Destra di Popolo.net

LA LEGA INVITA I SINDACI A TOGLIERE LA FOTO DI MATTARELLA DAGLI UFFICI PUBBLICI? BENE, I CARABINIERI VADANO A VERIFICARE CHI LA TOGLIE E SI PROCEDA CON LA DENUNCIA

Maggio 28th, 2018 Riccardo Fucile

MOLTI PARLAMENTARI M5S CRITICI CON DI MAIO: “L’IMPEACHMENT E’ UNA CAZZATA, NON LO CHIEDE SALVINI E DOBBIAMO CHIEDERLO NOI, MA SIAMO PAZZI?”

La Lega non ha ancora fatto sapere a Fratelli d’Italia e al MoVimento 5 Stelle se ha intenzione di aderire alla proposta di impeachment nei confronti del presidente della Repubblica.
In compenso Paolo Grimoldi, segretario della Lega Lombarda e deputato, su Facebook ha detto di voler chiedere agli amministratori della Lega in Lombardia di rimuovere dagli uffici pubblici la foto di Mattarella, “che non rappresenta più un garante imparziale dei cittadini”.
Sulla proposta di messa in stato d’accusa del presidente della Repubblica fatta ieri da Di Maio e Meloni per ora nella Lega non si registra molto entusiasmo.
Giancarlo Giorgetti, interpellato sull’opzione, fa solo sapere che stasera ne parlerà  con Matteo Salvini.
Guglielmo Picchi a InBluRadio ha escluso la possibilità : “Seguirei poco questa strada pur nella consapevolezza che il presidente della Repubblica ha interpretato la Costituzione in modo molto flessibile.
Nel MoVimento 5 Stelle c’è invece Manlio Di Stefano che preconizza l’impeachment mentre alcuni deputati, interpellati dall’Adn Kronos, sembrano dubbiosi sulla strada da intraprendere.
“Stiamo calcando troppo la mano — dice un senatore chiedendo il riserbo — siamo in tantissimi a nutrire dubbi. Oltretutto, una decisione così importante andava condivisa, mentre, ma ormai è un classico, l’abbiamo appresa dai media. Savona, poi, era un nome della Lega, eppure noi siamo diventati più realisti del Re: chiediamo noi l’impeachment per il Presidente e non lo fa Salvini, ma siamo pazzi? Oltretutto, Mattarella ha commesso delle forzature, ma non si configura certo un attentato alla Costituzione”.
Intanto ci sono problemi anche per la procedura: manca, infatti il comitato parlamentare per i procedimenti di accusa, il soggetto istituzionale cui compete l”istruttoria’ del processo nei confronti del Capo dello Stato poi celebrato dalla Corte Costituzionale integrata da 16 cittadini estratti a sorte dallo speciale ‘elenco di 45 cittadini aventi i requisiti per l’eleggibilità  a Senatore’, che il Parlamento compila ogni nove anni mediante elezione con le stesse modalità  stabilite per la nomina dei giudici costituzionali ordinari.
Il Comitato parlamentare per il procedimenti di accusa, cui il presidente della Camera trasmette la richiesta di impeachment per l’esame, è composto da 44 membri: i 21 componenti della Giunta per le Autorizzazioni della Camera e i 23 della Giunta per le Elezioni e le Immunità  del Senato.
Mancando il governo, e quindi non essendoci ancora una maggioranza ed una opposizione, nessuna delle due Giunte è stata ancora costituita.

(da “NextQuotidiano”)

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MINACCE DI MORTE A MATTARELLA, CRIMINALI SOVRANISTI GLI AUGURANO DI “FARE LA STESSA FINE DEL FRATELLO”

Maggio 28th, 2018 Riccardo Fucile

MIGLIAIA DI FIRME DI SOLIDARIETA’ IN POCHE ORE AL PRESIDENTE DA PARTE DEGLI ITALIANI ONESTI… PER I DELINQUENTI C’E’ UNA SOLA RISPOSTA: LA GALERA

Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella – da sempre raccontato come uomo schivo e di poche parole – ha pronunciato il suo discorso più esplicito ed è diventato il protagonista di un diluvio di dichiarazioni e commenti ad alta intensità  emotiva sui social network.
Anche i centralini del Quirinale, subito dopo l’intervento, sono stati intasati dalle telefonate di persone che volevano esprimere riconoscenza e vicinanza alla posizione del presidente.
Una vicinanza che nella notte si è trasformata in una raccolta firme pro Mattarella sulla piattaforma no profit Progressi.org. La petizione ha raggiunto in poche ore oltre 4000 firme.
“Il Presidente ha esercitato le proprie prerogative costituzionali rispetto alla formazione di un esecutivo che avrebbe rischiato di portarci fuori dalla moneta unica e così minacciare la stabilità  economica e finanziaria del nostro Paese.
Al di là  della questione Euro, ciò che allarma davvero sono i toni eversivi che questi politici stanno usando contro la Presidenza della Repubblica e con essa contro tutte le istituzioni democratiche del Paese” è scritto nel messaggio di lancio della raccolta.
Anche il deputato Pd Michele Anzaldi ha mostrato solidarietà  verso Mattarella. “La vergogna di minacce e auguri di morte da parte di esponenti e attivisti M5s sui social contro il presidente Mattarella, cui dicono ‘dovremmo fargli fare la fine del fratello’ (assassinato nel 1980 per mano della mafia ndr.), deve essere perseguita con durezza dalla Polizia postale. Servono riscontri e risposte immediate”, ha scritto l’onorevole su Facebook
E intanto in un lungo striscione appeso in pieno centro ai balconi della sede del gruppo Pd del Campidoglio si legge “Viva la Costituzione e la Repubblica. #iostoconmattarella”

(da agenzie)

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L’ULTIMO TAROCCO DI GRILLINI E LEGHISTI SU “COTTARELLI CHE VUOLE USCIRE DALL’EURO”: LA PAGINA 176 CHE NON ESISTE

Maggio 28th, 2018 Riccardo Fucile

MANIPOLANO PURE LE FRASI PER NASCONDERE IL LORO FALLIMENTO… ECCO IL TESTO VERO DEL LIBRO : “USCIRE DALL’EURO? NON NE VALE LA PENA, SAREBBE COME ANDARE A GIOCARE IN SERIE B PERCHE’ IN A NON SI RIESCE A VINCERE”

Politici, molti commentatori e tanti utenti sui social network hanno assunto posizioni manichee da tifosi, pur di fronte a una situazione profondamente stratificata e dai risvolti molto complessi.
E la macchina della disinformazione si è rapidamente messa in moto.
In particolare è iniziata a girare con insistenza in gruppi pro Lega e Movimento 5 Stelle, una citazione di Carlo Cottarelli, l’uomo scelto da Sergio Mattarella per traghettare il paese fuori dal guado e a nuove elezioni.
Le sue parole sarebbero queste: “In teoria i problemi degli italiani, un debito pubblico elevato e una bassa crescita e competitività , potrebbero essere risolti uscendo dall’euro. Però bisogna essere chiari sul modo in cui e sul perchè l’uscita aiuterebbe a risolvere questi problemi, cosa che spesso i suoi sostenitori non fanno”.
Una posizione articolata e ragionata, con anche una stoccata al fronte no euro, ma possibilista sul famoso “piano B” sostenuto, tra gli altri, da Paolo Savona, che sarebbe stato alla base della frana del governo gialloverde.
Il tutto a pagina 176 del suo ultimo libro, “I sette peccati capitali dell’economia italiana”.
Una citazione profondamente scorretta.
Il volume, infatti, consta di 175 pagine. La 176 è completamente bianca, ed è quella che si colloca fra l’indice e la terza di copertina.
La frase, in effetti, si può trovare a pagina 147, all’inizio di un paragrafo intitolato “Uscire dall’euro?”.
Ma dà  l’avvio a un ragionamento articolato, la cui conclusione è netta: “Non ne vale la pena”.
D’altronde nella parte del volume in cui si affronta l’argomento della moneta unica, l’ex mister spending review parte da considerazioni chiare: “La via d’uscita non può essere la fuga dall’euro. Sarebbe come andare a giocare in serie B perchè non si riesce a vincere in serie A”.

(da “Huffingtonpost”)

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“SENZA BASI GIURIDICHE”: COSTITUZIONALISTI SMONTANO SENZA PIETA’ L’IMPEACHMENT CONTRO MATTARELLA

Maggio 28th, 2018 Riccardo Fucile

“HA ESERCITATO I SUOI POTERI COSTITUZIONALI, NEI SUOI CONFRONTI UN ATTO DI INTIMIDAZIONE”

Mancano le basi giuridiche che diano sostanza a una procedura di messa in stato d’accusa contro il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, preannunciata dal Movimento 5 Stelle dopo lo stop al Governo.
I costituzionalisti interpellati sono sostanzialmente concordi.
La Costituzione disciplina il tema all’articolo 90:
“Il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione. In tali casi è messo in stato di accusa dal Parlamento in seduta comune, a maggioranza assoluta dei suoi membri”.
La sentenza è affidata alla Corte Costituzionale
MASSIMO LUCIANI: “NON CI SONO PRESUPPOSTI, HA ESERCITATO I SUOI POTERI COSTITUZIONALI”
“La situazione è molto complessa. Ma sarebbe opportuno rimuovere ogni equivoco possibile sulla legittimità  dell’azione e delle scelte del presidente della Repubblica” dice Massimo Luciani, docente di diritto costituzionale alla Sapienza, in una intervista al Corriere della Sera.
“Non ci sono i presupposti per la violazione dell’articolo 90. Perchè il presidente Mattarella ha esercitato i suoi poteri costituzionali”.
E vi rientra il veto sul ministro dell’Economia “perchè l’articolo 87 prevede atti controfirmati dal presidente del Consiglio, ma firmati dal capo dello Stato. E’ ovvio che debbano essere condivisi. Altra cosa è l’opportunità . Per qualcuno può esserlo stato. Ognuno è libero di valutare”.
UGO DE SIERVO: “DA LEGA E M5S UN’INTIMIDAZIONE”
La reazione di Lega e Movimento 5 Stelle alla decisione del Capo dello Stato è “un’intimidazione, è l’unica spiegazione tecnica che si può dare. In realtà  Mattarella ha esercitato più che correttamente, anche se in una situazione difficile, una facoltà  che la Costituzione dà  al Presidente della Repubblica. Reagire così, sinceramente, è sconcertante se non anche un po’ scandaloso” dice l’ex presidente della Consulta Ugo De Siervo intervistato dalla Stampa.
“L’articolo 1 della Carta dice che la sovranità  popolare si esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione. La norma sulla formazione del governo dice che il Presidente della Repubblica nomina i ministri su proposta del presidente del Consiglio. Non è solo un ruolo notarile, è un potere che non risultava pubblicamente perchè il sistema politico accettava le regole del gioco. Non è possibile che le forze politiche vogliano imporre al Presidente della Repubblica di fare quello che hanno deciso loro, annullando il potere presidenziale”.
GAETANO AZZARITI: “ACCUSE DEL TUTTO INFONDATE”
“Tutta la formazione del governo M5S-Lega è stata condotta al di fuori delle prassi e dei precedenti costituzionali”, spiega Gaetano Azzariti, ordinario alla Sapienza. “Ma ora bisogna evitare che lo scontro istituzionale si avviti: in gioco c’è la democrazia del nostro Paese, si rischia che saltino tutte le regole”. Mattarella “è stato troppo debole all’inizio — per aver consentito una serie di strappi alla prassi, innanzitutto sulla definizione del programma di governo in termini privatistici, prima che il premier venisse incaricato — e troppo rigida dopo”. Ma la messa in stato d’accusa del presidente della Repubblica “la ritengo ancor più infondata dei tentativi precedenti nei confronti di Cossiga e Scalfaro, che si sono subito arenati in Parlamento”, perchè “l’art. 90 della Costituzione non riguarda una generica responsabilità  politica del presidente della Repubblica, ma espressamente i più gravi reati del nostro ordinamento: l’alto tradimento e l’attentato alla Costituzione. Sono legittime tutte le critiche a Mattarella, ma configurarne il comportamento come un colpo di Stato mi sembra francamente espressione del nervosismo dei tempi”.

(da agenzie)

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FIN TROPPA LA PAZIENZA DI MATTARELLA CON I DUE CIALTRONI

Maggio 28th, 2018 Riccardo Fucile

INCONTRI UFFICIALI IN CUI I DI MAIO E SALVINI SI PRESENTANO A MANI VUOTE, LA SCELTA DI UN TERZO PRIVO DI ESPERIENZA, IL PROGRAMMA STILATO CON UN CONTRATTO PRIVATO

Per sei volte Di Maio e Salvini si sono presentati davanti al presidente della Repubblica, da quando il 9 maggio scorso avevano stretto l’intesa.
In incontri ufficiali, senza considerare nemmeno i tanti contatti informali con il Colle. Quasi sempre a mani vuote, sempre chiedendo tempi supplementari per risolvere i litigi sulla premiership, sul programma, sulla lista dei ministri.
Più tempo che sempre Sergio Mattarella ha concesso.
Perfino quando, clamorosamente, il 14 maggio dopo aver annunciato di aver chiuso su tutto, i due arrivarono dal capo dello Stato senza aver trovato l’accordo sul presidente del Consiglio da incaricare.
Di Maio ci prova ancora a sedersi sulla poltrona di Palazzo Chigi, Salvini continua a sbarrare la strada all’alleato-nemico.
Il capo dello Stato, che come ieri ha spiegato pubblicamente ha sempre agito “per agevolare in ogni modo il tentativo di dar vita ad un governo”, accoglie anche in questo caso la richiesta di un rinvio.
Ma grillini e leghisti ne tirano fuori un’altra, fuori da ogni prassi costituzionale: il programma del loro futuro governo, prima, deve passare al vaglio dei rispettivi militanti. Il 21 maggio così rispuntano i gazebo verdi, sul web il consenso grillino viaggia attraverso la piattaforma Rousseau di Casaleggio.
Il programma sarebbe di competenze esclusiva del premier, e in ogni caso pare quasi una provocazione presentarlo al capo dello Stato e poi rischiare che venga bocciato e far saltare tutto.
Di Maio e Salvini seguono regole proprie. Mattarella, ancora, decide di lasciar fare. Sapendo bene di camminare sul filo della prassi.
“Ho atteso i tempi da loro richiesti per giungere a un accordo di programma – ha ricostruito ieri nel suo intervento –     approvato dalle rispettive basi di militanti, pur consapevole che questo mi avrebbe attirato osservazioni critiche”.
Così, il 22 maggio, i due mettono finalmente in campo il nome di Giuseppe Conte. Ma è un’indicazione che traballa. Tanto che Mattarella, prima di convocarlo, è costretto a chiamare ancora al telefono Di Maio e Salvini per averne conferma. Il 23 maggio il semisconosciuto professore di diritto sale al Quirinale, riceve l’incarico di formare il governo.
Un signor nessuno. Non ha alcuna esperienza amministrativa, ma soprattutto è con tutta evidenza un esecutore delle volontà  dei due azionisti della maggioranza. Mattarella ha tanti dubbi, ha chiesto un nome politico visto che la maggioranza è politica.
E poi,   secondo la Costituzione tocca al premier il ruolo vero di comando del governo, non può essere una mediazione al ribasso. Ma decide di correre il rischio.
“Ho accolto la proposta per l’incarico superando ogni perplessità  – ricorda – sulla circostanza che un governo politico fosse guidato da un presidente non eletto in Parlamento. E ne ho accompagnato con piena attenzione il lavoro per formare il governo”.
L’operazione parte subito in salita. Tre giorni fa, Conte torna al Quirinale ma non per sciogliere la riserva. Con uno strappo nelle procedure,   che anche qui il capo dello Stato tollera, si presenta senza la lista dei ministri ma solo per un colloquio informale. Oggetto: il nome di Paolo Savona all’Economia.
Tutte le altre indicazioni che l’incaricato mette sul tavolo ricevono il benestare di Mattarella, c’è la sua benedizione. Le caselle della squadra sono praticamente a posto, compresa quella degli Interni per Salvini, il superministero del Lavoro per Di Maio, ok anche sui nomi per la Difesa e gli Esteri.
Ma Savona è un no euro, non può andar bene, spiega Mattarella. “La designazione del ministro dell’Economia   – rammenda – costituisce sempre un messaggio immediato, di fiducia o di allarme, per gli operatori economici e finanziari”.
Non c’è un veto sul nome, ma l’esercizio delle prerogative costituzionali del presidente della Repubblica dettate dal quadro economico e internazionale.
Tanto che Mattarella propone una collocazione alternativa per Savona dentro il governo,   per esempio alle Finanze, spacchettando il maxiministero dell’Economia, o anche in un altro dicastero.
Al professor Conte dunque il compito di sistemare questo ultimo nodo per far nascere il suo esecutivo. Il mandato di Mattarella per il ruolo di ministro dell’Economia è il seguente: un autorevole esponente politico della maggioranza, coerente con il programma, un esponente che non sia visto come sostenitore di un’uscita dell’Italia dall’euro. Un identikit che porta a Giancarlo Giorgetti.
E infatti, il capo dello Stato fa quel nome, che è del resto il numero due della Lega. La risposta è un secco no. O Savona o morte, sbatte la porta Salvini, seguito alla fine anche da Di Maio, che per tutta la trattativa aveva invece rappresentato l’ala morbida, viste anche le aperture di credito di cui aveva beneficiato dal Quirinale.
Fin da quando, prima delle elezioni, era stato ricevuto dal segretario Zampetti, al quale dopo un’ insolita richiesta aveva consegnato la lista dei futuri ministri del M5s.
Al premier-messaggero professor Conte non resta, ieri, che tornare al Colle e rassegnare il mandato.
La pazienza di Mattarella non è stata ripagata. “Ho condiviso e accettato tutte le proposte – rivela l’inquilino del Colle – tranne quella del ministero dell’Economia”. Di Maio, ora , vorrebbe nientemeno l’impeachment. Resta uno scenario istituzionale ferito,   da ricostruire, e l’amarezza personale.
“Nessuno può sostenere che io abbia ostacolato la formazione   del governo che veniva definito del cambiamento”, sono le parole conclusive di Mattarella mentre cala il sipario sulla spericolata sfida giallo-verde.

(da “La Repubblica”)

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DRAMMA AL GRANDE FRATELLO: ROCCO CASALINO NON VA PIU’ A PALAZZO CHIGI

Maggio 28th, 2018 Riccardo Fucile

LA GIOIOSA MACCHINA DA GUERRA DI CASALEGGIO E’ ANDATA A SCHIANTARSI, ADESSO SI TEMONO GLI EFFETTI COLLATERALI NELLA CASA… ORA CHI LO DICE A MACRON CHE QUELLO CON HA PARLATO NON ERA IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO?

L’Avvocato del Popolo non eletto dal Popolo Giuseppe Conte non sarà  il Presidente del Consiglio del Governo del Cambiamento.
Lo hanno deciso i due membri del Comitato per l’attuazione del contratto di governo Luigi Di Maio e Matteo Salvini quando hanno rifiutato tutte le alternative offerte da Mattarella tra cui la proposta del Quirinale di nominare il numero due della Lega Giancarlo Giorgetti al Ministero dell’Economia al posto di Paolo Savona.
Risultato: la gioiosa macchina da guerra della comunicazione a 5 Stelle si è andata a infrangere con la realtà .
Mentre Di Maio e Salvini devono ancora spiegare agli elettori perchè Savona era così fondamentale per il governo al punto di buttare a mare tutto il lavoro fatto fino ad ora la notizia è che Casalino non andrà  a Palazzo Chigi.
Giuseppe Conte era infatti un Presidente del Consiglio creato nei prestigiosi laboratoires della Casaleggio Associati.
Un contenitore pronto ad accogliere non tanto le istanze del popolo quanto quelle dei due partiti che hanno dato vita alla maggioranza ma che dopo tanti giorni di lavoro e di tavoli non erano riusciti a trovare un nome politico per la poltrona di Palazzo Chigi. Conte — raccontano le cronache dei giorni scorsi — era stato “formato” e istruito dal gruppo della comunicazione del M5S.
Nell’appartamento romano dove il premier incaricato si preparava prima degli incontri con Mattarella (e con la stampa) c’era lo staff al gran completo: Rocco Casalino, Pietro Dettori (già  fidato collaboratore di Davide Casaleggio prima alla Casaleggio Associati poi a Rousseau) e Silvia Virgulti.
Agli’incontri partecipava anche Dario Adamo, anche lui ex Casaleggio Associati e gestore dei profili social ufficiali del MoVimento.
Con ogni probabilità  è proprio a Dario Adamo che dobbiamo la pagina Facebook e l’account Instagram ufficiali di Conte.
Quelli dove ancora oggi nella bio campeggia «Giurista e Avvocato. Professore ordinario di diritto privato. Presidente del consiglio incaricato dal Presidente della Repubblica». Evidentemente non c’è stato ancora il tempo di aggiornare il curriculum di Conte. Non proprio una novità .
I profili social di Conte dovevano dare un’immagine precisa: professionalità , competenza, pacatezza, umiltà . Niente simboli di partito, messaggi rivolti a tutti e un tono mai sopra le righe, proprio come ci si aspetterebbe da un professore.
Mancava giusto il famoso loden di montiana memoria. Ma la stagione è più per un abito in frescolana. E il premier incaricato già  aveva iniziato la sua attività . Sabato in un post in inglese in italiano raccontava di aver ricevuto “una telefonata dal Presidente della Repubblica Francese Emmanuel Macron”. Ora chi lo dice a Macron che quello con cui ha parlato non era il Presidente del Consiglio?
Per anni l’Italia è stata governata da un partito che aveva la sua sede in via dell’Umiltà  (al suo posto ora c’è un hotel di lusso).
Conte, in ossequio ai precetti pentastellati, ha fatto un passo avanti. Andava al Quirinale in taxi, come un cittadino qualunque. Dal Quirinale andava al Senato in taxi. Però il taxi era scortato dalle auto blu della sicurezza.
Un po’ come quando Roberto Fico ha preso l’autobus per andare alla Camera o quando si è recato da Mattarella per le consultazioni a piedi ma circondato da un imponente apparato di sicurezza.
Quando ieri sera Conte ha lasciato il Quirinale però — forse per lo sconforto — ha scelto l’auto blu e ci ha risparmiato la pantomima di chiamare un taxi.
Conte era davvero un premier del popolo. Come Di Battista quando mangiava la focaccia sugli scalini del Palazzo Conte è stato immortalato mentre andava a prendere la pizza da asporto (sempre con la scorta).
L’immagine che si voleva dare era quella di un Presidente del Consiglio sempre al lavoro, che anche in pausa pranzo sceglie qualcosa di popolare, veloce e informale: c’è un’Italia da ricostruire e non abbiamo certo tempo per la spigola al sale della Buvette.
Lo stile Conte abilmente costruito dagli strateghi a 5 Stelle aveva conquistato anche Luigi Di Maio. Il Capo Politico del M5S è stato immortalato mentre portava a spasso il cartone della pizza. La didascalia è inequivocabile “Di Maio si compra la pizza, come Conte”.
Ormai il cambiamento stava prendendo il sopravvento in modo inequivocabile. E non è un caso che oggi Carlo Cottarelli   abbia scelto di arrivare al Quirinale in taxi “zainetto in spalla”.
Chissà  chi sarà  il primo che in nome dell’umiltà  e dell’understatement (virtù che in Italia non esiste) deciderà  di andarci in ginocchio.
Alla fine la comunicazione di Rocco Casalino si basa su un semplice assunto, quello del “comprereste mai un’auto usata da quest’uomo?” che va bene appunto per le compravendite di automobili.
Quando invece si cerca di vendere un Paese intero agli investitori internazionali che ne detengono il debito serve altro per conquistarne la fiducia.
Ad esempio? Non indicare come ministro dell’Economia uno che nel suo ultimo libro teorizza di uscire dall’euro di nascosto nella notte.
E alla fine forse è un bene che Rocco Casalino non porti questo genere di comunicazione che comunica ma non informa a Palazzo Chigi.
Cosa sappiamo davvero delle trattative tra Lega e M5S? Nulla.

(da “NextQuotidiano”)

argomento: Costume | Commenta »

DI MAIO PENSI ALLA FIGURA DI MERDA DEL GIRO D’ITALIA FERMATO PERCHE’ IL COMUNE NON E’ IN GRADO DI TAPPARE NEANCHE LE BUCHE

Maggio 28th, 2018 Riccardo Fucile

IN MONTAGNA CI SONO LE SALITE, A ROMA LE VORAGINI… “ALTRO CHE COLPA DEI SAMPIETRINI, QUELLI CI SONO ANCHE AL TOUR DE FRANCE, QUA C’ERANO BUCHE CHE ANDAVANO SISTEMATE”

I giornali di tutto il mondo parlano della figuraccia di Roma al Giro d’Italia per le buche, confermata anche dal consigliere grillino in Campidoglio Angelo Diario:
Il Campidoglio e forse gli organizzatori non avevano fatto i conti con chi, in sella alla bici, ci sale davvero. Percorso cambiato e tappe annullate, con buona pace di chi da questo giro voleva uscire rafforzato e invece si ritrova a sprofondare. Nelle buche, appunto. Che però, per il presidente della Commissione Sport del Campidoglio Angelo Diario erano parte della sfida.
Come a dire che in montagna ci sono le salite, a Roma le voragini.
«Nell’ultima conferenza dei servizi – spiega Diario – gli organizzatori ci hanno dato il via libera dicendo che i ciclisti sono abituati a correre anche su strade peggiori. Le strade di Roma sono queste, il bello e il brutto del centro sono i sampietrini. Non è la classica passerella ma un percorso impegnativo e molto avvincente per chi sta assistendo».
La smentita degli organizzatori di ieri pare superata da quanto scrive la Gazzetta dello Sport, sponsor dell’evento:
Froome e i suoi arrivano dopo circa 10′. Buche, avvallamenti, dislivelli, sampietrini consumati dai secoli, qualche strettoia, qualche riparazione effettuata con asfalto fresco… Ma siamo nel cuore della Città  Eterna. […] Come mai nessun corridore o team aveva sollevato perplessità ? E come mai i rappresentanti dei corridori non avevano battuto ciglio?
A fine gara, Viviani spiega: «Chi aveva visto il circuito? Chi ci aveva pedalato? Sul libro (il Garibaldi, dove ci sono i percorsi, ndr) c’era scritto 350 metri di pavè. Nessuno ha visto il circuito, nemmeno l’Uci. Pedala tu su una strada così».
Così Froome: «Con la giuria abbiamo trovato la soluzione per rendere la corsa più sicura. Il circuito era pericoloso. Però è vero, ci sono persone che dovrebbero vigilare sulla sicurezza delle corse, c’è una procedura che però penso debba essere rivista».
A parlare, sempre sulla Gazzetta, anche Urbano Cairo: «Resta una giornata di sport bella, però le buche potevano sistemarle…. I sanpietrini ci sono anche al Tour de France e in altre classiche. Ma le buche, mi dispiace, andavano sistemate: si sapeva da un anno e si trattava soltanto di undici chilometri».
E Virginia Raggi? Come al solito, fa finta di niente: «Buche e sampietrini? Sì, ma si è trattato di un giorno di festa. Spiace il tentativo di trasformare tutto in una continua polemica. Resta un momento di sport ad altissimo livello per migliaia di cittadini, appassionati, turisti, che hanno assistito alla gara in una cornice unica al mondo».

(da “NextQuotidiano”)

argomento: denuncia | Commenta »

FRANCIA, AVRA’ LA CITTADINANZA IL SANS PAPIER DEL MALI CHE HA SALVATO IL BAMBINO SOSPESO NEL VUOTO

Maggio 28th, 2018 Riccardo Fucile

L’IMMIGRATO EROE DI 22 ANNI E’ STATO RICEVUTO ALL’ELISEO DAL PRESIDENTE MACRON

Ha salvato un bambino che era sospeso nel vuoto appeso al balcone del quarto piano di un palazzo, nel XVIII arrondissement di Parigi, arrampicandosi sulla facciata dell’edificio come uno scalatore.
Per questo Mamoudou Gassama, 22enne sans-papier maliano, diventato un “eroe” in Francia dopo che il video amatoriale che riprendeva l’impresa di sabato è stato visualizzato milioni di volte, è stato ricevuto all’Eliseo dal presidente francese Emmanuel Macron.
Il capo dello Stato ha annunciato che gli sarà  concessa la cittadinanza onoraria francese e che il giovane entrerà  a far parte dei pompieri.

(da agenzie)

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LA FIDUCIA NELL’UNIONE EUROPEA E’ IN CRESCITA: LA NOVITA’ SU CUI SALVINI E DI MAIO POTREBBERO ANDARE A SCHIANTARSI

Maggio 28th, 2018 Riccardo Fucile

IN FRANCIA MARINE LE PEN E’ STATA ASFALTATA DA MACRON PROPRIO PERCHE’ IL PREMIER FRANCESE IMPOSTO’ LA CAMPAGNA ELETTORALE SULL’ORGOGLIO DI ESSERE EUROPEI E NON SERVI DI MOSCA (O DI WASHINGTON) COME LEGA E M5S

La fiducia nell’Unione Europea è a sorpresa in crescita dopo il calo innescato dalla crisi del debito sovrano e il crollo del 2011-2015 dopo la caduta del governo Berlusconi in seguito alla famosa lettera della BCE in cui si chiedeva di rimettere a posto i conti pubblici e riformare le pensioni.
Nel sondaggio di Demos&PI si vede che la serie storica ha toccato il suo punto più basso tra 2014 e 2016, ma negli ultimi due anni è tornato in alto anche se i numeri del 2000 (quando gli euroentusiasti erano il 57%) sono ancora molto lontani.
È interessante anche notare che tra gli elettori dei principali partiti, il PD riporta percentuali di fiducia altissime (l’80%), ma anche tra gli elettori del M5S c’è un 35% di tutto rispetto (più alto rispetto a Forza Italia).
È come se le tensioni euro-scettiche, apertamente evocate da alcuni esponenti della maggioranza di governo, avessero ravvivato il sentimento europeo.
Per le ragioni indicate. Per prudenza. Per timore di “restare soli”.
In altri termini, così com’è, la Ue non ci piace, ma l’idea di uscirne ci piace ancora meno.
Anzi, ci spaventa (non poco).
Se analizziamo il dato in base alla preferenza di voto, le differenze appaiono profonde. Molto più che nel passato (anche recente).
Unici euro-entusiasti: gli elettori del Pd (80%). Mentre nel Centro-destra (Lega e FI) si scende al 25-30%. Fra gli elettori del M5s il favore risale, ma di poco (35%).
E conclude: “La Ue non ci piace, l’Euro ancor meno. Ma è meglio non abbandonare la nave. Naufragare in mare aperto, da soli… può essere molto rischioso.
E oggi, in piena crisi di governo, di fronte alla prospettiva di nuove elezioni, il mare intorno a noi è in burrasca. Un maremoto”.

(da “NextQuotidiano”)

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