Novembre 13th, 2017 Riccardo Fucile
CALANO GRILLINI E DEM, NEL CENTRODESTRA FORZA ITALIA SORPASSA LA LEGA, SALE ANCHE FDI
Il settimanale sondaggio di EMG per La7 vede il calo di entrambe le forze principali, M5S e PD che si attestano rispettivamente al 27,7% e al 26%.
Ma mentre i grillini notoriamente non fanno alleanze e quindi lì si fermano, l’area di centrosinistra, con l’apporto dell’ 1,8% di AP, lo 0,9% del Psi e altre forze minori, supererebbe la soglia del 30,5%
Nel centrodestra avanza dello 0,7% Forza Italia che riprende la testa della coalizione con il 14%, relegando al 13,7% la Lega che è in decrescita, mentre sale dello 0,4% il partito della Meloni che si attesta al 5,4%.
Nella sinistra-sinistra prevale MDP con il 3,3%, seguito da Sinistra Italiana con l’1,9%: complessivamente a entità minori una aggregazione che attualmente viene accreditata del 6,3%. In attesa di una composizione con l’indicazione di Grasso premier che potrebbe far salire ancora la percentuale.
(da agenzie)
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Novembre 13th, 2017 Riccardo Fucile
CHI SI NASCONDE DIETRO L’INTERESSE AD ALZARE IL TONO DELLA POLEMICA
«Ho il timore che alzare il tono della polemica sia espressione, mal celata, di qualcuno infastidito di avere intorno troppe forze di polizia»: il vescovo Antonio Suetta ufficializza ciò che molti, in città , sospettano da tempo: una strategia mirata, che destabilizzi la popolazione, costringendola a fare pressione sulle istituzioni per arrivare all’obiettivo primario: svuotare Ventimiglia dai migranti solo per liberarla dalla presenza delle forze dell’ordine.
Ribadendo, così, ancora una volta, quanto la criminalità organizzata abbia interessi nella città di confine.
Il nome dell’alto prelato compare nella prima delle lettere minatorie inviate da maggio al sindaco Enrico Ioculano, e, successivamente, a Don Rito Alvarez, il prete dell’accoglienza, e alla stessa Caritas. «Non spetta a me valutare la pericolosità delle missive ricevute — aggiunge il vescovo — Potrebbe essere stato un mitomane, un esagitato. Ma è possibile che qualcuno voglia intimidire davvero».
Il vescovo è conscio di quanto sta accadendo, conosce bene i disagi che l’accoglienza ha provocato, soprattutto in determinati quartieri: «Non sono miope, ma la congiuntura di questa situazione non dipende dall’amministrazione comunale, dalla Prefettura o dagli inquirenti: Ventimiglia è città di confine. L’attenzione delle istituzioni verso questo segmento di immigrazione è molto alta». Ma la gente ha paura, protesta in piazza: «Sono piccole frange di persone che si agitano più del necessario», minimizza il prelato.
E sottolinea: «Ventimiglia non ha mai registrato situazioni gravi da quando ospita i migranti e questo grazie a tutti coloro che hanno operato bene per aiutare i profughi. Il problema è da ambo le parti: chi lascia il proprio Paese fuggendo dalle guerre, dalla fame, ha necessità di raggiungere i propri obiettivi. Ed è ovvio che in mezzo a tanta gente possano esserci situazioni non riconducibili a vera povertà . Occorre imparare a riconoscerle».
Monsignor Suetta non ha paura, nonostante le minacce: «La Caritas collabora con tutte le istituzioni non dimenticando mai i nostri poveri. Sta sempre attenta alle necessità della gente. Io stesso mi occupo di alcuni casi delicati di Ventimiglia. Ovvio sia più semplice offrire cibo e coperta che un lavoro. Ma non si fa nulla contro nessuno o a danno di qualcuno. Se anche chiudessimo le porte dell’assistenza, e non lo faremo mai, la presenza di migranti non solo non finirebbe, ma si creerebbero situazioni esasperate e più impattanti delle attuali».
E conclude: «Auspico per i veri profughi che tutto si risolva: abbiamo aderito al progetto della Comunità di Sant’Egidio che mira ad aprire nuovi corridoi umanitari».
(da “Il Secolo XIX”)
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Novembre 13th, 2017 Riccardo Fucile
DALL’INTERNO DELLA FORTEZZA DI SABHA, AL CONFINE DEL DESERTO: USCITI VIVI IN SETTE, DOPO VIOLENZE E TORTURE ATROCI
In sette, usciti vivi dal Ghetto di Sabha, la più spaventosa delle prigioni dei trafficanti di uomini in Libia, hanno trovato il coraggio di collaborare con la polizia e la magistratura italiana, accusare e riconoscere alcuni dei loro carcerieri e ora aiutare gli inquirenti nella caccia al feroce “generale Alì”, il capo dei miliziani che gestiscono la fortezza al confine del deserto in cui sono tenuti prigionieri centinaia di migranti costretti a subire torture e violenze atroci per chiedere alle famiglie altri soldi come riscatto per la loro liberazione.
Per la prima volta, una foto proveniente dall’interno del Ghetto di Alì, entra a far parte degli atti dell’inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto della Dda di Palermo, Marzia Sabella, e affidata ai sostituti procuratori Geri Ferrara e Giorgia Spiri che ha già portato nei mesi scorsi all’individuazione in due centri di accoglienza italiani di due dei carnefici del centro di detenzione, arrestati e ora sotto processo.
In un incidente probatorio i sette migranti che collaborano hanno ribadito le loro accuse nei confronti dei loro carcerieri e fornito le sconvolgenti prove, tra cui le foto custodite nei loro telefonini e inviate alle famiglie, di quello che accade dentro quella fortezza inaccessibile difesa da filo spinato e guardie armate di kalashnikov.
E per la prima volta è stata fornita anche una descrizione del misterioso generale Alì: arabo, scuro, capelli lunghi, dall’andatura zoppicante e le spalle incurvate, non giovane nè vecchio. Abiterebbe in una villa sulla collina che domina il ghetto, alle porte della città di Sabha, e adesso la Dda di Palermo ha fatto partire la caccia all’uomo con la collaborazione dei servizi di sicurezza.
Drammatiche le testimonianze dei sette migranti sopravvissuti che hanno visto uccidere e stuprare, donne e bambini morire di fame ed essere buttati via in sacchi di immondizia.
Ad aprire la strada della collaborazione un giovane nigeriano: “Nel mio paese studiavo legge e so che la tortura è un reato universalmente riconosciuto in tutto il mondo. Per questo quando sono arrivato a Lampedusa, ho deciso subito di denunciare tutto alla polizia”.
(da “La Repubblica”)
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Novembre 13th, 2017 Riccardo Fucile
GLI EX COMPAGNI BOCCIANO LA RELAZIONE DEL SEGRETARIO
“Non vediamo nessuna novità . Parole, ma ormai Renzi non è più credibile e il fatto che
abbia affidato a Fassino i rapporti con la sinistra, dice tutto su quanto siamo distanti…”.
Così Mdp commenta all’AdnKronos l’intervento di Matteo Renzi in Direzione e l’apertura del segretario a una coalizione ampia senza veti alle formazioni che stanno a sinistra del Pd.
Sull’apertura di Renzi a una larga coalizione di sinistra fatta durante la Direzione, è intervenuto anche il capogruppo a Montecitorio di Mdp Francesco Laforgia: “Se noi proponessimo ai nostri elettori una coalizione di centrosinistra senza discontinuità sulle politiche, dal Jobs Act che sulla buona scuola, i nostri elettori semplicemente non ci seguirebbero. Dobbiamo portare al voto milioni di persone di sinistra che sono rimaste a casa in questi anni e dobbiamo farlo parlando innanzitutto del paese, le alleanze verranno dopo”.
Prima ancora di Laforgia, Bersani aveva fatto trapelare il suo scetticismo su una maggiore sintonia possibile fra il Pd ed Mdp? “Non lo so, bisogna vedere cosa dice sul resto – ha detto – perchè lui si preoccupa sempre di rivendicare quello che s’è fatto. Purtroppo c’è qualche milione di elettori che non è d’accordo. Non è Bersani o Speranza, sono gli elettori che non sono d’accordo; che hanno un giudizio critico su tante cose che si sono fatte e che vedono che a dispetto delle affermazioni che siamo usciti dalla crisi, abbiamo dei problemi, a cominciare da quello del lavoro. E quindi staremo a vedere, seguiamo il resto della discussione. Basta che si sappia – ammonisce – che le chiacchiere stanno a zero, ci vogliono dei fatti”.
Fratoianni: “Renzi disco rotto, siamo alle solite”.
“Renzi rilancia sulla coalizione ma Rivendica le politiche che la rendono impossibile. Insomma siamo alle solite”. Così Nicola Fratoianni segretario nazionale di Sinistra Italiana. “Da un lato – prosegue il leader di Si – il disco rotto del voto utile dall’altro la riproposizione di scelte che hanno favorito la crescita delle destre.” “Noi – conclude Fratoianni-continuiamo e continueremo a lavorare con decisione alla costruzione di un altro polo, alternativo e coraggioso.”
(da “Huffingtonpost”)
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Novembre 13th, 2017 Riccardo Fucile
SI PUO’ TORNARE IL PARLAMENTO CON 1% DEI VOTI, E’ INIZIATA LA CORSA, ECCO CHI SONO E COME SI STANNO MUOVENDO
«Momento d’oro per l’area di centro». Clemente Mastella, 70 anni di cui 32 in Parlamento e 14 da sindaco di Ceppaloni, risponde al telefono al primo squillo e va fluido come un tip tap: segno in codice che la campagna elettorale è cominciata.
Pier Ferdinando Casini, 62 anni di cui 34 tra Camera e Senato, appena “sacrificatosi”, diciamo, a dirigere la commissione d’inchiesta sulle banche, significa la stessa cosa con parole opposte: «Candidarmi? Non so, guardo la faccenda con distacco», dice a Repubblica.
Tutto ormai si muove, la nuova legge elettorale è il detonatore e nella legislatura record di cambi di casacca (siamo a 531) ora la cavalcata è alla salvezza, alla conquista dei comodi posti dei listini proporzionali, quando non dei 231 (Camera) più 109 (Senato) appena più decisivi dell’uninominale.
Ad Arcore, come nella più immutabile delle tradizioni, è ripartita la processione delle cene con i possibili alleati di Berlusconi: sono già andati a conferire, fra gli altri, il centrista ex casiniano Lorenzo Cesa, l’ex alfaniano e saggio di Napolitano Gaetano Quagliariello, il verdiniano quasi apostata Francesco Saverio Romano, il già deluso Stefano Parisi.
Parole d’ordine: contenere la Lega (oltre che sconfiggere Grillo), gli uni, e sopravvivere, gli altri. Serviranno tutti allo scopo, ciascuno il proprio.
Al Nazareno la faccenda non è altrettanto plastica – anche per evidenti questioni di caos – ma la caccia di alleabili al Pd è persino più aperta, visto che Matteo Renzi l’altro giorno ha lanciato un appello Che-Guevara-fino-a-Madre-Teresa da far invidia a Jovanotti. La nuova legge d’altra parte sul punto è spietata: grazie all’incrocio tra coalizioni leggere e sbarramento basso, vince chi aggrega di più
Insomma il Rosatellum sarà pure un mostro alieno – un «meccanismo sconosciuto al mondo» l’ha chiamato in Aula alla Camera Pier Luigi Bersani – però sulla politica ha già sortito uno straordinario effetto doping: la corsa al voto è cominciata a scoppio, come se dovesse durare un mese invece di almeno quattro (come dicono alla buvette storpiando lo slogan elettorale siciliano: sarà lunghissima). C’è chi ha ricominciato a fare su e giù per il proprio collegio già durante il Ponte d’inizio novembre, con la speranza di continuare almeno fino a dopo San Valentino (a quel punto la candidatura sarà certa).
C’è chi ha ripreso a distribuire in giro il suo libro di qualche anno fa, per avere così l’occasione di nuovo lustro.
C’è chi d’improvviso scopre di volere una vita fuori dal Parlamento — agnizioni che di solito si svelano un attimo prima della mancata ricandidatura. Lo Scioglimento (delle Camere) si staglia all’orizzonte, prenatalizio addirittura dicono.
L’ultimo provvedimento sul quale è tollerato l’arrembaggio pre-voto è del resto il collegato fiscale, sfogatevi, poi basta. E, anche se i collegi sono in via di ridefinizione al Viminale, già si ragiona sulle Liste: per il terrore di quelli che si giocano la ricandidatura — soprattutto nei grandi partiti, che saranno fatalmente ridimensionati, a partire da Pd e Fi; per la gioia di piccoli e piccolissimi, potentati locali, sovranismi ed ex scissionisti di ogni dove.
Dall’1 per cento in su, infatti, vale tutto. Meglio ancora che con il Porcellum, da questo punto di vista. Un incubo, per taluni.
Basti dire che persino Domenico Scilipoti non esclude di far parte della corsa. Di certo, è il trionfo di Verdini e del verdinismo: sono piccolo ma ti servo. E tutti a sciamare di là , dove più serve, al grido (verdiniano): «Le ideologie non esistono più, diciamocelo».
Enrico Zanetti, colui che ha agilmente portato Scelta civica in braccio ad Ala giocandosi così il posto da vice-ministro, su Facebook vira addirittura al pappappero: «Abbiamo fatto bene a tenere il punto quando suonavano forti le sirene del partito unico e ci dispiace per quanti vi hanno invece frettolosamente ceduto».
Insomma meglio lui di tutti i montiani che sono andati nel Pd. Adesso, sempre attento a «non diluire l’identità », Zanetti sembra pronto a salvarsi buttandosi a destra.
Mentre il suo ex vice Angelo D’Agostino, al contrario, vorrebbe andare a sinistra. E Denis Verdini, abbandonata a quanto pare l’ipotesi di candidarsi in un collegio estero, tergiversa attorno all’istinto da patto del Nazareno in virtù del quale, se potesse, darebbe direttamente un braccio a Renzi e l’altro a Berlusconi, senza nemmeno passare dalle urne. In Forza Italia, c’è da dire, lo rimpiangono non poco: le liste le aveva sempre fatte Denis, raccontano, e nè i capigruppo Romani e Brunetta, nè tantomeno il reggitore avvocato Niccolò Ghedini, sembrano avere il giusto spessore di spregiudicatezza politica. Spregiudicatezze magari sì, ma altre. Tornerà dunque Verdini dall’ex Cav? Può sempre darsi.
«Adesso, nel sistema tripolare, chi sta al centro e ha un radicamento territoriale anche piccolo, conta ancora più di prima: il valore sei tu, non il partito che magari crea problemi», spiega Mastella, buttandosi alle spalle pure lui una qualsiasi residua ideologia. Lui, pare chiaro, è destinato alla destra, anche se sogna come nell’ultimo trentennio un rassemblement di centro.
I “ponti d’oro” li ha già visti spalancarsi, come quasi tutti quelli che, per poco che facciano, segneranno la differenza tra la coalizione che vince e quella che perde: Raffaele Fitto per la Puglia, Flavio Tosi in Veneto, e via dicendo.
In pratica, come dice uno di loro, in questa logica «anche se non prendi il 3 per cento, che è la soglia per accedere alla ripartizione dei seggi, comunque qualcuno te lo porti a casa», grazie a qualche concordata ospitalità del partito più grande, al quale si garantisce la vittoria nell’uninominale. «Insomma, più gente corre in giro, meglio è», è la sintesi in casa azzurra.
Spaccarsi in due sembra dunque il destino segnato di quelli che non hanno grosse speranze di far molto meglio. Esempio principe, quello di Ap: Maurizio Lupi e mezza rappresentanza parlamentare finiranno a destra, Angelino Alfano e Beatrice Lorenzin e l’altro mezzo gruppo verso sinistra.
Fatica? Si sappia che, nei suoi piani, Pier Ferdinando Casini progetta magari di unirsi con gli alfaniani di sinistra. Con lui ci saranno i Centristi per l’Europa, cioè i sopravvissuti all’era della fusione con Monti e Fini, gruppo che il capo è stato ben attento a non aumentare di numero: Ferdinando Adornato, Giampiero D’Alia, Luigi Marino, Aldo di Biagio.
Fedelissimi a questo punto, si capisce. «Stiamo giocando su una zattera, ma questo abbiamo», è l’ammissione interna.
Un’altra zattera, versione a destra, è sempre plurale: Energie per l’Italia. Il soggetto fondato da Stefano Parisi dopo esser stato scaricato dal Cavaliere, adesso cerca di raccontarsi come una specie di Mdp, a sinistra di Fi ed è pronto, manco a dirlo, a partecipare al governo: «Non possiamo aspirare a Palazzo Chigi, ma sappiamo che superando la soglia del 3 per cento saremo chiamati a responsabilità di governo», racconta il parisiano Guglielmo Vaccaro.
Ambizione eccessiva? Parrebbe, sulle prime: tuttavia, «al momento nei sondaggi la distanza tra primo e secondo partito non supera mai il 3-4 per cento. Sono 80 i collegi uninominali che ballano, più del venti per cento; quindi penso che proposte ne avremo, nei prossimi mesi».
L’incubo del Rosatellum, insomma, è appena cominciato.
(da “L’Espresso”)
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Novembre 13th, 2017 Riccardo Fucile
UNO STUDIO DELLA UIL: CON L’AUMENTO DELL’ETA’ PENSIONABILE SIAMO SVANTAGGIATI RISPETTO AI LAVORATORI UE
Arriviamo in pensione dopo, e ci rimaniamo meno rispetto ai lavoratori degli altri Paesi
europei.
Il dato emerge da uno studio della Uil, che rielabora i dati Missoc (il sistema d’informazione europeo sulla protezione sociale) ed Eurostat.
Tenendo conto dell’attuale aspettativa di vita a 65 anni, e dell’età di entrata in pensione, che è ritardata rispetto alla maggior parte dei Paesi europei, i nostri pensionati percepiscono l’assegno in media per 16 anni e 4 mesi, contro i 18 anni e 19 mesi della media Ue, e le donne per 21 anni e 7 mesi, contro i 23 anni e 2 mesi della media Ue.
E quindi, osserva il segretario confederale della Uil Domenico Proietti, “Non c’è nessun motivo per aumentare in via generalizzata l’età di accesso alla pensione così come dovrebbe accadere sulla base dell’attuale normativa”.
Stamane i sindacati hanno incontrato i rappresentanti del governo per un tavolo tecnico sulle pensioni; nel pomeriggio l’incontro tra i segretari confederali di Cgil, Cisl e Uil e il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, con i ministri del Lavoro e dell’Economia. Il tentativo è quello di raggiungere un’intesa per evitare che l’aumento dell’età pensionabile a 67 anni, dovuto all’aumento dell’aspettativa di vita, coinvolga tutti i lavoratori: dovrebbero rimanerne fuori tutte le categorie di lavori gravosi individuate ai fini dell’Ape, l’anticipo pensionistico, e in più verrebbero incluse altre quattro categorie, lavoratori agricoli, marittimi, siderurgici e pescatori. Inoltre i sindacati chiedono un allentamento dei requisiti per la pensione di anzianità , che con la normativa attuale rimarrebbe un privilegio di pochi.
“Bisogna congelare l’adeguamento automatico dell’aspettativa di vita al fine di poter avviare un tavolo di studio che consideri le peculiarità dei singoli lavori , come previsto dal verbale siglato tra governo e sindacati lo scorso 28 settembre 2016”, conclude Proietti. Il riferimento è a un comitato tecnico-scientifico del quale dovrebbero far parte rappresentanti dell’Istat, dell’Inps e dell’Inail, oltre che del governo e dei sindacati, e che dovrebbe rivedere la normativa che aggancia l’aumento dell’età pensionabile all’aspettativa di vita.
Con l’aumento dell’età pensionabile previsto a partire dal 2019, rileva la Uil, i nostri lavoratori sarebbero ancora più svantaggiati rispetto al resto dell’Europa. Già adesso per esempio in Francia l’età per il pensionamento degli uomini è a 60 anni e la loro aspettativa di vita è di 84 anni e 5 mesi: il risultato è che la permanenza in pensione è di oltre 8 anni maggiore rispetto a quella dell’Italia. Nel Regno Unito le donne invece, pur avendo un’aspettativa di vita pari a 85 anni e 10 mesi e quindi di circa un anno e quattro mesi più bassa rispetto alle italiane, godono dell’assegno previdenziale per quattro anni e tre mesi in più rispetto all’Italia
Con la Germania lo svantaggio è minore, ma supera di pur sempre un anno. E comunque si tratta di dati destinati ad aumentare a nostro svantaggio dal 2019 in poi.
(da “La Repubblica”)
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Novembre 13th, 2017 Riccardo Fucile
IL CLIMATOLOGO AL CONVEGNO SULL’EMERGENZA IDRICA
«Uno dei problemi è l’aumento della popolazione mondiale. Si diano soldi per migliorare gli acquedotti piuttosto che incentivi alle coppie per fare figli».
È la provocazione lanciata questa mattina ad Acqui Terme da Luca Mercalli.
Il climatologo è intervenuto a un convegno sull’emergenza idrica nel Basso Piemonte, organizzato dall’Amag di Alessandria, spiegando quanto le risorse di acqua dolce si stiano assottigliando e quanto gravi saranno le conseguenze senza un’inversione di rotta.
Per salvare la Valle Bormida e l’intera provincia di Alessandria da crisi idriche gravi come quella del 2017 servirà una pioggia di milioni.
E visto che i soldi a disposizione sono quelli che sono si dovrà procedere per gradi, come ha spiegato l’assessore regionale all’Ambiente del Piemonte, Alberto Valmaggia.
(da “La Stampa”)
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Novembre 13th, 2017 Riccardo Fucile
SLITTA LA CONSUETA DIFFUSIONE DELLE 10 E SI SCATENA LA POLEMICA
Dati Auditel in ritardo rispetto alla consueta uscita delle 10. Che, in un primo momento
slittano alle 16 e dopo la scadenza scivolano ancora più in là .
Perchè, fa sapere la società in una nota, saranno diffusi “entro il pomeriggio di oggi”. Numeri attesissimi perchè si riferiscono alla serata dello scontro tra Fabio Fazio su RaiUno e Massimo Giletti, che ha debuttato su La7 con la trasmissione Non è l’arena dopo l’addio a Viale Mazzini per il mancato rinnovo del contratto.
In più, sempre ieri sera, sono andate in onda la fiction Rosy Abate e Le Iene con lo scherzo a Marco Travaglio e la denuncia di molestie delle attrici contro il regista Fausto Brizzi. Tra i primi a diffondere i dati su Facebook Davide Maggio e Enrico Mentana.
Alla base del ritardo, spiega Auditel, c’è “un inconveniente tecnico”, ovvero “il rallentamento di un server di Nielsen”, cioè la società che materialmente gestisce la rilevazione, e questo comporta “un doppio controllo della produzione” prima di diffondere i dati. Inizialmente la previsione della Nielsen era che i dati fossero diffusi a ridosso delle ore 16 di oggi.
Una scadenza prorogata poco dopo.
“I dati sono integri e perfettamente raccolti — spiega Auditel in una nota -. Il ritardo della pubblicazione è dovuto esclusivamente ai protocolli di controllo qualità della Società che prevedono, in circostanze di questo tipo, una doppia procedura di verifica a tutela della massima accuratezza delle informazioni. Per effetto di questo processo, i dati di ascolto di domenica verranno regolarmente rilasciati al mercato entro il pomeriggio di oggi“.
Un ritardo “curioso” per lo stesso Giletti: “Non è la prima volta che i dati Auditel non escono, ma certo è curioso che proprio in una giornata così particolare non ci siano. Io lavoro e aspetto…”, ha detto a Un Giorno da Pecora su Rai Radio 1, dove ha aggiunto: “Dai vertici Rai mi aspettavo un messaggio, perchè la vita cambia ma il rispetto delle persone deve rimanere. Non è arrivato, non importa”.
A intervenire sul caso anche Michele Anzaldi, deputato Pd e segretario della Commissione parlamentare per la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, che parla di “gestione opaca e senza trasparenza” e si domanda cosa ci sia dietro a uno slittamento di oltre sei ore.
“Perchè non ci sono comunicazioni ufficiali? — dice ancora — Chi controlla l’operato dell’Auditel?”. Renato Brunetta invece su Twitter polemizza: “Proprio oggi, guarda caso, dopo lo ‘scontro’ di ieri sera tra Fazio (RaiUno) e Giletti (La7), l’Auditel va in tilt. Che dire… a pensar male si fa peccato… ma spesso ci si azzecca”.
Non diversa dal deputato di Forza Italia la posizione dell’editore di La7, Urbano Cairo. “Mi stupisce molto che proprio oggi, dopo il primo duello tra Fazio e Giletti, ci sia un ritardo così importante della pubblicazione dei dati Auditel di ieri sera. Non voglio pensare male, anche se qualcuno diceva che a pensar male si fa peccato ma si indovina. Mi ha colpito — ha continuato Cairo — un messaggio di Giancarlo Leone che di Rai e di Auditel se ne intende il quale dice, magari in modo un po’ sibillino, che l’Auditel rivendica il ruolo di coprotagonista dello scenario tv e quindi si fa attendere. Non capisco se questa cosa è solo una battuta o altro. Comunque — conclude Cairo — aspettiamo di vedere i dati intanto ieri sera mi sono goduto la prima di Giletti che è stata eccellente”.
(da agenzie)
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Novembre 13th, 2017 Riccardo Fucile
GLI STESSI CHE VOGLIONO VIETARE I CONCERTI DI BELLO FIGO ORA PARLANO DI LIBERTA’ DI ESPRESSIONE MINACCIATA, CHE COMICHE
A Genova succede che persino un Giuseppe Povia diventi un simbolo.
E un concerto in passeggiata a Nervi l’occasione per mobilitare le masse, rinfrescare pantheon.
Il neo commissario provinciale della Lega Nord a Genova, Franco Senarega, noto come accompagnatore decennale di Matteo Salvini in quel di Recco, dove il leader leghista ha una seconda casa (mai messa a disposizione dei senzatetto italiani), ha pensato bene di “politicizzare” il concerto previsto il 23 novembre nel locale “Bonfim 2.0”: «Le minacce agli organizzatori del concerto di Povia a Genova sono un fatto grave. È assurdo che un cantante rischi di non poter tenere un concerto, solo perchè alcuni sostenitori del pensiero unico non gradiscono i testi delle sue canzoni».
Le minacce sono state denunciate qualche giorno fa da Simone Sangalli, presidente dell’associazione culturale “Momentum”, che ha deciso di portare in passeggiata il cantante di “Luca era Gay” e “Immigrazia.
Povia è molto amato dal leader del Carroccio Matteo Salvini. Nulla di sorprendente, visti i testi razzisti ed omofobi di alcune sue canzoni.
Dopo la famosa “Luca era gay”, con conversione all’eterosessualità , in “Immigrazia” Povia canta “Accogliamo tutti qua, disse il figlio di papà , nel frattempo l’immigrato, mentre tu stai sulla sedia, piano piano lui si insedia”.
A giugno era stato ospite di un concerto a Cologno Monzese, organizzato da Lealtà Azione.
Proteste che in occasione di un altro concerto, a Trezzano sul Naviglio, avevano portato alla cancellazione del concerto. Povia, allora, l’aveva presa così: «Libertà e Democrazia hanno perso. Mafia e Dittatura hanno vinto».
Da qui ecco l’appello e la mobilitazione leghista tramite Senarega: «Personalmente andrò al concerto e auspico che molti genovesi, che apprezzano le canzoni di Povia, facciano lo stesso, senza farsi intimorire dalle minacce di certi pseudo democratici. La cultura non ha colore politico».
Bene, concordiamo, tutti hanno diritto a svolgere il proprio concerto.
Allora Senarega spieghi perchè in diverse occasioni il suo partito ha dichiarato l’opposto.
“A Bello Figo non gli si dovrebbe far fare spettacoli pubblici nè a Parma nè altrove”: queste parole contro il rapper pronunciate dal Vice Presidente dell’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna ed esponente della Lega nord, Fabio Rainieri, che sull’argomento ha pure presentato una interrogazione in Regione.
Quindi di che vi lamentate?
Chi semina vento raccoglie tempesta.
Copritevi, che a Nervi tira vento.
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