LA NORMALIZZAZIONE DEL M5S PASSA DALLE LISTE: INIZIA LA PROCESSIONE PER UN SEGGIO
IL PRIMO GIORNO DA CANDIDATO PREMIER DI DI MAIO NON SCALDA
Cravatta pastello, abito blu che sembra un “sottosegretario dell’Udeur”, alle nove di mattina Luigi Di Maio celebra il rituale più classico.
Sulla terrazza del suo albergo parla con i giornalisti della stampa estera, notizia che i suoi veloci comunicatori fanno sapere in tempo reale.
Poche ore dopo sul palco della kermesse la cravatta è scomparsa. “Che consigli ti hanno dato i tuoi genitori?” , “metterai le scarpe da ginnastica per la campagna elettorale?”, “come pensi di arginare i vecchi lupi della politica?”.
L’intervista “collettiva”, con Gianluigi Paragone che gira i tweet arrivati a #Luigirispondi scalda poco.
Sulla rete, i commenti sono al vetriolo. Eccolo il primo giorno da “capo politico”, nel solco delle abitudini dell’Italia del “come sempre si è fatto”. Spiegano nel suo staff che, da adesso in poi, “bisogna fare cose più profilate”, da leader insomma.
Meglio in studio che collegato: Vespa no, o almeno non subito, La 7 più in là , l’idea per la prima uscita è una trasmissione “particolare” in prima serata Rai, tradotto non giornalistica.
La normalizzazione è ovunque, con il suo linguaggio, la sua estetica, i suoi vecchi riti. La processione per il seggio inizia a mezzanotte, al Newport, un cocktail bar alla moda nel centro di Rimini.
C’è la fila di parlamentari per salutare Di Maio: “Luigi auguri”, “Luigi in bocca al lupo”. Carlo Sibilia, un “ortodosso”, vista la scena, se ne va. E va a smaltire la rabbia del sabato sera nella pista del locale accanto.
Il nuovo capo sorride, stringe mani, senza troppe parole. Poi va via, sottobraccio a Casaleggio jr: “Vado via con Davide”, dice liquidando il suo staff.
Questa processione prosegue il giorno dopo nel retropalco. Ecco Andrea Cecconi, Simone Valente, Paola Taverna, solo un anno fa grande oppositrice della Raggi.
E anche di Di Maio, ai tempi della famosa mail “non sono un’infame, non l’ho passata io”.
La notizia, in questa chiusura di kermesse pentastellata, è l’ansia da liste.
Con i sistemi elettorali che si sentono in giro, comunque sono nelle mani del capo. E di chi comanda.
Proprio attorno alla promessa e alla garanzia di candidature, si assottigliano le truppe dell’amletico Fico, l’oppositore che parla poco.
“Noi non ce ne andiamo, perchè crediamo nel valore dell’unità ” dice Nicola Morra. La strategia dei dissidenti assomiglia a quella dei loro pari ruolo del Pd: sperare che il partito perda in Sicilia e che si riapra la discussione interna dopo il voto. L’attesa del 5 novembre.
In verità non è in discussione l’espulsione di Fico&Co, perchè sarebbe rumorosa e controproducente per un leader (Di Maio) che sta puntando tutto sulla credibilità e sull’essere rassicurante per mondi tradizionalmente lontani dai Cinque stelle.
Il punto è l’annientamento politico: “Se fa il bravo — dicono dallo staff di Di Maio — lui e i suoi sono garantiti, ma deve smetterla con questo atteggiamento, le decisioni prese non sono in discussione”. E, soprattutto in un momento in cui Grillo è stanco, vuole stare alla larga da queste beghe dedicandosi alla famiglia.
Il dossier liste non è ancora stato affrontato nel dettaglio. Ma già è chiara la tripartizione di massima: una “quota Casaleggio”, una “quota Di Maio”, una “quota di compensazione del dissenso”, con gli attuali dirigenti.
A Milano, vero centro decisionale del Movimento, è già iniziata la ricerca ai nomi che poi “usciranno” dalle primarie: “Hai letto Supernova, il libro di Biondo e Canestrari?” dice un parlamentare. In quel libro c’è scritto che la Casaleggio associati si sarebbe rivolta anche ad agenzie di “cacciatori di teste”, per selezionare nomi nuovi.
Notizia peraltro non smentita, come il resto del libro. Mentre è ormai certo che Roberta Lombardi sarà candidata alla Regione Lazio
Un intero gruppo dirigente è immerso nella stessa dinamica di tutto il Parlamento nazionale.
E, segno dei tempi e di questo cambio di pelle, arrivano le critiche anche da opinion maker non ostili.
Il Fatto, da giorni, è assai critico sull’operazione costruita attorno a Di Maio: “Non so — ha detto in un’intervista – chi voterei in questo momento. La volta scorsa ho votato i Cinque Stelle. Stavolta non lo so. Voglio vedere se è vero che hanno pronta una squadra di ministri all’altezza della situazione”. A
l momento non c’è, anche se la ricerca di nomi forti, soprattutto su Esteri ed Economia, è già in corso da mesi.
(da “Huffingtonpost”)
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