Ottobre 27th, 2017 Riccardo Fucile
ANCHE IN CASO DI VITTORIA, IL CENTRODESTRA NON AVRA’ I NUMERI PER GOVERNARE… I SEI-SETTE DEPUTATI REGIONALI ARRIVERANNO DAL PD… CONTATTI IN CORSO CON L’EX MINISTRO CARDINALE E L’UOMO DI FRANCESCHINI IN SICILIA
I sondaggi continuano a dare per vincente, alle elezioni regionali siciliane del 5 novembre,
il candidato della coalizione di centrodestra.
Il catanese Nello Musumeci, esponente di Fratelli d’Italia e presidente uscente della Commissione antimafia della Regione, dovrebbe poter contare, sulla carta, su un risultato superiore al 30%.
Le stesse previsioni danno per perdente la coalizione di centrosinistra, il cui candidato — l’attuale rettore dell’università di Palermo, Fabrizio Micari — potrebbe essere sonoramente battuto dal cugino rivale della sinistra, Claudio Fava.
La “lista dei territori” proposta da Leoluca Orlando a sostegno di Micari è naufragata sul nascere; il sindaco di Palermo ne attribuisce la colpa al Pd, che l’avrebbe boicottata.
Per i democratici, che dovrebbero essere il pilastro portante del centrosinistra, si delinea pertanto un quadro tra i peggiori. E la lontananza del segretario nazionale Matteo Renzi dalla scena elettorale siciliana (a parte qualche visita lampo), cui si contrappone l’ostentato presenzialismo dei leader delle coalizioni avversarie, alimenta i presagi più foschi.
A prescindere da chi vincerà il prossimo 5 novembre, resta comunque più aperto che mai il tema della governabilità : problema che si trascina irrisolto da due legislature e che si riproporrà immancabilmente nella prossima.
Musumeci non disporrebbe della maggioranza dei voti nell’Assemblea regionale siciliana nemmeno se il centrodestra arrivasse primo con un risultato, nella migliore delle ipotesi, del 35-38 per cento.
Infatti, anche se nessuno è ufficialmente disposto ad ammetterlo, c’è già chi è all’opera per costruire un’alleanza di larghe intese.
Il più interessato a un’evoluzione di questo tipo è il Pd. O, meglio, il gruppo più renziano del Pd.
Spiega a Business Insider Italia un noto esponente dei democratici siciliani che non vuole essere citato:
“E’ probabile che, in caso di vittoria del centrodestra, qualcuno del Partito si sposti verso Musumeci per consentirgli di governare. In nome della salvezza delle istituzioni, la parte iper-renziana potrebbe raggiungere un accordo con loro, anticipando lo stesso schema di cui si vocifera a livello nazionale”: l’asse Renzi-Berlusconi. “D’altro canto — aggiunge — il Partito democratico in Sicilia non c’è più, andiamo avanti per forza d’inerzia”.
Pronta a compiere un passo in questa direzione — spiega un’altra fonte addentro alle vicende amministrative della Regione — sarebbe l’ala più moderata dei democratici: quella di Sicilia Futura, guidata dall’ex ministro delle Comunicazioni Salvatore Cardinale, e quella rappresentata dall’ex segretario regionale Giuseppe Lupo, uomo proveniente dall’Opus Dei, vicino al ministro dei Beni e delle Attività culturali, Dario Franceschini.
La stessa fonte aggiunge che “Cardinale interloquisce già oggi con Musumeci attraverso alcuni deputati regionali, tra i quali Edy Tamajo”, passato per Grande Sud di Gianfranco Miccichè (attuale commissario regionale di Forza Italia) e poi per Il Megafono di Crocetta.
“Sono soggetti che non sanno stare all’opposizione. I 6-7 deputati che probabilmente mancheranno a Musumeci per formare una maggioranza arriveranno da lì”.
Resta da capire quale livello di coesione possa avere una maggioranza del genere. Già Musumeci ha vita difficile per la fila di impresentabili (indagati e condannati) ed esponenti della vecchia guardia di cui s’è circondato.
Figurarsi cosa potrà succedere quando alle pressioni clientelari che gli arrivano dall’interno della coalizione si aggiungeranno le richieste provenienti dall’esterno: da chi, in cambio di qualche voto in aula, pretenderà posti per sè e per i propri amici.
A scompaginare questo quadro potrebbero essere i 5 Stelle se negli ultimi giorni di campagna elettorale i grillini riuscissero a tirare dalla loro parte una percentuale significativa della massa di elettori, stimata in oltre il 50%, che ancora tentenna tra il disertare le urne e recarsi al voto.
Ma è un’impresa difficilmente realizzabile, a meno di un colpo di scena.
Il Movimento di Beppe Grillo sarà quasi certamente il partito più votato in Sicilia, ma la sua ritrosia per le alleanze lo pone in una condizione di oggettivo svantaggio rispetto alle coalizioni di liste e alla loro capillare diffusione sul territorio.
(da “Business Insider”)
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Ottobre 27th, 2017 Riccardo Fucile
SALVINI INSORGE: “ERA MEGLIO INTERVISTARE I NONNI”… FORSE PREFERIVA CHE INTERPELLASSERO IL NONNO DI FORTUNA LOFFREDO, ARRESTATO IERI
Ieri Matteo Salvini ha lanciato l’allarme: a Trieste una professoressa di una scuola media ha dato un compito per casa molto pericoloso.
Quale? “Andare in giro per strada a fermare gli immigrati per chiedere la loro storia”.
A segnalare questo curioso compito per casa filoimmigrazionista è stata su Facebook la madre di una delle alunne che, preoccupata, ha portato il caso all’attenzione della consigliera leghista Monica Canciani. «Ti sembra normale — chiede la madre dell’alunna — che un’insegnante chieda ai propri alunni di andare in giro per Trieste a fermare gli immigrati e chiedere la loro storia, il loro passato come compito a casa?»Fortunatamente la signora ha proibito alla figlia di fare il compito salvandola dai pericolosi immigrati.
La faccenda non finisce qui, e non solo perchè la politica (Lega Nord in primis) ha colto la palla al balzo per denunciare i pericoli dell’immigrazione e il modo scriteriato con cui certi insegnati fanno lezione e pretendono di spiegare il mondo ai nostri figli.
Succede infatti che i gruppi consiliari del centrodestra triestino abbiano firmato una mozione urgente sulla vicenda.
Mozione nella quale si legge che gli intervistati, cioè i migranti sono “di cultura e religione diverse” (il che è falso, potrebbe benissimo essere un immigrato polacco e cattolico) e che si tratta oggettivamente di persone di sesso maschile, quasi certamente “di età compresa tra i venti ed i trent’anni”. È pertanto irresponsabile, concludono i consiglieri, che si mandino ragazzine e ragazzini allo sbaraglio, senza controllo, senza accompagnamento ed all’insaputa dei genitori.
Impossibile non notare una sottilissima vena di razzismo e di pregiudizi.
I migranti si sa, sono tutti giovani, maschi e culturalmente distanti da noi.
Succede in effetti quando, soprattutto certi partiti, continuano ad alimentare la narrazione del migrante come di una persona di belle speranze e poca voglia di fare, sempre pronto ad approfittarsi delle nostre donne (e perchè no dei ragazzini, se è il caso).
Salvini e molti altri ricordano invece come “ai nostri tempi” si mandassero a intervistare i nonni o i genitori.
Per coloro che amano i paradossi delle generalizzazioni indebite: pensate cosa sarebbe successe se avessero intervistato il patrigno o il nonno di Fortuna Loffredo.
Nella migliore delle ipotesi il migrante è uno che vive di espedienti, magari sotto un ponte.
Nella peggiore è uno che ha il wifi gratis e vive in un hotel a 5 stelle a spese nostre.
Come fa notare un utente del gruppo Facebook dove è stato lanciato l’allarme, cosa succederebbe se il compito in realtà fosse un’attività assegnata sulla scorta di quelle proposte su un libro di testo in adozione da anni nell’istituto?
Cosa succederebbe se venisse fuori che il compito era facoltativo?
Sorpresa: il compito era facoltativo e i genitori erano stati avvertiti
Effettivamente, come riferisce Triesteallnews che riporta la versione del Dirigente scolastico le cose sono andate diversamente. Il Dirgente dell’Istituto comprensivo statale “Giancarlo Roli“ ha infatti fatto chiarezza sulla vicenda in un modo che lascia poco spazio ai dubbi:
L’attività richiedente l’intervista a un migrante fa parte delle proposte operative (“Saper fare- Per un mondo migliore e interculturale”) del libro di testo di italiano Il quadrato magico di R. Zordan, adottato da questa scuola fino all’a.s. 2016-2017. Per lo svolgimento dell’attività il docente ha chiarito che si trattava di un compito facoltativo e non obbligatorio, da svolgere solo se gli studenti si fossero sentiti in un contesto protetto, in totale serenità .
Quindi non solo è un’attività che non è stata inventata da una docente che ha preso troppo a cuore i negri ma addirittura si trattava di una consegna non obbligatoria.
Chi non voleva o non se la sentiva (e non c’è nulla di sbagliato se un ragazzino non se la sente di fare delle interviste a carattere “etnografico”) poteva fare un tema sull’immigrazione.
Il pacato commento della madre che ha sollevato il caso fa capire come il problema sia proprio “l’indottrinamento”
Le famiglie degli alunni che invece ha optato per fare il compito sono state informate preventivamente dalla scuola e dal docente che ha chiesto l’autorizzazione dei genitori.
Alcuni studenti si sono offerti di realizzare l’intervista e hanno inserito nel diario la consegna; attraverso questo canale le famiglie sono state informate preventivamente delle caratteristiche del compito. Visto il clima di reciproca fiducia e collaborazione tra la scuola e le famiglie, precedentemente riscontrato sia in merito a questioni comportamentali che didattiche (prova ne sono gli enormi progressi manifestati dalla classe in termini di comportamento e — conseguentemente — di rendimento), il docente era certo che, qualora i genitori dei ragazzi coinvolti avessero preferito non autorizzare i figli a svolgere l’attività facoltativa, avrebbero potuto farlo, come del resto avrebbero potuto contattare direttamente il docente per chiarimenti, sempre all’interno di uno scambio improntato al dialogo.
Insomma: nessun sopruso, nessuna assenza di un ambiente controllato, nessuna mancanza di comunicazione con i genitori degli alunni che hanno provato a cimentarsi nella prova. Ma quali sono questi quesiti che hanno scatenato l’allarme generale?
Chi li legge con una mente libera da pregiudizi (o che almeno riesce a non farsi venire la bava alla bocca quando legge la parola immigrato) scoprirebbe che si tratta di una breve intervista da rivolgere ad immigrati che vivono nel quartiere.
Succede spesso che gli immigrati — non i richiedenti asilo ma quelli che lavorano — scelgano per motivi di comodità di alloggiare in abitazioni civili e non in capanne di fango sul Carso. Alcuni potrebbero essere i vicini di casa degli alunni, magari i genitori dei loro compagni di scuola.
Oppure potrebbero essere le badanti dei nonni, la colf che dà una mano alla mamma, il cassiere del panificio, il fruttivendolo, un collega del papà .
Insomma gli immigrati non sono tutti e solo quelli che abitano negli SPRAR, luoghi difficilmente accessibili ad un minore.
Tra l’altro non c’è scritto da nessuna parte che l’intervistato deve essere un adulto. E se fosse un compagno di calcio? Di nuoto? Un compagno di classe?
Anche di fronte alla smentita della scuola la Canciani non è soddisfatta: perchè andare a provocare i “migranti” (sempre continuando ad alimentare l’equivoco “immigrato = residente del centro accoglienza”).
Perchè ovviamente il migrante è sempre potenzialmente pericoloso. Il che è vero nella stessa misura in cui lo sono i cittadini italiani.
Perchè se è vero che andare a fare interviste etnografiche a sconosciuti può essere un lavoro difficile da nessuna parte è chiesto di andare a parlare con il primo che passa per strada.
Fortunatamente gli alunni delle medie sono abbastanza intelligenti (e furbi) da andare a parlare con persone con le quali è più semplice stabilire un contatto.
(da “NextQuotidiano”)
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Ottobre 27th, 2017 Riccardo Fucile
LA SIMPATICA ABITUDINE AL POGROM DEGLI ATTIVISTI GRILLINI SULLA PAGINA CHE RACCOGLIE 46.000 ISCRITTI
Matteo Richetti “scopre” il Club Luigi Di Maio. 
Anche il responsabile comunicazione del Partito Democratico ha notato la simpatica abitudine al pogrom di molti attivisti internet grillini, riuniti nell’enclave del Club Luigi Di Maio.
“C’è un signore che ha creato un gruppo, una squadra, che si chiama Club Luigi di Maio che, indicando il mio post, invita tutti i militanti della squadra a rispondere a quanto ho pubblicato. Utilizzo il termine squadra, perchè l’etimologia e il tipo di azione (quello cioè di attivare un azione di gruppo contro una persona per intimorirla ed isolarla) danno origine al termine “squadrismo”. A giudicare dal numero di insulti non posso che complimentarmi con la capacità organizzativa e l’efficienza del signore e della sua squadra. Voglio precisare subito però, che non intendo evocare termini e momenti della nostra storia in maniera enfatica. Non credo siano fascisti, squadristi o altro. Offendono. Punto. Voglio però rivolgere un invito collettivo al gruppo in questione: sulla mia pagina sarete sempre i benvenuti, con critiche o apprezzamenti, anche con gli insulti se sono il vostro modo di interpretare il dialogo. Io non sono uomo da “Vaffaday”. Ne’ ora, ne’ mai.”
In realtà , a differenza di quanto scrive Richetti, gli avventori del Club — che sono intervenuti in un post del responsabile comunicazione PD — vanno avanti da qualche tempo nella simpatica abitudine, tanto che il club è diventato negli ultimi mesi un luogo di incontro di oltre 46 mila sostenitori del vicepresidente della Camera dei Deputati e del Movimento 5 Stelle, ma soprattutto un luogo dove l’odio e l’estremismo la fanno da padrone.
Basti vedere ad esempio la seguente discussione aperta il 10 luglio 2016, di cui parlò qui David Puente:
“Guardateli bene perchè quando governerà il Movimento 5Stelle saranno tutti ospiti nelle Patrie Galere“, scriveva Giuseppe nel suo intervento di apertura pubblicando le foto di diversi politici avversi al Movimento 5 Stelle.
“Ma in galera..ci sono i forni!!???” scriveva Pippo, altrettanto Paolo che suggeriva l’inceneritore, mentre Gianna ai forni preferiva il gas (“fate prima e si risparmia vitto e alloggio“) e Tonino le fosse comuni.
Federico invece proponeva di esporli in pubblica piazza come animali. Luciano si limitava al veleno e a definire “zoccole” le donne nella foto, mentre Antonio andava dritto al punto: “UCCIDETELIIiiiiiiiii“.
Più che un enclave, un luogo di ritrovo di istigatori a delinquere.
(da “NextQuotidiano”)
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Ottobre 27th, 2017 Riccardo Fucile
NEL PD ESPLODONO LE CONTRADDIZIONI, A SINISTRA CAMBIANO I CONFINI… MODELLO MONTI PER LA DISCESA IN CAMPO
L’addio di Grasso ha già aperto un processo nuovo, nel Pd ma anche a sinistra del Pd.
Per le ragioni che lo animano, per l’impatto che sta determinando, per le aspettative che suscita è già un preannuncio di quel che accadrà , di qui al voto del prossimo anno.
Il presidente del Senato, in tal senso, è già in campo, sia pur con misura. Una misura imposta dall’essere la seconda carica dello Stato, chiamato a sostituire il presidente della Repubblica che ha in programma nelle prossime settimane un paio di viaggi all’estero, e impegnato nella gestione dell’Aula dove a breve arriverà la manovra.
Ecco che, incrociando le telecamere a margine di un convegno sulla corruzione ha spiegato, ai microfoni, le ragioni per cui ha lasciato il Pd, dopo la “violenza del voto di fiducia”, ultimo atto di partito nel quale non si riconosce più “nel merito e nel metodo”.
Parole pesanti come pietre che, inevitabilmente, alimentano un’attesa sul “quando” annuncerà la sua volontà di proseguire nell’impegno politico, e sul come, fuori dal Pd.
E che, inevitabilmente, in questo processo accendono attenzione e curiosità sulle sue prossime uscite, rendendole politicamente significative.
Le parole, appunto, di un leader atteso.
Il presidente del Senato non ha alcuna intenzione nelle prossime settimane di parlare di Pd o di recitare quotidianamente nel teatrino della politica.
E, appunto, nel merito e nel metodo, incarnerà un altro approccio cogliendo le occasioni che si presenteranno per parlare della corruzione, del Mezzogiorno, della povertà , insomma dei mali del paese.
In questi mesi ci sono stati colloqui, interlocuzioni e scambi di opinioni con i big di Mdp. Fonti degne di questo nome parlano di un “modello Monti” per la discesa in campo: all’ultimo, al momento di scioglimento delle Camere, proprio come fece il professore che annunciò il suo partito prima di Natale in vista del voto di febbraio.
Lui, Grasso, a chi lo conosce è apparso sollevato, sereno, come sempre accade dopo scelte che maturano anche con un certo travaglio.
Ieri sera, a un certo punto, ha spento il telefono, sottraendolo all’assalto delle telefonate, per andare alla Festa del Cinema, dove era stato invitato con Mattarella. E questo week end andrà a Palermo. Anche la calma olimpica, l’assenza di quella frenesia mediatica tipica della politica di questi tempi, racconta di una consapevolezza profonda della scelta e degli obiettivi.
Ciò che sta accadendo, tutt’attorno, conferma come già la prima mossa anticipi ciò che sarà .
Se Giuliano Pisapia, Godot mai arrivato, veniva vissuto come la sinistra potabile e docile da sbattere in faccia a chi aveva lasciato il Pd, l’ex presidente del Senato ha aperto una profonda contraddizione nel Pd.
La contraddizione tra due Pd: il bunker di Renzi, con gli ultrà del segretario scatenati tra insulti e richieste di dimissioni; e un Pd diverso, più aperto e inclusivo, insomma quello delle origini e non è un caso che il fondatore, Walter Veltroni, ha affidato a un tweet il suo “spero che ci rincontreremo” ricordando che “il Pd è stato costruito per persone come lui”.
Tecnicamente, si chiama carisma e accade quando si incarna una storia e un progetto politico vero. Dice un Pd critico: “Sembra già di essere alla sera della disfatta in Sicilia. È uscito Grasso e si è scatenato il finimondo. E ora? È complicato dare a quelli lì dei gruppettari”.
Perchè l’altro fatto nuovo del processo che si è aperto attorno a Grasso è la ridefinizione del perimetro a sinistra.
È tornato in discussione ciò che sembrava acquisito. E cioè che ci sarà un’unica lista a sinistra del Pd, con Sinistra Italia e anche l’esuberane sinistra del Brancaccio di Montanari e Falcone. Entrambe, nei confronti di Grasso, più estremiste dei Cinque Stelle: “Hanno fatto sceneggiate più estremiste dei Cinque Stelle. Hanno occupato i banchi della presidenza, hanno imputato a Grasso la scelta di mettere la fiducia che era del governo, e come si vede, di fronte alla quale ha tratto le conseguenze… O ragionano o non ce lo ordina il medico di fare la Cosa rossa”.
24 ore dopo: l’anticipazione di ciò che sarà è già robusta.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 27th, 2017 Riccardo Fucile
ACCUSA DI TRUFFA AI DANNI DELLO STATO NELLA GESTIONE DEI PROFUGHI NELLA BASSA BRESCIANA
Appartamenti fantasma, alberghi fatiscenti e mancato igiene generale. 
Questa mattina l’imprenditore bresciano Angelo Scaroni è stato arrestato e messo ai domiciliari per truffa ai danni dello Stato nell’ambito della gestione dei profughi.
Scaroni, in passato aveva vinto alcuni bandi aperti dalla Prefettura di Brescia per l’accoglienza dei migranti, ma in alcuni casi le strutture indicate erano inesistenti e i profughi sarebbero stati addirittura ammassati in spazi molto stretti e completamente inadatti rispetto ai criteri richiesti.
L’imprenditore bresciano, 43 anni e molto attivo soprattutto nella vendita del pellet, riusciva a guadagnare sino a settemila euro al giorno con il sistema messo in atto.
Già nello scorso giugno la Procura di Brescia aveva aperto un’inchiesta con ipotesi il reato di truffa allo Stato contro lo stesso Scaroni che all’epoca si era professato estraneo ai fatti.
L’uomo di fatto è proprietario di ben quaranta strutture sparse tra la Bassa bresciana, la Val Sabbia e il Lago di Garda, compreso un ex resort di lusso a Desenzano nel quale alloggiano ora diversi migranti.
Persino gli sfortunati profughi giunti a Carpeneda di Vobarno e vittime il 2 luglio del lancio di molotov da parte di ignoti erano arrivati in Val Sabbia proprio grazie a uno dei bandi vinti da Angelo Scaroni.
Per quell’episodio di violenza che fortunatamente si concluse senza feriti le indagini brancolano tutt’oggi nel buio.
L’arresto di questa mattina è soltanto l’ennesima tegola giudiziaria nei confronti di Scaroni poichè lo scorso 5 aprile il suo deposito di pellet a Novagli di Montichiari fu distrutto da un gigantesco incendio sviluppatosi per cause mai chiarite.
(da “La Stampa“)
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Ottobre 27th, 2017 Riccardo Fucile
“TANTO E’ VERO CHE IL RICORSO DEPOSITATO OGGI IN TRIBUNALE A PALERMO L’HA FIRMATO LUI COME LEGALE RAPPRESENTANTE”
Il “capo politico” del Movimento 5 Stelle “è ancora Beppe Grillo”. Lo sostiene, parlando con l’Adnkronos, Lorenzo Borrè, legale dell’attivista Mauro Giulivi, che oggi a Palermo ha partecipato all’udienza per discutere il reclamo presentato dai 5 Stelle contro l’ordinanza del Tribunale che ha sospeso l’efficacia delle regionarie siciliane di luglio.
“Il capo è ancora Grillo — rimarca l’avvocato con l’agenzia di stampa — tant’è vero che il reclamo depositato dal M5S il 4 ottobre”, quindi 11 giorni dopo le primarie per la premiership che hanno incoronato Luigi Di Maio, “contro l’ordinanza del 19 settembre, è stato presentato da Beppe Grillo come legale rappresentante.
Il che confuta l’opionione di chi ritiene che il nuovo capo politico dei 5 Stelle sia Luigi Di Maio”.
Ma questo compito non spetta al garante, ruolo ancora ufficialmente ricoperto da Grillo? “No, il garante è una figura terza, mentre il legale rappresentante è colui che ha direzione dell’associazione politica”, risponde Borrè.
Oggi il M5S ha chiesto un rinvio dell’udienza all’8 novembre, ovvero dopo il voto in Sicilia, racconta Borrè. Il giudice l’ha concessa.
L’ordinanza con cui il giudice ha sospeso le Regionarie M5S in Sicilia rimane efficace ed è stata disattesa dallo stato maggiore grillino.
Ieri Beppe Grillo ha smentito le voci, alimentate da un articolo del Corriere della Sera, di un divorzio tra lui e Casaleggio: “Non c’è nessun divorzio tra me e Casaleggio. Secondo la stampa avremmo dovuto divorziare 3, 4 volte. Ma non posso permettermelo: vi immaginate quanto mi costerebbe di alimenti?”.
(da “NextQuotidiano”)
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Ottobre 27th, 2017 Riccardo Fucile
DAVANTI A UNA SARACINESCA DISTRUTTA DAL SOLITO “AVVERTIMENTO”… LA VIOLENZA ORGANIZZATA E’ SOLO MONNEZZA E UN GIORNO VERRA’ SPAZZATA VIA
Poi arrivi al centro di Napoli e, quasi distrattamente, quasi come se la cosa, oramai,
manco più ti colpisse, ti imbatti nell’ennesima “saracinesca”, nell’ennesimo ingresso di un negozio che reca i segni dell’assalto, della mano violenta della camorra. Evidentemente, il negoziante “di turno” non ha voluto pagare il pizzo.
Evidentemente, quel negoziante ha detto – GIUSTAMENTE! – NO!
Che cosa assurda operare in questo territorio.
Da un lato, sei costretto ad avere un “socio”, lo Stato, che, a vario titolo ed in varie forme, assorbe oltre il 60% del reddito di impresa che si produce.
Dall’altro, bisogna fronteggiare, reggere e respingere le pretese vessatorie di chi ritiene di avere parimenti titolo al controllo del territorio, cercando di importi la sua tassazione e la sua “giustizia” sommaria e spietata.
Quando salta la “saracinesca di un negozio, sotto i colpi di proiettili, di una bomba o di un incendio devastante, non muoiono soltanto dei manufatti in senso fisico. Traballano sogni, speranze ed ambizioni.
Nel volgere di pochi minuti, in certi casi, addirittura nel giro di pochi secondi, prendono fuoco sacrifici di ogni tipo, ivi comprese ininterrotte notti insonni.
Ma dire no, resistere alla violenza di chi pensa di poterti imporre le sue regole, illegittime, volente ed indegne, è cosa da uomini veri.
In certi casi, non puoi e non devi assolutamente cedere, perchè potranno arrivare a distruggerti anche il negozio, ma la tua anima, il tuo cuore e la tua coscienza non la avranno mai.
Reprimere certi fenomeni è una vera e propria guerra. Richiede forza, coraggio ed una visione folle ed appassionata.
Postula l’implementazione, prima, e la realizzazione esecutiva, poi, di una vera e propria “macchina da battaglia”, con tanto di soldati, sia in termini di repressione empirica, che dal punto di vista dell’applicazione ed esecuzione delle relative sanzioni.
Una guerra culturale e materiale…
Una saracinesca divelta, fa sempre tristezza e ti farà sempre incassare come un pinguino. Poi, però, ti guardi intorno; vedi dei giovani sorridenti e ti rendi conto che la battaglia, al di là della specifica sconfitta collettiva, continua.
Forse la tua generazione, esattamente come quelle che l’hanno preceduta, continuerà a fallire, ma quei giovani sorridenti, se tu continuerai a combattere, potrebbero vincere, un giorno, ed anche per te…
Chi si abbandona alla violenza non è, nè italiano, nè Napoletano, nè siciliano, calabrese o europeo.
I “violenti organizzati” sono semplicemente monnezza.
E la monnezza, prima o poi, verrà spazzar via.
Salvatore Castello
Right BLU – La Destra liberale
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Ottobre 27th, 2017 Riccardo Fucile
GELO A PALAZZO CHIGI, CAPANNELLO DEI MINISTRI DEM PREOCCUPATI ANCHE PER GRASSO
“Mozione d’ordine: siamo davanti a una decisione delicata, presa dal presidente del Consiglio. Propongo che il consiglio dei ministri approvi, senza discutere”.
Metà mattinata a Palazzo Chigi. E’ Dario Franceschini a prendere la parola in un consiglio dei ministri lampo ma destinato a lasciare una cicatrice profonda nel rapporto tra la compagine renziana e il resto del governo.
Il ministro per i Beni Culturali resta l’unico a parlare: in meno di mezz’ora, il consiglio approva la scelta di Paolo Gentiloni di riconfermare Ignazio Visco a Bankitalia. Gelo: perchè alla riunione non partecipa la componente renziana.
Assenti in blocco, è la prima volta che succede.
Non c’è, ufficialmente per motivi di salute, il sottosegretario alla presidenza Maria Elena Boschi, la più attiva sul dossier banche e sulla mozione Dem contro Visco che ha di fatto lacerato il rapporto tra Matteo Renzi e il governo e anche il Quirinale.
Non c’è Maurizio Martina, il vicesegretario del Pd che in mattinata è già a Napoli per preparare il suo intervento di apertura alla conferenza programmatica del Pd al via oggi al Museo di Pietrarsa.
E pure Luca Lotti pare avesse un altro impegno. Manca all’appello persino Graziano Delrio, altro ministro vicino al segretario del Pd.
E’ uno di quei tornanti a suo modo storico di questo finale di legislatura. A Palazzo Chigi l’irritazione è palpabile.
Anche da parte dello stesso Gentiloni, lasciato solo (da Renzi) a sbrigare il datarsi, d’intesa con il Quirinale (e la Bce) ma politicamente solo a indicare il nome di Visco per il secondo mandato a Palazzo Koch.
Il premier oggi si limita a fare un preambolo in consiglio prima della presa d’atto sulla riconferma del governatore. “Una scelta delicata”, dice appunto Franceschini.
Tutti i presenti alla riunione di esecutivo sanno che stanno per compiere una scelta che verrà presto ‘bombardata’ dal segretario e dai suoi. A partire dalla prossima settimana, a partire dalle audizioni della commissione d’inchiesta sulle banche e dal materiale che da lì emergerà per mettere in luce le mancanze di Bankitalia in fatto di vigilanza bancaria.
Ci sono Andrea Orlando e Marco Minniti, c’è Anna Finocchiaro. E con Franceschini, i ministri del Pd si trattengono a parlare a Palazzo Chigi, dopo il consiglio.
Segno che la cornice è preoccupante, viene spontaneo fare un punto non solo sul caso Visco ma anche su un’altra grana che si è abbattuta sul partito: l’addio del presidente del Senato Pietro Grasso. E’ un’altra tessera di un puzzle sempre più scombinato che dà preoccupazioni, alla vigilia delle elezioni di primavera ma anche delle regionali del 5 novembre in Sicilia.
Finisce come era iniziata. Sulla mozione Pd sulle banche era tornato in azione il ‘giglio magico’ renziano a tutti gli effetti: lì il motore di tutto l’attacco a Visco, inizialmente non condiviso con il resto del governo.
E oggi quello stesso giglio prende le distanze dalla riconferma di Visco: si prepara ad attaccare. Certo, tra i presenti a Palazzo Chigi la lettura è diversa: “La loro assenza è segno di debolezza, su Visco hanno perso…”.
Ma il fatto stesso che le versioni siano opposte dà l’idea della frattura avvenuta in un partito costretto a stare unito almeno fino a primavera.
Costretto, sì. Sia Franceschini, che Finocchiaro e anche Minniti, Orlando e lo stesso Gentiloni saranno comunque presenti alla conferenza programmatica del Pd a Napoli.
Un weekend di tregua (forse) prima di una nuova tempesta.
(da “Huffingtonpost“)
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Ottobre 27th, 2017 Riccardo Fucile
RAJOY ANNUNCIA ELEZIONI IL 21 DICEMBRE, L’EUROPA STA CON LA SPAGNA
Destituito il presidente catalano Carles Puigdemont, destituiti i membri del Governo e
sciolto il Parlamento.
Sono queste le prime misure adottate dal premier spagnolo Mariano Rajoy in risposta alla dichiarazione unilaterale di indipendenza votata oggi dal Parlamento della Generalitat de Catalunya.
“Ho sciolto il parlamento catalano e il 21 dicembre si celebraranno elezioni nella comuintà autonoma. Bisogna dare il voto ai catalani – ha detto Rajoy al termine della riunione straordinaria del consiglio dei ministri sull’articolo 155 – sono le vere urne che hanno la parola, Bisogna tornare quanto prima alla vita sociale normale in Catalogna”.
Nel primo pomeriggio il Parlamento aveva votato l’entrata in vigore della “legge di transizione giuridica e di fondazione” della Repubblica.
La risoluzione era stata votata a scrutinio segreto solo dai partiti indipendentisti, mentre i popolari, i socialisti e Ciudadanos avevano abbandonato l’aula prima dell’inizio.
70 i voti favorevoli, 10 i contrari e due schede bianche. Risultati che hanno scatenato l’esultanza in aula – con gli indipendentisti in piedi a cantare l’inno Les Segadores- ma respinti da Rajoy, che aveva definito la votazione “un atto criminale”.
Per per le strade di Barcellona e al di fuori del Parlament è stato subito festa. In migliaia si sono radunati in strada e nelle piazze come successo dopo la vittoria del referendum, mentre da alcuni edifici pubblici stanno già sparendo le bandiere spagnole. Ammainati i vessilli nazionali dai municipi di Girona, Tortosa, Figueres, Lleida e del Parlament catalano.
Dopo il voto catalano, il Senato spagnolo ha approvato l’articolo 155 come annunciato da Rajoy. Il premier ha detto che il provvedimento è stato necessario “non contro la Catalogna, ma perchè non si abusi della Catalogna”. In mattinata il primo ministro aveva indicato in Puigdemont “l’unico responsabile del ricorso all’articolo 155 della Costituzione”.
I membri del Govern e la dirigenza del Parlament potrebbero essere accusati di “ribellione” e rischiare fino a 30 anni di reclusione.
La Procura Generale dello Stato ha già pronta la denuncia.
Il delitto di ribellione, previsto dagli articoli 472 e seguenti del Codice penale spagnolo, prevede pene fra i 15 e i 25 anni di reclusione per coloro che “incoraggiando i ribelli, abbiano promosso o sostenuto la ribellione” e per “i capi principali di questa”.
Coloro che esercitano un ruolo ‘subalterno’ rischiano fra i 10 e i 15 anni di carcere e per i meri partecipanti sono previste condanne fra i 5 e i 10 anni di detenzione.
La pena più alta, 30 anni di carcere, si può comminare ai capi di una insurrezione armata che abbia provocato devastazioni o violenza.
“Per l’Unione europea non cambia nulla. La Spagna resta il nostro unico interlocutore”.
E’ quanto scrive su Twitter il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, in merito alla dichiarazione di indipendenza della Catalogna. Tusk ha anche detto di sperare “che il governo spagnolo favorisca la forza dell’argomentazione all’argomento della forza”.
Una posizione ribadita dal presidente francese, Emmanuel Macron, e dalla Germania: “Il governo federale non riconosce questa dichiarazione di indipendenza”, ha scritto su Twitter il portavoce Steffen Seibert.
“L’Ue – ha rincarato la dose il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker – non ha bisogno di altre fratture. L’indipendenza della regione è un processo che sta avvenendo all’interno della Spagna e quindi rispetto tutte le decisioni che il governo di Madrid prenderà “.
“La Catalogna è parte integrante della Spagna”, si legge in una nota del Dipartimento di stato americano. Washington ha espresso il proprio appoggio “alle misure costituzionali del governo spagnolo per mantenere la Spagna forte e unita”.
(da agenzie)
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