Febbraio 3rd, 2018 Riccardo Fucile
QUANDO UNO STATO NON PERSEGUE I RAZZISTI CHE MINANO LA CONVIVENZA CIVILE, QUANDO LA SINISTRA RINNEGA SE STESSA, QUANDO LA DESTRA MIGLIORE RINUNCIA A ISOLARE LA FOGNA, E’ INEVITABILE CHE QUALCUNO COMINCERA’ A SPARARE AL SUO POSTO… E CHI HA SCATENATO L’ODIO NON VIVRA’ GIORNI TRANQUILLI
Sono emblematici, nel tragico giorno dei fatti di Macerata, tre atteggiamenti sintetizzabili in altrettanti interventi distinti.
Il primo è quello di chi, come Grasso e Saviano, identifica in Salvini e nei suoi accoliti “il mandante morale” che ha armato la mano di Luca Traini.
Il secondo è di coloro che sui social inneggiano al delinquente dal cervello rasato al grido di “Bravo giustiziere, sei un patriota” e “dovevi prendere meglio la mira”-
Il terzo è quello di chi “invita alla calma” (Renzi) o riduce il tutto a un “problema di sicurezza (Berlusconi e Meloni) o sta zitto perchè non sa cosa dire per non perdere un voto (Di Maio)
Sono tre Italia, inutile nascondersi dietro un dito.
Poi c’e’ il pretesto della tragica morte di una ragazza che può essere stata non uccisa ma essere semplicemente morta per overdose (solo i medici legali potranno nei prossimi giorni dirci la verità ), fermo restando l’orrendo scempio del suo cadavere.
La responsabilità penale è notoriamente personale, questo vale per il ragazzo nigeriano di Macerata sotto accusa, come vale per Bossetti condannato in due gradi di giudizio.
Sostenere tesi diverse vorrebbe dire che è lecito sparare a tutti i nigeriani o a tutti i bergamaschi per farsi giustizia.
Poi esiste chi istiga all’odio ed esulta per i tentati omicidi su base razziale: per questi la legge prevede pene irrisorie e quindi possono continuare a scherzare col fuoco, anche se ancora per poco.
Ma i responsabili vanno cercati nelle Istituzioni, in primis in quella sinistra che ha chiuso gli occhi per anni, mentre l’istigazione all’odio montava.
Ha ragione Grasso, ma cosa ha fatto la sinistra per assicurare il rispetto della legge Mancino in questi anni?
Cosa ha fatto Renzi, oltre che barcamenarsi?
Chi governa deve assumersi responsabilità , anche scomode.
Chi rappresenta lo Stato, vale per forze dell’ordine e magistratura, deve perseguire i reati, non minimizzarli o chiudere gli occhi.
Soprattutto di fronte a una scientifica e programmata propaganda all’odio che mina le fondamenta del vivere civile, ha il dovere di intervenire con le leggi vigenti e persino con leggi speciali, se necessarie.
Non c’entra una mazza l’antifascismo, ci sono tanti “fascisti” che non sono mai stati razzisti, ci sono tanti elettori di destra sociale o liberale, laici o cattolici, tradizionalisti o modernisti, che non sono razzisti, fatevene una ragione.
Come esistono invece tanti razzisti elettori di sinistra.
Quei quattro cialtroni che fanno i fasci da avanspettacolo per qualche poltrona a pagamento non hanno avuto seguito per anni (vogliamo andare a vedere le percentuali che raccoglievano?) fino a quando qualcuno non ha aperto loro le porte dei media, delle Tv commerciali e di Stato, per costruire teatrini di provincia con quattro borghesi di merda che hanno paura che gli frughino nel materasso di casa dove nascondono alla Guardia di Finanza le banconote frutto della loro evasione fiscale.
Gli avessero aperto altre porte, quelle di San Vittore, a tempo debito, non esisterebbero, se non per il numero di matricola durante l’ora d’aria.
Macerata è solo l’inizio, i cattivi maestri hanno prodotto i frutti maturati negli anni grazie alla indifferenza e alla sottovalutazione dello Stato.
Luca Traini non è uno psicopatico, è uno sfigato che qualcuno ha “pompato” perchè diventasse braccio armato di qualcosa più grande di lui, un poveretto che pensa così di sentirsi importante, che fa il saluto romano come una macchietta del Bagaglino, uno che riesce a farsi persino cacciare dalla palestra “per troppi saluti romani”.
E naturalmente trova un ex comunista padano che lo candida a Corridonia.
Macerata è solo l’inizio, perchè sparare nel mucchio è facile per tutti, non solo per una parte.
Gli anni di piombo, per chi li ha vissuti, insegnano: odio chiama odio.
E neanche chi l’ha scatenato vivrà più giorni tranquilli perchè ognuno “ripristinerà ” la legalità secondo il proprio sentire.
E’ quello che accade quando lo Stato non c’è , avendo abdicato al proprio ruolo.
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Febbraio 3rd, 2018 Riccardo Fucile
ROTTI I FINTI RITI DELLA POLITICA CHE ISTIGA ALL’ODIO
Era solo questione di tempo e il tempo è arrivato.
Un crimine all’americana, dell’America di oggi, un raid razzista fatto sparando in giro per le strade della città , una tentata strage nutrita di odio razziale e di rabbia, una generica vendetta diretta non a questo o a quel colpevole ma a una razza, a un colore, a tutto ciò che non siamo noi.
Stavolta però non d’America si è trattato ma della provincia italiana, la provincia tranquilla, una volta luogo di certezze e solidità contrapposte alle nevrosi e violenze della città .
Provincia oggi raggiunta e travolta, anch’essa, dall’onda lunga dell’ansia italiana. Inatteso ed estremo risveglio del Paese tutto davanti a quelle molteplici firme identitarie: saluto fascista, bandiera tricolore sulle spalle, e quel “Viva l’Italia”.
L’Italia, sì, è stata chiamata in causa tutta — e davvero siamo arrivati a questo, siamo diventati questo?
A Macerata un limite è stato attraversato, una barriera è stata rotta.
Dagli slogan violenti è stata generata vera violenza. Una affermazione banale, eppure sempre negata, dalla leggerezza e dalla irresponsabilità di un dibattito politico che detesta e disprezza come buonismo gli inviti al rispetto, che boccia come evirato ogni tentativo di ragionare invece che inveire, una cultura tornata in voga perchè usa le parole come sostituto delle pallottole — per ferire l’anima, per sminuire la dignità altrui, e per soddisfare ego sminuiti gonfiandoli di finta superiorità .
E se pensate che sto pensando a Salvini e alla estrema destra, ebbene sì: è proprio a loro che sto pensando.
Penso a tutte le colonne di stampa che grondano parolacce, volgarità , battute e tanti, tanti incitamenti a reagire, colpire.
Fino a divenire l’inno — e abbiamo visto anche questo — alla reazione individuale contro il mondo, armi in mano e resistenza al “nemico” nel cuore.
Diritto alla difesa, viene chiamato, anche se dovrebbe più spesso definirsi diritto all’offesa.
Macerata è oggi al centro di una orribile storia: una ragazza diciottenne, scappata da una comunità di recupero dalla droga, forse uccisa forse morta per overdose e poi fatta a pezzi .
La politica tutta ha l’obbligo di pensare alla sicurezza del paese. Ma la risposta a tutto questo, ai tanti errori non possono portare certo all’odio, allo scontro, alla giustizia individuale, alla strage pianificata.
E quando vi si arriva, siamo molto vicini, come si diceva, a entrare in un territorio tutto nuovo, da cui sarà molto difficile tornare.
Peccato che Salvini non abbia colto che anche per lui, soprattutto per lui, oggi era arrivato il momento di non attraversare il limite, di porre un argine alla follia attraverso una netta presa di distanza.
Di dire parole di cautela e avviare un dialogo e una riflessione con il suo popolo. Non l’ha fatto. E non è stato un errore, il suo.
È evidentemente una convinzione: perchè questa è l’Italia che Salvini vuole, evidentemente.
Per la politica italiana questo è stato un giorno in cui la verità sui rischi che corre il Paese ha fatto irruzione nei riti sempre finti della campagna elettorale.
Le conseguenze di questo scossone si possono avvertire fin da ora: l’episodio crea scompiglio nella coalizione della destra, obbliga la sinistra a ripensare un po’ alle proprie divisioni interne, e mette sotto pressione il Movimento 5 Stelle che come sempre preferisce rimanere nel vago, come già è successo, quando avvengono storie scomode.
Sempre che la verità la si voglia ascoltare.
(da “Huffingtonpost”)
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Febbraio 3rd, 2018 Riccardo Fucile
LA SORELLA DI CALDORO: “LA SUA CANDIDATURA E’ UN INSULTO A TUTTE LE DONNE”… I RETROSCENA DEL BLITZ
Una Fascina di misteri. Con la maiuscola chè Fascina è il cognome di Marta, nemmeno trentenne che si ritrova già eletta alla Camera sotto le gloriose insegne di Forza Italia.
Un seggio sicuro perchè alla sconosciuta Fascina è stato riservato — all’ultimo momento utile per la compilazione delle liste — un trattamento da big: nientedimeno che un secondo posto e un terzo posto nei collegi plurinominali di Napoli sud e Napoli nord.
E così grazie al gioco delle opzioni, a Napoli nord capolista è Mara Carfagna già blindata in altri collegi del proporzionale, lady Marta dei misteri varcherà la soglia di Montecitorio, nel prossimo marzo
Fascina, chi è costei?
L’interrogativo da due giorni è il giallo infernale che tortura colonnelli e peones del partitone azzurro.
Una trama resa ancora più intricata dal primo indizio divulgato. Un depistaggio, in realtà . A quanti infatti gli hanno chiesto lumi in merito, il coordinatore regionale campano di FI, l’imputato Domenico De Siano, sodale di Luigi Cesaro, ha risposto così: “Non la conosciamo neanche noi, ha chiamato Galliani e ha chiesto di farla eleggere”.
Sì, l’ex ad del Milan e futuro senatore. A quel punto sono state sparse altre briciole maliziose da seguire: Fascina è di Portici, la città di Noemi Letizia — ossia l’inizio della fine dell’ex Cavaliere a luci rosse — e lavora all’ufficio stampa del Milan venduto ai cinesi di Li Yonghong.
Dov’è la verità ? Partiamo dunque dagli ambienti berlusconiani del Milan.
Prima notizia: “Galliani e Fascina? Ma non l’ha mai conosciuta, la ragazza fa parte dell’accordo tra Berlusconi e i cinesi. Lei lavora lì su input diretto di Arcore, della cerchia stretta del presidente”.
Altro che Galliani quindi. Fascina è espressione diretta di Arcore.
Due i sospettati: lo stesso B., ovviamente, e la sua fidanzata Francesca Pascale, corregionale della bella “Marta”.
Stavolta a parlare è una fonte forzista che ha seguito tutto il tormentato dossier delle candidature per le elezioni politiche.
“Per mettere Fascina è stato fatto un blitz all’ultimo momento da Licia Ronzulli, è lei che materialmente l’ha inserita”.
Ronzulli alias la nuova custode dell’agenda berlusconiana dopo i fasti tragici del cerchio magico di Mariarosaria Rossi.
Altro dettaglio: Ronzulli, da “segretaria” di Berlusconi, ha preso parte alla trattativa estenuante per la cessione del Milan ai cinesi. Il Fatto ha interpellato pure Fabio Guadagnini, attuale capo della comunicazione rossonera, ma non ha risposto.
La manina di Ronzulli conferma quindi la pista che porta ad Arcore. E qui, nella nostra ricerca, c’è un altro episodio da rivelare, quello decisivo.
E che risale a domenica scorsa, di pomeriggio. Berlusconi ha già avuto il “malore” da affaticamento che lo costringe a disertare vari impegni tv. Per evitare la calca dei questuanti che affolla Arcore per le liste decide di trasferirsi a Villa Giambelli, a Rogoredo di Casatenovo (Lecco), dove alloggia la fidanzata Pascale.
Ed è qui che domenica pomeriggio arrivano il già citato De Siano e Luigi Cesaro.
È il momento in cui viene impartita la direttiva di candidare Fascina. Affiorano altre voci: “Francesca Pascale e Marta hanno fatto le vacanze in Sicilia”; “Fascina è tornata a frequentare a Arcore dopo esserne stata cacciata da Mariarosaria Rossi”.
In ogni caso, la candidatura viene decisa da B. e Francesca e poi intestata all’ignaro Galliani?
Perchè? Scrive su Facebook Alessandra Caldoro, sorella di Stefano ex governatore azzurro della Campania: “La candidatura di Marta Fascina in posizione blindata è un insulto a tutte le donne che fanno politica e non solo a quelle che fanno politica. È un insulto a tutte le donne. Mara Carfagna, ex ministro alle Pari opportunità , avrebbe dovuto opporsi. Mara Carfagna… già ”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Febbraio 3rd, 2018 Riccardo Fucile
SALVINI, PER NASCONDERE LE SUE RESPONSABILITA’ DI ISTIGATORE ALL’ODIO, AVEVA SOSTENUTO CHE “L’INVASIONE” (CHE NON ESISTE) E’ CAUSA DI SCONTRO SOCIALE… E COME SEMPRE RACCONTA BALLE
L’invasione di immigrati di cui parla il segretario della Lega Matteo Salvini a Macerata non esiste. 
Il leader del Carroccio non ha impiegato molto tempo prima di commentare il folle gesto di Luca Traini, l’uomo 28enne nonchè candidato leghista alle elezioni comunali di Corridonia nel 2017 che ha sparato dalla sua Alfa 147 nera contro persone di nazionalità straniera: “Chiunque spari è un delinquente, a prescindere dal colore della pelle. Poi è chiaro ed evidente che un’immigrazione fuori controllo, un’invasione come quella organizzata, porta allo scontro sociale”.
In altre parole, per Salvini ad aver indotto il giovane leghista a prendere di mira gli immigrati è stata la presenza eccessiva di persone non italiane che alimenta lo “scontro sociale”.
L’Istat però smentisce il leader leghista.
In tutta la provincia marchigiana, le persone di nazionalità straniera residenti sono il 10,14% del totale. Non solo: secondo le tabelle dell’Istituto nazionale di Statistica, la popolazione straniera residente nel 2012 in tutta la provincia di Macerata ammontava a 32.267 individui, nel 2017 sono 31.020 secondo l’ultimo censimento disponibile.
Gli immigrati residenti sono quindi diminuiti.
A voler andare nel dettaglio del Comune di Macerata, la situazione non cambia: nel 2011 gli immigrati erano 3874, nel 2016 sono invece 3879. Solo cinque unità in più.
Per quanto riguarda il conteggio dei richiedenti asilo, nel 2017 erano 4.527 quelli accolti in tutta la regione delle Marche, di cui 3.896 in regime di accoglienza straordinaria e 646 dagli Sprar gestiti dai Comuni.
I dati sono stati forniti dal Tavolo di coordinamento sull’immigrazione: degli oltre 4 mila migranti presenti , la provincia di Ancona ne ospita 1.317 (di cui 208 nel Servizio Protezione Richiedenti Asilo e Rifugiati), 579 Ascoli Piceno (di cui 90 nello Sprar), 681 Fermo (132 nello Sprar), 975 a Macerata (123 in Sprar) e 990 a Pesaro (93 nello Sprar).
Dell’invasione nessuna traccia.
(da “Huffingtonpost”)
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Febbraio 3rd, 2018 Riccardo Fucile
LO STRANO CASO DEI VOTI RICEVUTI DA CANDIDATI RITIRATI O NON IN POSSESSO DEI REQUISITI NECESSARI
Alle Parlamentarie del Movimento 5 Stelle per la definizione dei collegi plurinominali della Camera hanno votato 39.991 iscritti certificati che hanno espresso un totale di 92.870 voti.
Per quelli del Senato 38.878 iscritti che hanno espresso 86.175 voti.
Lo rende noto il blog delle stelle.
In termini assoluti — ciascun candidato correva nel suo collegio di residenza — tra gli esponenti più votati figurano Carla Ruocco alla Camera, con 1691 voti, e Paola Taverna al Senato, con 2136 clic. Entrambe corrono a Roma.
Luigi Di Maio, in Campania, ha preso appena 490 voti.
Il M5S riporta in un file i risultati per ogni collegio, e così vediamo che Laura Castelli è capolista con 433 voti, seguita da Claudia Angotti con 228 voti e Francesca Caviglia con 121.
Il totale dei voti nel collegio è stato di 1711 e 102 sono stati i “voti ricevuti dai candidati ritirati e/o non in possesso dei requisiti richiesti”.
Tra gli esponenti più votati, in termini di clic assoluti e tenendo conto quindi del differente numero di iscritti a seconda del collegio di residenza, figurano Nicola Morra con 564 voti, Danilo Toninelli con 502 voti, Laura Castelli con 433 clic, Manlio Di Stefano con 492 preferenze.
Tra i candidati esterni a Gianluigi Paragone, in Lombardia, sono andate 300 preferenze mentre Elio Lannutti, a Roma, è stato votato da 405 iscritti.
Nel Lazio al Senato per i collegi 1-2-3 a vincere è Paola Taverna con 2136 voti seguita da Elena Fattori, amatissima con 1173 voti e la new entry (ma già in politica con l’IDV) Elio Lannutti. Quarto arriva Gianluca Perilli con 254 voti mentre al quinto posto c’è quell’Emanuele Dessì finito al centro di polemiche e che i 5 Stelle, secondo quanto scrivevano alcuni giornali stamattina, vorrebbero in qualche modo far dimettere in maniera preventiva.
In questo quintetto, a parte il volto noto Lannutti, ci sono tre precedentemente eletti (Perilli in Regione Lazio) e poi proprio Dessì, che è il più popolare candidato strettamente della base al Senato.
I voti ci permettono in qualche modo di poter stilare una classifica dei volti più amati dai 5 Stelle. Ma anche ad esempio di notare che sono tantissimi i candidati che hanno ricevuto un solo voto (e tra questi forse qualcuno si è votato da solo), mentre i voti ricevuti dai candidati ritirati e/o non in possesso dei requisiti richiesti arrivano a essere 748, il che fa pensare che ci sia stata qualche grossa eliminazione.
Il totale dei voti ricevuti nel collegio è 12mila.
Nel collegio Lazio 1 alla Camera svettano, a dimostrazione della grande popolarità presso i romani, Carla Ruocco, Federica Daga, Stefano Vignaroli e Massimo Enrico Baroni: sopra le mille le preferenze per Ruocco e Daga.
Gli altri arrivano molto distanziati in voti da questo quartetto, che ha quindi altissima popolarità presso gli iscritti. Non a caso si tratta anche qui, come al Senato, di quattro eletti.
Tanto per dare un termine di paragone, alle Parlamentarie del Lazio 2 alla Camera arriva prima Marta Grande con 310 voti su un totale di 1466 votanti. Il capitano Gregorio De Falco (candidato sempre a Palazzo Madama) ha vinto il collegio Toscana — 02 raccogliendo 262 voti su 2.155.
Ci sono poi i casi curiosi delle Parlamentarie, come quello di Ivana Mainenti che si trova candidata all’estero nel collegio dell’America Meridionale con tre voti.
Non c’è nulla di strano ovviamente: ci sono soltanto pochi iscritti al M5S tra chi risiede in America Meridionale: in totale sono appena 31 i voti del collegio. Alle parlamentarie del Movimento 5 Stelle per la definizione dei collegi plurinominali della Camera e del Senato sono stati espressi in Puglia 14.472 voti, su un totale nazionale di 92.870.
Tra gli esponenti più votati in Puglia e candidati figurano Barbara Lezzi con 951 voti e Maurizio Buccarella con 492 (entrambi Senato Puglia 2), poi Giuseppe L’Abbate (Camera Puglia 3) e Giuseppe D’Ambrosio (Camera Puglia 4) con 349 voti ciascuno.
“Noi abbiamo pubblicato il dato delle Parlamentarie in questo momento, mentre vi parlo, avrete tutti i dati pubblici sui risultati. E per quanto mi riguarda, il M5S non è una navicella che porta chiunque in Parlamento, abbiamo dovuto applicare delle regole”, ha detto Luigi Di Maio commentando i risultati. “Le nostre liste sono piene di supercompetenti che cambieranno l’Italia”.
Qualcuno potrebbe chiedersi perchè c’è il totale di “voti ricevuti dai candidati ritirati e/o non in possesso dei requisiti richiesti”, che si trova alla fine di ogni tabella.
Il motivo è semplice: in quel calderone ci sono i candidati che hanno voluto ritirarsi e quelli che sono stati esclusi dal M5S dopo segnalazioni arrivate a causa dei giornali o del lavoro di scrematura che sostiene di aver fatto il MoVimento 5 Stelle.
Che però non sembra aver funzionato alla grandissima. Se i grillini avessero fatto sapere i nomi e i voti presi dai candidati esclusi per loro scelta, avrebbero potuto aprirsi al rischio di ricorsi in tribunale.
Anche adesso i ricorsi in tribunale sono possibili, ma consegnando i numeri che certificavano la posizione in graduatoria il M5S avrebbe fornito una ulteriore prova del danno che il candidato escluso ha subito.
I nomi invece sono stati omessi perchè il M5S ha parlato in maniera generica dei motivi di esclusione, senza mai entrare nel merito ma sparando un po’ nel mucchio.
Un candidato rifiutato avrebbe potuto sentirsi così ulteriormente “diffamato” dalla “messa in piazza” della sua esclusione.
(da “NextQuotidiano”)
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Febbraio 3rd, 2018 Riccardo Fucile
LUCA RICOLFI RACCONTA UN DIBATTITO TELEVISIVO CHE DIMOSTRA IL MARE DI NEBBIA IN CUI NAVIGA LA MELONI
Luca Ricolfi sul Messaggero oggi ci racconta come i partiti (centrodestra e 5 Stelle) continuino a
promettere l’abolizione della Legge Fornero senza però avere la minima intenzione di spiegare cosa vogliono fare con il buco che si creerebbe: come intendano riempirlo o in che modo abbiano intenzione di diminuire la spesa per le pensioni:
Il difetto di questa posizione, tuttavia, è che non solo si guarda bene dallo scendere nei dettagli, ma si rifiuta ostinatamente di rispondere alla domanda cruciale, che dovrebbe precedere qualsiasi esposizione approfondita di come le cose dovrebbero funzionare “se vinciamo noi”.
La domanda è questa: stante che la legge Fornero, rispetto alla disciplina precedente, comporta un risparmio ingente (dell’ordine di un paio di decine di miliardi l’anno), la vostra riforma farebbe aumentare, farebbe diminuire o lascerebbe invariata la spesa pensionistica?
E se non la lascerebbe invariata, di quanti miliardi la farebbe aumentare o diminuire rispetto alla situazione di oggi?
A questa basilare domanda gli acerrimi nemici della legge Fornero non hanno, per ora, saputo fornire alcuna risposta.
Io stesso, qualche tempo fa, ho avuto occasione di constatarlo in un dibattito televisivo con l’on. Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia.
Quando ho posto quella domanda, ne ho ricevuto la seguente, a suo modo geniale, risposta: “non condivido la domanda”.
Ecco perchè, di fronte al pomo della discordia costituito dalla legge Fornero, penso non si possa che assumere un atteggiamento scettico.
Nessuna legge è perfetta, e quella legge ha sicuramente dei difetti. Ma almeno non è a scatola chiusa, come lo sono quelle dei suoi critici: nulla, al momento, ci garantisce che essi la sostituirebbero con una legge migliore, e che, nella ricerca del meglio, non metterebbero a repentaglio i conti dello Stato.
Speriamo che, di qui al 4 marzo, almeno una delle forze politiche che vogliono disfarsi della legge Fornero abbia il coraggio di scoprire le carte, e di rispondere perlomeno alla domanda preliminare: quanti miliardi in più o in meno all’anno ci costerà la nuova legge?
(da “NextQuotidiano”)
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Febbraio 3rd, 2018 Riccardo Fucile
MULE’ E CERNO QUINDI SONO “SERVI”, MENTRE PARAGONE E’ UN EROE INDIPENDENTE
Secondo il M5S è uno scandalo che tra le tante figure professionali rappresentate dai candidati alle Politiche 2018 ci siano anche i giornalisti.
O meglio che ci siano due giornalisti come Giorgio Mulè e Tommaso Cerno.
Il primo, candidato con Forza Italia, è stato fino a qualche giorno fa direttore di Panorama.
Il secondo invece correrà per il Partito Democratico ed è stato condirettore di Repubblica. I due rappresentano quindi due giornali sgraditi al MoVimento 5 Stelle che infatti oggi gli ha dedicato un post dove deplora la mancanza di indipendenza della grande stampa italiana.
Questi giornalisti-candidati, come si legge in un post su Facebook pubblicato sulla pagina ufficiale del MoVimento, «fanno le loro buone carriere obbedendo al padrone, poi vengono premiati per la loro fedeltà ».
In poche parole sono dei giornalisti-servi che fanno solo la convenienza del padrone (perchè i servi sono in vendita quindi hanno padroni).
Gli unici veramente danneggiati invece «sono i lettori che non possono contare su una stampa veramente indipendente!».
Poco importa a questo punto che Tommaso Cerno abbia annunciato qualche sera fa ad Otto e Mezzo di voler lasciare il giornalismo perchè, spiegava, il mestiere di giornalista non è uno che si può continuare a fare dopo aver intrapreso la carriera politica.
La macchina del fango del M5S si è messa in moto e quindi il fatto che due giornalisti si siano candidati con Forza Italia e con il Partito Democratico è la prova provata che in Italia la stampa non è libera.
O meglio, lo è ma solo quando asseconda il MoVimento 5 Stelle, come ebbe già a farci capire qualche tempo fa Roberto Fico.
E deve essere per questo che il MoVimento 5 Stelle ha candidato quattro importanti e famosi giornalisti.
Il primo è Emilio Carelli che stranamente il M5S presenta come “direttore di SkyTg24” dimenticando di ricordare che dal 1980 al 2003 Carelli ha lavorato per tutte le reti Finivest facendo (proprio come Mulè!) “una carriera nelle aziende del condannato incandidabile”.
Il secondo è l’ex direttore de Il Centro Primo Di Nicola per trent’anni firma de L’Espresso (lo stesso dove ha lavorato Cerno!).
Il terzo è Gianluigi Paragone, che viene ricordato generalmente come il conduttore della Gabbia ma che ha diretto a lungo La Padania, il quotidiano della Lega Nord che ha intascato una notevole somma di contributi pubblici (gli stessi che il M5S vuole abolire!). Tra le altre cose Paragone ha affibbiato a Rocco Casalino il simpatico nomignolo di “Botulino”.
Ma evidentemente questo, nel partito che fa largo uso di termini come “psiconano”, “ebetino” o “gargamella”, è sicuramente un punto a suo favore. Infine ci sarebbe anche la Iena Dino Giarrusso, anche lui giornalista buono perchè candidato con il MoVimento. Last but no least: Alessandro Di Battista.
Il grillino di lotta (ma non di governo) prima di diventare scrittore si definiva “giornalista”. Anche se non è iscritto all’albo al contrario di Luigi Di Maio, che stando al sito della Camera esercita la professione di giornalista pubblicista.
I problemi del MoVimento 5 Stelle con i giornalisti e la libertà di stampa sono ben noti.
E non ci sono solo le liste di proscrizione del “giornalista del giorno” pubblicate sulla vecchia versione del Blog di Grillo e ora disponibili sul sito ufficiale del M5S.
Non si tratta nemmeno della solita tirata di Alessandro Di Battista contro gli “editori spuri”. C’è anche la faccenduola della classifica della libertà di stampa stilata da Reporter sans frontieres che Grillo interpreta ogni volta in un modo diverso.
E per finire c’è Beppe Grillo che ai giornalisti disse: «Vi mangerei per il solo gusto di vomitarvi Un minimo di vergogna voi la percepite per il mestiere di che fate, sì o no? O perchè fate il vostro lavoro da 10 euro al pezzo pensate che giustifichi tutto questo».
Prendiamo ad esempio le dichiarazioni fatte dal senatore pentastellato Carlo Martelli a Linea Notte di mercoledì 31.
In studio c’era il giornalista del Manifesto Loris Campetti che ha chiesto a Martelli “ho sentito Di Maio in più circostanze dire che bisogna reintrodurre l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, solo che ogni volta Di Maio che va a incontrare gli imprenditori oppure a Londra questo aspetto salta per aria”.
Martelli ha candidamente risposto “chiaramente quando Di Maio va a parlare dagli imprenditori dirà altre cose”.
Il che è ovvio, ma il fatto che Martelli lo abbia detto così, “rivelando” ad un giornalista quello che pensa sulla politica, ovvero che — come scrive Massimo Bordin sul Foglio — “la politica sia solo imbroglio e menzogna e chi la fa deve, per l’intanto, adeguarsi”.
Un clamoroso autogol fatto nella più assoluta buonafede, proprio come il post contro Mulè e Cerno.
Un atteggiamento che non solo rivela la scarsa considerazione che il M5S ha per i giornalisti che non seguono la loro linea politica ma anche per gli elettori, ai quali si può raccontare qualsiasi cosa.
Per il MoVimento i giornalisti non meritano di ricevere risposte, ma di essere compatiti perchè poverini non ci arrivano a capire il grande gioco della campagna elettorale. Se si vuole una stampa libera però forse bisognerebbe smettere di considerare i giornalisti e chi dà le notizie come dei semplici megafoni o “portavoce”.
Anche perchè i parlamentari a 5 Stelle hanno ampiamente dimostrato di non essere in grado di essere dei portavoce nemmeno loro che erano stati eletti per farlo.
(da “NextQuotidiano”)
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Febbraio 3rd, 2018 Riccardo Fucile
DOPO LA COMUNICAZIONE CHE INVITAVA A CERCARE “LE NEFANDEZZE”, I GRILLINI ACCUSANO IL GAZZETTINO … MA IL LORO RESPONSABILE DELLA COMUNICAZIONE HA LAVORATO PROPRIO PER QUEL QUOTIDIANO
Ieri il Gazzettino ha pubblicato un messaggio Whatsapp inviato da Ferdinando Garavello,
responsabile della comunicazione in Veneto del MoVimento 5 Stelle guidato da Luigi Di Maio, ai 56 candidati alla Camera e al Senato che contiene “istruzioni importanti” per gli stessi candidati.
Garavello, giornalista, ha successivamente oscurato il suo profilo Facebook mentre la storia finiva su tutti i giornali insieme al testo del messaggio incriminato: «In questa campagna elettorale faremo molta comunicazione negativa sui partiti e sui candidati che corrono in Veneto. Quindi ognuno di voi va a cercarsi — questo vale sia per l’uninominale che per il plurinominale — e tira fuori tutto il peggio che si può tirar fuori. Nefandezze, foto imbarazzanti, dichiarazioni e tutto quello che può servire a fare campagna negativa su di loro. I nomi sono pubblicati su tutti i giornali, buon divertimento. Avete tempo fino a questa sera. Grazie».
A quel punto quei geni del MoVimento 5 Stelle Veneto hanno pubblicato una nota su Facebook per rispondere alle polemiche che conteneva una serie di insulti al quotidiano che ha pubblicato la notizia, definito “il braccio armato del sistema” che usa la disinformazione
Jacopo Berti, il coordinatore della campagna elettorale in Veneto, ha spiegato per bene la situazione. “Il concetto è che se hai un condannato, un personaggio sporco, è importante farcelo sapere. Se le altre liste hanno impresentabili all’interno è giusto che i cittadini lo sappiano”.
Ora, è interessante notare che secondo Jacopo Berti è importante che si sappia che “le altre liste” hanno impresentabili al loro interno (non una parola sui propri). Ma soprattutto è ancora più interessante notare che Ferdinando Garavello, l’autore della comunicazione, è stato un collaboratore del Gazzettino, ovvero del quotidiano che è “il braccio armato” del sistema.
Ovviamente tra i commenti della pagina del M5S Veneto ci sono in molti che fanno notare la leggerissima contraddizione.
Ma soprattutto qui si apre una questione importante: se il Gazzettino è il braccio armato del sistema contro il M5S e il M5S Veneto assume uno che lavora per quel giornale, allora — per la proprietà transitiva — il M5S è il braccio armato del sistema contro il M5S?
(da “NextQuotidiano”)
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Febbraio 3rd, 2018 Riccardo Fucile
UNA CARTA IN CUI RINUNCIA IN CASO DI ELEZIONE: UNA SITUAZIONE DISPERATA MA NON SERIA
Il MoVimento 5 Stelle starebbe pensando alle dimissioni in bianco per Emanuele Dessì, il candidato al Senato nel collegio Lazio3 finito nella bufera per il video con Domenico Spada, la vicenda della casa popolare e quella delle botte a un cittadino rumeno. L’ipotesi, rimbalzata ieri nelle agenzie di stampa che citavano fonti del M5S e oggi finita anche sui giornali, costituirebbe una sciocchezza sesquipedale per i grillini non tanto per le spiegazioni che ieri ha fornito lo stesso Dessì, ma per l’evidente incostituzionalità della soluzione che sarebbe stata architettata dai vertici M5S.
Scrive oggi Repubblica:
Emanuele Dessì, l’ex consigliere di Frascati candidato al Senato nel collegio proporzionale Lazio3, indigente al punto da occupare una casa comunale al prezzo di 7,75 euro al mese, nelle prossime ore potrebbe essere costretto a firmare una carta in cui rinuncia al seggio in caso di elezione. Una certezza, più che un’ipotesi: lo storico attivista dei Castelli romani, fedelissimo dell’aspirante governatrice Roberta Lombardi – assurto agli onori delle cronache per il suo video-balletto con un esponente del clan Spada e per un post su Fb in cui rivendicava il pestaggio di un ragazzo romeno – è stato piazzato al secondo posto nel listino bloccato.
L’ingresso a Palazzo Madama è dunque assicurato, ma quel portone – giura l’inner circle di Luigi Di Maio – Dessì rischia di non varcarlo mai.
«Se dovesse essere vero quel che sta emergendo non può stare nel Movimento», lo ha già scaricato il capo politico.
È infatti evidente che Dessì non è attualmente accusato di nulla, tanto che il comune di Frascati ha ribadito che l’assegnazione della casa popolare alla sua famiglia era regolare; la conoscenza con Spada, come abbiamo scritto all’epoca della pubblicazione del video, era precedente ai guai con la legge del pugile; ma soprattutto, lo stesso Dessì ha mostrato ieri nel video un volantino che risale ad anni fa — e per il quale ha detto di aver querelato — in cui Dessì veniva accusato più o meno delle stesse cose tornate oggi d’attualità .
Il MoVimento 5 Stelle ha sostenuto di aver fatto supercontrolli (forse li hanno fatti i supercompetenti?) sulle liste, e non ha avuto nulla da ridire su Dessì fino al momento in cui un servizio televisivo di Piazzapulita ha raccontato le stesse cose che erano state raccontate sui giornali qualche giorno prima: perchè nessuno ha sollevato il problema nel M5S finchè non è finito in tv?
E soprattutto: chi non sa controllare le sue liste come può anche solo lontanamente pensare di riuscire a governare un paese?
(da “NextQuotidiano”)
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