Destra di Popolo.net

GLI ANTI-IMMIGRATI DI MULTEDO E I 10.000 EURO DI SPESE LEGALI DA PAGARE DOPO CHE IL TRIBUNALE HA DATO LORO TORTO

Febbraio 12th, 2018 Riccardo Fucile

CON QUELLO CHE GUADAGNANO I POLITICI CHE VI HANNO INDOTTO ALLA PROTESTA. PRESENTATE IL CONTO A LORO: LEGA E FDI SARANNO FELICI DI FARSI CARICO DELLE SPESE

L’appello corre sul web: “A tutti gli amici che hanno firmato la petizione per aiutarci a non far diventare l’ex asilo un centro di accoglienza, comunico che purtroppo abbiamo perso la causa e che ci hanno condannato a pagare le spese legali a Suore della neve e Cooperativa Migrantes. Vi prego di contribuire per non far gravare su chi ci ha messo la faccia in prima persona e ora si trova ad essere toccato in solido. Siamo tutti parte dei 31 firmatari del ricorso”.
Il volantino che accompagna l’appello parla di “spese legali” pari a 10.000 euro e non è ben chiaro se si riferisca alla cifra da riconoscere ai legali delle altre parti in causa o comprenda anche una quota da riconoscere al proprio legale.
Circostanza, a lume di naso, da escludere, trattandosi di un consigliere comunale di Fratelli d’Italia che avrà  certamente assistito i ricorrenti a titolo gratuito, avendo partecipato con passione a tutte le manifestazioni di protesta.
Tra le righe, in una intervista a Primocanale, la portavoce del Comitato, notoriamente apartitica (essendo stata in passato candidata del centrodestra a elezioni amministrative locali) lamenta di “essere stati abbandonati” dalla politica.
Un sistema per verificarlo ci sarebbe: mandate la parcella da pagare ai consiglieri comunali e regionali che vi hanno spinto a protestare senza motivo, che hanno sfilato in testa ai vostri cortei contro il centro di accoglienza, alimentando tensioni senza senso, e che vi hanno fatto promesse senza mantenerle.
O adesso sono spariti?

Ps Per la cronaca i ragazzi ospiti del centro ora sono 32 , studiano e non hanno creato alcun problema, a detta degli stessi abitanti.

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MUSEO EGIZIO, GIORGIA MELONI CI HA FATTO UNA FIGURACCIA: SE SCEGLI DI ATTACCARE QUALCUNO, ALMENO STUDIA

Febbraio 12th, 2018 Riccardo Fucile

NUMERI SBALLATI, SVARIONI CULTURALI E FANDONIE: LA MELONI UMILIATA DAL DIRETTORE GRECO E’ IL SEGNO DEL QUALUNQUISMO, E DELL’IGNORANZA DI CERTI POLITICI

Sulla polemica legata allo sconto del museo Egizio per i “nuovi italiani” di lingua araba (“Fortunato chi parla arabo”) non ci sarebbe da tornare, per non fornire ulteriore ribalta al vuoto cosmico di certa propaganda elettorale, non fosse che per individuare il nodo vero della questione.
Anzi, i nodi che hanno fatto saltare i nervi a Giorgia Meloni e a Federico Mollicone, responsabile della comunicazione che ieri ha lanciato una minaccia programmatica: “Stia tranquillo il direttore Greco: una volta al governo, Fratelli d’Italia realizzerò uno dei punti qualificanti del proprio programma che prevede uno spoil system automatico al cambio del ministero della Cultura per tutti i ruoli di nomina”.
In piccolo, ma neanche troppo visto che parliamo della seconda istituzione più importante al mondo quanto ad antichità  egizie dopo il museo del Cairo, la vicenda racchiude tutto il mix di qualunquismo, ignoranza e disinformazione che sta uccidendo questa campagna elettorale.
E le residue speranze di vedere gli italiani esprimere un voto informato il prossimo 4 marzo.
D’altra parte, testimonia anche l’Italia che reagisce in modo composto ed equilibrato a quel medesimo qualunquismo, a quell’ignoranza e a quella disinformazione. L’Italia che non si arrende alle panzane, all’avvelenamento e, in questo caso, alla stupidità  pura. Un’Italia tuttavia destinata a uscire battuta e in minoranza dalle urne.
L’incarnazione di questo secondo fronte nella persona del direttore Christian Greco che venerdì scorso, quando Meloni ha terminato il suo comizietto all’esterno del museo in mezzo alle scolaresche, è sceso ad accoglierla, le ha regalato un volume sulla storia del museo, un biglietto d’ingresso e ha avuto con lei un sano e preciso scambio di battute.
Il tutto immortalato in un video di grande successo che ha evidentemente mandato su tutte le furie la leader di FdI, convinta della bontà  della sua denuncia di uno sconto per cittadini di lingua araba: si tratterebbe di razzismo al contrario “nei confronti degli italiani”.
Col sorriso in faccia, Greco le ha ricordato le numerose iniziative del museo: l’accoglienza dei senza tetto, gli ottimi risultati economici dal rilancio di quattro anni fa, i lavori con gli ospedali e con le carceri. Le ha spiegato il senso di quell’iniziativa di tre mesi (“Avvicinare persone che in Egitto purtroppo non si sono avvicinate al loro patrimonio”) e ricordato i molti incentivi per tutti, italiani e no: l’ingresso per i giovani a 4 euro al giovedì, i compleanni gratuiti, gli omaggi di San Valentino.
La seconda parte della clip è dedicata agli svarioni di Meloni sulla religione islamica, sovrapposta tout court alla lingua araba, in un caleidoscopio di ignoranza che il direttore prova a raddrizzare: “Sa che ci sono 15 milioni di cristiani copti in Egitto?”. Fra numeri sballati e altre fandonie sui finanziamenti, la chiacchierata finisce con una sostanziale umiliazione della spedizione della fratellanza italica: “State usando in maniera politica” un’iniziativa del museo, chiude Greco.
La pacatezza e la competenza del direttore devono dunque aver fatto lievitare l’amarezza al quartier generale di Fratelli d’Italia che, invece di nascondere quel mestissimo teatrino nello sgabuzzino delle miserie elettorali, ha deciso di tornarci minacciando una purga culturale per giunta impossibile, e dimostrando di nuovo la propria ignoranza. Anche del proprio “nemico”: se scegli di attaccare qualcuno o qualcosa, almeno studia. Due paginette leggitele magari.
Da ormai 14 anni il museo è infatti gestito dalla Fondazione Museo delle Antichità  Egizie di cui fanno parte enti privati e pubblici, dal comune di Torino alla regione Piemonte fino alla Compagnia di San Paolo e alla Fondazione Crt. Al ministero spetta un consigliere di amministrazione su cinque e dunque non c’è nessuna nomina diretta possibile nè repulisti da fare, visto che Greco è stato selezionato attraverso bando pubblico.
In quei cinque minuti scarsi si confrontano dunque due Italie.
La prima finirà  probabilmente con lo strappare la maggioranza relativa dei voti, la seconda fatica invece a uscire dal peso della disinformazione e della propaganda.
Ma dimostra anche che il confronto competente e informato — di più, faccia a faccia, perchè il digitale consente un botta e risposta che il dibattito di persona spazza via — è forse l’unica strada per uscire dal vicolo cieco in cui questo Paese si è ficcato, scortato da rabbia, razzismo, pigrizia intellettuale (leggi ignoranza assoluta) e qualunquismo.

(da Wired)

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MUSEO EGIZIO: LA MELONI IN CONFUSIONE NEGA QUELLO CHE HA SCRITTO

Febbraio 12th, 2018 Riccardo Fucile

CHIEDERE SCUSA AVREBBE ALMENO DIMOSTRATO INTELLIGENZA, L’ARROGANZA IN POLITICA NON PAGA

Dopo giorni di attacchi sui giornali, in tv e sui social da parte soprattutto di Lega e Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, in occasione di una gitarella elettorale in quel di Torino punta dritta verso l’ingresso del Museo Egizio, intenzionata a dirne quattro al buonista e cristianofobo direttor Christian Greco.
Il problema è che Christian Greco scende e le risponde, annientando tutte le piccole certezze della povera Giorgia.
All’accusa di discriminazione religiosa le fa notare che in Egitto ci sono milioni di copti, che sono cristiani ma parlano arabo.
All’accusa di far propaganda con i soldi pubblici le comunica che il museo non prende un centesimo di contributi statali.
All’accusa di escludere gli italiani dagli incentivi economici alla visita al museo le elenca tutte le altre promozioni in essere, per i giovani, le coppie a san Valentino, le famiglie con un figlio con meno di un anno, per i papà  e le mamme nelle loro rispettive feste, persino per i possessori di biglietti Trenitalia.
Giorgia, che tra le altre cose non sapeva che la collezione esposta non è patrimonio italiano ma appartiene a Il Cairo, e che quello di Torino è l’unico museo al mondo a cui non è stata fatta richiesta di restituzione, fa scena muta.
Un successo, quello del Museo, anche supportato dai numeri, che negli ultimi 3 anni hanno addirittura subito un incremento del 500%.
Una sconfitta, invece, per la povera Giorgia, che non potendo replicare come avrebbe voluto (e soprattutto dopo esser stata smerdata pubblicamente grazie al video che ha fatto il giro di tutti i siti d’informazione del paese) ha deciso di rispondere nel più maturo e istituzionale dei modi: il pallone è mio e decido io.
Ovvero, promettendo, tramite il responsabile della comunicazione Mollicone, di cacciare il direttore una volta che il suo partito sarà  al governo, grazie a uno “spoil system automatico di tutti i ruoli di nomina del ministero della Cultura”.
Peccato, Giorgia.
Peccato perchè Christian Greco è uno preparatissimo, uno che guadagnò la sua prima stagione di scavi a soli 21 anni, titolare fino ai 38 della cattedra di Archeologia Funeraria Egizia all’Università  di Leida, con una trentina di pubblicazioni all’attivo e che ciononostante ha accettato di tornare in Italia, controtendenza, per dare una mano al suo paese.
Peccato perchè sotto la sua gestione i visitatori sono praticamente raddoppiati, passando dai 540.000 del 2013 al milione previsto per il 2018, con quasi dieci milioni di incassi in arrivo quest’anno.
Peccato perchè il museo ha subito un restyling imponente, durato quasi tre anni, che ha portato a diecimila metri quadrati d’esposizione con più di tremila reperti esposti, in una nuova veste moderna ed ‘europea’.
Peccato, soprattutto, che tu non lo possa cacciare. Perchè il museo, dal 2004 e per trent’anni, è di gestione esclusiva della Fondazione Museo delle Antichità  Egizie, e perciò i direttori se li nomina, e nel caso destituisce, da solo. E visti i numeri, il talento e le migliorie espresse dall’attuale direzione, dubito che vorranno liberarsene.
Peccato che, invece di chiedere scusa, Giorgia Meloni abbia oggi smentito di aver minacciato la rimozione del direttore del Museo Egizio di Torino dal suo incarico. Perchè resta il comunicato inequivocabile del responsabile nazionale della comunicazione di Fratelli d’Italia, Federico Mollicone.
Quanti errori genera l’arroganza, quando basterebbe ammettere di aver sbagliato.

(da “Rolling Stones”)

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SALVINI E IL PIANO KALERGI, QUANDO LA BUFALA COSPIRAZIONISTA DIVENTA DOTTRINA DI GOVERNO

Febbraio 12th, 2018 Riccardo Fucile

DAI RUTTI E BESTEMMIE TRA I BANCHI DELLA CATTEDRALE DI MONACO A EPIGONI DELLA PUREZZA DELLA RAZZA

Se fino a tre anni fa un politico si fosse sognato di sostenere con fare serio una tesi simile, sarebbe stato liquidato con lo sberleffo che per decenni è stato usato per (non) replicare alle sparate di Mario Borghezio.
Fino a poco tempo fa al solo sentir parlare di “invasione straniera” la reazione prevalente sarebbe stata quell’imbarazzo che colse i più quando nel novembre 2010 un’allegra comitiva di esponenti di Lega e Pdl in gita a Monaco fu filmata mentre sfoderava il meglio del proprio repertorio: rutti e bestemmie tra i banchi della cattedrale.
Nella convinzione sbagliata che quelle due parole sarebbero cadute nel dimenticatoio con la stessa rapidità  con cui erano state pronunciate.
Invece questa sostanziale indifferenza, per quanto utile nell’immediato a non far precipitare il livello del dibattito, sul lungo periodo ha portato alla desolazione cui siamo costretti ad assistere oggi.
Perchè non passa giorno che Matteo Salvini, e con lui l’intero centrodestra, parlando di immigrazione non apra bocca per pronunciare l’espressione “sostituzione etnica“.
Ovvero lo stesso concetto declamato dal gruppo di skinhead del Veneto che il 29 novembre a Como fecero irruzione nella sede dell’associazione Como senza frontiere, leggendo un volantino contro “tutti coloro che mirano a sostituire questi popoli (europei, ndr) con non popoli”.
E la medesima idea espressa qualche giorno dopo dagli 8 patrioti di Forza Nuova che si presentarono coraggiosamente a volto coperto sotto la sede de La Repubblica a rappresentare “ogni italiano tradito da chi con la penna favorisce Ius soli, invasione e sostituzione etnica”.
Basta mettere in fila i fatti per notare come Salvini usi gli stessi argomenti e lo stesso linguaggio di Casapound e Forza Nuova con il risultato di far assurgere — grazie alla potenza della propria ribalta mediatica — al rango di argomento politico il cosiddetto “Piano Kalergi“, teoria cospirazionista senza fondamento, insulto alla più infima delle intelligenze, di cui fino a poco fa qualsiasi simpatizzante del fascio littorio si sarebbe vergognato come un ladro a parlare ad alta voce al bar con gli amici ma che oggi riempie le webzine dell’ultra, le bacheche social di molti elettori e le bocche di quasi tutti gli esponenti del centrodestra.
E che tra le mani di Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia finisce persino per diventare dottrina di governo, al punto che il Carroccio promette che “con Salvini” ci saranno “stop invasione, porti chiusi, rimpatri di massa e aiuti a casa loro”, pur conoscendo benissimo l’immane dimensione della balla.
La quale balla fa il paio con i “600mila immigrati che vivono di espedienti e di reati” da rimandare a casa loro di cui parla Silvio Berlusconi. Tralasciando per questioni di spazio, tempo e carità  di patria i proclami di Giorgia Meloni.
Ma che differenza passa tra il dire che bisogna salvaguardare la “razza bianca” (come ha fatto un altro illuminato leghista, Attilio Fontana) e inondare il dibattito con il mantra della “sostituzione etnica”?
Nessuna, entrambe le espressioni riflettono la stessa distorta percezione, la stessa visione del mondo strumentale alla conquista del voto di chi legittimamente cerca dalla politica spiegazioni al complesso fenomeno delle migrazioni.
E perchè allora la prima viene giustamente stigmatizzata mentre la seconda passa senza problemi nella discussione pubblica senza che nessuno trovi necessario sottolinearne l’evidente pericolosità ?
Perchè in un’Italia in cui il vento del razzismo gonfia le vele del centro e dell’ultradestra a 20 giorni dalle elezioni non c’è nessuno che abbia la forza nè la voglia di farlo.
Non il M5s, il primo a intestarsi la battaglia contro le ong “taxi del Mediterraneo“. Non certo il Pd, il cui ministro dell’Interno Marco Minniti pochi giorni fa spiegava che “Traini, l’attentatore di Macerata, l’avevo visto all’orizzonte dieci mesi fa, quando poi abbiamo cambiato la politica dell’immigrazione” (ma non la gestione dell’accoglienza, questione ben più importante), facendo proprio il presunto nesso causale tra l’atto di violenza razzista e la presenza dei migranti di cui parlano Lega, Forza Nuova e Casapound fin dagli attimi immediatamente successivi alla tentata strage.
Non ci sarà  bisogno di attendere il lavoro che gli storici affronteranno tra qualche decennio per ricostruire il contesto in cui una bella mattina del febbraio 2018 uno, candidato dalla Lega Nord nel 2017 e che si scambiava vigorosi saluti con il leader del suo partito, è uscito di casa con la pistola e ha sparato ai primi 6 immigrati che ha incontrato per strada.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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SALVATE BARBARA LEZZI DALLA MORSA DELLE BANCHE

Febbraio 12th, 2018 Riccardo Fucile

STAMANE E’ ANDATA IN BANCA PER DOCUMENTARE I BONIFICI SUI RIMBORSI E NON HA DATO PIU’ NOTIZIE DI SE’ (OLTRE CHE DEI BONIFICI)

La senatrice Barbara Lezzi ormai diciannove ore fa sulla sua pagina Facebook comunicava: «Domani mattina andrò in banca per farmi rilasciare la documentazione che accerta che tutti i bonifici che ho effettuato in questi anni non sono stati revocati». Gli ultimi commenti in risposta agli utenti risalgono a nove ore fa.
Da quel momento nessuno ha più notizia della senatrice che fa crescere il PIL con il caldo, considerata una delle più esperte e preparate da luminari del calibro di Andrea Scanzi.
Ora, non so voi ma io comincio ad essere seriamente preoccupato.
Si sa infatti che le banche sono cattive e la senatrice Lezzi, che gliele ha cantate spesso forti e chiare, potrebbe essere in pericolo.
Visto che per avere una lista di bonifici basta l’home banking, poi, tutta questa insistenza sull’andare in banca “domattina” è sospetta: e se fosse stata tutta una trappola?
Barbara Lezzi poi è una che ha a cuore la famiglia — tanto da aver assunto come portaborse la figlia del compagno — e le banche invece sono tutte anti-famiglia e anti-vita: è evidente che, andata in banca per certificare la sua onestà  della quale nessuno dubita, la senatrice Lezzi magari è stata rapita, oppure è impossibilitata a dare segni di esistenza su Facebook perchè qualcuno le ha preso il telefono (si sa, le banche sono ladre) e adesso non vuole più restituirglielo.
Insomma, questo è un appello: salvate la senatrice Lezzi dalla morsa delle banche!

(da “NextQuotidiano”)

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M5S, CRESCE RIMBORSOPOLI, OLTRE UN MILIONE DI AMMANCO

Febbraio 12th, 2018 Riccardo Fucile

OLTRE DIECI I PARLAMENTARI COINVOLTI…IL CASO DEI FALSI BONIFICI ESIBITI PER RIMBORSI MAI EFFETTUATI RISCHIA DI TRAVOLGERE IL MOVIMENTO

Il buco dei rimborsi dei Cinque Stelle non versati realmente nel fondo per il microcredito si allarga e supera il milione di euro.
Il calcolo è presto fatto: nella somma totale dei 23 milioni di euro già  versati, ci sono infatti anche parte dei soldi dei consiglieri regionali del movimento di Liguria, Veneto, Emilia e Trentino, per un totale di 559mila euro; gli oltre 600mila euro versati dagli europarlamentari; e i soldi di deputati del M5S passati al gruppo misto come Riccardo Nuti e Giulia Di Vita.
Tradotto: la forbice della discrepanza tra quanto dichiarato dal Mise e i calcoli dei Cinque Stelle aumenta.
Per questo motivo il Movimento ha chiesto in via ufficiale al ministero dell’Economia l’accesso agli atti per avere l’elenco dei portavoce che hanno effettuato i versamenti con il totale dell’importo versato nei 5 anni da ognuno di loro.
Dallo staff di Di Maio si fa sapere che saranno pubblicati “in chiaro tutti i dati e chi non ha versato verrà  espulso”.
Sul caso interviene anche il sindaco di Parma Federico Pizzarotti, che ha lasciato il Movimento un anno e mezzo fa: “L’arma della rendicontazione è stata usata in diversi casi contro chi non aveva una visione allineata con il vertice e in alcuni casi verso chi era uscito dal movimento per motivi diversi. Un modo per dire ‘è puro chi restituisce, gli altri non hanno dignità ‘. È l’epilogo di cose che ho detto più volte: l’onestà  si misura non a parole, ma con i fatti”.
Il caso dei finti rimborsi – l’ennesimo della campagna elettorale pentastellata – era esploso negli ultimi giorni anticipato da Repubblica. Tanto da arrivare a una minaccia di censura verso la trasmissione de Le Iene che stasera hanno mandato in onda l’anticipazione del servizio incriminato, ma solo sul sito internet, sulla prassi sembra un po’ diffusa tra i parlamentari del Movimento di “bluffare” sulle restituzioni dei contributi parlamentari.
E non basta: al termine del servizio si intuisce che la seconda puntata coinvolgerà  altri due parlamentari di peso del Movimento, dopo Andrea Cecconi e Carlo Martelli: ovvero Barbara Lezzi e Maurizio Buccarella.
D’altra parte la fonte anonima che ha vuotato il sacco con le “Iene”, ha spiegato che il numero di eletti coinvolti nella vicenda – con l’abitudine cioè di far finta di versare sul fondo per il microcredito le eccedenza di stipendi e diaria – “tocca la doppia cifra
“Tra deputati e senatori siamo ad una doppia cifra, è un partito fatto di furbi e furbastri che tradisce la fiducia dei cittadini”, ha detto l’ex militante M5s.
L’inchiesta de Le Iene ha già  di fatto portato al ritiro dalla campagna elettorale di Cecconi e Martelli, due parlamentari uscenti e quasi certamente rieletti. Secondo l’accusa avrebbero finto di restituire somme per oltre 21mila euro, nel caso di Cecconi, e oltre 76mila nel caso di Martelli.
La mancata restituzione, spiega l’ex militante, si concretizza pubblicando sul sito “tirendiconto.it” i bonifici fatti salvo poi revocarli entro 24 ore dalla pubblicazione.
Interpellati il 2 febbraio scorso dall’inviato de Le Iene Filippo Roma, sia Cecconi sia Martelli negano. “Non è vero, ho tutti i bonifici fatti, sono caricati online”, spiega Cecconi prima di andar via mentre Martelli prima nega con forza (“A me questa cosa non risulta, questa cosa qua finisce adesso, è una cosa terribile”) salvo poi rilevarsi più possibilista: “Farò questa verifica, se è così provvederò a sistemare tutto”. A entrambi Le Iene hanno chiesto di contattare il programma dopo la verifica ma nessuno dei due parlamentari, spiega il programma nel servizio, si è fatto sentire.
Cecconi e Martelli, hanno detto di aver firmato un documento di rinuncia alla candidatura, il cosiddetto “modulo Dessì”, dal nome del candidato Emanuele Dessì, candidato M5s (in seconda posizione nel collegio plurinominale numero 3 del Lazio), costretto a firmare un atto di rinuncia al seggio dopo un controverso video con un esponente del clan Spada di Ostia e la questione della casa comunale in cui vive pagando 7,7 euro mensili.
Ma esperti giuristi, come l’avvocato Gianluigi Pellegrino, hanno dimostrato come in realtà  questo documento di rinuncia all’elezione non abbia alcun effetto legale: “È tecnicamente una boutade da campagna elettorale – ha spiegato in un’intervista a Repubblica – si fa la bella figura dicendo che ci si dimette, senza in realtà  nessun effetto, anzi con il seggio garantito”.
Coinvolti nella vicenda dei rimborsi secondo quanto riporta, su Twitter e Youtube, il blogger di Supernovacinquestelle Marco Canestrari, anche il deputato Danilo Toninelli e il senatore Mario Giarrusso.
Canestrari evidenzia delle irregolarità  nelle rendicontazioni dei bonifici, che riguardano date e importi.
Il blogger pubblica un messaggio di Giarrusso in cui il parlamentare dichiara di aver già  incaricato i suoi legali di verificare i post di Canestrari.
E riguardo a Toninelli avverte: “Ci sono altre rendicontazioni che non tornano: bonifici che hanno cifre molto sospette. C’è molto ancora da controllare ‘al centesimo’ come ha detto Toninelli. Proprio lui”.
Il blogger tira in ballo, poi, in un video, anche “parlamentari di peso come Vito Crimi e Carlo Sibilia”.

(da “La Repubblica”)

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“SI PUO’ CACCIARE MESSI PERCHE’ CON LA SUA BRAVURA AL BARCELLONA OSCURA UNA INVIDIOSA COMPARSA DELLA MUNICIPALITA’ CATALANA?”

Febbraio 12th, 2018 Riccardo Fucile

IL SINDACO DI RIMINI SCRIVE AL DIRETTORE DEL MUSEO EGIZIO: “SE PASSA L’EDITTO MELONI, VENGA SUBITO A DIRIGERE IL MUSEO FELLINI, LEI ONORA L’ITALIA”

Una lettera al direttore del Museo Egizio di Torino Christian Greco per offrigli la direzione del futuro Museo Federico Fellini di Rimini.
A scriverla è il sindaco di Rimini, Andrea Gnassi, che tramite HuffPost esprime così solidarietà  dopo le minacce di Fratelli d’Italia di voler cacciare il direttore per l’iniziativa degli sconti alle coppie arabe, minacce poi ritrattate.
Gentilissimo Dottor Greco,
sicuramente non accadrà  perchè contrario a leggi, logica, numeri, buonsenso, progetti attuati, ma se mai l’allucinante/divertente ‘editto bulgaro’ di Fratelli d’Italia nei suoi confronti sortisse il suo effetto, Le dico già  che il futuro Museo Internazionale Federico Fellini di Rimini sarebbe onorato di offrirLe la direzione.
La ragione dice che questo non accadrà  mai. Vista la natura societaria e statutaria privata che sostiene il Museo Egizio di Torino; visti gli straordinari risultati in termini di presenze (800 mila all’anno), autorevolezza, credibilità , che ne fanno una delle tre strutture museali italiane più visitate e conosciute al mondo.
“Purtroppo” per noi, il bellicoso proponimento di licenziarla è chiaramente inefficace. Certo è impressionante il solo fatto di minacciarlo: una eccellenza culturale italiana a cui si promette il licenziamento senza avere non solo alcuna base giuridica ma anche qualsiasi argomento minimamente plausibile, solo per avere messo a nudo la demagogia e l’ignoranza (“non conoscenza” nel senso etimologico, tanto per specificare…) del politico di turno, racconta molto dei protagonisti.
Si può cacciare Messi perchè con la sua bravura al Barcellona oscura un invidioso personaggio nella Municipalità  Catalana? Per qualcuno evidentemente si può.
Sappia, comunque, gentilissimo Dottor Greco, che Rimini sarebbe lieta di accogliere tra le sue braccia un uomo e un professionista di straordinarie capacità , in grado di far fare un salto culturale alla gestione dei beni culturali e intellettuali, divulgandone la conoscenza e l’attualità .
Quanto deve far rosicare quella Sua frase ‘la cultura è universale’. Quello appunto che vogliamo fare con il Museo Internazionale Federico Fellini, un luogo di scambio, relazioni nel nome dell’intelligenza, della creazione artistica, della cultura come asset per modificare in meglio una città , un paese, sia fisicamente che moralmente.
Lei resterà  ancora per tanti anni a Torino perchè Lei onora quella città , quel museo, l’Italia intera.
Ma se fosse lei a essere interessato a una nuova sfida culturale…beh Rimini la attende.

(da “Huffingtonpost”)

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RENZI ADESSO TEME IL CROLLO AL 20%

Febbraio 12th, 2018 Riccardo Fucile

VOCI DI UN RITORNO DI VELTRONI IN CASO DI DISFATTA MENTRE GENTILONI SI SPENDE PER GLI ALLEATI

L’assillo di questi giorni, rimbalzato da un telefono all’altro in forma interrogativa, sta diventando una presa d’atto, alla luce del fuoco di fila subito dal Pd nella prima vera settimana di campagna elettorale.
«La responsabilità  non paga», è l’amara constatazione dell’inner circle renziano in costante contatto col leader. Il quale in pubblico ammette di percepire un sentimento di paura nel partito, tanto da spronare i militanti riuniti ieri alla casa del popolo di Signa a «scuotersi di dosso la rassegnazione e a fare lo sforzo finale per essere il primo partito».
Col passare dei giorni la paura nei ranghi cresce e i sondaggi non confortano.
Per arginare l’offensiva Renzi non solo oggi sarà  a Firenze con Minniti, ma giovedì sarà  al sacrario di Sant’Anna di Stazzema con mezzo governo al seguito, per rimarcare la natura antifascista del Pd.
Gentiloni sarà  impegnato a Berlino con la Merkel, ma il capo dell’opposizione Andrea Orlando ci sarà  e con lui Orfini, Martina, Pinotti, Fedeli, Madia, insieme a Fassino, Marcucci e ai renziani della prima ora. Lo stato maggiore del partito firmerà  l’Anagrafe antifascista di Stazzema, nel luogo che commemora i martiri dell’eccidio nazi-fascista. Una mossa per provare a dare un segnale netto prima della manifestazione unitaria con l’Anpi del 24 febbraio.
Nella torre di controllo della campagna elettorale si attende con ansia un sondaggio commissionato a una nota società  demoscopica sulle sfide nei collegi. Sperando che non vi siano troppe sorprese al ribasso rispetto a previsioni già  fosche sul versante delle battaglie uninominali.
Dove il Pd sembra reggere solo nelle regioni rosse.
«Ancor di più dopo Macerata, c’è una sensazione di difficoltà  anche nei collegi, dovuta a fatto che il Pd è schiacciato dalle posizioni e dalla propaganda degli altri partiti», ammette un dirigente toscano vicino al segretario. Il timore di come andrà  a finire il 4 marzo è forte. Tanto che l’asticella, fissata finora intorno alla soglia psicologica del 25 per cento, ovvero la percentuale ottenuta da Bersani nel 2013, negli ultimi giorni è scesa di grado. Fino a fissarsi, nei conversari del cerchio stretto del segretario, intorno al 23 per cento, attuale fotografia dei consensi in capo al Pd.
Sotto la quale tutto viene messo in conto.
«Se ci fermassimo intorno al 20 per cento sarebbe una disfatta e non reggerebbe più nulla», si agitano i renziani, «anche perchè vorrebbe dire che il centrodestra avrebbe numeri per fare un governo autonomo».
Uno dei dati segnalati dai sismografi interni è che il Pd perde consensi a favore del centrodestra e non dei grillini.
Il timore di avvicinarsi alla temibile soglia del 20% la dice lunga. È vero che con i voti degli alleati che resteranno sotto il 3 per cento il Pd potrebbe strappare una percentuale più alta, sfiorando il 26-27%.
Ma se la Bonino salisse oltre il 3% e Insieme e Civica Popolare restassero sotto l’uno (disperdendo così i voti), il film sarebbe un altro.
E tutti sanno che la resa dei conti si farà  sul peso del Pd come singolo partito.
Le sonde dello stato maggiore renziano però ancora non registrano movimenti sospetti dei vari big, da Orlando a Franceschini.
Per ora tutti stanno a vedere cosa succederà , ma certo il clima di diffidenza serpeggia a vari livelli. Le voci velenose già  circolano, come quella di un Walter Veltroni in cima alla lista degli ex leader che potrebbero essere richiamati a gran voce a reggere le fondamenta della casa madre in caso di tracollo.
Per parte sua, Gentiloni sta muovendosi ad arte per scacciare da sè qualunque strana idea: conscio che la sua immagine è il valore aggiunto del Pd, la spende tutta in favore della coalizione, puntando a far crescere le varie liste alleate: ieri era in prima fila e sul palco a sostenere la Lorenzin a Roma ed era a fianco della Bonino per l’apertura della campagna elettorale ai primi del mese.
«La coalizione sta recuperando sul centrodestra», dice il premier, senza specificare però che ciò è dovuto alla crescita di mezzo punto della lista Più Europa.

(da “La Stampa”)

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COSA DI MAIO NON HA CAPITO DI “MASSONI” E “MELE MARCE”

Febbraio 12th, 2018 Riccardo Fucile

LA NOTIZIA E’ CHE UNO CHE VUOLE GUIDARE L’ITALIA NON E’ NEMMENO IN GRADO DI CONTROLLARE I SUOI CANDIDATI E VERIFICARE DUE SEMPLICI CONTI

“Per quanto ci riguarda è una persona che non ci aveva detto di far parte di una loggia massonica e per questa ragione non può stare nel movimento. Gli abbiamo inibito l’utilizzo del simbolo e quindi per lui è game over”: Luigi Di Maio a Napoli oggi intercettato dai giornalisti è costretto a parlare del tema di cui nelle bacheche social dell’intero MoVimento 5 Stelle non si fa menzione: uno dei motivi di imbarazzo che ruota intorno al candidato Catello detto Lello Vitiello è che è stato proposto proprio dall’entourage di Di Maio.
Un altro dei motivi di imbarazzo è una cosa di cui probabilmente Giggetto non si è ancora accorto: il M5S non può inibire l’uso del simbolo a Catello Vitiello perchè il simbolo è attualmente in mano a un curatore, per la causa promossa dai 33 grillini ribelli assistiti dall’avvocato Lorenzo Borrè.
Poi Di Maio ha detto la sua anche sui due (per ora) candidati e parlamentari del M5S che sono stati beccati a non versare nel fondo del microcredito: “Quelle persone come Cecconi e Martelli le ho già  messe fuori, per gli altri stiamo facendo tutte le verifiche che servono ma siamo orgogliosi di quello che è il Movimento”
E anche qui Di Maio dimostra di non aver capito cos’è la notizia.
Lui è infatti il candidato premier del M5S e in quanto tale si offre come guida del paese. Ma lui, in quanto capo della coalizione che ha candidato Cecconi e Martelli, è anche quello che li doveva controllare.
La notizia è che uno che vuole guidare l’Italia non è nemmeno in grado di controllare i suoi candidati.

(da “NextQuotidiano”)

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