Febbraio 10th, 2018 Riccardo Fucile
M5S 28,3%, PD 22,1%, FORZA ITALIA 17,3%, LEGA 11,1%, LIBERI E UGUALI 6,5%, FDI 4,8%, BONINO 3%, NOI CON L’ITALIA 2%, INSIEME 0,8%, LORENZIN 0,7%
La settimana porta una scossa lieve ma significativa alle dinamiche di voto e alla loro evoluzione:
esce dalla stagnazione l’aggregato di centro-sinistra;
il polo di centro-destra è lontano dall’obiettivo e si ferma al
arretra leggermente l’M5S
scende sotto il 7% Liberi e Uguali
Se ne ricaverebbe dunque:
che gli episodi di Macerata abbiano — come prevedibile — giovato a Forza Italia, che a questo punto tende a spingere la Lega sotto l’11%;
che il centro-sinistra riprende ad andare grazie alla valvola di sfogo rappresentata da Più Europa di Emma Bonino che tocca il 3%;
che l’M5S si sia avvicinato al suo plafond (in due mesi circa il dato ha oscillato al massimo di 1,5)
che analogamente Liberi e Uguali sia vicino alla sua soglia massima (max 7,5 min 6,5)
il numero di collegi contendibili che pur calando (- 6) resta pari a 80 alla Camera e a 39 al Senato;
la spalmatura del voto nel meridione, in cui il Pd resta forza ‘non pervenuta’ e l’M5S appare in grado di minacciare il centro-destra;
l’andamento della Bonino che in 3 settimane potrebbe sfondare quota 4% (dato l’andamento)
(da “Huffingtonpost”)
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Febbraio 10th, 2018 Riccardo Fucile
“HA FATTO PROMESSE AI LAVORATORI E POI’ E SPARITO, HA MENTITO DUE VOLTE”… UNA INTERROGAZIONE MAI FATTA
«Quando vai a prendere in giro gli operai sei un cialtrone». Così il ministro allo Sviluppo economico Carlo Calenda che, durante il convegno «Industrie al futuro» organizzato dal Pd alla Fiera di Bergamo questa mattina (sabato 10 febbraio), continua a bacchettare il segretario della Lega Matteo Salvini dopo la visita di quest’ultimo all’Ideal standard di Roccasecca, azienda in crisi vicino Frascati.
I due se le sono già dette ma lo scontro continua e si allarga al tema delicato dei dazi e di «ritorno a un protezionismo stupido» da parte del Carroccio.
«Salvini – ricorda il ministro – è andato in un’azienda che sta crollando, ha fatto i selfie con i lavoratori, e gli ha detto “ci penso io, rompo le balle a Calenda e metto tutto a posto”. Passano i giorni e non mi chiama. Al che gli dico pubblicamente “sei andato li”, da 300 persone che rischiano il posto di lavoro, a farti i selfie, e non hai trovato il tempo sulla via del ritorno di fare 5 minuti di telefonata. Lui ha replicato di aver fatto un’interrogazione parlamentare il 30 novembre. L’ho cercata senza trovarla. E interpellando i suoi, una deputata mi ha detto che la stava per depositare. Ma come può una persona che guadagna 20 mila euro al mese, che non ha mai lavorato fuori dalla politica un giorno in vita sua, mentire due volte, essere preso in castagna e fare finta di niente?».
All’incontro in Fiera erano presenti anche il ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina, il deputato Antonio Misiani e una rappresentanza di livello del mondo economico: Alberto Bombassei, presidente di Brembo che di recente ha manifestato il suo apprezzamento per il ministro, e i fratelli di Silvio Albini, che hanno chiacchierato a lungo con il ministro»
(da “il Corriere della Sera”)
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Febbraio 10th, 2018 Riccardo Fucile
IL PD NON C’E’ MA LA SUA BASE SI’… CORO ISOLATO DI ANTAGONISTI IMBECILLI VENETI SULLE FOIBE, IMMEDIATAMENTE ISOLATI
Davanti cittadini e associazioni di Macerata, dietro tutti gli altri. Migliaia di persone. “Siamo in 30mila”,
dicono gli organizzatori. Tutti in marcia nel corteo antirazzista organizzato dopo il raid xenofobo di Luca Traini, nel quale sono rimasti feriti 6 migranti.
La manifestazione, organizzata da movimenti e centri sociali di tutta Italia che si sono radunati nei giardini Diaz, ha sfilato senza incidenti in una città blindata, con negozi chiusi e mezzi pubblici fermi.
Dietro lo striscione “Movimenti contro ogni fascismo e razzismo”, con molteplici cordoni di polizia a delimitare il percorso autorizzato dalla questura e un elicottero a sorvegliare dall’alto, i manifestanti hanno esposto molti i cartelli contro il ministro dell’Interno Marco Minniti — che dopo due giorni di polemiche aveva dato l’ok al corteo — e il leader della Lega, Matteo Salvini.
“Oggi il futuro si gioca tra l’umanità e le barbarie — ha più volte scandito il corteo — Chiunque venga colpito da atti di stampo raszista, colpisce tutti noi”.
Un gruppo di antagonisti veneti ha intonato un coro inneggiando alle Foibe: “Ma che belle son le foibe da Trieste in giù”. Il coro è rimasto un episodio isolato che non è stato seguito dal resto dei manifestanti. Dura condanna è stata espressa da Debora Serracchiani.
In piazza a Macerata era presente anche il fondatore di Emergency, Gino Strada: “Una partecipazione spontanea di migliaia di persone — ha detto — che dimostra che gli italiani sono migliori dei partiti che non sono qui“.
Accanto a lui i manifestanti della Fiom compresa la segretaria Francesca Re David e dell’Usb. “Era importante esserci per dire no alla violenza, al razzismo e contro questo nuovo fascismo che sta prendendo piede piano piano in Italia”, ha aggiunto il fondatore di Emergency.
Lungo il corteo si vedono diverse bandiere di Potere al Popolo e fazzoletti dell’Anpi, uno indossato dalla partigiana Lidia Menapace. Presenti anche una decina di parlamentari di Liberi e Uguali, tra i quali Pippo Civati e Nicola Fratoianni, oltre ad Angelo Bonelli di Insieme, ad alcuni rappresentanti di PiùEuropa e all’ex ministro Cècile Kyenge.
Camionette in assetto da guerriglia ma la guerriglia non c’è.
Poliziotti con il casco in testa ma non ci sono caschi dall’altra parte della barricata anche perchè barricate non se ne sono viste.
“Forse ho esagerato a inchiodare le assi di legno per blindare il mio locale, ma che dovevo fare? Qui viviamo in un incubo, non si capisce più nulla”, ammette il proprietario di un bar che alla fine, come altri maceratesi, pochi a dire il vero, ha deciso di partecipare alla manifestazione indetta dai centri sociali.
Una città blindata dove in tanti guardando il corteo della finestra ma quando capiscono che nessuno ha intenzione di mettere a ferro e fuoco la già provata città di Macerata iniziano a salutare i manifestanti.
Come i due bambini che lanciano i coriandoli a chi passa nonostante qui il Carnevale non venga festeggiato.
Giù in strada c’è una mamma di nome Elena, in braccio ha Edera che tra pochi giorni compie quattro mesi: “Preoccupata per la bambina alla manifestazione? No, sono preoccupata per come va il mondo”.
E infatti il corteo è stato pacifico in contrapposizione all’odio razziale contro cui ha urlato
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Febbraio 10th, 2018 Riccardo Fucile
SCONTRI A TORINO E PIACENZA TRA ANTAGONISTI E POLIZIA
Scontri nel centro storico di Piacenza tra le forze dell’ordine e i manifestanti del corteo organizzato dal collettivo Contro Tendenza di Piacenza per protestare contro l’apertura di una sede di Casapound. Un gruppo, dopo circa mezz’ora dall’inizio del corteo, ha raggiunto il centro storico, ha affrontato polizia e carabinieri e si sono verificati violenti scontri.
Al corteo hanno aderito anche centri sociali e esponenti della sinistra antagonista arrivati da altre città . In tutto circa 400 persone.
Dalle prime informazioni, un carabiniere sarebbe rimasto ferito dopo essere stato accerchiato da alcuni manifestanti che lo hanno aggredito. Molti manifestanti si sono poi sparpagliati per le vie del centro storico. La manifestazione è in via di conclusione.
Momenti di tensione anche a Torino, dove un gruppo di manifestanti del corteo antifascista si è staccato e ha lanciato sassi, bottiglie e una bomba carta contro le forze dell’ordine.
L’azione, in via Luzzati, è stata bloccata con una carica di polizia al termine della quale è stato fermato un manifestante.
(da agenzie)
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Febbraio 10th, 2018 Riccardo Fucile
FERMATI ALTRI DUE NIGERIANI, MA CONTINUA A MANCARE UN MOVENTE E L’ESITO DEGLI ESAMI TOSSICOLOGICI… CHE TRAINI SIA STATO ACCOLTO DA APPLAUSI IN CARCERE E’ UNA BUFALA
Salgono a tre i nigeriani fermati per la morte della giovane Pamela, la 18 enne romana scomparsa da
una comunità di recupero il 29 gennaio scorso e ritrovata senza vita, con il corpo fatto a pezzi, due giorni dopo a Pollenza.
Oltre a Innocent Oseghale, già arrestato, sono stati fermati il 29enne nigeriano bloccato ieri alla stazione di Milano e Desmond Lucky, già indagato insieme ad Oseghale.
In particolare, i reati ipotizzati dalla procura di Macerata sono quelli di omicidio, vilipendio, occultamento di cadavere e concorso in spaccio di stupefacenti.
Con i due fermi eseguiti oggi «d’iniziativa della Procura della Repubblica di Macerata, «riteniamo l’indagine chiusa».
Lo ha detto all’Ansa il Procuratore Giovanni Giorgio. I provvedimenti cautelari dovranno poi essere convalidati dal gip. L’inchiesta, ha precisato il magistrato, «coinvolge tre indagati» ed «è chiusa».
Intanto, nella relazione preliminare che il medico legale ha inviato alla Procura ieri sera, si legge che ci sono «elementi significativamente rilevanti» a favore dell’ipotesi che la morte della ragazza sia stata causata da un «omicidio volontario».
A domanda sul movente del presunto omicidio il procuratore ha ammesso che non è stato accertato.
Contestualmente è stato precisato che si resta in attesa dei risultati degli esami tossicologici che dovrebbero essere disponibili a metà della prossima settimana.
Anche gli ultimi indagati hanno respinto ogni addebito.
L’autorità penitenziaria di Ancona ha smentito che Traini sia stato accolto in carcere dagli applausi degli altri detenuti , “notizia assolutamente falsa”.
Ma che qualcuno evidentemente ha avuto interesse a diffondere.
(da agenzie)
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Febbraio 10th, 2018 Riccardo Fucile
NELLA GIORNATA DEL RICORDO UTILIZZA UN’IMMAGINE CHE TESTIMONIA IL CONTRARIO DI QUELLO CHE VUOLE CELEBRARE
«A Orvieto l’amministrazione Pd è impazzita e ha concesso il patrocinio ad una iniziativa negazionista delle foibe. Il sindaco Giuseppe Germani abbia la decenza di dimettersi perchè è indegno di ricoprire il suo ruolo e chieda scusa per questo indegno oltraggio al popolo italiano».
Così su Twitter la presidente di Fratelli d’Italia e candidato premier, Giorgia Meloni, bacchetta il Pd di Orvieto per aver «patrocinato» un incontro che nega la verità storica delle foibe, in occasione del Giorno del Ricordo, il 10 febbraio.
Peccato che nella fotografia postata non siano ritratte le vittime dei titini, ma alcuni contadini sloveni, fucilati da un plotone di soldati italiani, a Dane (oggi nel comune di Loska Dolina, alcune decine di chilometri a Sudest di Lubiana), il 31 luglio del 1942. Un’immagine che testimonia esattamente il contrario di quello che si vuole celebrare: non un gesto di violenza partigiana.
Nei libri di storia le cinque vittime sono ricordate come Franc Znidarsic, Janez Kranjc, Franc Skerbec, Feliks Znidarsic e Edvard Skerbec.
Non è la prima volta che proprio questa immagine viene utilizzata, nei manifesti degli eventi organizzati in occasione della «Giornata del ricordo», presentando gli ostaggi sloveni come italiani vittime degli slavocomunisti.
La Giornata del Ricordo
Nel 2005 gli italiani furono chiamati per la prima volta a celebrare il «Giorno del Ricordo», in memoria dei quasi ventimila fratelli torturati, assassinati e gettati nelle foibe (le cavità carsiche di origine naturale con un ingresso a strapiombo) dalle milizie della Jugoslavia di Tito alla fine della Seconda Guerra mondiale.
È in quelle voragini dell’Istria che tra il 1943 e il 1947 vennero gettati, vivi e morti, i fascisti e gli italiani non comunisti, considerati «nemici del popolo».
Una violenza che aumentò nella primavera del 1945, quando la Jugoslavia occupò Trieste, Gorizia e l’istria.
Le truppe del Maresciallo Tito si scatenarono contro gli italiani: fascisti, cattolici, liberaldemocratici, socialisti, uomini di chiesa, donne, anziani e bambini, come racconta Graziano Udovisi, l’unica vittima del terrore titino che riuscì ad uscire da una foiba. Una carneficina che testimonia l’odio politico-ideologico e la pulizia etnica voluta da Tito per eliminare dalla futura Jugoslavia i non comunisti.
Nel febbraio del 1947 l’Italia ratificò il trattato di pace che poneva fine alla Seconda Guerra mondiale: l’Istria e la Dalmazia vennero cedute alla Jugoslavia. Trecentocinquantamila persone si trasformarono in esuli. er quasi cinquant’anni il silenzio della storiografia e della classe politica ha avvolto questa vicenda: una ferita ancora aperta che, il 10 febbraio del 2005, il Parlamento italiano ha deciso di ricordare appunto con la Giornata del Ricordo.
(da “il Corriere della Sera”)
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Febbraio 10th, 2018 Riccardo Fucile
LE SEMBIANZE DELLA GIOIOSA MACCHINA DA GUERRA
Il centrodestra sembra diventato una gioiosa macchina da guerra: non c’è giorno senza che i suoi leader
annuncino di trovarsi «a un passo dalla vittoria» e non c’è giorno senza che si smentiscano, si distinguano e poi si azzuffino.
Mancano ancora tre settimane alle elezioni è già si litiga sugli incarichi ministeriali e sui provvedimenti dei primi cento giorni di governo. Salvini farà il premier o farà il ministro dell’Interno? Si cambia o si cancella la «Fornero»?
A forza di sgomitare si sta perdendo il ritmo, e infatti il «passo» che manca alla vittoria è diventato ieri un passo e mezzo.
L’ultimo rilevamento di Swg segnala che la coalizione ha perso oltre mezzo punto ed è scesa al 35,6%. Rimane in testa certo, e in fondo è solo una lieve flessione, che però diventa un problema per chi dice di puntare a «quota 40» ed ottenere così la maggioranza dei seggi in Parlamento.
Un tempo Berlusconi – a fronte delle intemerate – sarebbe intervenuto per lenire, sopire, troncare. «Bisogna dare l’immagine di una coalizione unita», diceva per sedare le risse. Era la sua cifra e il suo mantra.
Ora invece ribatte colpo su colpo alle sortite del «pirotecnico» Salvini per tenerlo dietro nei sondaggi, dove però deve registrare un leggero recupero dei leghisti (+ 0,2% al 13,1%) a danno dei forzisti (-0,2% al 15,7%).
Insomma, più che darsi il cambio nella corsa, i due sono impegnati in un testa a testa che danneggia l’intero centrodestra e oscura Fitto e la Meloni: «So’ ragazzi…», ha commentato la leader di FdI, ripetendo una battuta con la quale il Cavaliere dileggiò in passato lei e Salvini.
La Russa, che conosce il gioco come gli altri, rivela il segreto di Pulcinella della campagna elettorale: «Oggi Berlusconi sostiene che c’è bisogno di un maggior numero di militari per le strade, ma quando presentai il provvedimento da ministro della Difesa, lui che era il premier era il più contrario di tutti: “Non è che spaventiamo i cittadini?”, mi diceva. Eppoi Salvini, che vorrebbe reintrodurre la leva obbligatoria sebbene non sia possibile… Dovrebbero saperlo che le promesse irrealizzabili spingono gli elettori verso l’astensione, invece continuano. Avanti così, Forza Italia e la Lega si assumerebbero la responsabilità di non aver fatto vincere il centrodestra». Accusa pesante, a futura memoria.
Ma questo è il proporzionale, bellezza. E il derby tra alleati fa capire che la coalizione non esiste. O quantomeno non viene percepita.
Se n’è reso conto ieri un dirigente azzurro, candidato in Lombardia, al quale un investitore estero ha chiesto: «Va bene, voi vincerete le elezioni. Ma non è che Berlusconi vuole comunque un accordo con Renzi?».
Bella domanda, peccato manchi la risposta. In ogni caso mancano i numeri oggi per l’ipotetico disegno. E potrebbero pure mancare dei seggi al Cavaliere, se è vero che alcuni ras locali forzisti – trombati dalle liste – per ripicca stanno dirottando alla Lega i loro pacchetti di voti sul proporzionale: vengono segnalati movimenti di truppe nelle Marche, in Sicilia e nella circoscrizione Piemonte 2.
A un passo dalla vittoria la gioiosa macchina da guerra ha rallentato e se entro la sera del 4 marzo non riuscisse a compiere l’ultimo metro, il Cavaliere non avrebbe intenzione di ripetere subito la corsa: meglio la permanenza di Gentiloni a palazzo Chigi, «magari per fare una legge elettorale migliore», come se il Rosatellum non l’avesse votato anche Forza Italia.
Il governatore Toti, che si adopera «per gli amici candidati nei collegi liguri», ha colto al volo l’idea di una riforma della riforma. Raccontano che – seduto all’Ariston di Sanremo a fianco di Salvini – abbia detto all’ospite: «Dovremmo batterci per il doppio turno alla francese». Un dito nell’occhio del Cavaliere e insieme l’impressione che «questa sia una campagna elettorale crepuscolare».
Ma al centrodestra manca solo un passo per smentire i gufi. Anzi, per Berlusconi – intervistato ieri da la7 – la vittoria è già in tasca. Ai tempi del maggioritario non l’avrebbe mai detto.
(da “La Stampa”)
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Febbraio 10th, 2018 Riccardo Fucile
LA RABBIA DI DI MAIO
Ci sono 226 mila euro che stanno letteralmente mandando nel panico il M5S.
È la differenza tra quanto, 23.418.354 euro, i parlamentari grillini hanno dichiarato – sul sito autogestito t irendiconto.it – di aver versato nel fondo per il microcredito, tagliandosi lo stipendio, e quanto risulta dal prospetto del ministero dello Sviluppo economico che quel fondo lo gestisce, (23.192.331 euro).
Quella differenza è un ammanco che potrebbe nascondere altri casi di furbetti del bonifico, dopo quelli del deputato Andrea Cecconi e del senatore Carlo Martelli, svelati da un servizio delle Iene che sarebbe dovuto andare in onda domenica ma che è stato bloccato.
Ragioni di par condicio (il programma non è testata giornalistica) che hanno spinto Michele Anzaldi del Pd a parlare di «imbroglio».
Intanto il candidato premier Luigi Di Maio ha annunciato che «sono già partite verifiche a tappeto» sui singoli profili dei grillini a caccia di eventuali complici o qualcun altro che ha truccato le ricevute degli avvenuti bonifici allegati al sito.
Segno che la questione terrorizza i 5 Stelle.
Se secondo calcoli interni, infatti, è vero che è di circa 90 mila euro la cifra che i due grillini non avrebbero versato, su per giù mancherebbero ulteriori 136 mila euro dal totale dichiarato su tirendiconto.it.
Cinque anni di decurtazioni per 123 tra deputati e senatori, 23 milioni di euro in tutto, sono una cifra considerevole che mette al riparo il M5S da sospetti che molti altri parlamentari abbiano fatto un raggiro di massa, ma non bastano ad alleggerire il clima di vera e propria paranoia che si sta vivendo in queste ore nello staff di Di Maio.
Lo provano proprio le sue dichiarazioni e il cambio di linea.
Dall’«orgoglio» ostentato con cui ha «accolto» la decisione dei due parlamentari di dimettersi, alla rabbia con cui ieri il leader ne ha invece chiesto l’espulsione dal M5S. L’ultima parola spetterà al collegio dei probiviri, che sembrava più orientato alla sospensione, anche perchè Cecconi e Martelli avrebbero già restituito i soldi.
Ma per Di Maio, in piena campagna elettorale, serve la massima sanzione, una severità necessaria per mostrarsi inflessibile davanti agli elettori. «Chi fa queste cose deve restare fuori dal M5S» dice Di Maio incalzato dalle Iene che ieri lo hanno seguito nel suo tour a Lecce.
«Non ho parlato con loro due, sono molto deluso» ha risposto il capo politico ai microfoni degli inviati. Non c’è più spazio per l’orgoglio, sfumato nel giro di una notte. Di Maio è consapevole che a tre settimane dal voto questo potrebbe rivelarsi un duro colpo che ammacca il mito della diversità grillina, e di nuovo su una questione di soldi.
(da “La Stampa”)
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Febbraio 10th, 2018 Riccardo Fucile
CAFIERO DE RAHO: “AL VOTO PUNIAMO CHI LI CANDIDA”
“Siamo lontani dall’etica che dovrebbe essere, invece, indicatore di un cambiamento”. I partiti non
funzionano e il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho si rivolge agli elettori mentre nelle nuove liste del 4 marzo non mancano i cosiddetti impresentabili: “La politica deve fare un controllo preventivo dei soggetti eleggibili. Laddove questo non avviene spetta all’elettorato dare una valutazione”.
Procuratore De Raho, anche in questa tornata elettorale abbiamo contato più di 70 tra imputati e indagati inseriti nelle varie liste. Cosa ne pensa?
La prima selezione deve essere fatta dai partiti. La politica deve guardare dentro di sè e portare all’elettorato gli uomini migliori. Quelli che potranno garantire una barriera rispetto alle corruzioni, alle collusioni, ai comportamenti mafiosi. Altrimenti la gente non riuscirà a credere in questo Stato.
La sensazione è che a nessuno interessi questa barriera contro le collusioni. In Calabria le forze politiche hanno candidato indagati per ‘ndrangheta, imputati e pure “avvisati” per stalking…
Questo non è dimostrazione di un programma serio di contrasto alle illegalità . In territori come la Calabria credo che le situazioni equivoche continuano a determinare e a favorire quella confusione che è la prima forza delle mafie. Alla fine i soggetti che rappresentano la società , quelli che gestiscono il potere legale sono quegli stessi che provengono dal mondo dell’illegalità . Quando la politica non riesce a svolgere questa selezione, devono essere necessariamente gli elettori a farlo.
Eppure negli ultimi anni molti politici, anche parlamentari, sono finiti in carcere per i loro rapporti con la criminalità organizzata. I partiti non hanno capito il messaggio o comunque è più forte l’interesse delle mafie da tutelare a Roma?
A volte si può anche ipotizzare che, dietro decisioni di questo tipo, ci sia la consapevolezza che il voto mafioso consente di spostare, da un lato all’altro dell’arco costituzionale, il risultato elettorale. È evidente che sono questi i ragionamenti che fondano le scelte dei candidati.
Da anni si parla di codice etico dei partiti. È uno strumento che serve alla politica o, in zone come la Calabria, la Campania e la Sicilia dove tutti sanno chi sono i referenti delle cosche, il codice etico è solo uno specchietto per le allodole?
Lo strumento serve. D’altro canto ci sono casi di soggetti portati alle elezioni pur avendo un passato dimostrativo di collusioni, contiguità e illegalità . È certo che qui la risposta deve essere dell’elettorato, ripeto.
Secondo lei l’elettorato è pronto a dare una risposta di questo tipo?
I risultati ce lo diranno. Riusciremo a capire se, finalmente, gli elettori faranno quella selezione che non è stata in grado di fare la politica. Mi aspetto che, laddove ci sono presenze inquinanti, gli elettori riescano a dare una lezione definitiva ai partiti.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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