Settembre 23rd, 2017 Riccardo Fucile
ACCOLTO COME “UNO DI NOI” QUANDO ANDAVA ATTACCATO, CRITICATO QUANDO HA DETTO COSE SENSATE… E ALLA FINE IL COLPO DA KO: “CRITICATE NORME CHE SONO IN VIGORE DA 20 ANNI, PERCHE’ NON LE AVETE CAMBIATE VOI QUANDO ERAVATE AL GOVERNO?”
Non c’è speranza, la becero destra non perde occasione per rimediare figure barbine, il problema di fondo è l’inadeguatezza dei contenuti e la mancanza di elasticità politica.
Arriva ad “Atreju” il ministro Minniti e Giorgia Meloni fa gli onori di casa.
Capita anche che all’ex comunista Minniti venga chiesto un autografo: la platea è gremitissima come nelle grandi occasioni.
E la “partita” per il responsabile dell’Interno comincia in discesa, è consapevole dell’aspettativa che circonda la sua presenza. E ci gioca. “Venendo qui stavo pensando: ‘Se mi applaudono molto dico: guardate che sono Minniti non Crozza’”. Nell’avvio dell’intervista, fatta da Mario Giordano e Gian Micalessin, a prevalere sono gli ammiccamenti.
I primi due applausi se li becca quando parla dei flussi migratori, d’altra parte è quello il terreno della becerodestra che Minniti ha arato di più in questi “nove mesi e 11 giorni” in cui è ministro.
“Io avevo due strade: potevo dire che l’Europa non faceva la sua parte. Potevo continuare a dirlo e forse mi avreste anche applaudito. Ma per me non era sufficiente. Io dovevo dimostrare che l’Europa non faceva la sua parte ma l’Italia faceva qualcosa”.
E qui una persona di destra con un minimo di cervello lo avrebbe inchiodato: giusto dire che l’Europa non faceva la sua parte, ma bastava dare dei permessi provvisori e i profughi avrebbero continuato il viaggio verso altri Stati.
Perchè per viltà Minniti non l’ha fatto?
Perchè non abbiamo bloccato i finanziamenti alla Ue?
E cosa ci sarebbe da gloriarsi nel condannare i profughi a rimanere nei lager libici? Quanto ha pagato l’Italia ai criminali libici perchè facciano il lavoro sporco?.
Ma ovviamente nessuno riesce a sintonizzare il cervello sulla realtà e Minniti ha buon gioco.
Momento perfetto per il ministro per ricordare che quando è stato sottosegretario alla presidenza del Consiglio capitò per caso nella stanza in cui c’era la scrivania di Benito Mussolini.
Gioca in casa anche poco dopo, perchè il destino gli ha riservato in sorte anche di aver dimorato da sottosegretario nella stanza che fu di Italo Balbo, lo stesso a cui è intitolata la sala in cui sta svolgendo il dibattito.
Giordano gli chiede conto dei danni fatti dall’ideologia comunista e tira in ballo anche il dittatore della Corea del Nord (applausi scroscianti). “Faccio parte di un governo, una maggioranza e un partito. Ma il cittadino — risponde – si aspetta dal ministro degli Interni più terzietà che da altri, perchè gestisce polizia, carabinieri. A un certo punto in questo paese si è discusso se le Br erano compagni che sbagliavano, io ero piccolo ma dicevo che non erano compagni perchè chi spara è un terrorista punto”.
Poi un riferimento a Giorgia Meloni che a precisa domanda ‘Minniti potrebbe essere ministro dell’Interno in un governo di destra?’ aveva risposto no.
“Dentro di me ho detto ‘menomale’. Noi dobbiamo sapere quello anche siamo: noi siamo avversari politici, che non vuol dire nemici. Io ho vissuto una fase della vita in cui gli avversari erano nemici, non torniamo più a quella storia”.
Poi si passa a parlare di sgomberi, Minniti rivendica di aver ripristino la legalità ma senza dimenticare l’umanità . “Io — spiega – sono sempre per rispettare il principio di legalità . Se uno occupa illegalmente un posto deve essere sgomberato ma la legge, che io condivido, prevede anche che di fronte a situazioni come donne o bambini e quindi di particolare fragilità valga anche un principio di umanità “.
In platea si rumoreggia, anche troppo. Chiara Colosimo, è costretta ad avvicinarsi ad un paio di militanti che si agitano oltre il consentito. “Noi siamo qui per ascoltare e rispettiamo chi ci viene a parlare. Se non volete ascoltare potete accomodarvi fuori”, dice loro.
Solita figura da beceri: invece di contestare a Minniti di non aver usato umanità negli sgomberi fino a che non gli sono piovute addosso critiche, in platea si invocano manganellate sui poveracci.
Se domani capitasse a una sede occupata di CasaPound la penserebbero diversamente o no? Insulsi.
Giordano ripete poi la solita stronzata che ci sono migranti che costano 35 euro al giorno e palesemente non sono rifugiati (super applausi per lui).
“Per stabilire se uno scappa dalla guerra o è migrante economico — puntualizza Minniti – ci sono delle regole internazionali. Quando sono arrivato io ci volevano due anni mediamente, poi a un certo punto è arrivato uno che ha fatto un decreto che ha tolto un grado di giudizio. Quel decreto si chiama guarda caso Minniti”.
E arriva il colpo da ko finale: “Essendo queste norme in vigore da almeno 20 anni perchè non le avete mai cambiate?”.
Anche oggi sono riusciti a far fare bella figura a Minniti: complimenti al cuoco.
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Settembre 23rd, 2017 Riccardo Fucile
DI FRONTE AD APPENA 30.936 VOTI SU 140.000 LA PRIMA COSA CHE DOVREBBE FARE E’ TORNARSENE A FINIRE L’UNIVERSITA’ (SE GLI RIESCE)
A sorpresa, sorpresissima, sorpresissima sorpresa, il MoVimento 5 Stelle annuncia che Luigi Di Maio ha vinto la durissima competizione all’ultimo sangue per il posto di candidato premier e capo del movimento politico M5S.
Accompagnato da una musica da “suspense”, Beppe Grillo ha proclamato Luigi Di Maio candidato premier del Movimento 5 stelle.
Ma la vera sorpresa sta nei numeri, su 140.000 aventi diritto come “militanti”, i votanti sono stati appena 37.442, la miseria del 26.7%.
Tre su quattro non sono neanche andati a votare.
Non solo: Di Maio ne ha presi appena 30.936.
Il totale degli iscritti del M5S a Rousseau è 140.150, quindi Di Maio è diventato capo politico del nulla con il 22,06% dei consensi, quasi quattro grillini si cinque non lo vogliono.
Al secondo posto nelle primarie online c’è la senatrice Elena Fattori con 3.596 voti. Per i restanti sei candidati — Vincenzo Cicchetti, Andrea Davide Frallicciardi, Gianmarco Novi, Marco Zordan, Nadia Piseddu e Domenico Ispirato — solo poche centinaia di voti.
Ispirato prende 102 voti, Frallicciardi 268, Cicchetti 274, Zordan 373, Novi 543 preferenze e Piseddu 1410 voti.
“Da domani il capo politico del M5S non avrà più il mio indirizzo, tutte le denunce arriveranno a te”, ha detto invece Beppe Grillo, scherzando ma non troppo, visto che rischia di dover pagare fior di quattrini con tutte le sconfitte giudiziarie che sta raccogliendo in tribunale dove non ne azzecca una.
Ora Di Maio potrà far perdere il M5S in Sicilia dove Cancelleri, da quando gira con lui, è passato dal 40% al 29%, favorendo l’armata Brancaleone di Musumeci.
Come a Genova: si crea il casino (Cassimatis e/o Giulivi) al momento giusto e si favorisce il centrodestra, come sempre.
D’altronde il gioco di Grillo, Casaleggio e Di Maio è quello da tempo, anche se ci sono sempre i pirla che fingono di non capire.
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Settembre 23rd, 2017 Riccardo Fucile
QUELLO CHE ORMAI CONTA E’ SOLO IL POTERE, COME A SINISTRA E A DESTRA… E CI SONO PERSINO I BODYGUARD INTORNO A DI MAIO: “AOH, MA CHE SE CREDE D’ESSE, BRUCE SPRINGSTEEN?”
Anche il fumo delle salsicce arrosto, appeni entri a destra, è meno biologico di prima. Più normale. Come il profumo, o semplicemente, la voglia di governo.
“Ci siamo” è la scritta sulle magliette più vendute. “Ci siamo” è lo slogan dietro l’imponente palco.
In questa kermesse dell’incoronazione di Luigi Di Maio, nulla è più come prima, incasinato e con la fantasia dell’opposizione.
“Questi ragazzi studiano, siamo pronti. Ora o mai più” dice la ragazza del sud. Annuisce Marcello, di Cecina: “Io votavo Pannella perchè avevo fiutato già trent’anni fa l’inciucio Coop bianche-Coop rosse. Ora i Cinque stelle sono l’unica strada”. “Governo”, “dobbiamo andare al governo”: la spianata del grande raduno è piena di gente, cinquemila già sotto la canicola di Mezzogiorno, ansiosi per l’appuntamento con la storia, del tutto indifferenti rispetto alle beghe interne:
“Ma dai — dice Diego da Torino — sono tutte cose costruite ad arte anche da alcuni giornali per seminare zizzania. Ma la via è segnata”.
I big, fino al tardo pomeriggio, restano in albergo, un pauperistico tre stelle, circondato da una selva di suv e di bodyguard che allontanano i fotografi: “Aho, ma ‘sto Di Maio me pare Bruce Springsteen”, dice il disincantato fotografo romano, dopo ore sotto il sole per uno scatto.
Il predestinato gioca con l’attesa, ma non è il solo, in questa vicenda in cui l’alternativa è un po’ nella coreografia, ma la sostanza è la politica normale.
Roberto Fico, novello Amleto senza tanto pathos, quello del “mi candido o non mi candido”, poi “parlo o non parlo”: alle ore 17,30, quando arriva, il dilemma non è ancora sciolto in questo caso di dissenso taciturno, valorizzato da titoli a nove colonne come neanche Pietro Ingrao all’undicesimo congresso.
Il motivo lo spiega Nicola Morra, altro “ortodosso”, ai microfoni di Rainews: “C’è un tentativo di mediazione in corso. Vedremo come andrà , altrimenti ognuno tirerà le sue conseguenze”. Nel backstage il vicepresidente della Vigilanza Rai è stato visto parlare fitto fitto con Casaleggio.
A colpo d’occhio nella distesa a due passi dalla Fiera d Rimini, l’azienda domina il partito, o meglio un movimento che somiglia poco a se stesso.
L’azienda è Rousseau, presente ovunque. E si vede.
“Info point Rousseau”, “Villaggio Rousseau”, “Merchandising Rousseau”. Gli stand del partito azienda hanno preso il posto dei rumorosi stand di una volta: quelli contro il riscaldamento globale, per l’acqua pubblica, e no-tav.
Per vedere una bandiera contro l’alta velocità occorre andare nello spazio degli amministratori piemontesi. Poca roba.
La tensione e la sostanza politica di questa investitura annunciata si consumano dietro le quinte, lontano dall’odore delle salsicce arrosto, un po’ sagra, un po’ festa dell’Unità di una volta. Popolo, insomma. E riguarda, in definitiva, le “poltrone”.
Perchè l’investitura di Di Maio a capo-politico, amministratore delegato di una azienda “normale”, significa liste elettorali. Potere sui posti e sui seggi. I più attenti hanno già notato come in parecchi si siano riallineati, in modo prudente, da Paola Taverna a Roberta Lombardi, possibile candidata alla regione Lazio.
Eccola questa kermesse.
Lo sforzo di sembrare quelli di sempre, non essendolo più, nell’attesa di quel che sarà (e nel sogno del governo) e nella consapevolezza di ciò che è stato e di ciò che è. Nell’opuscolo distribuito sui risultati delle varie amministrazioni a Cinque Stelle, vengono lodati i risultati sui rifiuti e sulla raccolta differenziata su Bagheria, evidentemente stampato prima che il sindaco fosse costretto all’obbligo di firma, proprio su un’inchiesta, ironia della sorte, che riguarda gli appalti sui rifiuti.
Alle 17,30 arriva Virginia Raggi. Un anno fa attraversò gli stand a ritmo di danza, con la musica a tutto volume.
Un ballo forse inconsapevole, ma anche sfacciato, sicuro. Dodici mesi e dodici assessori dopo, a Rimini il codazzo non c’è più, e con esso la sicurezza, la sfacciataggine.
Ma anche la creatività , le idee, la politica che si riduce all’attesa di un vincitore annunciato.
(da “Huffingtonpost”)
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Settembre 23rd, 2017 Riccardo Fucile
URLA E INSULTI ALL’INVIATA DI RAINEWS ENRICA AGOSTINI, INTIMIDITO ANCHE L’ORTODOSSO MORRA… I FUTURI ALLEATI SOVRANISTI FANNO SCUOLA
Al Villaggio Rousseau durante la kermesse del Movimento 5 stelle a Rimini un folto gruppo di attivisti ha circondato e pesantemente contestato una troupe di RaiNews. “Vai via”, hanno urlato con rabbia più volte alcuni militanti, cercando di interrompere il lavoro della troupe.
È stato necessario l’intervento della sicurezza, raggiunta poi dalla polizia, per calmare gli animi.
Enrica Agostini stava intervistando l’ortodosso Nicola Morra, a sua volta contestato, ed è stata interrotta con urla e insulti da parte di un gruppo di attivisti del Movimento davanti il villaggio Rousseau.
Sul luogo è anche arrivata la polizia quando ormai il momento critico era passato.
Il senatore Morra, esponente dell’ala “ortodossa” che non ha apprezzato la svolta leaderistica che attribuisce al candidato premier il ruolo di “capo politico” del M5S, ha trovato un contestatore mentre si apprestava a concedere una intervista a Rainews24.
“Siamo una comunità e Di Maio sarà solo un primus inter pares”, gli ha detto il contestatore, che non ha gradito le posizioni espresse nei giorni scorsi dal parlamentare.
La contestazione si è allargata anche alla giornalista di Rainews che stava tentando di intervistarlo, al punto che Morra a un certo punto è stato convinto da alcuni attivisti ad allontanarsi, prima di tornare sui suoi passi.
Morra ha poi spiegato che “non è scritto da nessuna parte” che Di Maio sia solo un “primus inter pares”. E “se cambia ce lo dovranno dire, vedremo cosa diranno da qui a domani. È in corso un tentativo di conciliazione, poi ne trarremo le conseguenze”.
(da “NexrQuotidiano”)
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Settembre 23rd, 2017 Riccardo Fucile
MUSUMECI 37%, CANCELLERI 29%, MICARI 28%, FAVA 4%
Il sondaggio di Nicola Piepoli pubblicato oggi sulla Stampa riguardo le elezioni in Sicilia incorona Nello Musumeci, esponente del centrodestra, nella corsa per il governatore dell’isola e vede la coalizione di Berlusconi in vantaggio nel computo totale dei voti, staccando M5S e centrosinistra.
Rispetto ad altri dati e numeri, quello di Piepoli però dà una grossa mano a Fabrizio Micari che viene dato al 28%, ovvero a un passo da Giancarlo Cancelleri, mentre a Claudio Fava si attribuisce uno scarso 4%.
Molto alta ancora la percentuale di Non so, che dovrebbe rispecchiare quella degli indecisi.
Piepoli spiega sulla Stampa che sfuggono al sondaggio due variabili: la prima è il peso del voto di scambio; la seconda è il peso dei voti di preferenza assegnati dagli elettori siciliani ai singoli candidati all’assemblea regionale.
Più sono le liste collegate a un candidato più questo ha probabilità di raccogliere maggiori consensi.
I risultati di un sondaggio condotto da Index Research per Piazza Pulita, la trasmissione di La7, in merito alle intenzioni di voto per le Regionali del 5 novembre danno invece il centrodestra con Nello Musumeci al 36%, seguito dal Movimento cinque stelle con Giancarlo Cancelleri al 30.
Terza piazza per Claudio Fava, della coalizione composta da Mdp, Sinistra italiana e altre forze di sinistra, con il 16 per cento. Quarto Fabrizio Micari, sostenuto da Pd e Ap, con il 15 per cento.
(da agenzie)
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Settembre 23rd, 2017 Riccardo Fucile
RISOLTO IL GIALLO: IL SINDACO AVEVA NEGATO DI AVER RICEVUTO LA APP, LA PRITEZIONE CIVILE CONFERMAVA… POI E’ SPUNTATA LA DICHIARAZIONE DI CONSEGNA FIRMATA DA NOGARIN
Filippo Nogarin ha ammesso di aver dimenticato di usare l’app per l’allerta meteo predisposta dalla Regione Toscana e consegnatagli da Luca Soriani, funzionario della Protezione Civile del Comune di Livorno.
Nogarin in precedenza aveva dichiarato al Tirreno di non aver mai ricevuto le credenziali per l’accesso. Ieri ha ammesso di aver ricevuto tutto a suo tempo ma di essersene dimenticato.
Come ricostruisce puntualmente oggi Il Tirreno, dal suo ufficio è poi spuntata la dichiarazione di avvenuta consegna del manuale utente e delle credenziali di accesso del Centro Funzionale Regionale Toscana, firmata dal sindaco il 9 dicembre 2016.
La questione dell’app non è al centro della vicenda dell’alluvione a Livorno: il suo utilizzo non avrebbe sicuramente salvato nessuno.
Ma la contrapposizione tra sindaco e Protezione Civile non fa bene a nessuno, soprattutto in caso di emergenza. Nell’occasione Soriani non è quindi colpevole di nessuna dimenticanza.
L’articolo del Tirreno sulle prime versioni di Nogarin
Il 15 settembre scorso durante la conferenza stampa con il governatore Enrico Rossi la protezione civile aveva spiegato a cosa servisse la app del Centro Funzionale Regionale, che fa scattare sul telefonino una sirena ogni volta che i pluviometri e gli idrometri misurano un livello di guardia superato. E l’allarme, con relativa sirena riprodotta dalla app, risulta essere scattato — sempre secondo quanto riferito dagli ingegneri del Cfr — alle 21. 39 di sabato 9 settembre e poi altre volte durante il diluvio che ha provocato morti e devastazioni. Ma Filippo Nogarin la sirena non l’ha mai sentita, perchè non si era “loggato” e quindi la sua app non era attiva.
Nogarin nell’occasione disse di aver scaricato soltanto quel giorno la App e anche di non aver ricevuto nessuna busta con credenziali per l’account: «Non ho mai ricevuto nessuna busta contenente le credenziali per accedere all’account, nè ho mai partecipato a nessuna presentazione ufficiale, se non nel mondo dei sogni della Regione. Ma se anche avessero fatto la presentazione, perchè non avvertirmi? Insomma, non inviate la solita mail, una delle 1500 che ricevo ogni giorno. Se è una cosa a tutela dei cittadini, alzate il telefono. Chiamatemi».
Invece era andata diversamente.
Come ricostruito dal quotidiano di Livorno, Soriani aveva confermato di aver consegnato alla segreteria del sindaco la App e smentito il sindaco. Alla fine aveva ragione lui.
(da “NextQuotidiano“)
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Settembre 23rd, 2017 Riccardo Fucile
IN MOLTI PRONTI AD ANDARSENE DOPO IL PLEBISCITO PER DI MAIO, MA ALLE PAROLE SEGUIRANNO I FATTI?
Il Messaggero in un articolo a firma di Stefania Piras racconta oggi che il plebiscito per Luigi Di Maio candidato premier potrebbe spingere alcuni degli ortodossi a lasciare il MoVimento 5 Stelle.
I nomi che fa il Messaggero però sono tutti di personalità che non sembrano avere alcuna volontà di lasciare i 5 Stelle:
Il senatore Nicola Morra ha il navigatore impostato verso la festa nazionale del M5S. E ci va per riportare il segnale gps movimentista che secondo lui si è perso, impazzito dietro un cammino innovativo,“governativo”.
Lui, Roberto Fico, Carlo Sibilia, Luigi Gallo, Vega Colonnese, Paola Nugnes sono rimasti soli a guidare il dissenso.
Lo stesso smarrimento è di Giuseppe Brescia, che guida la commissione per l’accoglienza dei migranti che da quando c’è stata la svolta sulle ong-taxi non ha più toccato palla.
C’è Andrea Coletti, sempre stato critico con la visibilità mediatica drogata di cui hanno goduto solo alcuni nel M5S.
C’è pure Roberta Lombardi, che tenterà la via della Regione Lazio rinunciando alla disputa per un nuovo giro in Parlamento.
Roberto Fico è a Rimini ma è come se non ci fosse. Era indeciso fino all’ultimo se partire, non partire, parlare o non parlare per niente. Alla fine non ha inviato la sua conferma agli organizzatori e il suo intervento previsto per domani è saltato.
Secondo il quotidiano Roberto Fico, che ieri non è salito sul palco di Rimini per sua scelta, è quello più determinato all’addio. Ma nella lista degli scontenti c’è anche il senatore Luigi Gallo
La strategia del silenzio pagherà , pensano i suoi che nel giro delle ultime 72 ore lo hanno visto furioso, poi basito, e ancora sconfortato dalla distanza abissale che si è frapposta tra lui e Beppe Grillo. Il suo silenzio è già valutato a peso d’oro visto che non è rimasto indifferente agli inviti delle feste degli altri, quelli di Mdp che muoiono dalla voglia di scoprire di che pasta è fatta questa ala ortodossa, cosiddetta “di sinistra”.
Gli altri parlamentari, ormai ex ortodossi, hanno vissuto questa fase in pieno anonimato, ovvero votando Luigi Di Maio candidato premier e poi, subito dopo il clic, hanno sfogato i tic.
La paura che il Movimento stia diventando qualcosa d’altro, che si stia appiattendo sulla figura del vicepresidente della Camera che gioco forza avrà un potere prima impensabile. «E se Grillo lascia il ruolo di capo politico non sarà indolore», dice Morra che boccia tutto l’iter di selezione del candidato premier, a partire dalle autocandidature: «Si doveva partire da un identikit, dai requisiti che deve avere il nostro candidato, dal cosa e non dal chi».
Il comunicato politico numero 45, gli ortodossi lo conoscono bene è ormai diventato anacronistico. In un ultimo spasmo di protesta il deputato Gallo lo pubblica sui social. E’ quello che parla dei portavoce M5S che non sono peones guidati da un leader. «L’ho scritto per ricordare a tutti noi cosa siamo. Con queste parole noi tutti abbiamo deciso di candidarci ed essere portavoce di un programma e dei cittadini. Questa è la nostra direzione, questo è il nostro obiettivo. Sono le nostre parole guerriere».
(da “NextQuotidiano”)
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Settembre 23rd, 2017 Riccardo Fucile
I RISULTATI DEL SONDAGGIO SWG PUBBLICATI DAL MESSAGGERO
Il Messaggero pubblica oggi i risultati di un sondaggio di SWG sulle primarie per il candidato premier del MoVimento 5 Stelle, dai quali si evince che un terzo degli elettori grillini non ritiene credibili le primarie con il candidato Luigi Di Maio e i sette nani.
Spiega Enzo Risso, direttore scientifico di SWG:
Solo il 21% degli italiani, infatti, ritiene le primarie di questo partito credibili, mentre il 68% boccia il modello telematico d’incoronazione del candidato premier.
Tra gli elettori grillini il dato s’inverte, ma non mancano ombre e critiche.
Per la maggioranza della base elettorale (63%) le primarie sono attendibili (anche se il «molto credibili» si ferma al 25%), mentre emerge un discreto zoccolo critico pari al 35%.
A generare fastidi e perplessità sono, innanzitutto, due fattori: il metodo telematico (criticato dal 36% degli elettori grillini) e la composizione della rosa dei potenziali candidati (32% di critici).
In entrambi i casi, la strada imboccata dal movimento è apparsa, a un terzo di elettori pentastellati, inadeguata a rappresentare le diverse anime del movimento.
I segnali che emergono dalle primarie, spiega SWG confermano il quadro che, negli ultimi mesi, si è andato delineando intorno ai Cinquestelle: stallo nei consensi (da tempo tra il 26% e il 28%) e sottile deperimento dell’immagine (solo il 14% degli italiani ha migliorato il proprio giudizio su M5s, mentre il 46% lo ha peggiorato).
(da “NextQuotidiano”)
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Settembre 23rd, 2017 Riccardo Fucile
GRILLO SMENTISCE, MA VEDIAMO COME STANNO LE COSE
Rogue0, uno dei due hacker che la scorsa estate hanno mostrato le falle di sicurezza di Rousseau, ieri sera su Twitter ha scritto di aver votato varie volte durante la consultazione sul candidati premier.
I messaggi, chiaramente una presa in giro nei confronti del MoVimento 5 Stelle, cominciano con un “Luigi Di Maio ha già vinto, ve lo assicurano decine di miei voti certificati”.
Poi Rogue0 ha postato la scheda di quello che sembra un utente di Rousseau, ovvero Antonio Marcheselli, del quale pubblica la schermata di invito al voto
Poi Rogue0 passa all’account chiamato Massimo Ferrari: E a quello di Davide Gatto.
Infine, rispondendo all’utente Carlo Gubitosa, Rogue0 dice che la password non basta perchè “i geni alla Casaleggio hanno messo una misura di sicurezza inviolabile per la sicurezza TOTALE del voto: l’SMS. LOL”.
Dalle foto pubblicate non vi è alcuna certezza che l’hacker abbia effettivamente votato: se le immagini sono vere, potrebbe essersi soltanto loggato; oppure le foto potrebbero essere semplicemente frutto di un fotomontaggio.
Tra i commenti su Twitter c’è però chi fa notare che tre voti non spostano il risultato (ma il punto in realtà è un altro: il fatto che un utente con account “verificato” sia in realtà un’altra persona: se succede per tre account è possibile per quanti?).
In questo tweet in alto a destra nella foto si vede che l’account è quello di Davide Gatto e sembra proprio che sia stata scattata DOPO il voto su Rousseau
Per quanto riguarda gli account, c’è un Antonio Marcheselli che è un commentatore certificato del blog di Grillo (risiederebbe a Signa in provincia di Firenze).
Non ci sono risultati per Massimo Ferrari sul blog di Grillo anche se su Facebook c’è invece un account che risulta essere un tifoso acceso del M5S e ha pubblicato anche l’invito al voto di Rousseau per il candidato premier.
Davide Gatto invece è il nome di un attivista del MoVimento 5 Stelle che risiede in Campania. Su Facebook lui risulta essere un sostenitore di Luigi Di Maio — sempre che non si tratti di un’omonimia — ma non si lamenta di non aver potuto votare nè segnala stranezze nel voto pubblicamente.
Il 4 agosto scorso Rogue0 aveva pubblicato i risultati di un’intrusione nel database poi sostanzialmente confermata dalla Casaleggio Associati.
Nella prima schermata pubblicata dall’hacker c’era un database in cui erano presenti nomi, cognomi, città e indirizzi mail di attivisti che avevano fatto una donazione a Rousseau. Veniva indicato, inoltre, anche l’importo e il metodo di pagamento.
Il post pubblicato su Zerobin
«Non è il sistema a essere stato compromesso», ci diceva all’epoca un esperto del settore «ma soltanto il contenuto del database». L’hacker avrebbe sfruttato una vulnerabilità conosciutissima di MySql. Nel secondo post c’era un elenco di nomi, mail e metodi di pagamento mentre nel terzo, introdotto con un “così si controllano le votazioni” erano presenti i dati di alcuni eletti a 5 Stelle come Vito Crimi.
La Casaleggio non ha fatto sapere se un ente terzo abbia certificato il voto per il candidato premier del MoVimento 5 Stelle (il che è grave)
L’unica cosa che si sa è che i risultati sono custoditi da un notaio.
(da “NextQuotidiano“)
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