MACERATA E’ QUELLO CHE SIAMO DIVENTATI
ROTTI I FINTI RITI DELLA POLITICA CHE ISTIGA ALL’ODIO
Era solo questione di tempo e il tempo è arrivato.
Un crimine all’americana, dell’America di oggi, un raid razzista fatto sparando in giro per le strade della città , una tentata strage nutrita di odio razziale e di rabbia, una generica vendetta diretta non a questo o a quel colpevole ma a una razza, a un colore, a tutto ciò che non siamo noi.
Stavolta però non d’America si è trattato ma della provincia italiana, la provincia tranquilla, una volta luogo di certezze e solidità contrapposte alle nevrosi e violenze della città .
Provincia oggi raggiunta e travolta, anch’essa, dall’onda lunga dell’ansia italiana. Inatteso ed estremo risveglio del Paese tutto davanti a quelle molteplici firme identitarie: saluto fascista, bandiera tricolore sulle spalle, e quel “Viva l’Italia”.
L’Italia, sì, è stata chiamata in causa tutta — e davvero siamo arrivati a questo, siamo diventati questo?
A Macerata un limite è stato attraversato, una barriera è stata rotta.
Dagli slogan violenti è stata generata vera violenza. Una affermazione banale, eppure sempre negata, dalla leggerezza e dalla irresponsabilità di un dibattito politico che detesta e disprezza come buonismo gli inviti al rispetto, che boccia come evirato ogni tentativo di ragionare invece che inveire, una cultura tornata in voga perchè usa le parole come sostituto delle pallottole — per ferire l’anima, per sminuire la dignità altrui, e per soddisfare ego sminuiti gonfiandoli di finta superiorità .
E se pensate che sto pensando a Salvini e alla estrema destra, ebbene sì: è proprio a loro che sto pensando.
Penso a tutte le colonne di stampa che grondano parolacce, volgarità , battute e tanti, tanti incitamenti a reagire, colpire.
Fino a divenire l’inno — e abbiamo visto anche questo — alla reazione individuale contro il mondo, armi in mano e resistenza al “nemico” nel cuore.
Diritto alla difesa, viene chiamato, anche se dovrebbe più spesso definirsi diritto all’offesa.
Macerata è oggi al centro di una orribile storia: una ragazza diciottenne, scappata da una comunità di recupero dalla droga, forse uccisa forse morta per overdose e poi fatta a pezzi .
La politica tutta ha l’obbligo di pensare alla sicurezza del paese. Ma la risposta a tutto questo, ai tanti errori non possono portare certo all’odio, allo scontro, alla giustizia individuale, alla strage pianificata.
E quando vi si arriva, siamo molto vicini, come si diceva, a entrare in un territorio tutto nuovo, da cui sarà molto difficile tornare.
Peccato che Salvini non abbia colto che anche per lui, soprattutto per lui, oggi era arrivato il momento di non attraversare il limite, di porre un argine alla follia attraverso una netta presa di distanza.
Di dire parole di cautela e avviare un dialogo e una riflessione con il suo popolo. Non l’ha fatto. E non è stato un errore, il suo.
È evidentemente una convinzione: perchè questa è l’Italia che Salvini vuole, evidentemente.
Per la politica italiana questo è stato un giorno in cui la verità sui rischi che corre il Paese ha fatto irruzione nei riti sempre finti della campagna elettorale.
Le conseguenze di questo scossone si possono avvertire fin da ora: l’episodio crea scompiglio nella coalizione della destra, obbliga la sinistra a ripensare un po’ alle proprie divisioni interne, e mette sotto pressione il Movimento 5 Stelle che come sempre preferisce rimanere nel vago, come già è successo, quando avvengono storie scomode.
Sempre che la verità la si voglia ascoltare.
(da “Huffingtonpost”)
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