Settembre 24th, 2017 Riccardo Fucile
CALANO SOCIALISTI, CRESCONO AFD E LIBERALI, TENGONO VERDI ED ESTREMA SINISTRA… VERSO UN GOVERNO CON LIBERALI E VERDI
L’Unione della cancelliera Angela Merkel (Cdu/Csu). scrutinati 253 collegi su 299 si attesta al 34,1%, in calo rispetto al 41,5% di quattro anni fa, ma confermando i sondaggi delle scorse settimane che la davano in una forchetta compresa tra il 32% e il 34%.
La Spd di Martin Schulz è al 20,7% (-5%), in linea con le previsioni.
Stesso discorso per i neonazisti di Afd che raccolgono meno del previsto: si fermano al 12,3% quando nei sondaggi erano dati tra il 12% e il 14%.
Sorprendono i Liberali (Fdp) al 10,9% (+6,1%), Verdi al 9% (+0,7%), stabile il Linke all’8,2%
La maggioranza è di 316 deputati su 631 e l’ipotesi di coalizione Giamaica (dai colori) nero di Cdu/Csu, giallo dei liberali e verde dei Gruenen, avrebbe circa 350 seggi.
Nota a margine: Afd è il secondo partito in quella che una volta era la Germania dell’Est, segno che gli ex comunisti sono diventati razzisti (o lo sono sempre stati).
Il crollo dei social democratici tedeschi, ha fatto decidere alla Spd guidata da Martin Schulz di escludere una nuova Grosse Koalition (accordo di governo) con la Cdu/Csu del cancelliere uscente Angela Merkel, come l’ultimo governo.
“Un giorno difficile e amaro per la socialdemocrazia. Abbiamo mancato l’obiettivo”, ha detto Martin Schulz, commentando il risultato elettorale. “Oggi finisce la nostra collaborazione con la Cdu”.
Merkel potrebbe dar vita a una coalizione a tre, cosiddetta “giamaica”, con i liberaldemocratici e i Verdi – considerato il risultato dei Verdi migliore delle aspettative dei sondaggi.
In questo modo la Spd resterebbe fuori dal governo, evitando che l’estrema destra Afd diventi il primo partito d’opposizione.
Ma i Verdi non tardano a far sentire tutto il loro peso contrattuale: “Ci saranno colloqui difficili, faremo soltanto quello in cui crediamo”, ha detto la candidata di spicco dei Verdi, Catrin Goering-Eckardt.
Stesso ragionamento dei liberaldemocratici: “Non potete costringere i Verdi e noi a fare una coalizione solo perchè la Spd si tira indietro”. Così Wolfgang Kubicki, vice leader dei liberali della Fdp in Germania, parlando all’emittente Ard.
Manovre tattiche, la logica va verso questa soluzione.
(da agenzie)
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Settembre 24th, 2017 Riccardo Fucile
IL PRIMO GIORNO DA CANDIDATO PREMIER DI DI MAIO NON SCALDA
Cravatta pastello, abito blu che sembra un “sottosegretario dell’Udeur”, alle nove di mattina Luigi
Di Maio celebra il rituale più classico.
Sulla terrazza del suo albergo parla con i giornalisti della stampa estera, notizia che i suoi veloci comunicatori fanno sapere in tempo reale.
Poche ore dopo sul palco della kermesse la cravatta è scomparsa. “Che consigli ti hanno dato i tuoi genitori?” , “metterai le scarpe da ginnastica per la campagna elettorale?”, “come pensi di arginare i vecchi lupi della politica?”.
L’intervista “collettiva”, con Gianluigi Paragone che gira i tweet arrivati a #Luigirispondi scalda poco.
Sulla rete, i commenti sono al vetriolo. Eccolo il primo giorno da “capo politico”, nel solco delle abitudini dell’Italia del “come sempre si è fatto”. Spiegano nel suo staff che, da adesso in poi, “bisogna fare cose più profilate”, da leader insomma.
Meglio in studio che collegato: Vespa no, o almeno non subito, La 7 più in là , l’idea per la prima uscita è una trasmissione “particolare” in prima serata Rai, tradotto non giornalistica.
La normalizzazione è ovunque, con il suo linguaggio, la sua estetica, i suoi vecchi riti. La processione per il seggio inizia a mezzanotte, al Newport, un cocktail bar alla moda nel centro di Rimini.
C’è la fila di parlamentari per salutare Di Maio: “Luigi auguri”, “Luigi in bocca al lupo”. Carlo Sibilia, un “ortodosso”, vista la scena, se ne va. E va a smaltire la rabbia del sabato sera nella pista del locale accanto.
Il nuovo capo sorride, stringe mani, senza troppe parole. Poi va via, sottobraccio a Casaleggio jr: “Vado via con Davide”, dice liquidando il suo staff.
Questa processione prosegue il giorno dopo nel retropalco. Ecco Andrea Cecconi, Simone Valente, Paola Taverna, solo un anno fa grande oppositrice della Raggi.
E anche di Di Maio, ai tempi della famosa mail “non sono un’infame, non l’ho passata io”.
La notizia, in questa chiusura di kermesse pentastellata, è l’ansia da liste.
Con i sistemi elettorali che si sentono in giro, comunque sono nelle mani del capo. E di chi comanda.
Proprio attorno alla promessa e alla garanzia di candidature, si assottigliano le truppe dell’amletico Fico, l’oppositore che parla poco.
“Noi non ce ne andiamo, perchè crediamo nel valore dell’unità ” dice Nicola Morra. La strategia dei dissidenti assomiglia a quella dei loro pari ruolo del Pd: sperare che il partito perda in Sicilia e che si riapra la discussione interna dopo il voto. L’attesa del 5 novembre.
In verità non è in discussione l’espulsione di Fico&Co, perchè sarebbe rumorosa e controproducente per un leader (Di Maio) che sta puntando tutto sulla credibilità e sull’essere rassicurante per mondi tradizionalmente lontani dai Cinque stelle.
Il punto è l’annientamento politico: “Se fa il bravo — dicono dallo staff di Di Maio — lui e i suoi sono garantiti, ma deve smetterla con questo atteggiamento, le decisioni prese non sono in discussione”. E, soprattutto in un momento in cui Grillo è stanco, vuole stare alla larga da queste beghe dedicandosi alla famiglia.
Il dossier liste non è ancora stato affrontato nel dettaglio. Ma già è chiara la tripartizione di massima: una “quota Casaleggio”, una “quota Di Maio”, una “quota di compensazione del dissenso”, con gli attuali dirigenti.
A Milano, vero centro decisionale del Movimento, è già iniziata la ricerca ai nomi che poi “usciranno” dalle primarie: “Hai letto Supernova, il libro di Biondo e Canestrari?” dice un parlamentare. In quel libro c’è scritto che la Casaleggio associati si sarebbe rivolta anche ad agenzie di “cacciatori di teste”, per selezionare nomi nuovi.
Notizia peraltro non smentita, come il resto del libro. Mentre è ormai certo che Roberta Lombardi sarà candidata alla Regione Lazio
Un intero gruppo dirigente è immerso nella stessa dinamica di tutto il Parlamento nazionale.
E, segno dei tempi e di questo cambio di pelle, arrivano le critiche anche da opinion maker non ostili.
Il Fatto, da giorni, è assai critico sull’operazione costruita attorno a Di Maio: “Non so — ha detto in un’intervista – chi voterei in questo momento. La volta scorsa ho votato i Cinque Stelle. Stavolta non lo so. Voglio vedere se è vero che hanno pronta una squadra di ministri all’altezza della situazione”. A
l momento non c’è, anche se la ricerca di nomi forti, soprattutto su Esteri ed Economia, è già in corso da mesi.
(da “Huffingtonpost”)
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Settembre 24th, 2017 Riccardo Fucile
“MISURANO OGNI GESTO IN RELAZIONE AL VANTAGGIO CHE NE POSSONO OTTENERE”
A Valle Giulia, quando gli studenti fecero a botte con i poliziotti, stava dalla parte della polizia: “Ricevetti l’ordine di manganellare e manganellai. Il mio battaglione era dislocato a piazzale delle belle arti, ma i disordini furono così duri e imprevisti che fummo coinvolti anche noi. Fu l’atto di nascita del movimento del sessantotto in Italia, e io stavo con i suoi nemici”.
Sei mesi dopo, Michele Placido vinse il concorso all’accademia di arte drammatica: “Passai da una barricata all’altra, dalla destra alla sinistra. Dopo tre anni trascorsi in caserma scesi in piazza con i contestatori. Sbandieravamo l’icona di Che Guevara, avevamo come mito Salvador Allende, la guerra in Vietnam ci appariva come una violenza ingiustificabile. C’era in noi una forma di purezza, una sensibilità nei confronti di ogni ingiustizia commessa in qualsiasi parte del mondo. Detestavamo la classe politica, ma non volevamo sostituirci a essa. Il nostro obiettivo era cambiare tutto, non andare al governo”.
Oggi la parola movimento fa venire subito in mente i Cinque stelle.
Sono un’altra cosa. Noi sessantottini eravamo privi di ambizioni politiche. I Cinque stelle, invece, stanno diventando ogni giorno più ambiziosi. Misurano ogni gesto in relazione al vantaggio che ne possono ottenere nella corsa per vincere le elezioni. Non sono meglio dei giovani democristiani contro cui ci scagliavamo al tempo. Noi urlavamo: “La fantasia al potere”. Ai Cinque stelle della fantasia non importa niente. Quello che desiderano è il potere.
Eppure, lei aveva accolto positivamente la loro novità .
Consigliai ai miei figli di votarli. Avevo visto una speranza, una promessa di cambiamento. Si stanno rivelando un fallimento. E non lo dico con compiacimento. Mi creda: mi dispiace.
Ora hanno un nuovo leader, Luigi Di Maio.
Ho letto che un suo avversario alle elezioni interne si qualifica come: ‘Vegetariano’. Da quando non mangiare carne è diventata una dote politica? Beppe Grillo dovrebbe smetterla di mandare questa gente allo sbaraglio.
Cosa dovrebbe fare?
Candidarsi. Avere il coraggio di essere un vero leader. Rischiare tutto e dimostrare la sua capacità di governo. Faccia una campagna elettorale contro Berlusconi, Renzi e Salvini. Se mi convince, sono pronto a votarlo.
Alle elezioni di Roma, Virginia Raggi la convinse?
Non mi convince ora che è sindaco. Roma è una città massacrata, ma da quando lei amministra non è successo nulla. Non me la prendo con lei. Me la prendo con chi avrebbe dovuto affiancarle persone capaci, mettendola in grado di assumere delle decisioni. Lei, da sola, non è all’altezza.
I problemi di Roma però non li ha creati Virginia Raggi.
Questo è vero: la storia recente di questa città racconta che il marcio viene da lontano. Se nei prossimi dieci anni le condizioni di Roma non miglioreranno, la pagherà tutta l’Italia. Nessun paese può pensare di separare il suo destino da quello della sua capitale.
Tre anni in polizia, ma ha fatto molti film sui criminali: la affascinano?
Vengo da una famiglia della provincia pugliese. Eravamo otto fratelli, cinque maschi e tre femmine. Mio padre faceva il geometra, non poteva mantenerci tutti. Ho cominciato a fare il poliziotto per non gravare su di lui. Ogni mese mandavo a casa trentamila lire. In certe circostanze, il confine tra la scelta di fare il poliziotto e quella di fare il criminale è molto sottile. Sopratutto al sud. La garanzia di diventare una persona perbene ce l’hai se nasci ai Parioli. Allo Zen di Palermo, no.
Il male è solo una questione economica?
No, il male fa parte della natura umana, altrimenti non si spiegherebbero il nazismo, il fascismo, lo stalinismo. Tuttavia, un criminale qualsiasi è niente in confronto a George W. Bush, che ha bombardato l’Iraq mentendo sul fatto che Saddam Hussein possedesse armi chimiche. Dov’è il vero male? Nel delinquentello napoletano o nell’avvocato della Milano bene che fa affari con la ‘ndrangheta?
Non è una contrapposizione troppo facile?
Può darsi, ma non bisogna dimenticare chi comanda e chi è comandato. Negli anni novanta, Cosa nostra arruolò nel suo braccio armato ragazzi che avevano a malapena diciotto anni. Gli stiddari si chiamavano. Venivano dal niente. Erano spacciati. Quella era l’unica possibilità che il mondo offriva loro. La presero. Ma la mafia prima li usò, poi li buttò nel cesso. E io non riesco a mettere sullo stesso piano loro e chi se ne è servito.
Prova pietà ?
Sì, la provo. Da piccolo, volevo fare il missionario. Per quattro anni ho studiato in un collegio religioso. C’è un residuo cristiano in me che mi spinge a cercare l’umanità nascosta in qualsiasi essere umano, anche il più sporco: è lì che vedo la possibilità del riscatto. Poi, certo, c’è una differenza tra le persone che scelgono e quelle che non hanno scelta. C’è gente che ambisce al potere e per ottenerlo è disposta a fare qualsiasi compromesso, a usare ogni mezzo. Per loro dominare è il piacere più grande, il godimento massimo. Per questo alcune volte il crimine sconfina nella politica.
Fare il poliziotto le è servito a capire certe pulsioni?
Fare il poliziotto mi è servito a conoscere gli italiani. In caserma ho incontrato friulani, calabresi, siciliani, veneti. La maggior parte di noi veniva dalla povertà . La madre contadina, il padre operaio, i fratelli in cerca di sfangare la vita da emigrati. È stata un’esperienza umana straordinaria.
Le è stata utile per fare l’attore e il regista?
Tutto serve per fare l’attore e il regista. Anche la fortuna. Io ho avuto quella di lavorare con Luca Ronconi, con Mario Monicelli, Marco Bellocchio e molti altri.
Però rifiutò di fare il protagonista di “Ecce Bombo” con Nanni Moretti.
A Nanni piacevo perchè avevo l’aria del ragazzo del sud innocente e colmo di pudore. Aveva chiamato il protagonista Michele, come me. Poi lo interpretò lui, ma senza cambiargli il nome.
Tornerebbe al cinema da attore?
Dovrebbe accadere qualcosa di eccezionale, ma mi sembra altamente improbabile: vedo un panorama abbastanza grigio.
Non le piace nessuno?
No, mi piace Gabriele Mainetti, che ha dimostrato con ‘Jeeg Robot’ di avere una notevole fantasia. Mi piacciono i soliti Garrone e Sorrentino. Mi piace e rispetto molto Nanni Moretti. Ha fatto la storia del cinema. Ma che vuole, con gli anni tutti perdiamo un po’ di colpi.
(da “Huffingtonpost”)
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Settembre 24th, 2017 Riccardo Fucile
QUANDO TIRA ARIA DI MARE NON SI RIESCE A RESPIRARE DALLA PUZZA CHE ARRIVA DAL PORTO PETROLI, MA 200 CAZZARI SCENDONO IN STRADA CONTRO 60 PROFUGHI
Fa uno strano effetto leggere che il nome di un luogo diventato, seppur da poche ore, simbolo
dell’esclusione e dell’intolleranza, è intitolato a John Lennon, l’autore di Imagine, una delle canzoni che, nonostante il logorio delle ripetizioni, continua ad essere simbolo di pace, tolleranza, accoglienza, amore.
A Lennon sono intitolati i giardini di Genova Multedo dove l’altra sera si sono ritrovati circa 200 residenti per urlare in malo modo in faccia a un prete che i migranti in quella struttura, che era un vecchio asilo, non ce li vogliono.
I motivi? Nessuno naturalmente dice di essere razzista.
E le ragioni, a soffermarcisi, fanno ancora più paura.
Gli abitanti, o almeno una loro rappresentanza rumorosa, spiegano che Multedo, quel quartiere ha già troppi problemi e servitù: porto petroli, depositi chimici, autostrada e via dicendo. Le case perdono valore e la qualità della vita si abbassa.
L’uomo, o meglio un uomo nero, oggi diventa un fattore ambientale inquinante.
Premesso che non è che tutto ciò che dice il popolo sia vangelo, ci sta anche che il popolo abbia bisogno di esempi, guide, di qualcuno che sappia parlargli.
Chi soprattutto, visto che i preti vanno bene solo per dare la comunione e mondarsi dei peccati quando fa comodo? La politica, certo.
Che in questo caso, quello più vicino ai residenti, si chiama Claudio Chiarotti ed è il presidente del Municipio.
E’ del Pd, è di sinistra (meglio specificarlo visto che è del Pd) celebra il 25 Aprile, suonava in gruppo rock, ma non è stato capace di dire ai suoi concittadini che un essere umano non può essere paragonato ad una sostanza pericolosa.
Neppure Totò Riina, figuriamoci gente che vuole solo cercare di scampare a fame o guerre.
Chiarotti ha messo la sua pancia a disposizione delle urla, il che è molto più semplice che provare a spiegare, conciliare, fare capire, unire.
Se esistano ancora i valori della sinistra è difficile da dirlo, ma di sicuro Chiarotti, che amava il rock, ha tradito John Lennon.
(da “LiguriTutti”)
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Settembre 24th, 2017 Riccardo Fucile
LA STRATEGIA: “LIBERO POSSO DARE DI PIU’, NON SARO’ MAI UN MODERATO, MODERATI SI MUORE”
Luca De Carolis sul Fatto Quotidiano di oggi racconta un retroscena su pensieri e parole di Alessandro Di Battista, ieri intervenuto via video a Italia 5 Stelle per spiegare la scelta di non candidarsi (ieri non era presente a Rimini per la nascita del figlio Andrea):
In platea diversi volti raccontano già la nostalgia, per quella candidatura non obbligata. Mentre Di Battista precisa, ancora: “Libero posso dare di più, e questa è la pura verità , altro che ticket con Di Maio”. Ecco, “Luigi”, come lo chiama lui. Di Battista invita ad appoggiarlo: “Ho fiducia in lui, dobbiamo sostenerlo perchè lo attaccheranno”. Però sono diversi, il candidato premier e quello che poteva esserlo. “Io non sarò mai moderato, moderati si muore, ci vuole intransigenza” scandisce.
E chissà cosa avrà pensato il Di Maio che pochi giorni fa, davanti agli imprenditori riuniti a Cernobbio, ha smussato tutto lo smussabile.
D’altronde Di Battista ha anche consigli da dare. Sulla comunicazione (“Renzi non va più nominato, politicamente è morto”).
E soprattutto sugli equilibri interni, visto che accenna all’esigenza di recuperare anche “quelli che stanno un po’più indietro”.
Bisogna ricucire con i parlamentari più agitati, fa capire, lui che il pontiere lo ha fatto in questi giorni, parlando a lungo con gli ortodossi. E non solo. “Ad oggi, tanti parlamentari che non si sono schierati come riferimento hanno lui”, ragiona un parlamentare di rango.
Il Fatto spiega che Di Battista è anche un contrappeso: ha sdoganato la candidatura di Roberta Lombardi alla Regione Lazio, nonostante la deputata avesse molti scontri interni con i vertici da farsi perdonare e nonostante i dissapori con Virginia Raggi. Ecco perchè l’idea finale potrebbe essere un’altra:
Però pensa anche ad altro. Alla compagna, e al figlio che sta arrivando, per cui si commuove nel video. Così, lo sta dicendo ai suoi colleghi più vicini: “Penso di non ricandidarmi, potrei fare anche altre cose”. Per esempio altri libri, visto che il primo, A testa in su, ha venduto tantissimo.
Una prospettiva che preoccupa già i vertici. E che apre scenari a medio termine. Perchè un Di Battista fermo a guardare sarebbe un’incognita. Anche e innanzitutto per il M5S, fermo alla regola dei due mandati.
Il secondo Di Maio se lo giocherà ora. E la scommessa è di quelle complicate.
A legislatura finita, magari anche in fretta se le elezioni non dessero un vero vincitore, il Di Battista rimasto ai box sarebbe pronto.
Un Coriolano che potrebbe riprendere “a fare il culo al sistema, andando in giro con una moto”, come si è autocelebrato ieri.
E a farlo lui, il discorso per Palazzo Chigi.
Ora intanto c’è un altro film, quello con Di Maio candidato: anche per mancati rivali.
(da “NextQuotidiano”)
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Settembre 24th, 2017 Riccardo Fucile
“SIAMO DISPERATI, LA PRIMAVERA ARABA NON CI HA CAMBIATO LA VITA”
Azzurro. Miseria. Sacchetti di plastica impigliati sui campi arsi dall’autostrada al mare. Ancora
qui, allora. Come vent’anni fa.
Fra Sfax e Zarzis, nel golfo di Gabes, a 120 chilometri da Lampedusa. Le barche dei pescatori tunisini hanno ricominciato a caricare migranti su queste spiagge.
Gli ultimi 136 sono stati intercettati mercoledì sera dalla Guardia costiera italiana mentre aspettavano, a motori spenti, davanti alle coste siciliane.
Erano già in vista di Porto Empedocle, ma attendevano il buio per poter sbarcare e provare a dileguarsi.
Quando sono stati portati nell’hotspot di Pozzallo per l’identificazione, si è capito il motivo: erano tutti tunisini residenti nella zona di Sfax, partiti dall’isola di Karkennah.
Erano tutti consapevoli, anche, dell’accordo fra il governo italiano e quello tunisino, che prevede il rimpatrio immediato. Ma non sempre, poi, viene materialmente eseguito.
E infatti, trenta di loro sono già altrove con in tasca un decreto di espulsione e l’ordine di lasciare il territorio nazionale entro sei giorni.
Chi gli ha parlato a lungo, ha però qualche dubbio al riguardo: «Cercheranno in ogni modo di andare a Nord, proseguire il viaggio verso la Francia. Non hanno alcuna intenzione di tornare indietro».
Dall’altra parte del mare, adesso, sul continente africano, i traghetti della compagnia marittima Sonotrak aspettano pigramente con i portelloni abbassati a raschiare il molo del porto di Sfax.
Fanno la spola avanti e indietro con Kerkennah, forse l’unica isola del Mediterraneo mai toccata dal turismo di massa. È l’isola che ha dato i natali a Farhat Hached, il fondatore dell’Ugtt, il più importate sindacato tunisino.
Negli ultimi anni ci sono state proteste molto accese contro la disoccupazione. Anche i pescatori che usano l’antica tecnica della Charfia, una rete costruita con foglie di palma da dattero intrecciate, non riescono più a sbarcare il lunario.
Dalle spiagge di Kerkennah l’Italia è così vicina che ti sembra di poterla toccare. Ma bisogna arrivarci. Bisogna avere il contatto giusto e sapere come fare.
La fuga via mare
Ogni tanto vedi gruppi di ragazzini con piccoli zaini in attesa davanti al ristorante Tropez. Qualcuno cammina nervosamente lungo la ferrovia che trasporta i fosfati della compagnia Sncft. Arriverà un uomo a prenderli. «Tu ci staresti qui senza niente da fare dal mattino alla sera?» dice Neji, 23 anni, guardandosi continuamente le spalle. «Il dinaro ormai è carta straccia. Non vale più niente. La Tunisia è senza futuro. Per questo ce ne vogliamo andare».
Da Sfax a Kerkennah in traghetto, poi da Kerkennah all’Italia su piccole imbarcazioni invisibili ai radar, pagando il viaggio ai trafficanti.
Numeri ancora contenuti: sono 1500 i tunisini intercettati nel 2017 dalle forze di sicurezza italiane.
Ma il tentativo è proprio quello di non farsi intercettare, per questo è difficile conoscere con esattezza l’entità del fenomeno. «Stiamo registrando un lieve aumento delle partenze rispetto all’anno scorso», conferma l’ambasciatore italiano a Tunisi Raimondo De Cardona.
Un aumento continuo e molto preoccupante secondo Mounib Baccari, attivista tunisino dell’associazione Watch the Med: «Ogni giorno sentiamo notizie di piccole barche bloccate dalla Guardia costiera. Stanno partendo ragazzi molto giovani. Poveri, se non disperati. Molti di loro riprovano l’attraversata in continuazione mettendo a rischio la vita, convinti che sia l’unica possibilità per avere un futuro».
Povertà e disperazione
Sfax con 300 mila abitanti è considerata la capitale del sud della Tunisia. Lungo l’autostrada incontri cinque posti di blocco e colonne di camion carichi di cibo diretti verso il confine libico.
In questo zona costiera, il 20 settembre sono stati arrestati sette terroristi dell’Isis. Ed è sempre qui che, ormai da giorni, tiene banco la storia della professoressa Faiza Souissi, insegnante di arabo nel quartiere Citè Bahri 3.
È stata aggredita da alcuni genitori perchè ritenuta miscredente. La sua colpa sarebbe stata quella di aver chiuso le finestre della classe durante la preghiera delle 12,30.
Per farla tornare fra i banchi è dovuta intervenire la polizia. Adesso la professoressa Souissi vive sotto scorta, mentre l’associazione «Donne per la democrazia» manifesta in suo sostegno.
L’unica altra notizia di rilievo internazionale dice testualmente così: «Le unità di sicurezza di Sfax hanno fermato ventisei ragazzi all’imbarco per Kerkennah, dieci erano minorenni. Tutti sono stati arrestati per il reato di immigrazione clandestina».
È questo il contesto. Da qui sono tornati a partire. «La Primavera Araba non ha cambiato la mia vita», dice un ragazzo in attesa. «Faccio il meccanico, quando riesco. Il mese che ho guadagnato di più ho preso 100 euro».
Ci sarebbe poi da verificare anche la notizia che gira da giorni su Facebook, quella di un indulto che avrebbe liberato 1500 carcerati tunisini.
L’ambasciata italiana a Tunisi conferma, ma in questi termini: «Ogni anno, per la festa della fine del Ramadan, il 25 di luglio, il governo libera i detenuti per i reati minori. Stiamo parlando perlopiù di piccoli consumatori di droga. Ed è sempre successo. Quindi non può essere ritenuto un elemento significativo per spiegare l’aumento delle partenze del 2017».
Il dolore dei familiari
Le madri dei migranti dispersi nel Mediterraneo manifestano per le strade. Souad Rawahi ha raccontato la sua storia al giornalista Medhi Arem dell’Associeted Press: «Non voglio più cucinare il piatto che amava mio figlio, non posso più sopportare questa assenza. I funzionari del governo devono darci una risposta, vogliamo almeno indietro i corpi. Quando io e altre madri abbiamo protestato, gli agenti ci hanno aggrediti. Porto ancora i segni addosso. Ero a terra e continuavano a prendermi a calci. È umano?».
Non sono bastate le lacrime della signora Rawahi. Da questo crocevia ancora provano a imbarcarsi i ragazzi che sognano l’Europa. Molti di loro conoscono già l’italiano. Non è il primo tentativo. Il poliziotto che controlla l’ingresso del porto di Sfax ha un sorriso indecifrabile: «Sono pochi rispetto a tutti quelli che stanno cercando di partire dalla Libia per venire in Italia». Non ci sono segnali che uniscano queste due rotte, per il momento.
Il ristorante La Sirène offre spigole e sogliole freschissime a prezzi stracciati.
Il proprietario Saddoud Sleheddine una volta serviva alcolici, ma da qualche mese ha deciso di non farlo più. Il futuro e il passato della Tunisia sono qui.
Tutto si incrocia davanti a questo mare turchese, dove è ricominciato a fiorire il contrabbando di sigarette e il traffico di migranti ragazzini.
(da “La Stampa”)
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Settembre 24th, 2017 Riccardo Fucile
CHE FIGURA BARBINA, NEL 2005 LO AVEVA CREATO IL SINDACO BELLANDI: “LEGA ACCECATA DAL CONSENSO FACILE DIMENTICA PERSINO QUELLO CHE HA AVALLATO”
Uno sportello per aiutare i migranti a orientarsi tra gli uffici e i centri per l’impiego e con le pratiche burocratiche.
Lo finanzia il Comune con meno di 10mila euro e lo gestisce una cooperativa.
La Lega Nord protesta, ma si scopre che lo sportello per la prima volta fu istituito oltre dieci anni fa da una giunta di centrodestra.
Succede a Montecatini Terme, provincia di Pistoia, area della Toscana in cui la polemica politica si lega a una richiesta crescente di sicurezza che entra sempre di più nell’agenda delle forze politiche.
A pochi chilometri da qui, peraltro, il Partito Democratico ha perso il capoluogo, Pistoia, ora amministrato da un sindaco che viene da Fratelli d’Italia, Alessandro Tomasi.
La determinazione che ha fatto protestare la Lega Nord è stata approvata dalla giunta Pd di Montecatini il 15 settembre: con quel via libera sono stati impegnati poco più di 9600 euro da pagare alla cooperativa pistoiese “Gli altri” per svolgere il servizio sociale. “Perchè dobbiamo tenere lo sportello immigrati aperto per il 12% della popolazione con un costo di quasi 10mila euro? — reagisce il Carroccio con una nota — Chissà perchè, come per miracolo, le risorse si trovano per le consulenze, per l’accoglienza degli immigrati e per aiutare le cooperative rosse. La giunta farebbe meglio ad investire sulla sicurezza, vista la situazione disastrosa in cui ci troviamo”.
Montecatini è diventata una realtà invivibile — spiega Luciana Bartolini, segretaria comunale della Lega — Il degrado è dovuto alla presenza di immigrati e rom che hanno occupato intere zone della città . E l’amministrazione che fa? Spende soldi nostri per aiutarli”.
In realtà non c’è nessun nuovo sportello: l’amministrazione guidata dal sindaco Giuseppe Bellandi ogni anno rinnova il servizio già esistente e nato nel 2005.
Lo volle l’allora sindaco di centrodestra Ettore Severi. “Lo sportello fu istituito proprio dalla mia giunta — rivendica l’ex primo cittadino al fattoquotidiano.it — e ha funzionato molto: serve per orientare i migranti alla ricerca degli affitti o all’integrazione nelle scuole della città ”.
Gli immigrati rappresentano circa il 20% (e non il 12) della cittadinanza della cittadina termale
Lo sportello per migranti servirà per completare le pratiche di ricongiungimento familiare, di ritorno al paese di origine o di orientamento verso i centri per l’impiego grazie al lavoro dei mediatori culturali della cooperativa.
“Non c’è nessuna corsia preferenziale per i migranti — conclude al fatto.it il vicesindaco Ennio Rucco — La Lega ha preso un granchio perchè questo sportello fu istituito proprio da un sindaco di centrodestra: questo caso ci fa capire come quel partito sia accecato dal consenso facile per fare breccia tra gli strati più sofferenti della popolazione”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Settembre 24th, 2017 Riccardo Fucile
IL SENATUR SEPARATO IN CASA: “MA PER ORA RESTO NELLA LEGA”
Senatùr, annuncia Brunetta che, se lei deciderà di andarsene dalla Lega ingrata, Forza Italia è
pronta ad accoglierla. «Eh, ma non lo dice mica solo Brunetta. Me l’ha detto anche Berlusconi: se vuoi, in lista ti ci metto io».
Parola di Umberto Bossi, alle prime uscite pubbliche dopo lo schiaffo di Pontida.
Lui, il Fondatore, non invitato sul palco più leghista di tutti, anzi nemmeno nominato da Matteo Salvini.
L’occasione per fai sentire è la festa “nazionale” della Lega lombarda, in un capannone di Brescia.
E qui, per capire che “il Bossi” è forse sempre nel cuore dei militanti, ma di certo non in quello della gerarchia, basta dare un’occhiata ai manifesti.
Ce ne sono tre: il primo pubblicizza il duetto fra Zaia e Maroni di giovedì scorso, il secondo il comizio di Salvini di venerdì, il terzo il “pranzo lombardo” a base di “porchetta bresciana” (sarà la via gastronomica al federalismo?) di oggi. Bossi risulta non pervenuto.
Invece coraggiosamente perviene, in buona forma, perfino in anticipo sui suoi abituali tempi nottambuli.
Cena con uno dei suoi soliti menù pazzeschi, frittura di pesce e Coca-cola, in compagnia degli irriducibili per i quali Roma è ancora ladrona, la Padania un obiettivo e la Lega “nazionale” di Salvini un errore nel caso migliore, un tradimento nel peggiore.
Tipo il consigliere comunale seduto al suo tavolo con la maglietta «Padania is not Italy» che fa la domanda retorica: «Sai cosa vuol dire Ncs?». Certo, Noi Con Salvini… «No, Noi Con ‘Stoc…», vabbè.
E giù selfie, pacche sulle spalle, baci e abbracci di preferenza con le ragazze, meglio se belle. Poi, sì, ci sta anche l’intervista, «però facciamola sui referendum», intendendo quelli fai-da-te del Lombardo-Veneto del 22 ottobre.
Ma perchè sono così importanti?
«Per dimostrare a Roma che la Lombardia non ne può più. E per salvare la nostra economia. Solo l’anno scorso qui hanno chiuso 100 mila aziende. O teniamo i soldi dei lombardi in Lombardia e dei veneti in Veneto o si rischia che la crisi economica diventi una crisi sociale».
Anche i leghisti del Piemonte annunciano che, se torneranno al potere in Regione, indiranno lo stesso referendum.
«I referendum di Lombardia e Veneto sono un modello per il Nord, poi ogni regione farà quello che vuole. Evidentemente anche a Torino ne hanno piene le scatole di dare soldi a Roma».
Non è un po’ paradossale che un voto atteso da sempre arrivi proprio quando la Lega non parla più di autonomia e poco anche di federalismo? *
«Può darsi. Ma l’occasione di fare finalmente il referendum è talmente importante che non dobbiamo sciuparla. Adesso l’importante è vincerlo».
Appunto: faccia delle previsioni.
«Io dico che la gente andrà a votare e voterà sì».
Più in Lombardia o più in Veneto?
«Credo più in Veneto, i veneti hanno sofferto di più del centralismo romano, quando era impossibile perfino parlare nella loro lingua».
A Pontida lei ha detto che potrebbe lasciare la Lega. Va o resta?
«Per adesso resto».
Per adesso?
«Il referendum è così decisivo che tutto il resto passa in second’ordine. Prima vinciamolo, l’importante è questo».
E poi?
«Poi si vedrà ».
Insomma, potrebbe anche accettare l’offerta di Berlusconi. Difficile però una Lega senza Bossi…
«Di certo Berlusconi l’offerta di candidarmi l’ha fatta. Ma credo che alla fine sarò candidato alle elezioni per la Lega».
Ma nel centrodestra come finirà ?
«Io credo che si troverà l’accordo. Mi fido di Berlusconi, e non dimentico quello che ha fatto. Anche per la Lega».
(da “La Stampa”)
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Settembre 24th, 2017 Riccardo Fucile
IL SINDACO PIROZZI POLEMIZZA SUI 33 MILIONI DI EURO RACCOLTI CON GLI SMS… VEDIAMO COME STANNO LE COSE
I 33 milioni di euro raccolti con gli sms di solidarietà per i terremotati del 24 agosto 2016 non sono “mai arrivati alle popolazioni colpite dal sisma”.
A dirlo è il sindaco di Amatrice Luca Pirozzi alla festa di Atreju aggiungendo che quei fondi sono stati destinati ad altri interventi “estranei alle aree pertinenti”, addirittura per “una pista ciclabile in un paese delle Marche non colpito dalle scosse”.
Il Fatto, in un articolo di Davide Vecchi, dice che il sindaco di Amatrice sarà convocato nei prossimi giorni dai magistrati della procura di Rieti guidata da Giuseppe Saieva, che aprirà un fascicolo contro ignoti e avvierà indagini specifiche sugli sms solidali.
Eppure l’attacco di Pirozzi alla festa della Meloni ricalca una polemica già vissuta: sulla gestione dell’emergenza non hanno alcun peso i fondi raccolti con gli SMS solidali, che saranno invece destinati alla ricostruzione.
Più di qualcuno, ad esempio il MoVimento 5 Stelle, ha chiesto che venissero spesi subito paventando il rischio che quei soldi fossero in qualche modo ostaggio delle banche, ma non è così.
Semplicemente saranno utilizzati per altri progetti che partiranno quando cesserà la fase di emergenza e si potrà procedere a pensare come ricostruire i paesi distrutti e le abitazioni danneggiate (ad oggi anche i confini dell’area del Cratere, ad esempio, devono ancora essere stabiliti in modo definitivo).
Per le emergenze invece lo Stato attinge al Fondo Emergenze del Ministero dell’Economia e quelli stanziati a partire dalla dichiarazione dello stato di emergenza (25 agosto 2016) che ammontano a 50 milioni di euro per il sisma del 24 agosto, 80 milioni per gli eventi sismici di ottobre ai quali il governo ha aggiunto ulteriori 30 milioni destinati a far fronte esclusivamente ai primi urgenti interventi di soccorso legati alla fase di emergenza.
Lo stanziamento andrà a valere sulle disponibilità del Fondo per le Emergenze Nazionali. Il 1 dicembre l’Unione Europea ha sbloccato 30 milioni del Fondo di Solidarietà
La storia della pista ciclabile fatta con i soldi del 45500
C’è poi la storia della pista ciclabile, di cui si è parlato a luglio e il cui progetto è stato successivamente ritirato dalla Regione Marche. La Protezione Civile ha sempre specificato il denaro raccolto serve per la ricostruzione e il sostegno alle popolazioni colpite ma non per l’emergenza.
Ma parte dei fondi destinati alla Regione Marche verranno spesi non per la ricostruzione ma la costruzione di una pista ciclabile il cui tracciato non interessa solo le aree del cratere.
L’assessore regionale Angelo Sciapichetti ha illustrato nel luglio scorso all’assemblea dei sindaci i setti interventi che saranno finanziati con i soldi degli sms solidali.
Tra tutti spiccava il progetto — del valore di 5 milioni e 450 mila euro — per la realizzazione del “primo stralcio” di una pista ciclabile che collega Civitanova Marche a Sarnano.
Altri interventi riguardano la ricostruzione della scuola media ed elementare di Pieve Torina e l’adeguamento sismico di quella di quella a Montegallo. Inoltre è prevista la realizzazione di 7 elisuperfici attrezzate per il volo notturno e il recupero della grotta sudatoria ad Acquasanta Terme.
Secondo Sciapichetti la Regione ha deciso di investire sul turismo, per poter aiutare uno dei settori trainanti dell’economia regionale. Il motivo è che i finanziamenti per le scuole (15 milioni di euro) ci sono e che sono in arrivo 60 milioni di euro che saranno investiti per la prima tranche della ricostruzione delle opere pubbliche
La politica e l’opportunità
C’è però da rilevare che Franco Ceregioli il sindaco di Sarnano (che è uno dei comuni del cratere) era all’epoca d’accordo con la decisione della Regione.
Secondo il primo cittadino di Sarnano dal momento che la ricostruzione verrà fatta con risorse pubbliche (ad esempio la scuola materna di Sarnano è stata ricostruita con i fondi raccolti dalla Regione Friuli Venezia Giulia) la decisione di utilizzare i fondi degli sms solidali per finanziare iniziative di rilancio economico del territorio offriva “possibilità uniche” per i sette comuni attraversati dalla pista ciclabile.
Secondo Ceregioli la realizzazione della pista ciclabile e il rilancio del turismo sarebbero stati una forma di sostegno alle popolazioni colpite che avrebbero consentito di non far morire il territorio.
Si poteva fare altro? Sicuramente sì, ma anche quell’altro probabilmente non sarebbe stato condiviso da tutti.
Rimane però la questione dell’immagine: davvero non si poteva evitare di far credere agli italiani che la Regione sta usando “in modo sbagliato” i fondi delle donazioni?
Ma allora dov’è il punto della polemica?
Il Giornale, che ha parlato con Pirozzi, punta il dito sui 4 milioni di euro degli sms che sarebbero stati assegnati dalla Regione Lazio alla scuola di Poggio Bustone (2,7 milioni), a quella di Collevecchio, (un milione) e a quella di Rivodutri (192mila euro), che non erano nel cratere originario.
Eppure, anche se questo sembra essere sfuggito, Poggio Bustone e Rivodutri sono rientrati nel perimetro del cratere (proprio in virtù dei danni riportati alle scuole) seppur dopo le scosse di gennaio, mentre Collevecchio no, pur avendo avuto danni ingenti riferibili alle scosse dell’estate e dell’autunno scorsi.
Non solo: i tre progetti rientrano nel primo piano stralcio che di scuole da ricostruire e/o adeguare ne conta 12, compresa la scuola albergo di Amatrice, la succursale dello «Jucci» di Rieti, la scuola di Villa Reatina e il «Marconi».
Praticamente, si sta polemizzando sul fatto di aver stanziato fondi per la ricostruzione di una scuola prima di un’altra.
(da “NextQuotidiano”)
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