Novembre 3rd, 2015 Riccardo Fucile
LA SCENEGGIATA LEPENISTA: SALVINI PERDE SILVIO, MA SI PUO’ SEMPRE RIFARE L’OCCHIO CON LE COMPARSE STORACE E MELONI
L’8 novembre le truppe trasportate di Matteo Salvini e furieri al seguito riempiranno Piazza
Maggiore, a Bologna, ma Silvio se ne starà ad Arcore.
Per giorni i capigruppo Romani e Brunetta, la Gelmini e Deborah Bergamini lo hanno preso d’assedio: “Presidente non andare”, “presidente è una follia”, “lo hai sentito Salvini ieri? Non può rivolgersi così a te”.
E poi Tajani preoccupato per le frasi di Salvini sulla Merkel. “Meglio una delegazione” dicono.
La notizia spiazza la Lega che aveva preparato la trappola: Salvini avrebbe potuto vendersi la presenza di Silvio al fianco come il riconoscimento della sua leadership nel centrodestra.
Dovrà invece accontentarsi dei due paggi alla puttanesca, Storace e Meloni, noti testimoni umani della “Sovranità ” limitata, assidui frequentatori di Palazzo Grazioli da una vita.
Quella che doveva essere la “tre giorni” di sciopero per bloccare l’Italia e mandare a casa Renzi in poche settimane ha subito una mutazione genetica: quasi subito sono spariti gli scioperi che non avrebbe fatto nessuno, poi sono scomparse le bandiere leghiste, ora sparisce pure Silvio.
Il tutto mentre nei sondaggi la Lega è scesa al 14% (e Forza Italia non è tanto lontana) e il processo a Bossi sui rimborsi truffa potrebbe coinvolgere anche Maroni e Salvini.
Pare che a causa di questo ripensamento sia saltato anche l’incontro a due previsto tra Salvini e Berlusconi.
Se non ricambierà idea, Silvio per un volta l’avrebbe pure azzeccata: non si recuperano voti inseguendo degli esagitati parolai, ma proponendo una alternativa a quel modello xenofobo perdente che con la destra italiana non ha nulla a che fare.
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Novembre 3rd, 2015 Riccardo Fucile
E’ GUERRA TRA LEGHISTI: IL SENATUR CHIEDE A SALVINI DI RESTITUIRE I FONDI DEI RIMBORSI, IPOTIZZANDO IL REATO DI RICETTAZIONE
A Maroni che dice “i conti della Lega durante la mia segreteria sono stati in ordine”, risponde il fondatore della Lega: “I soldi li ha spesi Maroni per la campagna elettorale”.
Continua la faida tra camicie verdi sui rimborsi elettorali ottenuti, secondo la procura di Genova, con una truffa della quale sono chiamati a rispondere Bossi e Belsito, ex amministratore del Carroccio.
Ma è scaricabarile, ora, tra i vertici e gli ex vertici della Lega, dopo la costituzione di parte civile di Camera e Senato, con la quale il Parlamento chiede ai leghisti la restituzione di 59 milioni di rimborsi elettorali oggetto della truffa (19 in più di quelli richiesti dalla stessa procura).
Bossi, però, accusato di avere presentato (insieme a Belsito), i rendiconti elettorali falsi, non ci sta a pagare da solo il conto con la giustizia, visto e considerato che i soldi oggetto della truffa che gli è contestata, il cosiddetto corpo del reato, sono stati incassati e spesi dai due segretari che si sono avvicendati dopo di lui, Roberto Maroni e Matteo Salvini.
Perchè, chiede ora il capogruppo di Sc alla Camera Giovanni Monchiero, il corpo del reato, ovvero l’ammontare dei soldi versati indebitamente dal Parlamento nelle casse della Lega, non è stato sequestarto dalla procura?
Perchè Maroni e Salvini li hanno incassati e spesi ben sapendo della loro sospetta provenienza?
Ad attaccare ha cominciato Bossi, chiedendo a Salvini – per tramite del suo legale Matteo Brigandì – la restituzione dei 40 milioni contestati, soldi che Bossi, dice, aveva lasciato nell’attivo del bilancio.
Il Senatur ricorda che sia Maroni che Salvini erano ben consapevoli che quei soldi provenivano da una truffa, il primo perchè proprio per l’avvio dell’inchiesta giudiziaria, nell’aprile del 2012, lo spodestò con il “movimento delle scope”.
Il secondo in quanto, in qualità di segretario della Lega, attraverso il suo avvocato Domenico Aiello, si era addirittura costituito parte civile al processo di Genova proprio per il reato di truffa.
“Non esiste questa cosa – s’è difeso Maroni – Io ho guidato la Lega per 18 mesi e ho fatto certificare e verificare ogni spesa da un’agenzia esterna. Quindi non ho alcun timore, i conti sono in ordine”.
“Io sono tranquillo e onesto – aggiunge Matteo Salvini – la Lega è cambiata, è pulita e trasparente”. Sul passato io non do giudizi”.
Che fine abbiano fatto i soldi, al momento, non lo dice nessuno. Quel che è certo è che sono stati spesi tutti.
Maroni, aveva ispirato il “movimento delle scope” che portò al defenestramento del leader leghista. Salvo, poi, una volta diventato segretario, anche lui incassare e spendere parte dei soldi oggetto della truffa.
Il legale di Bossi, Matteo Brigandì, chiederà alla procura di valutare se “spendere soldi provento di un precedente reato non costituisca il reato di ricettazione”
“Se i soldi mancano – commetna, sarcastico, Bossi – vuol dire che Maroni li ha spesi. Io ho visto che la campagna elettorale per le regionali in Lombardia è costata molto. Penso che li abbia spesi in quella circostanza”.
Bossi chiede a Salvini la restituzione dei soldi ben sapendo che li ha spesi tutti. Salvini minaccia querele. Maroni rivendica di aver speso bene dei soldi provento di una truffa.
C’è clima da resa dei conti nel Carroccio?
“Sia chiara una cosa – conclude Bossi – io non cerco vendette. E aggiungo, se avessi voluto vendicarmi, l’avrei fatto prima”.
Alberto Custodero
(da “La Repubblica”)
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Novembre 3rd, 2015 Riccardo Fucile
SALARI FEMMINILI PIU’ BASSI A PARITA’ DI QUALIFICHE E ORARI
Finora sapevamo che tra lavoro pagato e non pagato le donne con carichi famigliari lavorano
complessivamente un mese in più degli uomini in analoga condizione.
La traduzione del gap salariale in ore di lavoro ne calcola due.
Sommato ai 30 giorni che le donne lavorano in più per le mansioni domestiche – gratis – diventano tre mesi di mancati guadagni. Una doppia beffa.
Lavorano complessivamente molto di più degli uomini, ma guadagnano parecchio di meno.
Non inganni il fatto che a prima vista in Italia il gender gap nelle remunerazioni risulta più basso che nella media europea (7,3% di differenza, rispetto a una media EU del 16,3%).
Il fatto è che in Italia le donne occupate sono di meno e mediamente più selezionate che nella maggior parte dei paesi europei.
Le occupate sono più concentrate che altrove tra le donne con più alta istruzione.
I confronti salariali, perciò, avvengono tra uomini di ogni livello di istruzione e qualifica e donne in cui sono sovra-rappresentate quelle a istruzione e qualifiche alte.
Se si controlla per livello di istruzione e qualifica, l’Italia presenta un gender gap analogo a quello medio europeo.
Anzi, il Global Gender Gap Report la mette all’ultimo posto per quanto riguarda l’uguaglianza a parità di mansioni.
La differenza di retribuzioni con gli uomini non è sempre e neppure prevalentemente la conseguenza di una discriminazione esplicita, ovvero di una minore remunerazione per un lavoro identico.
I più bassi salari femminili a parità di qualifiche e di orari dipendono in larga misura da due altri fattori.
Il primo è la concentrazione delle donne in particolari settori: l’insegnamento primario e secondario, i servizi alla persona, le attività impiegatizie e amministrative del terziario, il settore tessile.
Si tratta di settori mediamente meno pagati di altri, anche se ci si può chiedere se ciò sia una causa o un effetto della forte presenza femminile in essi.
I motivi per cui le donne si concentrano lì sono diversi: orari di lavoro più favorevoli alla conciliazione con le responsabilità famigliari; modelli culturali che persistono a far ritenere certi lavori e certi settori tipicamente femminili o viceversa maschili.
Il secondo fattore che spiega le differenze salariali tra uomini e donne a svantaggio di queste ultime è la maggiore lentezza e compressione delle carriere femminili, a parità di titolo di studio e di settore professionale.
Non solo le donne, anche laureate, transitano meno spesso e più lentamente dei loro coetanei dai contratti di lavoro atipici a quelli standard, ma hanno anche una carriera più lenta e corta.
Che fare, dunque, per chiudere questo gender gap nelle remunerazioni e contestualmente quello nella partecipazione?
Le leggi antidiscriminazioni esistono già . Vanno fatte applicare più rigorosamente, ma non basta.
Sarebbe importante una de-genderizzazione delle occupazioni e prima ancora della formazione.
Aiuterebbero inoltre procedure, che esistono in diversi paesi, che impongono di verificare perchè, a parità di curricula e competenze, sia stato scelto un uomo invece di una donna.
Chiara Saraceno
(da “La Repubblica”)
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Novembre 3rd, 2015 Riccardo Fucile
L’AUTORE DI VIA CRUCIS RICOSTRUISCE LA SITUAZIONE EREDITATA DA PAPA FRANCESCO
Non è la prima volta che un libro di Gianluigi Nuzzi, giornalista e scrittore, fa infuriare il Vaticano, ma stavolta l’uscita di Via Crucis (Chiarelettere) è addirittura preceduta dagli arresti.
Perchè il Vaticano teme così tanto il libro?
Racconto per la prima volta la “Via Crucis” di Francesco iniziata appena divenuto Papa per portare avanti le riforme, cambiare la Curia, allontanare i mercanti dal tempio. Il libro svela la situazione drammatica che Jorge Mario Bergoglio eredita da Joseph Ratzinger, fatta di affari opachi, privilegi, angherie. Si temono i libri che raccontano i fatti ricostruendoli con documenti incontrovertibili, che vogliono far conoscere quelle realtà che nulla hanno a che vedere con il vangelo, che testimoniano i continui ostacoli che frappongono questo pontefice dal raggiungere gli obiettivi che annuncia. Bergoglio non fa marketing, è se stesso, ma si confronta con una Curia dove il cambiamento nei dicasteri, nei posti di comando avviene lentamente per non creare fratture.
Queste relazioni segrete sui bilanci e sulla finanza vaticana cosa dimostrano?
Che i cardinali hanno lasciato le berline in garage, ma continuano a vivere in appartamenti di 500 metri quadrati mentre l’unico che vuole cambiare davvero, Bergoglio appunto, vive in soli 50 metri quadrati. È un esempio banale che spiega bene le contraddizioni ancora fortissime del Vaticano.
Il libro contiene anche registrazioni del Papa, cosa dice?
Sono riunioni alle quali partecipano cardinali e monsignori. Il Papa è stato appena eletto, ma già mostra di conoscere bene le drammatiche criticità della curia. Dice che la spesa, i conti sono fuori controllo e fa una disamina impietosa della situazione, di chi se ne approfitta e di chi agisce da incompetente. Il solo fatto che un pontefice debba occuparsi — e controllare, come ho scoperto — persino i lavori edili e gli acquisti indica quale sia la reale situazione d’Oltretevere.
Cosa pensa degli arresti di Vallejo Balda e Francesca Chaouqui, accusati di aver trafugato documenti riservati?
Cosa si può pensare di chi risponde a un libro con le manette? Poi certo, sfogliando il libro — capitolo per capitolo — trovo tante risposte a questi arresti, a chi ha paura che gli scandali emergano, che si sappia quanti soldi dati per la beneficenza vengano invece sottratti alle opere di bene previste dall’Obolo di San Pietro o la storia dei 400 conti correnti bloccati nottetempo allo Ior per tutte le pratiche che riguardavano le santificazioni e le beatificazioni.
Crede che il Vaticano possa in qualche modo ostacolare la pubblicazione del suo libro?
Lo sta già facendo, cercando di trascinare noi giornalisti nella telenovela di corvi, cornacchie, fagiani, gossip e chissà cos’altro, tentando di distrarre dal contenuto di un libro che si basa sui fatti, gli unici che importano a me che faccio il cronista.
Carlo Tecce
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Novembre 3rd, 2015 Riccardo Fucile
“RISCHIO ESONDAZIONE”…MA PER IL COMUNE E’ TUTTO IN REGOLA
Un parcheggio da 350 posti auto — quasi ultimato — costruito sulla sponda destra del torrente
Bisagno, a 10 metri dall’argine, come impone la legge e in ottemperanza ai Piani di bacino. Costo, 5 milioni di euro interamente finanziati con i fondi europei destinati ai Piani Organici Regionali (POR), amministrati dall’allora provincia di Genova.
La struttura di cemento armato, nel quartiere di Molassana (un paio di chilometri a monte dello stadio Ferraris), per due piani resterà interrata, nonostante il Puc proibisca di costruite parcheggi sotterranei.
Per aggirare il divieto il parcheggio è stato autorizzato come costruzione in struttura, utilizzando gli spazi di un precedente deposito della Protezione Civile, protetto da un argine alto appena un metro.
L’argine del torrente è stato innalzato a 10 metri, creando una potenziale muraglia di cemento che potrebbe trasformasi in una sorta di trampolino delle acque nel caso fosse investita da un’onda di piena.
L’iter di approvazione e di concessione dei permessi di costruzione del Ponte Fleming è perfettamente legittimo.
Resta il fatto che la nuova struttura inciderà sul corso di un torrente, il Bisagno, che ha provocato alluvioni a ripetizione con vittime e gravi danni alle cose.
I lavori finalmente finanziati e avviati per il rifacimento della copertura del Bisagno — fra la stazione Brignole e la Foce — e per la costruzione dello scolmatore non termineranno prima di 4-5 anni per il primo intervento e una decina per il canalone sotterraneo che svuoterà la portata del torrente.
Del caso si è occupata la trasmissione Report di Rai 3 e l’intervista al sindaco Marco Doria ha svelato che il primo cittadino non era perfettamente al corrente della situazione del cantiere. Tranquillizzante la spiegazione data al IlFattoQuotidiano.it dal vicesindaco Stefano Bernini: “L’opera era stata autorizzata dall’allora Provincia, oggi città metropolitana, nell’ambito dell’ultimo Por che scadrà a fine anno. Il parcheggio fa parte di un intervento di messa in sicurezza degli argini del Bisagno che sono in corso di rafforzamento a valle e a monte del ponte Fleming. Altri interventi sono necessari e si stanno effettuando sui rivi come il Geirato ma non soltanto. Questi rivi in presenza di forti piogge esondano prima di sfociare nel Bisagno e quindi occorre abbassare gli alvei”.
Alfonso Bellini è un geologo di lungo corso, consulente del tribunale nella vicenda giudiziaria legata all’alluvione del 2011 (sei morti provocati dal Fereggiano).
Non si è occupato personalmente del parcheggio al ponte Fleming ma esprime dubbi: “Certamente l’opera ha ricevuto tutte le autorizzazioni ed è quindi in regola — spiega a IlFattoQuotidiano.it — sarebbe clamoroso se non lo fosse. Neppure il più bieco speculatore si azzarderebbe a costruire in spregio alla normativa vigente. Resta il fatto che il quel preciso punto il Bisagno riceve le acque dei rio Geirato, un affluente piuttosto imprevedibile. Nel 2014 la centralina registrò in quel punto la caduta di 134 mm di pioggia e l’onda anomala che ne derivò andò a sfogarsi a valle, a Borgo Incrociati, dove il Bisagno fuoriuscì dagli argini”.
Andrea Agostini, presidente del Circolo Nuova Ecologia di Legambiente, ha organizzato un flash mob a Ponte Fleming, per richiamare l’attenzione delle autorità e degli abitanti di Molassana sull’opera che, accusa, comporta rischi reali in termini di sicurezza dei residenti e di salvaguardia del territorio.
“Questo parcheggio sarà a servizio dell’altra cementificazione prevista — spiega sul Secolo XIX — quella (autorizzatissima ovviamente) che prevede una colata di cemento che poggerà sulla falda acquifera di due rivi, il Geirato e il Ca’ de Rissi (record di esondazioni) con residenze, parcheggi e supermarket. Su terreni da decenni inquinati dal colorificio (Boero, l’area deve essere bonifcata, ndr). Tutto all’ombra (legalissima) del cemento, come piace al nostro sindaco e al nostro presidente di regione. Alla prossima alluvione sapremo dove andare a spalare, e non si dovranno meravigliare se come la volta scorsa li manderemo a c… quando verranno a fare i loro giri di propaganda”.
L’intervento di Agostini non è piaciuto ad Agostino Gianelli, presidente del IV Municipio, che ha accusato Agostini di aver propalato notizie inesatte. E gli ha ricordato che tutte le opere pubbliche realizzate a Molassana “nascono all’incirca dieci anni fa da finanziamenti europei… Tutto questo alla luce del sole e dopo ampia discussione con la popolazione il progetto è stato lungamente (e lo è tuttora) esposto sul Ponte Fleming….”.
Controreplica di Agostini: “Alla fine tutto si riduce a una questione: può la politica giustificarsi per la costruzione di un parcheggio in area esondabile e nel letto del Bisagno nascondendosi dietro giustificazioni legali quali i 10 metri dall’argine (a Borgo Incrociati si potrebbe costruire un grattacielo, a Staglieno raddoppiare il cimitero) o la costruzione in struttura (i parcheggi sotterranei sono illegali per il Puc ) partendo dal basso dove c’era uno spazio vuoto con un argine di un metro d’altezza, poi alzato di dieci metri per garantire protezione al parcheggio a cui si accederà dal ponte Fleming? Questo è il vero nodo”.
Renzo Parodi
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Novembre 3rd, 2015 Riccardo Fucile
L’IRONIA DELL’ASSOCIAZIONE IPOVEDENTI
La via si interrompe in aperta campagna e, se non fosse appena stata intitolata a Braille, verrebbe da chiamarla davvero un vicolo cieco.
L’Apri, l’associazione Pro retinopatici e ipovedenti, che da tempo chiedono ai comuni di dedicare un angolo di toponomastica a Luis Braille, inventore dell’alfabeto per non vedenti, per fortuna, sono sportivi e ci ridono su, ma la situazione che si è venuta a creare a Settimo è al limite del cattivo gusto.
“Almeno hanno intitolato la via, come avevamo chiesto, è il primo comune che lo fa fuori Torino. In molti altri stiamo ancora aspettando risposte oppure, come a Venaria, ci siamo trovati di fronte a muri di carte bollate e errori”, spiega Marco Bongi, presidente di Apri, senza scomporsi troppo. “Immagino non sia stato uno scherzo voluto dell’amministrazione”.
E infatti anche il sindaco Fabrizio Puppo fatica a restare serio quando gli si fa notare la gaffe. L’impegno ad intitolare una via all’inventore francese risale al 2008 proprio su invito dell’Apri. La promessa, cosa non di poco conto, è stata mantenuta, e la via è stata scelta ma in una zona che per ora è urbanizzata solo a metà . “Quella che oggi è via Braille era una strada dove sorgevano già delle case ma non aveva ancora un nome – spiega il primo cittadino – ora è vero che finisce nei campi e si interrompe ma non sarà sempre così perchè quella è una zona che verrà urbanizzata”.
Insomma via Braille è destinata ad andare più lontano e il problema vero è che la toponomastica, questa volta, ha viaggiato più in fretta del piano regolatore del Comune.
Carlotta Rocci
(da “La Repubblica”)
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Novembre 3rd, 2015 Riccardo Fucile
L’EX SINDACO INIZIA I FUOCHI ARTIFICIALI: “NELLA CAPITALE HA VOLUTO UN PREFETTO SOTTO IL SUO CONTROLLO, ELIMINA GLI ANTICORPI DEMOCRATICI”… E STASERA SARA’ OSPITE A “DI MARTEDI'” SU LA7
Renzi bulimico di potere, voleva Roma sotto il suo diretto controllo e se l’è presa. Chi non si
adegua viene bandito.
E’ un attacco violento in pieno volto quello sferrato dall’ex sindaco di Roma Ignazio Marino al presidente del Consiglio Matteo Renzi: “Il Presidente del Consiglio potrebbe e dovrebbe esercitare maggiore rispetto. Continua a dire “basta polemiche”, ma poi insiste negli insulti e nelle provocazioni. Non si rende conto, o forse non gli interessa, che insultando me insulta le centinaia di migliaia di cittadini che mi hanno scelto come sindaco prima alle primarie, poi al primo turno ed infine al ballottaggio”, scrive Marino su facebook.
“Ignora le numerose manifestazioni di sostegno che in migliaia mi stanno dedicando. È del tutto evidente che Renzi mi attacca e offende sul piano personale per coprire con la “damnatio memoriae” una spregiudicata operazione di killeraggio che ha fatto esultare i tanti i potentati che vogliono rimettere le mani sulla città “, continua l’ex sindaco.
“Occorre invece ristabilire la verità : Renzi voleva Roma sotto il suo diretto controllo e se l’è presa, utilizzando il suo doppio ruolo: come segretario del partito ha voluto che i 19 consiglieri del PD si dimettessero, come Presidente del Consiglio ha sostituito il sindaco, legittimamente eletto, con un prefetto, certamente persona degnissima, che farà capo come dice la legge allo stesso Presidente del Consiglio. Assistiamo a una pericolosa bulimia da potere, che elimina gli anticorpi democratici. Il messaggio è chiaro: chi non si allinea, chi non ripete a pappagallo i suoi slogan viene allontanato o addirittura bandito. Nel parlo stasera a “Di Martedì” su La7″.
(da “Huffingtonpost”)
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Novembre 3rd, 2015 Riccardo Fucile
A TITOLO E RESPONSABILITA’ DIVERSE, NELL’ELENCO DELLA PROCURA
Accreditato come l’ultimo segreto di Mafia Capitale, la cosiddetta “lista dei 101” tra consiglieri comunali, regionali e funzionari dell’amministrazione capitolina travolti dall’inchiesta giudiziaria sul Sistema Buzzi-Carminati, non è più tale.
E, come ha ricordato ieri il prefetto di Roma Franco Gabrielli, in qualche modo non lo è mai stato.
Allegata alla relazione di circa mille pagine redatta dalla commissione prefettizia di accesso agli atti (quella che avrebbe concluso il suo lavoro raccomandando lo “scioglimento per mafia del consiglio comunale “), la lista e la relazione di cui fa parte, da ieri, è stata peraltro anche formalmente “liberata” da Gabrielli perchè la Procura possa depositarla agli atti del processo che si aprirà tra quarantotto ore nei confronti di Massimo Carminati, Salvatore Buzzi e altri 44 imputati. Ma, appunto, a leggerla se ne coglie il carattere meramente “compilativo”.
La lista dei 101 mette insieme – non diversamente da un indice dei nomi in appendice a un libro – tutti coloro che, nel dicembre del 2014, si ritrovarono nelle pagine della mastodontica ordinanza di custodia cautelare della Procura di Roma. A titolo e con responsabilità diverse.
Ora penali, ora squisitamente amministrative, in qualche sporadico caso (la deputata Pd Micaela Campana, ad esempio, intercettata al telefono a discutere con Buzzi di un’interrogazione parlamentare a cuore della coop 29 giugno) esclusivamente politiche. Secondo uno schema che documenta come il Sistema Buzzi-Carminati potesse contare su un doppio capitale di relazioni tenuto insieme dal mastice ora della corruzione, ora dell’intimidazione.
“Capitale Politico”, appunto. E “Capitale Amministrativo”.
Si leggono dunque, insieme a quelli di Carminati, Buzzi e del “facilitatore” Fabrizio Testa, i nomi dell’ex sindaco Gianni Alemanno, del suo “tesoriere” ed ex ad di Eur spa Riccardo Mancini, degli ormai ex consiglieri comunali Sveva Belviso (ex assessore e vice di Alemanno), Massimo Caprari (capogruppo Centro democratico), Alessandro Cochi (Pdl), Mirko Coratti (Pd, ex presidente assembla capitolina), Francesco D’Ausilio (ex capogruppo Pd), Alfredo Ferrari (Pd, ex presidente commissione Bilancio), Luca Giansanti (capogruppo Lista Marino), Luca Gramazio (capogruppo Pdl prima al comune e poi alla Regione), Luigi Nieri (Sel, vicesindaco di Marino), Laura Pastore (Pd, consigliera subentrata), Pierpaolo Pedetti (Pd, presidente commissione Patrimonio), Anna Maria Cesaretti (Sel), Giovanni Quarzo (Pdl), Andrea Tassone (presidente Pd X municipio), Giordano Tredicine (Pdl), Eugenio Patanè (consigliere regionale pd).
A scorrere la lista, appare decisamente più interessante, per la “microfisica” del Potere che racconta, la geografia dei dipendenti comunali nella manica di Buzzi e Carminati. Quel “Capitale Amministrativo” in grado di condizionare l’azione politica, fino a ribaltarne il rapporto di forza con la pubblica amministrazione.
Diciassette nomi, segnalati dalla Prefettura al Campidoglio lo scorso settembre per l’avvio delle procedure disciplinari e già allora in buona parte trasferiti ad altro incarico per iniziativa dell’assessore alla Legalità Alfonso Sabella.
Si tratta dell’ex segretario generale del Campidoglio Liborio Iudicello (in passato alla Provincia di Firenze negli anni della presidenza Renzi) e della funzionaria al Patrimonio Mirella Di Giovine: l’uno e l’altra hanno volontariamente lasciato il servizio.
Nonchè della nutrita pattuglia di colletti bianchi in servizio nei dipartimenti cruciali per il core business della coop “29 giugno”: Politiche sociali, Verde pubblico, Patrimonio. Parliamo di Gaetano Altamura (l’uomo che, al dipartimento Ambiente, di fatto, contava più dell’assessore Estella Marino); Ornella Coglitore (Ambiente); Mario Cola (dagli uffici del dipartimento al Patrimonio suggerisce a Buzzi di occupare un immobile comunale per poi poterlo acquistare a prezzi di favore); Franco Figurelli (dipendente delle biblioteche distaccato nella segreteria del potente presidente dell’assemblea capitolina Mirko Coratti); Carlo Fresch (geometra del Municipio di Ostia); Alfredo Romani (alle politiche per l’inclusione e l’immigrazione trattava con Buzzi il prezzo per la fornitura di occhiali da vista per “soggetti socialmente svantaggiati”); Emanuela Salvatori; Paolo Cafaggi (dirigente del municipio di Ostia); Ivana Bigari (Politiche sociali); Bruno Cignini (Ambiente); Isabella Cozza (Politiche sociali); Walter Politano (addetto all’Anticorruzione); Claudio Turella (il funzionario comandato al verde e al benessere degli animali, ma soprattutto noto per i 560 mila euro in contanti nascosti nell’intercapedine delle mura domestiche); Rossana Calistri; Claudio Saccottelli.
Carlo Bonini e Giovanna Vitale
(da “La Repubblica”)
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Novembre 3rd, 2015 Riccardo Fucile
RIBELLIONE, TALENTO E GENIALITA’ COSTANO LACRIME E SANGUE: NON SONO IN VENDITA AL SUPERMARKET DELLA POLITICA
Merito. Merito. Merito… 
In realtà , a “destra”, come a “sinistra”, il merito esiste soltanto nelle “lugubrazioni” mentali tipiche degli innamorati del termine o nelle prassi “accattivanti” dei gestori di potere” (qualunque esso sia), perchè, a conti fatti, non si premiano mai – realmente – il talento e le qualità oggettive, ma soltanto i “sognorSI'” e gli “accreditati”: quelli che “assecondano”, quelli che “sostengono”, supinamente, senza dire mai di no!
Dopo tanti anni di storia, ricca di formule vuote, di finti “guerrieri della legalità “, di impresentabili sofisti e di “venduti” d’ogni risma e d’ogni sorta, il senso del merito – dal punto di vista collettivo – bisognera’ davvero costruirlo, andando al di là dell’inedia degli indegni, dei soliti parolai, dei “sempre-vivi” detrattori e degli “ometti”.
Il merito si conquista nei meandri della “conservazione” ma anche con la ribellione, con le scelte ardite e con le battaglie sincere, ferventi e appassionate.
Quelle battaglie che soltanto in pochi sono davvero disposti a combattere, e costi quel che costi, “valga quel che valga”…
Perchè, alla fin, fine, quello che davvero conta è il riscontro della nostra anima, del nostro cuore e della nostra stessa tensione etica e morale: quando puoi dire al tuo interlocutore – ma soprattutto a te stesso – che hai fatto il tuo dovere, che ti sei battuto come un “dannato” e che non hai ceduto mai, anche quando la contropartita era restare all’ombra, al “freddo” o al gelo dell’indifferenza “strumentale”…
E la sana ribellione, il talento, la stessa genialità (quando esiste), costano lacrime e “sangue”, ed è sistematicamente il tuo.
Ma è questione di “sfida”, soprattutto con te stesso, perchè quella del “metodo”, della costanza e della lungimiranza “e’ questione dannatamente seria”…
Alla meta, senza “una mappa”, non ci arriverai mai… La storia chiama alle sfide, etiche, sociali, politiche, sociologiche e di libertà .
Soltanto gli imbelli continuano a percorrere gli angusti sentieri fuorvianti allontanando gli uomini dagli uomini, i “cuori” dai “cuori” e le “menti” dalle “menti”… Ma il cuore, la passione, il “sacro fuoco” della vita, della realtà in continuo movimento e della stessa storia, per fortuna, hanno “ragioni che la ragione stessa non capirà mai…”
Cose che soltanto i “meritevoli” possono davvero comprendere e praticare.
Al di là dell’inedia.
Al di là della rassegnazione.
Al di là del nulla…
Salvatore Castello
Right BLU – La Destra Liberale
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