GLI ITALIANI RIMANGONO IN PENSIONE MENO DEGLI ALTRI CITTADINI EUROPEI
UNO STUDIO DELLA UIL: CON L’AUMENTO DELL’ETA’ PENSIONABILE SIAMO SVANTAGGIATI RISPETTO AI LAVORATORI UE
Arriviamo in pensione dopo, e ci rimaniamo meno rispetto ai lavoratori degli altri Paesi europei.
Il dato emerge da uno studio della Uil, che rielabora i dati Missoc (il sistema d’informazione europeo sulla protezione sociale) ed Eurostat.
Tenendo conto dell’attuale aspettativa di vita a 65 anni, e dell’età di entrata in pensione, che è ritardata rispetto alla maggior parte dei Paesi europei, i nostri pensionati percepiscono l’assegno in media per 16 anni e 4 mesi, contro i 18 anni e 19 mesi della media Ue, e le donne per 21 anni e 7 mesi, contro i 23 anni e 2 mesi della media Ue.
E quindi, osserva il segretario confederale della Uil Domenico Proietti, “Non c’è nessun motivo per aumentare in via generalizzata l’età di accesso alla pensione così come dovrebbe accadere sulla base dell’attuale normativa”.
Stamane i sindacati hanno incontrato i rappresentanti del governo per un tavolo tecnico sulle pensioni; nel pomeriggio l’incontro tra i segretari confederali di Cgil, Cisl e Uil e il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, con i ministri del Lavoro e dell’Economia. Il tentativo è quello di raggiungere un’intesa per evitare che l’aumento dell’età pensionabile a 67 anni, dovuto all’aumento dell’aspettativa di vita, coinvolga tutti i lavoratori: dovrebbero rimanerne fuori tutte le categorie di lavori gravosi individuate ai fini dell’Ape, l’anticipo pensionistico, e in più verrebbero incluse altre quattro categorie, lavoratori agricoli, marittimi, siderurgici e pescatori. Inoltre i sindacati chiedono un allentamento dei requisiti per la pensione di anzianità , che con la normativa attuale rimarrebbe un privilegio di pochi.
“Bisogna congelare l’adeguamento automatico dell’aspettativa di vita al fine di poter avviare un tavolo di studio che consideri le peculiarità dei singoli lavori , come previsto dal verbale siglato tra governo e sindacati lo scorso 28 settembre 2016”, conclude Proietti. Il riferimento è a un comitato tecnico-scientifico del quale dovrebbero far parte rappresentanti dell’Istat, dell’Inps e dell’Inail, oltre che del governo e dei sindacati, e che dovrebbe rivedere la normativa che aggancia l’aumento dell’età pensionabile all’aspettativa di vita.
Con l’aumento dell’età pensionabile previsto a partire dal 2019, rileva la Uil, i nostri lavoratori sarebbero ancora più svantaggiati rispetto al resto dell’Europa. Già adesso per esempio in Francia l’età per il pensionamento degli uomini è a 60 anni e la loro aspettativa di vita è di 84 anni e 5 mesi: il risultato è che la permanenza in pensione è di oltre 8 anni maggiore rispetto a quella dell’Italia. Nel Regno Unito le donne invece, pur avendo un’aspettativa di vita pari a 85 anni e 10 mesi e quindi di circa un anno e quattro mesi più bassa rispetto alle italiane, godono dell’assegno previdenziale per quattro anni e tre mesi in più rispetto all’Italia
Con la Germania lo svantaggio è minore, ma supera di pur sempre un anno. E comunque si tratta di dati destinati ad aumentare a nostro svantaggio dal 2019 in poi.
(da “La Repubblica”)
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