Luglio 29th, 2015 Riccardo Fucile
NEL SUO RACCONTO MOLTE FALSITA’
Da alcuni giorni gira su internet una foto rilanciata dall’ex ministro Giorgia Meloni, in cui si vede
una pila di vaschette di cibo abbandonate per terra.
Racconta Meloni che il cibo in questione sarebbe stato gettato in strada dai migranti ospiti del centro di accoglienza allestito a Eraclea Mare (Venezia) dalla cooperativa Solaris.
La storia in questione è vera ma contiene una dose considerevole di inesattezze.
1) Lo Stato italiano spende 30 euro al giorno per ogni immigrato ?
La storia dei 30 euro che, secondo la vulgata di una certa parte politica, sarebbero dati ogni giorno agli immigrati, è falsa: lo Stato italiano non dà soldi agli immigrati ma agli enti incaricati di gestire i centri di accoglienza.
La storia dei 30 euro nasce da una (volutamente?) errata interpretazione dei bandi delle prefetture per la gestione dei centri, che prevedono un tetto massimo di spesa di 35 euro a persona accolta.
Si tratta di un bando, quindi per vincerlo le cooperative presentano progetti a costi ribassati, con una diretta ripercussione sulla qualità dei servizi.
Agli immigrati non viene dato neanche un euro in contanti ma un buono o una carta prepagata per un valore di 2,50 euro al giorno (ma la cifra non può superare i 7,50 al giorno per nucleo familiare, quindi se si è in quattro si ricevono soldi per tre persone e basta).
Inoltre viene consegnata una tessera telefonica da 15 euro all’ingresso nel centro. Nel resto dei 35 euro (se va bene) deve starci tutto: vitto, alloggio, pulizia, affitto dei locali, vestiario, ecc.
2) Lo Stato dà i soldi agli immigrati invece che alle famiglie italiane ?
Non è vero. Lo Stato non sposta fondi destinati alle famiglie italiane per darli agli immigrati. I fondi in questione sono stanziati in compartecipazione dell’Unione Europea, che prevede un finanziamento dei progetti di accoglienza.
Se non ci fossero immigrati da accogliere non ci sarebbero quei soldi, quindi non potrebbero essere destinati ad altri fini i ogni caso.
3) Il 90% degli immigrati non ha diritto all’asilo politico ?
Un’altra bufala, grande quanto una casa: secondo gli ultimi dati forniti dal Ministero degli Interni (risalenti a febbraio 2015) le richieste d’asilo accolte sono il 51% del totale.
Il 49% dei richiedenti asilo non ottiene lo status di rifugiato, non il 90%. ù
Francesco Zaffarano
(da “La Stampa“)
Per quanto riguarda la protesta dei profughi la situazione non è quella che la Meloni vorrebbe far apparire.
Le proteste sono rivolte alla cooperativa Solaris che gestisce il residence di accoglienza, ma i problemi sono molteplici e non riguardanti solo il cibo.
Stiamo parlando di Eraclea Mare, una piccola frazione e località turistica del Veneto appartenente al Comune di Eraclea.
Secondo l’accordo Stato-Regioni, in quella località dovevano essere ospitati 13 profughi, invece in data 13 luglio 2015 erano 250 nel solo residence Mimose
I profughi protestavano già a inizio luglio in merito alle scarse condizioni igieniche e sanitarie, al sovraffollamento e alla scarsità degli alimenti forniti: il cibo non è sufficiente per tutti.
Un giornalista che ha potuto visitare il sito testimonia: “Non vogliono più rimanere con questa cooperativa perchè la cooperativa sta mangiando alle loro spalle. Ci sono circa 8 persone per appartamento, le camere non sono pulite e sono loro stessi che si occupano di pulirle, anche se dovrebbe essere la cooperativa a farlo, è un loro compito. Non hanno l’elettricità nelle camere e sono costretti a stare nei corridoi se vogliono un po di luce durante la sera. Quando uno è malato gli danno al massimo del paracetamolo e non gli fanno delle visite complete .”
Prima di parlare, insomma, bisognerebbe sapere di cosa si parla.
argomento: Fratelli d'Italia | Commenta »
Luglio 29th, 2015 Riccardo Fucile
“MA NON RINNEGHIAMO IL NOSTRO PASSATO”… IL GRUPPO E’ DI 10 SENATORI E SI CHIAMA ALLEANZA LIBERALPOPOLARE-AUTONOMIE
“Rassicuriamo gli amici della sinistra Pd: nessuno di noi ha il desiderio, la voglia di iscriversi al Pd”: il senatore Denis Verdini, presenta al Senato il suo nuovo gruppo parlamentare Alleanza liberalpopolare-autonomie (Ala) e mette a tacere i sospetti di una vicinanza alla maggioranza.
Replicando a Roberto Speranza, che ha parlato di “film dell’orrore” in un caso di avvicinamento al Partito Democratico, Verdini afferma: “Ricordi di essere stato il macchinista, l’operatore degli ultimi film dell’orrore. Gli è dato di perdere la vista, ma non la memoria, come il macchinista di ‘Nuovo cinema paradiso’. Lui ha fatto tutte le trattative (per il Nazareno), senza scandali”
Uno degli obbiettivi dichiarati della nuova formazione politica è quello di fare arrivare in porto le riforme costituzionali: “Il ddl Boschi va approvato così com’è e se non venisse approvato si rivà nel pantano”.
Verdini rivendica, quindi, l’impegno per mandare avanti le riforme: “Nella nostra componente c’è chi ha votato le riforme e c’è chi non lo ha fatto ed è libero di mantenere questa posizione. La gran parte però le hanno votate dall’inizio sia in Senato che alla Camera. Io ricordo che abbiamo fatto le riforme insieme ad altri ma non sono le riforme di altri su certi punti certe c’è la nostra identità “.
Nuovo gruppo.
Con Verdini ci sono altri nove senatori: Lucio Barani, presidente; Riccardo Mazzoni, vicepresidente vicario; Eva Longo, vicepresidente; Giuseppe Compagnone, tesoriere; Vincenzo D’Anna, portavoce; Ciro Falanga, segretario d’Aula; Riccardo Conti, Pietro Langella, Antonio Scavone.
Doloroso strappo con Fi.
Uno strappo, quello da Silvio Berlusconi, che arriva non senza dolore: “È uno strappo e come tutti gli strappi addolora e fa male. Quando non ci sono identità di vedute nessuno finisce o muore, uno vede le cose in maniera diversa. Ho una grandissima lealtà che mi lega a Berlusconi, ma vediamo le cose in maniera diversa”.
Parlando dell’ex Cavaliere , ha aggiunto che “lui è sempre stato in questi 20 anni lungimirante, però questo non significa che sempre si vedono le stesse possibilità . Come tutti gli strappi fanno male, il dolore uno se lo tiene e tira fuori l’ottimismo. La nostra storia legata a Berlusconi è straordinaria e fa male parlarne. Non ne vogliamo parlare, parliamo di quello che facciamo”.
Nasce anche associazione.
Al Senato, dunque, nasce ufficialmente un nuovo gruppo con leader Denis Verdini, capogruppo Lucio Barani e portavoce Vincenzo D’Anna. Barani ha annunciato che è stata spedita la lettera al presidente Pietro Grasso con la comunicazione della nascita del nuovo soggetto. “Oltre al gruppo abbiamo costituito anche un’associazione di cui io sono il presidente”, ha detto ancora Verdini.
Completare legislatura Costituente.
“Veniamo tutti dal Pdl, non rinneghiamo nulla, non abbiamo alcun desiderio di iscriverci al Pd, anche perchè da toscano, se avessi voluto lo avrei fatto da giovane…”, ha esordito Verdini nella conferenza stampa in Sala Nassiriya. Verdini ha anche specificato che scopo della nuova formazione è “portare a termine la legislatura costituente”, volta a dare una cornice moderna all’impianto istituzionale dello Stato e quindi alle riforme in discussione a Palazzo Madama: “Vogliamo essere liberi di completare la legislatura Costituente come avevamo iniziato. Poi c’è una prospettiva politica che è nelle nelle cose e che ritiene che l’area moderata sia il centro del Paese. Il centro determina sempre la vittoria dell’una o dell’altra parta ma per determinarla deve avere la libertà di potersi muovere senza pregiudizi e realizzare le riforme con una maggioranza allargata significa dare stabilità agli elettori”.
Italicum.
Per Verdini, l’Italicum è una legge che in questo particolare momento “va bene, perchè contiene in sè una grande modernità , ovvero la sera delle elezioni la lista che vince governa per cinque anni”.
Detto questo, l’Italicum “può essere modificato una volta che sarà approvato il ddl Boschi”. Per il leader di Ala, dunque, “l’Italicum può anche essere modificato, ad esempio sul premio alla lista da assegnare invece alla coalizione, perchè c’è ora una incongruenza tra il premio di maggioranza alla lista e gli sbarramenti”.
Gruppo alla Camera forse a settembre.
È prossima la formazione del gruppo anche alla Camera? Alla domanda posta mentre lascia la sala Nassirya del Senato, Denis Verdini replica: “Non lo so, non lo so, vedremo a settembre”.
In precedenza, tuttavia, il capogruppo a palazzo Madama Lucio Barani non aveva escluso la possibilità di un’accelerazione, con ‘battesimo’ a Montecitorio già la prossima settimana.
L’ipotesi, però, sembra difficile per mancanza di numeri: servono, infatti, venti deputati a Montecitorio per costituire un gruppo.
argomento: Forza Italia | Commenta »
Luglio 29th, 2015 Riccardo Fucile
SOSPESO L’AUTISTA DEL VIDEO-DENUNCIA
Christian Rosso, l’autista di bus che qualche giorno fa aveva pubblicato un video su internet per
spiegare le condizioni di lavoro della categoria è stato sospeso a tempo indeterminato dall’Atac, l’azienda del trasporto pubblico romano.
La notizia è stata data dallo stesso giovane ai suoi colleghi mentre è in corso un sit in di protesta in Campidoglio cui partecipano un centinaio di autisti.
L’autista, come riporta l’agenzia di stampa Omniroma, è arrivato accolto da applausi e urla, e si è messo al centro delle scale con un fazzoletto sulla bocca. “Non mi riconosco nei sindacati, nè nei partiti. Adesso l’unica soluzione è Grillo. Vogliono mettere il bavaglio a tutto, ci vogliono tappare la bocca”, ha spiegato Rosso.
“Non mi sono pentito – ha aggiunto – perchè ho informato i cittadini che l’autobus non passa, che non ci sono i mezzi. Io ero stato aggredito nel 2008 con un taglierino, per 1.200 euro non si può rischiare così. Dicono che lavoriamo poco, io non posso chiedere la 104 per mia madre, che è considerata assenza”.
“È assurdo, alla sottoscritta che ha detto e messo su Facebook cose peggiori hanno dato solo giorni di sospensione, la troika romana deve capire che Christian non è solo. Il M5s è l’unico che se arrivasse al potere potrebbe risanare l’Atac”, ha dichiarato la leader della protesta Micaela Quintavalle, di Cambiamenti.
Risaliti in piazza del Campidoglio, gli altri autisti si sono tolti la camicia azzurra dell’Atac in solidarietà a Rosso, urlando “Christian”.
“Divergenza” Marino – Esposito.
Si registra una prima divergenza tra il sindaco di Roma Ignazio Marino e il neo assessore Stefano Esposito. Al primo cittadino i giornalisti chiedono un commento sull’autista Atac sospeso dall’azienda: “Questa domanda la poteva fare a un politicante del secolo scorso, non a me. Io non mi occupo di amministrazione delle aziende ma di selezionare le persone che devono poi avere la responsabilità strategica delle aziende come gli assessori che a loro volta scelgono i dirigenti e i cda delle aziende di loro competenza. In questa città , purtroppo, in passato è accaduto e continua ad accadere che quando qualcuno deve essere punito o licenziato arrivi la telefonata del politico che dice ‘No, ha fatto la campagna elettorale’. A me non me ne frega niente che ha fatto la campagna elettorale di uno di destra o di sinistra. Se fa bene fa bene, se fa male viene giudicato per quello che fa”.
Subito dopo, arriva il commento di Esposito: “Invito l’amministratore delegato dell’Atac a valutare forme diverse di sanzioni”, ha detto il neoassessore ai Trasporti di Roma Capitale.
La maggior parte degli autisti appartiene alla sigla Cambiamenti-M410, nata due anni fa in contrasto con l’azione dei sindacati.
Hanno affisso degli striscioni che recitano: “Per nascondere la verità c’hai messo contro un’intera città “, e “false promesse e video messaggi, sono questi i veri disagi”. Partecipano al sit molti lavoratori della linea Roma-Ostia, da sempre una delle tratte ferroviarie cittadine in condizioni peggiori.
A manifestare ci sono anche una ventina di utenti facenti parte del Comitato pendolari Roma-Lido. Chiedono mezzi più efficienti e denunciano “una situazione indegna per chi viaggia e per chi lavora”.
Vorrebbero incontrare il neo assessore ai trasporti, Stefano Esposito, che ieri ha sottolineato di aver già preso contatto con i principali sindacati del trasporto pubblico della città .
“Ieri il neo assessore Esposito ha detto che si prenderà tre mesi di tempo – spiegano i lavoratori – ma tre mesi non ci sono. Lui e ‘pinocchio’ Marino vogliono dare Atac in pasto ai privati dopo averci fatto firmare un accordo vergognoso ma che prevedeva la permanenza di Atac in house fino al 2019: il trasporto è un servizio pubblico e ha bisogno di rimanere tale. Il nostro obiettivo è che il servizio rimanga pubblico, Marino scenda e venga a parlare con noi lavoratori e utenti o riceva una delegazione, perchè se è in buona fede è disinformato”.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: Roma | Commenta »
Luglio 29th, 2015 Riccardo Fucile
CAOS NEL PD, ZANDA FURIOSO CON LA SERRACCHIANI
Tra Palazzo Chigi e Palazzo Madama, l’operazione ‘salvare il soldato Azzollini’ è entrata nel vivo lunedì, a ridosso del voto dell’aula sulla richiesta di arresto della procura di Trani nei confronti del senatore di Ncd.
Operazione gestita dal capogruppo del Pd al Senato Luigi Zanda insieme al sottosegretario Luca Lotti, fidatissimo consigliere di Matteo Renzi.
Insomma, la decisione presa oggi dall’aula del Senato di respingere la richiesta dei pm non è affatto una sorpresa in casa Dem, sebbene sulla carta sia avvenuta all’ombra di due incognite: il voto segreto e la libertà di voto assegnata da Zanda al gruppo Pd. Eppure ora, a voto fatto e arresto respinto, in casa Dem volano gli stracci.
Renzi si mantiene distante. Almeno fino a quando sarà possibile.
Il salvataggio di Azzollini è un ‘non-delitto’ senza lasciare impronte.
O almeno era questo l’intento al quartiere generale Pd.
Si vedrà se è riuscito, visto il caos che si è scatenato nel Pd. Zanda lascia filtrare di non aver deciso tutto da solo, come è logico che sia nei rapporti tra un capogruppo e il suo partito.
I renziani più vicini al premier giurano che su questa storia “il governo non c’entra niente”. Eppure – come anticipato dal Foglio, quotidiano molto vicino a Matteo Renzi – già da ieri si sapeva che Azzollini sarebbe stato salvato e che in aula il Pd avrebbe osservato libertà di voto.
Nessuna indicazione di partito, coscienze libere di rispettare l’indicazione della giunta per le immunità , favorevole all’arresto, oppure di respingerla.
Tanto da spaccarsi, con un rapporto di 40 (favorevoli all’arresto) a 60 (contrari), più o meno, ma del tutto trasversali. In questa storia non c’è la solita trama di scontro tra renziani e non renziani: entrambe le fazioni sono miste. C’è però lo scontro tra favorevoli e contrari.
Ci sono le argomentazioni di Pietro Ichino, rientrato nel Pd proprio per via di Renzi, che si dice “sconcertato” dalla debolezza dell’impianto accusatorio dei giudici.
E ci sono anche quelle di Luigi Manconi, che renziano non è mai stato, che pure spiega il suo no all’arresto sottolineando che sì, contro Azzollini c’è il “fumus persecutionis” e non ci sono ragioni per chiederne l’arresto: “Nulla tra le carte trasmesse lascia intendere che il senatore Azzollini voglia sottrarsi al giudizio, inquinare le prove o commettere nuovamente il reato di cui è accusato”.
Insomma, a dispetto della decisione della giunta, sconfessata oggi dall’aula, sono queste le argomentazioni sulla base delle quali Renzi e i suoi fanno valere le ragioni del no.
Ma l’aspetto mediatico, il rischio ‘gogna’, è un’altra cosa. Ed è questo che spinge Renzi a correre ai ripari.
E’ per questo che subito dopo aver messo in porto l’operazione salvataggio, il vicesegretario Debora Serracchiani si dissocia, dice che avrebbe “votato sì”.
E di fronte ai tre senatori di minoranza Dem (Fornaro, Gatti e Pegorer) che le chiedono perchè “non abbia parlato prima”, rincara: “Su Azzollini non abbiamo fatto una bella figura, dovremmo chiedere scusa”. Panico.
Al Senato si scatena la rabbia contro il vicesegretario. Zanda è furioso.
Tutta la responsabilità cade su di lui, a cascata. E poi: Serracchiani parla a nome di Renzi o in maniera autonoma? E’ la domanda che gira nei corridoi di Palazzo Madama.
Di certo, Serracchiani tende a distinguersi, tra i renziani c’è chi dice stia lavorando ad un suo ‘gruppetto’, simil-corrente.
Ma è altrettanto ovvio, spiegano fonti vicine al premier, che Serracchiani non parla per danneggiare Renzi. Tanto più che chiedendo al Pd di scusarsi, lancia la palla proprio nel campo del segretario.
E non è detto che il leader Dem non accolga. Potrebbe anche parlare di scelta sbagliata del Pd su Azzollini. Potrebbe.
Insomma, un po’ come quando, mesi fa, sull’onda della condanna della Corte di giustizia Ue per le “torture” perpetrate dalla polizia sui noglobal della scuola Diaz di Genova al G8 2001, il presidente del Pd Matteo Orfini chiese le “dimissioni dell’allora capo della polizia Gianni De Gennaro da Finmeccanica”.
Renzi lasciò correre. De Gennaro è ancora lì.
C’è chi lo chiama “gioco delle parti” per resistere alla bufera grillina che naturalmente si sta abbattendo sul Pd.
I più maligni parlano di “diverse parti in commedia”, finchè passa la bufera. Più o meno siamo lì.
I renziani però giurano che non c’è un retroscena politico di questa storia. “Tanto più che su Azzollini Ncd non ha minacciato di far cadere il governo — dice una fonte renziana — Alfano ha scaricato il senatore. Chi invece si è attivato molto in Senato è stato Schifani, che ha chiamato uno per uno i senatori per chiedere il voto contrario all’arresto…”.
Alle possibili ricadute sul governo, nessuno crede nel palazzo. Men che meno ora che Denis Verdini ha annunciato la nascita del suo nuovo gruppo al Senato, scialuppa di salvataggio per il governo.
Però, spiegano fonti Dem renziane, è vero che “ormai Renzi flirta con l’elettorato moderato di centrodestra”.
In vista di possibili alleanze alle amministrative e magari anche in vista di una possibile modifica all’Italicum, che i centristi chiedono da mesi e che per ora Renzi non accoglie, pur conoscendo i limiti della sua legge.
Si vedrà . Resta il ‘pasticciaccio brutto’ del Pd, frantumato anche sul caso Azzollini.
E pensare che, agli inizi di giugno, quando si seppe della richiesta di arresto, il primo istinto dei Dem fu di dire sì.
Tanto che subito cominciarono a ipotizzare possibili sostituti di Azzollini alla presidenza della Commissione Bilancio del Senato.
Orfini fu addirittura esplicito: “Inevitabile che il Pd voti a favore dell’arresto”. Poi, di fronte alla furia di Ncd, corresse: “Vanno prima studiate le carte”.
Da allora è passato più di un mese, Azzollini ha fatto il ‘buon gesto’ di dimettersi dalla presidenza della Bilancio, in giunta hanno studiato le carte e molto hanno arricciato il naso: non convince.
Però poi hanno votato sì. Capitolo chiuso?
(da “Huffingtonpost”)
argomento: Renzi | Commenta »
Luglio 29th, 2015 Riccardo Fucile
IL NO ALL’ARRESTO DI AZZOLLINI “E’ UN ALTRO DURO COLPO ALLA QUESTIONE MORALE”
“Una vergogna”. Di più: “Si è voluto salvare uno della casta”. 
Ci va giù duro il senatore del Partito democratico, Felice Casson, dopo che l’Aula di Palazzo Madama ha votato contro la richiesta di arresto per Antonio Azzollini (Nuovo centrodestra), ex presidente della commissione Bilancio del Senato accusato dalla Procura di Trani di bancarotta fraudolenta e associazione a delinquere nell’inchiesta sul crac della casa di cura Divina Provvidenza.
‘No’ arrivato anche grazie ai voti del suo partito, nonostante lo scorso 8 luglio la Giunta per le autorizzazioni di Palazzo Madama presieduta da Dario Stefà no (Sel) — di cui lo stesso Casson fa parte — avesse votato a maggioranza (13 a 7) per il ‘sì’ alla misura cautelare.
Ecco perchè oggi l’ex magistrato, contattato da ilfattoquotidiano.it al termine della votazione, non riesce a nascondere la propria amarezza.
“È un altro duro colpo alla questione morale”, dice.
Il senatore si era già autosospeso temporaneamente dal partito quando il Pd a ottobre 2014 aveva votato contro la richiesta della Procura di Trani di utilizzo delle intercettazioni di Azzollini nell’ambito dell’inchiesta sulla presunta maxitruffa del porto di Molfetta.
Senatore, cosa è successo?
Era prevedibile che sarebbe andata a finire così e che l’Aula avrebbe salvato Azzollini. Di fatto, è in corso un tentativo di cambiare le norme aggirandole e senza modificarle secondo le regolari procedure parlamentari.
In che senso?
Nel caso specifico bisognava valutare solo se vi fosse o meno il fumus persecutionis, invece si è andati oltre.
Cioè?
Si è voluto tutelare un componente della Casta.
Questo voto, fra l’altro, ha sconfessato il lavoro svolto dalla Giunta per le autorizzazioni, di cui lei è componente, che aveva votato a maggioranza per il “sì” all’arresto
Certamente. Anche se la Giunta è un organo istruttorio e le decisioni finali spettano all’Aula. Il voto segreto crea degli ulteriori meccanismi perversi. E lo si è visto anche stavolta.
Come considera la decisione del capogruppo del Partito democratico al Senato, Luigi Zanda, di invitarvi a votare secondo coscienza?
Personalmente, la reputo una scelta del tutto incomprensibile. Ma il perchè di questo atteggiamento dovete chiederlo a lui…
Un’altra volta il rischio di elezioni anticipate ha preso il sopravvento su tutto il resto?
Credo che ci siano ragioni più profonde di questa. Prima fra tutte l’istinto autoassolutorio della Casta. Ma non solo. Si tratta infatti dell’ennesimo messaggio lanciato alla magistratura nel tentativo di tirar fuori dai guai tutti coloro che sono coinvolti in vicende processuali.
È l’ennesimo duro colpo alla questione morale da sempre sbandierata dal Pd?
Non c’è dubbio.
Giorgio Velardi
(da “il Fatto Quotidiano”)
argomento: PD | Commenta »
Luglio 29th, 2015 Riccardo Fucile
“COSTA TROPPO? TAGLIAMO I PROFITTI, DIECI MILIONI DI ITALIANI NON POSSONO PERMETTERSI UN’ASSISTENZA ADEGUATA”
“Dieci milioni di italiani non possono curarsi come dovrebbero perchè non possono permetterselo”.
Parte da questo dato l’analisi che Gino Strada ha affidato ad un post pubblicato sul suo profilo Facebook nei giorni in cui impazza il dibattito sull’opportunità dei maxi tagli alla sanità annunciati per dare respiro ai conti dello Stato: “Quanto deve costare la ‪sanità ‬?” si chiede il fondatore di Emergency: “A mio avviso, l’unica risposta intelligente (e carica di giustizia) è: quanto serve, quanto serve per curare al meglio le persone che ne hanno bisogno. Tutte. Idealmente, non un euro in più, nè un euro in meno”.
Poi continua: “La spesa sanitaria italiana è di poco superiore ai 100 miliardi di euro annui. Troppi? Pochi? Chissà . La spesa sanitaria è però il costo per lo Stato, o meglio per la collettività , del ‘sistema sanitario’, non è quanto viene speso per curare le persone. C’è molto di più in quei 100 miliardi l’anno. Certamente ci sono un uso poco razionale delle risorse e la dannosa ‘medicina difensiva’ a dilapidare danaro pubblico“.
A pesare sulla spesa sanitaria, sottolinea Strada, è proprio il profitto: “C’è però una cosa nella sanità che costa più di tutto il resto e che viene ostinatamente censurata: il profitto. In tutte le sue forme, nelle strutture pubbliche come in quelle private ‘convenzionate’, che ormai da noi funzionano esattamente nello stesso modo. Aziende, non più ospedali. Il profitto stimato nel settore della sanità si aggira attorno ai 25 miliardi di euro annui. E se si iniziasse a tagliare da lì?”
Con i soldi risparmiati — conclude Strada — dando vita ad ospedali non-profit, cioè a strutture che abbiano come obiettivo le migliori cure possibili per tutti e non il pareggio di bilancio, si potrebbe ricostruire una vera sanità pubblica, cioè un servizio totalmente gratuito, di alta qualità … e molto meno costoso”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
argomento: sanità | Commenta »
Luglio 29th, 2015 Riccardo Fucile
E ALLA FINE SI COLPIRANNO I MALATI E NON GLI SPRECHI
Rivoluzione nella sanità , cambia tutto per esami di laboratorio, radiografie, Tac e risonanze
magnetiche.
Ma anche per terapie riabilitative e per i tradizionali ricoveri ospedalieri.
Dopo il patto per la salute, recepito dal decreto enti locali, arriveranno entro un mese i protocolli del ministro Lorenzin.
La sintesi è che dovremo pagare di tasca nostre molte prestazioni fino ad oggi gratuite. Vediamo quando e perchè.
A QUALI ESAMI O RADIOGRAFIE AVREMO DIRITTO GRATUITAMENTE?
«Dottore, lei sa quel mio scompenso cardiaco, è vero che abbiamo fatto l’ecocardiografia a febbraio, sono passati sei mesi, ma io non mi sento molto bene. Che dice? Non è il caso di ripeterla?».
La richiesta del paziente è quanto di più naturale: un po’ di ansia, la necessità di essere semplicemente rassicurati, oppure la percezione reale di un sintomo.
Sta al medico decidere, ovvero stava al medico. Da quando entreranno in vigore, tra circa un mese, i nuovi protocolli- Lorenzin che mantengono a carico dello Stato solo analisi di laboratorio e radiografie ritenute «appropriate » cioè utili, il medico dovrà attenersi a precise disposizioni patologia per patologia, accertamento per accertamento.
E se prima, ad esempio, avrebbe potuto prescrivere, 3-4 o anche più ecocardiografie all’anno, in futuro potrebbe doversi limitare ad una-due.
Lo stesso potrebbe valere per le analisi per colesterolo e trigliceridi: se si ripeteranno prima di cinque anni dovranno essere pagate di tasca propria.
Spesso l’ansia, più o meno giustificata, dei pazienti si somma con i timori del medico e allora la spesa lievita: è il caso classico del mal di schiena che fa scattare in molti casi la risonanza magnetica.
Le regole della professione di Ippocrate dicono che in «scienza e coscienza » il medico debba individuare i «segni di allarme», poi aspettare qualche settimana e, se il paziente peggiora, procedere all’accertamento.
Anche in questo caso, il ministero dovrà stabilire tempi standard tra la presenza del sintomo e l’accertamento, introdurre criteri di età e soprattutto individuare la patologia sospetta che dà diritto all’analisi gratuita: se si indaga per una semplice ernia si pagherà , mentre con tutta probabilità resteranno a carico del sistema sanitario nazionale i sospetti oncologici oppure le complicanze post-chirurgiche.
CHE COSA CAMBIA PER I MEDICI DI FAMIGLIA? E CHE RISCHI CORRERANNO?
Comunque sarà bene abituarsi all’idea che in futuro riceveremo più di “no” dal nostro medico di base.
Difficile tentare di fare pressione sul medico: se non rispetterà i protocolli, per compiacere il paziente o perchè vuole mettersi al riparo da grane giudiziarie, rischierà un taglio della propria remunerazione.
Chi ha una mutua privata o un’assicurazione potrà sempre cavarsela, gli altri no. Rimarranno a coltivare il tarlo poco sopportabile dell’ansia e della preoccupazione. Ma c’è anche il caso che il sintomo sia vero e venga sottovalutato: allora la questione diventa assai delicata.
Mani legate per i medici?
I protocolli non sono ancora noti ma è il concetto di «standard» che fa già discutere. Contrastare la prescrizione facile è piuttosto complicato: «Due pazienti che hanno la stessa patologia non sono uguali, possono esser affetti da altre malattie concomitanti: insomma solo il medico può decidere ciò che è meglio per il paziente», spiega Costantino Troise segretario dell’Anaao (medici ospedalieri).
«È importante che i criteri di appropriatezza seguano le evidenze scientifiche e non siano applicati in maniera burocratica altrimenti rischiano i pazienti, i medici e l’intero sistema sanitario», osserva Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe.
CHE LIMITI CI SARANNO ALLE TERAPIE RIABILITATIVE?
L’altra partita sulla quale dovremo abituarci a grandi cambiamenti, è la riabilitazione: di solito si pensa alla fisioterapia, ma è necessaria anche per patologie oncologiche e dell’apparato respiratorio.
La prescrive il medico ospedaliero dopo un intervento o un ricovero: fino ad oggi non ci sono limiti, con i nuovi protocolli di appropriatezza, le sedute saranno circoscritte a seconda della reale e presunta necessità del paziente.
Ad esempio, la protesi d’anca, patologia piuttosto diffusa, che oggi può richiedere anche un mese e mezzo di terapie riabilitative potrebbe essere ridotta a seconda di età , gravità e altri parametri.
SARANNO RIDOTTE ANCHE LE DEGENZE OSPEDALIERE TRADIZIONALI?
Aspettiamoci pure, sperando fortemente di non incapparci, meno ricoveri ospedalieri classici e maggiori degenze a casa propria.
Ci sono già 108 patologie che possono essere curate a casa con l’ausilio del Day-Hospital (vene varicose, sincope, disturbi dell’apparato digerente ecc.): il pronto soccorso ti prescrive la cura e ti rispedisce a casa applicando, dove funziona, una forma di assistenza a domicilio e, con una via vai di ambulanze per la città , medicazioni e cure giornaliere.
Ma se oggi ci sono dei margini di tolleranza percentuali fino al 40 per cento: da domani potrebbero non esserci più.
Roberto Petrini
(da “La Repubblica”)
argomento: sanità | Commenta »
Luglio 29th, 2015 Riccardo Fucile
SALTA IL LAVORO UN NETTURBINO SU SETTE, GUASTO IL 40% DEI CAMION
Dopo le polemiche mondiali su Roma la sporca, le spazzatrici dell’Ama sono passate a Trastevere.
Eppure le collinette di sacchetti, tre neri per l’indifferenziata, cinque azzurri con chiusura in rosso per le plastiche, sono ancora lì. Di nuovo lì.
In via Natale del Grande, dall’altra parte del supermercato Panella.
Una composizione di sacchetti è davanti al ristorante specializzato in bufala di via di San Francesco a Ripa, altri di fronte al portone del civico 141.
Lì il deposito all’esterno dei rifiuti dura da vent’anni esatti: è una sorta di mostra d’arte permanente. Sacchi di rifiuti in via dei Salumi. Trespoli diventati discariche, i contenitori in ghisa voluti da Francesco Rutelli, in piazza dei Ponziani.
Sono, per natura, portacarte con quattro bocche d’ingresso per le confezioni dei gelati e i pacchetti di sigarette, ma ai loro piedi crescono ancora sacchi neri.
I trespoli in ghisa, a Roma, sono diventate calamite per piccole Malagrotte di quartiere.
Sotto la fontanella di San Michele bottiglie di plastica, altra spazzatura imbustata in via Titta Scarpetta, neri indifferenziati davanti all’alberghiero Gioberti.
Ingombri in via della Renella, via delle Pellicce, cinque sacchetti ai piedi delle luxury rooms Bcb: saranno luxury, ma nessuno li toglie. Non si vede un commerciante, in questi vicoli che ospitano una movida internazionale, spazzare davanti al negozio.
La titolare della libreria per bambini di Santa Cecilia solo allontana con la scopa gli scontrini gettati a terra. Via dal suo ingresso, due metri più in là . Doppia discarica in vicolo Moroni, a destra e a sinistra. Nelle traverse i cassonetti condominiali sono tutti chiusi con il lucchetto, simbolo di un rapporto castrato tra Roma e lo spostamento dei suoi rifiuti
In centro storico le già pessime cose sono peggiorate proprio dal 15 giugno.
Regole cambiate un’altra volta: niente esposizione del sacco, si torna al prelievo dentro l’androne, il cortile.
Qualcuno non lo sa, molti affidano la busta dei rifiuti alle badanti rumene ignare di orari e regolamenti, altri sono disinteressati e basta. Gabbiani e ratti bucano i sacchi con una protervia ormai affermata. «Quegli uccelli ti fissano a sfidarti », giura un commerciante.
Ritirare il “porta a porta” impiega più uomini e quelli che ci sono in strada – in strada, perchè dei 7.800 assunti dell’azienda municipalizzata ambiente molti sono imboscati – non bastano. Nelle sei ore di contratto (1.400 euro al mese la paga base, più straordinari e notti) non si riescono a ritirare gli scarti dei negozi. Il macellaio di riferimento per la borghesia locale: «L’Ama mi ha detto di lasciar perdere con il vetro, la plastica, la carta e di buttare tutto insieme ». Il titolare di un’antica caciara citata sulle guide gastronomiche: «Al quinto giorno di avanzi tenuti nel retrobottega il fetore era tale che ho spostato tutto per strada. Da me l’Ama non passa, ho scoperto che non sono neppure nelle loro liste. La pizzeria a fianco sì, io no»
Il cattivo funzionamento dell’azienda è tutto dentro la crisi d’immagine della città capitale. «I nostri capi non conoscono il territorio, prendono le decisioni con google maps», raccontano gli spazzini che, abbronzati, in piazza San Cosimato attendono di ripulire il mercato alimentare.
Nei primi quattro mesi dell’anno la tassa sui rifiuti a Roma è stata evasa per 8 milioni, ma un’aliquota consistente degli evasori sono famiglie che hanno provato a “iscriversi a ruolo” e gli uffici li hanno respinti.
La municipalizzata romana ha subito due recenti terremoti, che ne hanno compromesso un’efficienza mai allo zenit.
La novità logistica è stata la chiusura della discarica di Malagrotta, il buco dell’immondizia più grande d’Europa gestito per 38 anni da Manlio Cerroni, ora, superati gli ottanta, costretto a rispondere di una lunga serie di reati da monopolista del rifiuto.
Ma il terremoto che ha squassato l’Ama è stata la parentopoli del periodo Alemanno sindaco- Panzironi amministratore, e il processo che ne è seguito.
Dal 4 giugno 2009 al 7 settembre 2010 – anni di piena crisi economica, di dimagrimento a forza della cosa pubblica – l’Ama ha assunto in quattro tranche altri 1.087 uomini: 443 autisti, 624 operatori ecologici, venti interratori-seppellitori. Per 841 la procura ha ipotizzato il falso o l’abuso.
Lo scorso 27 maggio Franco Panzironi, già ad a 350 milioni l’anno, è stato condannato a 5 anni e 3 mesi. Con lui l’ex direttore del personale, l’ex presidente della commissione esaminatrice, l’ex capo del settore legale. Sono tutti usciti dall’azienda pubblica.
Non è facile, però, ricostruire sulle macerie dei processi.
Anche perchè il lungo viaggio per il rientro dal debito con le banche (l’esercizio 2013 si è chiuso con un utile di 741 mila euro) si è realizzato risparmiando su manodopera e mezzi.
La stessa azienda ha rivelato ad aprile che il 40 per cento delle macchine era ferma in rimessa, così anche un quarto delle spazzatrici. Ancora oggi le assenze riguardano – tutti i giorni – un lavoratore su sette.
L’azienda municipalizzata di Roma sta vivendo una lunga fase di transizione che dovrà portarla verso una quotidianità di riciclo e recupero.
Con Malagrotta chiusa, oggi bisogna affidare gran parte dei rifiuti della capitale all’esterno. In Emilia, in Lombardia, in Friuli, nel resto del Lazio.
Al primo intoppo della macchina che distribuisce spazzatura romana al resto d’Italia la capitale va in crisi.
I sei impianti che Ama controlla hanno bisogno di una forte revisione per entrare in una modernità europea. Maccarese, l’unico per il compost, riesce a trattarne 30 mila tonnellate l’anno: i romani ne producono 100 mila.
Anche Rocca Cencia dovrebbe trattare i rifuti, ma spesso li ammassa sul piazzale d’ingresso perchè non c’è più spazio dove metterli. Sorgerà qui l’ecodistretto, la prima città dei rifiuti che chiuderà sul posto il ciclo. Sarà pronto tra due anni, però. “Ogni 100 tonnellate di rifiuti, l’85% sarà rimesso sul mercato”, dice Daniele Fortini che guida l’Ama da gennaio 2014.
L’ex sindaco di Orbetello ha ottenuto dal sindaco di Roma Ignazio Marino il mandato per un intervento duro.
A giugno ha licenziato quattro dipendenti: due sorpresi a rubare, due a giocare a tennis e fare shopping quando dovevano assistere parenti in difficoltà .
Dice che vuole licenziare.
Cecilia Gentile e Corrado Zunino
(da “La Repubblica”)
argomento: Roma | Commenta »
Luglio 29th, 2015 Riccardo Fucile
L’ALIBI PER RIMANERE INERTI E LAMENTOSI
La proposta di cominciare la bonifica di Roma dal marciapiede davanti a casa propria, avanzata
dall’attore Alessandro Gassmann, sta facendo emergere per contrasto un altro tipo di italiano.
Il signor Mi Rifiuto, figura trasversale che va dai commentatori dei giornali di destra all’archetipo dell’intellettuale di sinistra, il professor Asor Rosa.
La sua tesi è che il cittadino non deve sostituirsi ai netturbini perchè già paga le tasse. Questo richiamo al ruolo virtuoso delle imposte nel Paese che vanta il maggior numero di evasori fiscali suona vagamente surreale.
Ma pur di non prendere in mano una ramazza e sentire la città come cosa — e casa — sua, il signor Mi Rifiuto è pronto a sciorinare tutto il repertorio dello scaricabarile. Ironizza sul fatto che Gassmann abbia lanciato il suo appello dal Sudamerica, dove sta lavorando, anzichè precipitarsi qui con guanti e paletta.
E sposta l’attenzione sugli stranieri che sporcano la città , fingendo di non sapere che l’essere umano si adegua al panorama circostante e che, come a nessun italiano verrebbe in mente di straziare di cartacce un immacolato parco londinese, così è comprensibile che un inglese non si senta in colpa se imbratta una piazza di Spagna già ridotta a ciofeca.
Le obiezioni del signor Mi Rifiuto, formalmente ineccepibili, sono alibi per continuare a rimanere come siamo: inerti e lamentosi.
Ignorano l’effetto contagioso dell’esempio.
Chi contribuisce in prima persona diventa più geloso del bene comune e più esigente verso gli amministratori.
«Pulisci davanti all’uscio di casa e tutta la città sarà pulita», recita un proverbio cinese o forse scandinavo.
Sicuramente non italiano.
Massimo Gramellini
(da “La Stampa”)
argomento: Costume | Commenta »