Cooperativo Fiorentino di Campi Bisenzio – affidò dei lavori alla ditta di Arnone jr. mentre l’impresa del padre si trovava in situazione pre-fallimentare, esposta per oltre 4 milioni proprio con la banca campigiana.
Per il pm, i compensi riscossi dal figlio furono poi in parte riversati tramite false fatture sulla ditta del padre, che in tal modo potè restituire parte del debito alla banca di Verdini.
Ma tutto questo venne fatto in danno degli altri creditori, contesta adesso la pubblica accusa.
E anche dell’impresa di Marco Arnone, successivamente fallita al pari di quella del padre.
Secondo la Procura fiorentina, Verdini sarebbe stato “l’istigatore” dell’intera operazione.
Massimo Mugnaini
(da “La Repubblica”)
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Luglio 23rd, 2015 Riccardo Fucile
“NON SI INSULTA LA MINORANZA, LE CRITICHE VANNO APPREZZATE”
Bersani e D’Alema a tenaglia su Renzi. È un attacco congiunto quello dei due esponenti della sinistra Pd al segretario del partito e presidente del Consiglio.
Parla prima l’ex segretario Pd Bersani, ospite di Omnibus su La7, che mette in discussione sia la disciplina di partito sulle riforme costituzionali, sia l’idea, apparsa sulla stampa, di un ingresso dei verdiniani nella maggioranza.
Mentre D’Alema bacchetta l’attuale premier sull’intenzione di abbassare le tasse, e in particolare di abolire dell’Imu, per i redditi più alti.
“Con me (Renzi, ndr) può fare quel che vuole ma quegli altri, come Speranza o Cuperlo, non deve trattarli come ‘musi lunghi’ perchè quelle sono persone che cercano di tenere nel Pd gente a disagio. Persone così – avverte Bersani, ospite di Omnibus su La7 – non si insultano. Anzi, li si apprezza”.
Siccome, argomenta ancora, “il Pd è l’unica carta che il Paese ha, non mi piacciono queste continue battute. Renzi – scandisce Bersani – deve rispettare chi la pensa diversamente, gente che cerca di tenere nel Pd chi nutre un disagio”.
Sulle riforme costituzionali, Bersani dice che “c’è la Costituzione che parla chiaro e quindi non c’è alcuna ‘disciplina’ da invocare”.
L’ex segretario Pd torna a ribadire che “c’è una cosa che non va tra riforma e legge elettorale: tutto è costruito per una persona, che oggi è Renzi e domani non so chi potrà essere temo peggio di Renzi. Questo non va bene e se un gruppo di senatori propone correzioni non credo possibile invocare la disciplina. Su questi temi – rivendica – bisogna convincersi e camnbiare un pò. Se poi si cerca Verdini, allora – avverte – si crea un problema di portata maggiore. E mi fermo lì”.
E a proposito delle possibili convergenze con i forzisti leali al Nazareno, Bersani liquida tagliente l’ipotesi: “Ho letto l’intervista di un senatore, D’Anna, che i giornalisti definiscono cosentiniano. Ecco, diceva cose tipo ‘facciamo il partito riformista con il Pd e buttiamo fuori al sinsitra’. Ora, mi aspettavo che dopo due nanosecondi arrivasse dal Nazareno una replica sobria tipo ‘ha parlato un ubriaco’, invece… E’ io – aggiunge – aspetto un cosentiniano che mi dice che devo andare fuori? Ma un intruso sono io che lo butto fuori”.
Proseguendo sul filo delle considerazioni puntute riservate dal segretario alla minoranza Dem nel corso della Assemblea nazionale della scorsa settimana, Bersani puntualizza che “io ricordo quando vincevamo, da Treviso a Catania, altro che quando si perdeva. La mia preoccupazione è che un pezzo di militanti e di elettori non è convinto e quindi c’è l’esigenza di rappresentare un disagio sul lato sinistro del partito”.
A proposito di democrazia interna, Bersani si rivolge direttamente al suo successore: “Matteo, ti ricordi sì di quando un segretario del Pd fece cambiare lo Statuto per far concorrere uno che lo voleva rottamare? Perchè lo fece? Per il Pd, perchè capiva – incalza – che poteva succedere qualche rottura e che il disagio invece va rappresentato”.
Ecco allora che “anche io feci le primarie, con Franceschini e Marino, e il giorno dopo l’uno diventò capogruopo e l’altro nel lo tenni nel gruppo dirigente del partito perchè un segretario – è l’ulteriore stoccata – deve tenere la sintesi: non è una concessione ma un dovere, un’esigenza”.
D’Alema invece parlato ad Agorà Estate su Raitre di “obiettivo giusto” riferendosi agli annunci di Renzi sulla riduzione delle tasse: “Ridurre le tasse è un obiettivo giusto, noi lo facemmo. I dati dell’Istat dimostrano che durante il mio governo furono ridotte dell’1,8%. Quindi, non è una novità in assoluto che la sinistra possa ridurre le tasse. Ora si tratta di vedere quali sono le priorità “.
Così Massimo D’Alema, in un’intervista ad Agorà Estate su Raitre.
“La priorità – prosegue l’ex premier – è ridurre la tassazione che grava sulle famiglie più povere e i lavoratori, perchè il sistema fiscale deve corrispondere, secondo la Costituzione, a un principio di equità sociale e di proporzionalità al reddito. Quindi, non si parte levando le tasse ai più ricchi ma ai più poveri”.
“Se si pensasse di ridurre le tasse aumentando il debito pubblico sarebbe una misura discutibile – aggiunge D’Alema – perchè sostanzialmente è come se ci dividessimo i soldi dei nostri figli. Immagino, però, che il governo non voglia pensare a una cosa di questo genere. Renzi ha annunciato tutto nel corso dei prossimi 3 anni, si tratta di una manovra di 50 miliardi e di capire da dove cominciare”.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: Partito Democratico, PD | Commenta »