Settembre 5th, 2017 Riccardo Fucile
LA TRISTE STORIA DI RAWDA, TRAVOLTA DA UN TRENO AD AVIO: CON LE SUE RIMESSE MANTENEVA LA FAMIGLIA IN ETIOPIA… RACCOLTI CON UNA COLLETTA I SOLDI PER FAR RIENTRARE LA SALMA, IL SINDACO SI ERA OPPOSTO, MA TUTTO IL PAESE HA AVUTO UNO SCATTO DI UMANITA’
Non solo vittime del viaggio nel deserto e della traversata del Mediterraneo, la chiusura delle
frontiere interne dell’Europa sta rendendo sempre più pericoloso il viaggio dei migranti intenzionati a chiedere asilo fuori dall’Italia.
Da un anno a questa parte, 21 persone sono morte nel tentativo di passare in Francia, Svizzera e Austria.
Quattordici i morti nella zona di Ventimiglia, due tra Como e Chiasso e cinque sulla tratta del Brennero. Rawda Abdu è una di queste vittime.
Partita dall’Etiopia all’età di 23 anni, già madre di una bambina nata da una violenza in un sobborgo di Addis Abeba, dopo sei anni di lavori precari in Egitto e Libia lo scorso anno decide di rischiare la traversata in mare, verso l’Europa.
Si imbarca a Tripoli e arriva a Palermo l’8 novembre 2016. Identificata a Reggio Calabria il giorno successivo, viene trasferita ad un centro di accoglienza di Milano il 14 novembre.
Due giorni dopo un treno la travolge mentre percorre i binari , all’altezza di Avio, provincia di Trento.
A ricostruire la vicenda è Sara Ballardini di Antenne Migranti, progetto che insieme alla Fondazione Alexander Langer monitora la tratta del Brennero per dare informazioni e supporto legale ai migranti.
“Respinta dalla polizia di frontiera in base al trattato di Dublino, viene caricata su un treno regionale che dal confine la riporta a sud, direzione Verona”.
Senza biglietto, Rawda viene fatta scendere intorno alle 22 alla piccola stazione di Borghetto. Spaesata inizia a camminare a lato della linea ferroviaria. Non si accorge del treno che arriva alle sue spalle e la sbalza sulla massicciata.
“Il suo corpo sarebbe rimasto senza nome — racconta Valentina Sega, che vive a Trento ma è originaria di Avio e ha voluto seguire la vicenda da subito — la Polfer si era infatti limitata a prendere le impronte digitali, anche se nella borsetta che la ragazza aveva con sè c’era un foglio con i numeri di tutta la sua famiglia”.
Sarà poi Zebenay Jabe Daka, cittadino italiano presidente dell’associazione trentina “Amici dell’Etiopia”, a informare i parenti di Rawda e a ricostruire la sua storia.
Di famiglia poverissima, con le sue rimesse manteneva l’intero nucleo familiare: i genitori e la figlia. “La famiglia di Rawda era distrutta, l’unico desiderio che sono riusciti a esprimere è stato quello di poter riavere la salma”, racconta Zebenay.
Ma il sindaco di Avio Federico Secchi, eletto con Lega e Forza Italia e noto per i saluti romani in onore di un combattente della Repubblica di Salò, non aveva intenzione di contribuire alle spese per il rimpatrio.
“Per fortuna altre persone nella giunta comunale ci hanno dato una mano, ma soprattutto il parroco e tante associazioni solidali. In poche settimane siamo riusciti a raccogliere 11mila euro, cifra sufficiente al rimpatrio della salma e all’avviamento di un progetto di sostegno a distanza per la figlia rimasta orfana”, ricorda Zebenay.
“Una colletta a cui ha partecipato l’intero paese, una mobilitazione solidale enorme che conferma come, davanti a casi concreti, le persone comuni riescano a superare pregiudizi e chiusure”.
Molti dei cittadini solidali, infatti, pochi mesi prima si erano espressi contrariamente all’accoglienza di alcuni richiedenti asilo in paese. “Al momento dell’ultimo saluto al cimitero di Avio, prima del rimpatrio della salma, c’era tutto il paese e anche la vicesindaco: in tanti hanno cambiato il proprio sguardo sulla problematica dei migranti”.
Folgorati o travolti da treni mentre camminano sulle rotaie, investiti lungo l’autostrada o sui sentieri di montagna.
Le vittime delle frontiere sono quasi sempre molto giovani. Tra i pochi a cui si è riusciti a dare un nome ci sono diversi minorenni, che avrebbero potuto attraversare legalmente la frontiera, se solo qualcuno li avesse correttamente informati dei loro diritti e i governi di Francia, Svizzera e Austria non respingessero indiscriminatamente chi chiede loro asilo dopo essere passato dall’Italia.
(da “La Stampa”)
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Settembre 5th, 2017 Riccardo Fucile
ABBIAMO UN MINISTRO DEGLI INTERNI CHE NON HA NEANCHE IL CORAGGIO DI COMMISSARIARE UN SINDACO CHE VIOLA LA LEGGE… IMPUNITA’ PER LA FOGNA RAZZISTA
Continua a far discutere il post su Facebook del sindaco di Pontinvrea Matteo Camiciottoli: «Per gli autori delle violenze e degli stupri di Rimini servono condanne esemplari, ma un sindaco che pronuncia parole irripetibili come quelle dette dal primo cittadino di Pontinvrea all’indirizzo della presidente della Camera Laura Boldrini deve dimettersi, perchè non merita di stare nelle istituzioni».
Lo ha scritto in una nota la capogruppo Pd in Regione Liguria Raffaella Paita commentando il post di Camiciottoli che sulla propria pagina Facebook ieri scriveva, a proposito del branco di stupratori di Rimini: «Potremmo dare loro gli arresti domiciliari a casa della Boldrini, magari le mettono il sorriso».
Le parole del sindaco sono diventate un caso nazionale da ieri sera, quando è intervenuto personalmente il ministro dell’Interno Marco Minniti, chiedendo al prefetto di Savona di porre la massima attenzione sulla vicenda, anche se non è chiaro in quale modo.
Minniti ha telefonato alla Boldrini esprimendole vicinanza e ferma condanna per le espressioni usate dal sindaco di Pontinvrea.
Per Minniti «non possono passare inosservate frasi che, pronunciate da un rappresentante delle istituzioni, assumono una gravità ancora maggiore».
Infatti non ha fatto una mazza, mica si tratta di una Ong che salva esseri umani.
Mentana: un cretino
Lapidario e polemico il commento del direttore del Tg La7 Enrico Mentana: «Che sei un cretino, anche se fai il sindaco», ha scritto su Facebook.
Fratoianni: ecco un altro leone da tastiera
«Ecco un altro seguace di Salvini, `un coraggioso leone da tastiera’. Difficile non essere d’accordo con il post su Facebook di Enrico Mentana», scrive su Twitter il segretario di Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni, commentando gli insulti social del sindaco del Comune ligure di Pontinvrea contro la presidente della Camera, Laura Boldrini. «Mi auguro in un intervento deciso del prefetto e della magistratura contro questo signore», conclude.
Civati: nauseante volgarità
«L’onda di nauseante volgarità contro Laura Boldrini non si è abbassata nemmeno dopo i ripetuti appelli alla moderazione dei toni e al rispetto della dignità personale. Il sindaco leghista di Pontivrea, a Savona, ha infatti chiesto di mandare il `capo degli stupratori’ di Rimini a casa della presidente della Camera. A lei va tutta la nostra solidarietà per queste parole gravissime, fuori da ogni logica». È
quanto affermano il deputato e segretario di Possibile, Pippo Civati, e il deputato dello stesso partito, il genovese Luca Pastorino.
«Da mesi – aggiungono i due parlamentari – gli insultatori di professione, che noi definiamo teppisti del web, sono in azione prendendo in particolare di mira Boldrini. In questo caso è ancora più grave che un rappresentante delle Istituzioni, come un sindaco, si abbandoni a ragionamenti fondati sull’aggressione gratuita e sul peggior insulto, che riesce a racchiudere razzismo e sessismo. Un capolavoro di orrore».
Camiciottoli: sulla mia pagina scrivo ciò che voglio
«Quella è la mia pagina personale, non quella del sindaco quindi ritengo di essere libero di scrivere quello che penso», si è difeso Camiciottoli.
Camiciottoli, che è anche coordinatore dell’Anpci (Associazione Nazionale Piccoli Comuni), non è nuovo a prese di posizione fortemente polemiche: nel marzo scorso annunciò di voler far pagare la tassa di soggiorno ai migranti e di penalizzare con tasse più alte le abitazioni affittate a cooperative che ospitano migranti.
Tutte balle che non ha mai potuto porre in essere in quanto illecite.
(da agenzie)
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Settembre 5th, 2017 Riccardo Fucile
A CERNOBBIO DI MAIO: “IL M5S NON E’ UNA FORZA POPULISTA E NEMMENO ANTIEUROPEISTA, SOLO STRUMENTALIZZAZIONI DEI GIORNALI”
Tre giorni fa Luigi Di Maio calcava il red carpet della Mostra del Cinema di Venezia. Poi è andato a
Cernobbio, alla corte delle èlite finanziarie del Paese.
Poi è andato all’Autodromo di Monza — a casa di Sergio Marchionne — per assistere, vestito di rosso Ferrari, al Gran Premio.
Cosa non deve fare un politico per poter rassicurare i cosiddetti Poteri Forti e accreditarsi come candidato alla Presidenza del Consiglio.
Ad esempio deve dire che non è vero che il M5S è un partito populista. Anzi, non lo è mai stato, sono i media ad aver strumentalizzato ed esasperato alcune posizioni dei 5 Stelle.
Al Forum Ambrosetti Di Maio ha detto che il MoVimento 5 Stelle non vuole “creare un’Italia populista, antieuropeista, estremista”.
L’obiettivo del M5S è creare, costruire e non distruggere. Un messaggio rassicurante, senza dubbio. E solo un leader maturo come Di Maio potrebbe dare la colpa ai media per aver in qualche modo distorto il messaggio salvifico del M5S.
Ad esempio quello di aver raccontato la clamorosa bugia del MoVimento 5 Stelle come partito populista. Non è vero. Non è così.
Il M5S è infatti un partito fieramente populista. Non perchè lo dicevano i giornali ma perchè lo ha detto l’house organ ufficiale del partito di Beppe Grillo.
Dicembre 2013, il M5S era appena entrato in Parlamento e aveva appena organizzato il suo terzo V-Day (manifestazione leggermente populista quella di mandare affanculo i politici, ma non vogliamo strumentalizzare).
Beppe Grillo sul Blog pubblicava un post per dire che il “M5S è populista, nè di destra nè di sinistra” ma #fieramentepopulista.
Perchè all’epoca l’essere “populisti” per il M5S era una cosa positiva che li rendeva diversi dai partiti della vecchia politica. Significava fare il volere del popolo, non certo esaltare in modo demagogico laggente.
Ma si sa, il M5S ha sempre cercato di inventare una sua neolingua dove termini negativi assumevano significati positivi perchè li usavano loro.
Mentre altri concetti — ad esempio quello di accordo politico — diventavano improvvisamente il male assoluto.
Ed infatti c’è stato chi — responsabile per la comunicazione del M5S Veneto — all’epoca ci ha spiegato che Grillo è riuscito ad esorcizzare un aggettivo negativo. Col senno di poi non sembra ci sia riuscito.
Ed infatti il M5S ha sempre detto che avrebbe rifiutato ogni accordo con le altre forze politiche. E per simboleggiare la distanza dai vecchi partiti (popolati di morti-zombie) i pepputati rifiutavano fieramente di indossare la cravatta.
Del resto è una mossa populista — che solletica l’oscuro piacere del popolo di “aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno” — quella di salire sul tetto della Camera “per fare come gli operai” che salivano sui tetti delle aziende.
Oppure quella di fare irruzione nell’ufficio di Presidenza. Sono populiste le misure contro gli immigrati e i discorsi da bar sul complotto delle ONG.
Sono populisti gli insulti sessisti alla Presidentessa della Camera, a Maria Elena Boschi e alle parlamentari del Partito Democratico.
Populismo della peggior specie quanto mai distante dal “senso alto della politica” professato a Cernobbio da Di Maio
Il silenzioso riposizionamento del M5S
Ad Aprile Beppe Grillo provava ancora a convincerci che “populista” era un termine con un’accezione positiva. Del resto se “loro” sono populisti non può essere una brutta cosa.
Eccolo qui che ci spiega che anche i mercati finanziari sono populisti e amano il voto popolare (ma come, e le lobby? E gli speculatori come Soros?).
Di conseguenza, scriveva Grillo, il MoVimento 5 Stelle “non è avversario del mercato finanziario piuttosto suo alleato nel contribuire a ridurre i rischi di oggi e le incertezze di domani proponendo un nuovo modello sostenibile di società per il futuro”.
Un bel cambiamento da quando Grillo tuonava contro i bond, i derivati, lo scandalo Parmalat o la dittatura delle agenzie di rating e dello spread.
Sempre ad Aprile Grillo tranquillizzava il quotidiano dei Vescovi presentandosi di fatto come la nuova DC.
Con il discorso di Di Maio a Cernobbio il Cerchio si è chiuso. Ma con una sconfitta per la comunicazione pentastellata che non è riuscita — oh che peccato — a dare un senso positivo al termine populista.
Il M5S è antieuropeista
Non c’è alcuna strumentalizzazione rispetto al fatto che il M5S sia populista. E la storia di questi ultimi 5 anni ci racconta di un partito che si è conteso con la Lega Nord di Salvini l’elettorato populista.
La storia stessa del M5S, questo partito dell’Uomo Qualunque 2.0 con il suo ormai dimenticato slogan “uno vale uno” e l’arrugginito e malfunzionante apparato per la democrazia diretta in Rete ci parla di un partito populista. Ma ora essere populisti, duri e puri non va più di moda. Bisogna parlare con tutti, anche con quelli che fino a qualche anno fa erano i “nemici”.
Ma è sull’Europa che si misura quanto sia cambiato il M5S. C’è stato un tempo in cui il M5S raccoglieva le firme per un’uscita dall’euro.
Una battaglia che difficilmente si può dire essere europeista e non populista. Referendum che si sarebbe dovuto tenere entro il gennaio 2016.
Poi si è passati al referendum sulle modifiche alla Costituzione per poter indire un referendum per uscire dall’euro. In mezzo abbiamo avuto l’idea di un “doppio euro” o di un euro a due velocità (stranamente Di Maio non è stato molto chiaro).
A Cernobbio Di Maio ha detto invece che «l’aver parlato di referendum consultivo sulla moneta unica serve soprattutto a sollevare questo tema, e ad avere un potere contrattuale e una via d’uscita nel caso estremo in cui le esigenze dei Paesi del Sud Europa continuino ad essere ignorate. Il problema andava posto, e siamo orgogliosi di averlo fatto».
Insomma il M5S, che prima voleva uscire dall’euro senza se e senza ma ora vorrebbe usare il referendum come arma di ricatto con l’Unione Europea.
Una brillante strategia che ricorda quella di David Cameron che agitava lo spettro della Brexit durante le trattative con la UE. E sappiamo tutti come è finita.
E non è certo un caso che il M5S, questo partito assolutamente non antieuropeista, all’Europarlamento sia nel gruppo con gli antieuropeisti populisti dell’UKIP.
Perchè quando il M5S ha provato a entrare nell’ALDE le cose non sono andate così bene.
Ora però essere antieuropeisti, populisti, per la democrazia diretta, per il limite dei due mandati, per la selezione dei curricula e delle competenze non sembra essere più una priorità per il M5S.
Perchè l’importante è andare al governo.
E poco importa se il M5S diventa un partito come tutti gli altri. In fondo mica sono stati eletti perchè erano diversi dagli altri.
(da “NextQuotidiano”)
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Settembre 5th, 2017 Riccardo Fucile
E VACILLA PURE IL TETTO AI MANDATI: “E’ UN PARTITO GESTITO DA UNA SOCIETA’, TUTTI HANNO UNO STRAPUNTINO DA DIFENDERE”
«Ormai è un partito, che può dire tutto e il contrario di tutto». Marco Agostini non è un militante qualunque del Movimento.
È stato tra gli attivisti storici del meet-up romano, aveva un ruolo delicatissimo nell’organizzazione (teneva i rapporti a Roma tra la comunicazione del Movimento e la Casaleggio associati), nell’ottobre 2016 Virginia Raggi aveva addirittura pensato di dare una scossa nominando lui capo di gabinetto, cosa che poi non avvenne perchè Agostini ha troppi nemici.
«Il Movimento partecipativo, spiega, non è mai nato. Io sapevo bene che ci sarebbe voluto del tempo, per la democrazia partecipativa, ma ormai sono passati tanti anni, e si fanno passi indietro, non avanti: è un partito gestito da una società , non si capisce a che titolo, questo andrebbe chiarito. Ora stanno per cancellare anche le poche regole che si sono dati».
Agostini si riferisce ovviamente al doppio mandato.
L’altra sera, parlando alla festa del Fatto, Alessandro Di Battista ha detto che sul doppio mandato «deciderà la rete. Penso sia la decisione migliore. Noi abbiamo sempre interpretato la regola dei due mandati come dieci anni all’interno delle istituzioni».
Era la regola chiave di Gianroberto Casaleggio: due mandati per tutti e stop, per non diventare una casta. Giovanni Favia fu espulso perchè fece notare che chi aveva fatto due mandati, poniamo, di due e tre anni, doveva poter restare in politica altri cinque anni.
Disse la stessa cosa che dice ora Di Battista, lo calunniarono dipingendolo come uno attaccato alla poltrona, parlarono di “candidite”, infine fu cacciato.
Adesso il malumore avanza in quel che resta degli attivisti per questa sfacciata metamorfosi del Movimento; ma – come osserva Agostini – «se tutti hanno uno strapuntino, o qualcosa da difendere, quasi nessuno parlerà mai».
Vedere Di Maio a Cernobbio, con le giravolte su euro e populismo, ha aperto tanti occhi, e peserà .
Ferdinando Imposimato, che il Movimento scelse come candidato al Quirinale, ha definito «triste» l’aspirante candidato premier. Ernesto Tinazzi, il fondatore dell’«878», storico meetup laziale – che fu il più grande d’Italia, poi epurato in massa – osserva: «Capisco ormai l’abitudine che chi esprime un parere avverso viene bandito, ma le critiche di Imposimato a Di Maio a Cernobbio non erano l’occasione per discuterne?».
Ormai, dice, chiunque critichi «diventa già un nemico , uno che rema contro, uno che non capisce, uno che ha subito un hackeraggio del profilo. E questo profilo è pubblico e qualifica il M5S per quello che è diventato. Una tristezza totale».
Su twitter l’account @antonio_bordin – che non è un account qualunque, durante la campagna per il no al referendum fu il terzo nodo in assoluto per centralità nella rete pro M5S, dopo Il Fatto e un altro – scrive: «Caro Luigi Di Maio, chi rincorre fantomatici moderati (che esistono solo ai buffet di Confindustria), si perde per strada i propri elettori».
Di Maio non convince del tutto neanche i sacerdoti della linea.
Uno degli ex militanti più noti a Roma, Andrea Aquilino, che ha avuto un peso nell’attrarre molti cattolici romani nel Movimento, osserva: «Oggi abbiamo solo correntismo sfrenato, che sia Fico contro Di Maio, Lombardi contro Raggi, fino alla più piccola provincia dell’impero».
In tutto questo, accusa, «le regole non valgono più. Di Battista alla festa del Fatto si pone come baluardo del rispetto delle regole dicendo che non esistono deroghe, e pochi minuti dopo, come si toccano i suoi interessi, mette subito in discussione i due mandati… D’altronde Di Battista fu quello che subito mentì spudoratamente, sulla conoscenza di Palleschi, all’indomani del patetico incontro con monsignor Becciu, lo stesso Di Battista che fummo io e Palleschi a portare in Vaticano».
Il clima è questo, e non basteranno le giravolte sull’euro o gli accreditamenti con salto carpiato a cambiarlo.
(da “La Stampa“)
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Settembre 5th, 2017 Riccardo Fucile
“RIBUTTARE IN MARE DONNE INCINTE E BAMBINI O FARLI AMMAZZARE NELLE CARCERI LIBICHE CORRISPONDE AI SUOI VALORI”
Non usa mezzi termini Gino Strada. 
Attacca il ministro dell’Interno Marco Minniti, un politico con “una storia da sbirro” che ha dichiarato “guerra ai poveracci”. Si scaglia contro la sanità privata, “una schifezza totale”.
Strada critica duramente il ministro dell’Interno: “Bene, andiamo proprio bene! Minniti ha una storia da sbirro e va avanti su quella strada lì. Per lui ributtare in mare o riconsegnare bambini, donne incinte poveracci a quelli lì in Libia, e farli finire nelle carceri ammazzati o torturati, è una cosa compatibile con i suoi valori.E si sente orgoglioso di quel che fa” dice il fondatore di Emergency al microfono di Radio Capital.
“Questi accordi con la Libia e il decreto del ministro Minniti sono niente di più e niente di meno che un atto di guerra contro i migranti – prosegue Strada – Noi già oggi siamo responsabili di diversi morti, diverse persone torturate, centinaia o migliaia di casi di violazione dei diritti umani, e per soddisfare il nostro egoismo e la necessità di una politica di livello infimo, non esitiamo a ributtare questa gente in quell’inferno, nelle mani di torturatori assassini”
Gino Strada parla anche di sanità pubblica e privata, a margine della conferenza di presentazione della nuova sede milanese dell’Ong: “L’ingresso del profitto ha condizionato il venir meno di risorse nelle strutture pubbliche. Gli italiani sono più poveri rispetto a qualche decennio fa – ha sostenuto – non c’è più nemmeno il ministro della Sanità , ora c’è quello della Salute, che non si capisce cosa voglia dire”.
Il fondatore di Emergency è intervenuto anche sulla questione dei vaccini, al centro di uno scontro tra alcune regioni come il Veneto e il Governo. I vaccini, ha detto Strada, “come tutti i farmaci hanno effetti collaterali. Bisogna stare attenti a posizioni che possono essere anche pericolose. Dire che fanno male è una fesseria. Io ho vaccinato i miei figli, ed è un dovere dello stato proteggere la comunità “. “Al di là dei decreti fatti, questi sono dettagli – ha aggiunto – non ho dubbi sul fatto che i vaccini siano stati un passo avanti fondamentale nella storia della medicina”.
La nuova sede di Emergency – inaugurata dal sindaco di Milano Beppe Sala – sarà ospitata in una ex scuola di proprietà del Comune. Strada ha specificato che non saranno svolte attività cliniche al suo interno perchè “non c’è lo spazio”.
La struttura, per il momento, sarà “un punto informativo e di accompagnamento in ambito sanitario”.
La sua idea, però, è quella di ampliare i servizi offerti dall’Ong a Milano: “Non è escluso – ha sostenuto – che in futuro passa nascere una volontà di trovare un posto per fornire cure totalmente gratuite a chi non può permettersele”.
La Ong ha già degli ambulatori in altre città italiane, nati proprio con lo scopo di assicurare le prestazioni sanitarie a chi non ha i soldi per pagare i ticket degli ospedali. L’ultimo è stato aperto nel 2015 a Torre Angela, uno dei quartieri periferici di Roma. La nuova sede milanese sarà aperta al pubblico dal 15 al 17 settembre: “Sarà un’occasione per discutere e affrontate temi che spesso vengono ignorati o ridotti a quattro battute nei talk show”, ha concluso Strada.
(da agenzie)
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Settembre 5th, 2017 Riccardo Fucile
L’EX SINDACO PRENDE LE DISTANZE SIA DA FAVA CHE DA MICARI: “OBIETTIVO DEVE ESSERE UNA SINISTRA UNITA”
Pisapia ha detto “nì”.
Dopo giorni di stallo, il leader di Campo Progressista ha finalmente sciolto la riserva sulle elezioni regionali siciliane, decidendo di non appoggiare ufficialmente nè Fabrizio Micari, emanazione del sindaco di Palermo Leoluca Orlando e appoggiato dal Pd, nè il candidato di Mdp, Claudio Fava.
Un “nì” appunto. Del resto per l’ex sindaco di Milano il tema è un altro: e cioè una lista unitaria di tutto il centrosinistra in Sicilia con un solo paletto: Alfano fuori dai piedi.
“Nessuno di noi avrebbe problemi a sostenere Micari — è il ragionamento che fanno gli uomini di Pisapia, riuniti dall’ex sindaco di Milano questo pomeriggio al centro congressi Cavour di Roma per fare il punto – si tratta di un nome civico, caldeggiato da Orlando e dalla sinistra. Il problema per noi sono gli alfaniani”.
Con Ap, dicono gli uomini di Giuliano, “non è possibile fare alleanze”.
Il cerino torna quindi nelle mani del Pd, che a questo punto dovrà prendersi la responsabilità di decidere “se cogliere l’occasione di ricostruire il centrosinistra o proseguire con l’anomalia portata avanti con il Nuovo centrodestra di Alfano” e i voti che il ministro dell’Interno sposta in Sicilia.
(da agenzie)
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Settembre 5th, 2017 Riccardo Fucile
OGNI GIORNO RAGGIUNGE A PIEDI L’OSPEDALE PER ASSISTERE L’AMICO CADUTO DA UNA IMPALCATURA SUL LAVORO… PRIMA LO FACEVA IN BICI, POI GLIEL’HANNO RUBATA
Shahib Abdirahman, ghanese di 36 anni, ogni giorno, da due settimana, va all’ospedale di Casale
Monferrato, reparto di Neurologia, ad assistere il connazionale Teven Wetti, 30 anni, che cadendo da un’impalcatura mentre lavorava in una ditta si è procurato un trauma cranico ed è finito in coma.
In bicicletta, un tragitto da una decina di minuti; gliel’hanno rubata sotto casa in via Mellana e ora a Shahib per andare ad assistere l’amico non restano che le suole delle scarpe.
«Teven è uscito dal coma — racconta Shahib — ma non sta ancora bene. Certe parole non riesce a pronunciarle e usa il dialetto “twi” africano che non tutti capiscono. Così io e gli altri due ghanesi che lo assistiamo facciamo da interpreti. Ho chiesto al medico come sta il mio amico e mi ha detto che adesso gli faranno una Tac per controllare i progressi. Ci vuole tempo per recuperare e io gli faccio da fratello maggiore. Quando ci siamo noi, Teven è più tranquillo».
Per la bicicletta Shahib ha sporto denuncia ai carabinieri: «Era chiusa con un lucchetto, che i ladri hanno tagliato».
È lontano mille miglia il viaggio di entrambi i ghanesi su barconi partiti dalla Libia nel 2011.
Qui a Teven e Shahib è stato riconosciuto lo stato di profughi e lavorano: il primo per un’azienda agricola, il secondo per la cooperativa Senape, anche se aveva in cuore altri sogni.
Voleva fare l’attore, da quando, a luglio, interpretò un «vu cumprà » nella pellicola «Paradiso», di Niccolò Gentili e Ignacio Paurici al MonFilmFest, la rassegna di cinema di giovani registi e attori da due anni a Casale per l’associazione Immagina e il Comune. «Ha un vero talento» avevano detto i due registi; e il film vinto un premio.
Messo da parte il suo sogno, resta il problema di Teven. E della bicicletta. Chi può aiutare Shahib a procurarsene un’altra? Nel caso, farà felici due persone, due amici, lui e il connazionale malato.
E se di bicicletta ne arrivasse più di una, non andrebbe comunque sprecata: la ciclofficina di piazza Venezia ha riaperto i battenti in questi giorni.
«Ripariamo anche biciclette fuori uso – dice Riccardo Revello -. Ogni settimana, abbiamo richieste anche da persone che non se le possono permettere».
La struttura, al Mercato ortofrutticolo, è aperta lunedì e giovedì dalle 17,30 alle 20 (telefono 392- 6462505), oppure – per aiutare Shahib – ci si può rivolgere alla cooperativa Senape di via Lanza (tel. 346-5507721)
(da “La Stampa“)
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Settembre 5th, 2017 Riccardo Fucile
A LEGNANO TENTATO OMICIDIO PER UN DIPENDENTE DELL’AZIENDA DI TRASPORTO STIE… MA NON ERANO GLI IMMIGRATI A PICCHIARE GLI AUTISTI?
Un 57enne di San Giorgio su Legnano dipendente dell’azienda di trasporto urbano Stie è stato arrestato dai carabinieri di Legnano per tentato omicidio per aver aggredito a calci e pugni al volto il suo direttore al culmine di un diverbio: l’impiegato, secondo la prima ricostruzione, ha anche inferito quando il capo era già a terra.
A quanto si è appreso, l’impiegato era stato convocato nell’ufficio del suo superiore, Vezio Guidobono, 53 anni, di Varese, per un richiamo disciplinare.
Tra i due sarebbe nato un diverbio, poi sfociato in violenta aggressione. Ora il direttore è in ospedale in coma.
Anche il dipendente ha riportato qualche lieve escoriazione alle mani ed è stato medicato e subito dimesso dall’ospedale.
In serata è stato trasferito al carcere di San Vittore Olona. I carabinieri hanno ricostruito i fatti ascoltando i colleghi di lavoro. L’arrestato ha un precedente di polizia per lesioni.
La Stie copre alcune linee di trasporto per conto della Regione Lombardia, delegate alla Provincia di Milano e alla Provincia di Varese oltre che i Servizi Urbani di Legnano, Busto Arsizio, Rho, Saronno e Seregno.
(da agenzie)
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Settembre 5th, 2017 Riccardo Fucile
“GIA’ ALTRI CASI IN PRECEDENZA, IL SURRISCALDAMENTO GLOBALE AIUTA LE ZANZARE A SOPRAVVIVERE DI PIU'”
“La povera piccola Sofia è stata sfortunatissima, una cosa terribile. C’è più probabilità di vincere al
Super enalotto rispetto al fatto che accada una cosa del genere: ma purtroppo ci sono dei precedenti, non è impossibile. Di sicuro, non darei la colpa a questioni come quelle relative al flusso migratorio”.
Anche Fabrizio Pregliasco, virologo presso il dipartimento di Scienze biomediche per la Salute dell’università degli studi di Milano e direttore sanitario dell’Irccs Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano, è scioccato per quanto accaduto alla piccola Sofia Zago, 4 anni, morta per una terribile forma di malaria.
Sul suo caso, lei che non era mai stata in vacanza all’estero (ma a Bibione), sono ora in corso diverse indagini (anche da parte del ministero) per capire come possa aver contratto il virus.
Accertato che la malaria è stata trasmessa dalla zanzara Anopheles, non presente in Italia, resta da capire se per esempio la piccola possa essere stata contagiata durante un periodo in cui era ricoverata nell’ospedale di Trento e dove c’erano due ragazzini originari dell’Africa con la malaria.
Perchè ciò accada però ci sarebbe dovuto essere uno scambio del virus “sangue nel sangue, evento davvero improbabile” dice Pregliasco.
Un caso davvero rarissimo. Ha mai visto una cosa del genere?
“E’ qualcosa di estremamente improbabile, ma è già successo. In passato, per fortuna sporadicamente, ci sono stati casi di addetti aeroportuali contagiati oppure di una signora in Piemonte colpita probabilmente perchè la zanzara era sopravvissuta in un bagaglio arrivato dall’estero”.
Potrebbe aver contratto il virus mentre era ricoverata nello stesso reparto in cui c’erano due bambini infettati da malaria?
“Direi che è impossibile, non è qualcosa che si trasmette così. A mia opinione, è più credibile l’idea che sia stata punta da una zanzara arrivata qui chissà come. Anche in questo caso va ricordato poi che la sfortuna deve essere altissima, perchè solo certe zanzare possono trasmettere il virus. Ma forse oggi, una volta arrivate qui, hanno qualche chance in più di sopravvivere”.
Si spieghi meglio, si riferisce al surriscaldamento globale?
“Dico che con temperature elevate e il clima che è cambiato se per esempio una zanzara Anopheles arriva a Malpensa tramite un bagaglio o in un qualche altro modo potrebbe resistere più a lungo. Ripeto però che non abbiamo molti casi alle spalle di questo tipo. Credo che prima di fare altre ipotesi bisognerà attendere i risultati delle indagini”.
La Lega cavalca politicamente la vicenda chiedendo una chiusura ermetica dei confini e Tony Iwobi, responsabile federale Sicurezza e Immigrazione del Carroccio, rincara sostenendo che potrebbero essere i migranti ad aver portato qui il virus.
“Sono sciocchezze, magari l’ha presa dal vicino di ombrellone a Bibione. E’ più probabile che l’abbiano portata turisti: siamo in un sistema sempre più globale dove i viaggiatori si spostano nel mondo facilmente, molti di questi possono essere stati in zone dove la malaria è endemica ed aver accidentalmente trasportato una zanzara all’interno delle valigie, giacche o chissà cosa. Non ci vedo connessione con i migranti”.
(da “Huffingtonpost”)
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