Luglio 13th, 2018 Riccardo Fucile
I FUORIUSCITI: “FDI IN MANO A GRUPPI DI POTERE FAMILIARI E DI AFFARI”: SE NE SONO ACCORTI ORA?
Ieri alla Camera è andata in scena una rissa inedita tra parlamentari di due schieramenti che
governano in tutta l’Italia insieme: Fratelli d’Italia e Lega.
I due partiti sono forze componenti del centrodestra ma da qualche tempo i rapporti tra Giorgia Meloni e Matteo Salvini si sono molto freddati per questioni politiche, delle quali la rissa alla Camera è solo la punta dell’iceberg.
Proprio ieri mattina infatti un articolo di Repubblica riepilogava i termini della diaspora in atto in Fratelli d’Italia, che solo a Roma ha portato quattordici tra consiglieri eletti e alte personalità del partito a lasciare Giorgia Meloni.
Il racconto parte dalla convocazione per oggi dell’assemblea nazionale del partito, composta da 450 persone, arrivata soltanto martedì notte (via Whatsapp) o mercoledì mattina (via mail).
Una convocazione che ha messo già in partenza a repentaglio la partecipazione.
A questo si può aggiungere anche la mail inviata sabato 23 giugno dall’Organizzazione di FdI in cui si chiedeva ai militanti di dare la propria opinione sul governo Conte e sul posizionamento di FdI.
Nel questionario che il militante di FdI è stato chiamato a compilare si chiedeva un giudizio sul governo Conte e non è difficile comprenderne il perchè: oggi il partito della Meloni soffre della concorrenza elettorale di Salvini che è al governo e può intestarsi le lotte come quella contro le ONG, mentre FdI si trova nella scomoda situazione di dovere o applaudire il governo, invitando così i suoi elettori a votare Lega la prossima volta, o criticarlo mentre gran parte del suo elettorato lo elogia.
Uno stallo politico che mette in seria difficoltà anche l’esistenza stessa di Fratelli d’Italia di fronte a una Lega nazionale che si è mangiata tutte le sue issues.
A questo problema se ne aggiunge un altro.
Quando se ne sono andati sbattendo la porta, Santori e Iadicicco hanno puntato il dito sulla gestione “familistica” di Fratelli d’Italia, che a loro parere non terrebbe conto della meritocrazia nelle scelte su candidature e posti da ricoprire.
L’articolo di Repubblica firmato da Matteo Pucciarelli andava ancora più a fondo nella questione:
«Fdi è in mano a gruppi di potere familiari e d’affari», si legge online nei forum ribelli.
Il capogruppo alla Camera, Francesco Lollobrigida, è il cognato di Giorgia Meloni (ha sposato la di lei sorella).
La famiglia La Russa – Ignazio e Romano – si è rafforzata con l’ingresso in Parlamento del genero di Romano, Marco Osnato. Il capogruppo al Senato Sergio Berlato è legatissimo alla deputata Maria Cristina Carretta, entrambi rinviati a giudizio per una storia di tesseramenti gonfiati ai tempi del Pdl in Veneto.
Una new entry del partito come Mario Mantovani, potente ex vicepresidente della giunta lombarda, super berlusconiano anche lui finito in mezzo a pesanti grane giudiziarie, alle scorse politiche riuscì a mettere in lista la figlia Lucrezia. E adesso? «È vero che destra e sinistra sono categorie superate – ragiona Jonghi Lavarini – ora la divisione è tra sovranisti e mondialisti. Ma va bene così, il primo fascismo era trasversale e anti-establishment. Come lo è questo governo…».
Come si vede, anche nella grande famiglia di Fratelli d’Italia i veleni interni abbondano. E molti sognano la terra promessa da Salvini.
Infatti si racconta che molti dei fuoriusciti romani volessero passare al Carroccio e appoggiare il governo Lega-M5S, ma questo gli è stato impedito da un veto chiesto a Salvini dalla stessa Meloni.
Ma adesso che cominciano a volare schiaffi anche in parlamento, il veto reggerà ?
(da “NextQuotidiano”)
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Luglio 13th, 2018 Riccardo Fucile
LA SPEDIZIONE PUNITIVA PER VENDICARE UNO STUPRO INVENTATO DA UNA 16ENNE… CONFERMATA L’AGGRAVANTE DELL’ODIO ETNICO
La Corte d’appello di Torino ha emesso 4 condanne per l’incendio appiccato nel 2011 a un campo rom dopo una manifestazione di protesta dei cittadini del quartiere periferico delle Vallette
I giudici hanno confermato per alcuni imputati l’aggravante dell’odio etnico e razziale. Fuori dall’aula uno dei presenti ha urlato “è una buffonata”.
La Corte ha comunque ridotto le pene inflitte agli imputati, che ora spaziano dai 2 ai 4 anni di reclusione (in primo grado erano tra i 3 anni e i 6 anni e mezzo)
I fatti risalgono al 10 dicembre 2011 quando l’insediamento della Continassa, che ospitava 80 famiglie rom, era stato dato alle fiamme.
La manifestazione, come ricostruito dalla sentenza di primo grado, era stata convocata “quando una ragazza minorenne per nascondere ai familiari di aver avuto un rapporto sessuale inventò e denunciò di essere stata violentata dagli zingari”
Dopo una fiaccolata, durante la quale un ufficiale dei carabinieri informato degli sviluppi dell’indagine tentò inutilmente di convincere i presenti che lo stupro non era mai accaduto, un gruppo di persone entrò nel campo della Continassa, alla periferia della città , per devastare e incendiare casupole, baracche e roulotte
I nomadi fuggirono, mentre i dimostranti rimasti fuori incitavano e applaudivano.
Il giudice di primo grado Paola Trovati scrisse nelle motivazioni che il rogo “fu il prodotto di un atavico e mai sopito odio etnico nei confronti degli zingari”, che portò dei ” normali cittadini” a compiere “atti di violenza disumana”.
(da agenzie)
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Luglio 13th, 2018 Riccardo Fucile
AL GIORNALISTA DEL “FOGLIO”: “ORA CHE CHIUDE, COSA FAI? MI DICI A COSA SERVE IL TUO GIORNALE?”… DIMENTICA QUANDO MENDICAVA UN LAVORO A EMILIO FEDE
Tutti contro Rocco Casalino. Il capo della comunicazione del governo è finito sul banco degli
imputati dopo la frase rivolta al giornalista del Foglio Salvatore Merlo durante il party organizzato dai Cinque stelle per festeggiare l’abolizione dei vitalizi. Frase riportata oggi in un articolo dello stesso Merlo: “Adesso che Il Foglio chiude che fai? mi dici a cosa serve Il Foglio? perchè esiste?”, avrebbe detto il portavoce di Giuseppe Conte, riferendosi probabilmente ai finanziamenti pubblici che riceve il giornale diretto da Claudio Cerasa.
Un’uscita che ha scatenato un vero e proprio putiferio
Romano si è limitato a commentare la frase con un ironico “Da Mosca-Caracas è tutto, restituisco la linea alla libera stampa”, Anzaldi si è spinto oltre, invocando l’intervento dell’ordine dei Giornalisti di Milano, dove Casalino è iscritto:
Per Anzaldi “siamo di fronte ad un atteggiamento inaccettabile da parte di chi viene pagato con i soldi degli italiani per occuparsi della comunicazione ufficiale del Governo e invece utilizza il suo potere per indirizzare minacce contro la libera informazione. Cosa altro deve succedere affinchè gli organi preposti intervengano?”.
Lo schieramento anti-Casalino si è allargato infine anche a destra, con i tweet del deputato Fdi Guido Crosetto e della capogruppo alla Camera di Forza Italia Maria Stella Gelmini.Guido
Crosetto twitta: “Per quanto non condivida parte della linea editoriale del Foglio e molte delle posizioni di Claudio Cerasa, questa mattina sono corso a comprarne una copia ed oggi pomeriggio farò l’abbonamento on-line. Mi hanno convinto a farlo le parole di Rocco Casalino”.
Poco fa il portavoce di Palazzo Chigi ha provato a smorzare i toni in una nota, spiegando che si trattava soltanto di uno scherzo: “”Chi mi conosce sa bene che sono solito fare battute. E una battuta era anche quella rivolta al giornalista del Foglio in un momento informale di festeggiamenti per i vitalizi. Sono certo che Merlo ne fosse consapevole. Credo fortemente nella libertà di stampa” §
Durissima la Federazione nazionale della stampa nell’esprimere solidarietà a Merlo e al Foglio.”L’atteggiamento e le parole di Casalino, non nuovo a proclami e minacce nei confronti di suoi colleghi giornalisti, danno l’esatta dimensione della concezione che lui e i suoi danti causa hanno della democrazia e delle istituzioni” dichiarano il presidente Raffaele Lo Russo e il segretario generale del sindacato Beppe Giulietti, avvertendo come “la chiusura dei giornali da parte delle autorità richiama regimi e tempi che, per l’Italia, sono fortunatamente lontani”.
Non è la prima volta che le sortite di Casalino, entrato nel 2013 nell’ufficio stampa grillino di Palazzo Madama fino a diventarne il capo indiscusso, guadagnano l’onore delle cronache.
L’uomo che allora si firmava “Dott. Ing, Coordinatore della Comunicazione Nazionale, Regionale e comunale del Movimento 5 Stelle, Portavoce e Capo-comunicazione del Gruppo M5S al Senato”, una volta diventato portavoce del premier giallo-verde s’era illuso di poter conquistare qualche benefit.
Al punto da rimanerci malissimo quando scoprì che lui non aveva diritto a un appartamento a Palazzo Chigi come il capo del governo e che il suo studio era ben al di sotto delle aspettative: “Un po’ piccolina per essere la stanza del portavoce del presidente”, osservò entrandoci.
Ancora. Nel giugno scorso, al G7 di Charlevoix, in Canada, portò via di forza Giuseppe Conte che stava rispondendo alle domande dei cronisti, con una mossa più da body-guard che da portavoce.
E non è passato inosservato neppure l’emoticon con il dito medio alzato digitato sulla chat WhatsApp della Rappresentanza italiana in risposta ai giornalisti che chiedevano un commento alla proposta francese sugli hotspot.
L’icona maleducata fu subito rimossa, ma non abbastanza in fretta per non essere resa pubblica da chi l’aveva ricevuta.
Comportamenti non sempre graditi al premier Conte, con cui sarebbero registrati alcuni dissapori.
Insorti anche con Enrico Mentana allorchè Casalino, nel clou delle trattative per la formazione del governo giallo-verde, scrisse via sms al direttore del Tg La7 — che era in diretta tv – la notizia dell’intesa appena raggiunta.
Fece il tutto riprendendo la scena e facendosi beffa del direttore: “Troppo tempo, veloce Chicco!”. Quando la notizia venne annunciata, lui commentò entusiasta: “Momento storico”. Il video finì in Rete e restituì l’immagine dell’allora capo della Comunicazione grillina come il gran burattinaio dell’informazione, non solo tv. Quella stessa informazione che, se non controllata da lui, è forse meglio chiudere.
(da agenzie)
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Luglio 13th, 2018 Riccardo Fucile
UNA VITA IN MARE, GLI IMMIGRATI E LA LIBIA: UN GRANDE MILITARE DEGLI ANNI TRENTA, INVIATO A ELLIS ISLAND E POI COMANDANTE DEL PORTO DI TRIPOLI
Due coincidenze legano la vita del maggior generale Ubaldo Diciotti — cui è dedicato l’omonimo pattugliatore della Guardia Costiera – alla Libia e alla storia dell’immigrazione.
Lucchese, nato nel 1878, ebbe una carriera molto lunga dato che, per la sua competenza fu richiamato in servizio anche oltre i limiti d’età .
Entrato come ufficiale nel Corpo delle Capitanerie di Porto nel 1901, comandò i porti di Barletta, Molfetta, Sebenico, Ancona, Livorno e Napoli.
Negli anni ’30, fu mandato negli Stati Uniti per studiare il porto di New York, dove sorgeva il famoso punto di sbarco di Ellis Island presso il quale, nei primi del ‘900, approdarono quasi 12 milioni di aspiranti cittadini americani.
Poco più di cento anni fa, il porto introdusse severe restrizioni che limitarono i flussi migratori in base all’alfabetizzazione, alla salute e, dal 1924, fissando quote d’ingresso differenziate per ogni Paese.
Il viaggio per Diciotti, tuttavia, era essenzialmente finalizzato a trarre conoscenze utili per la costruzione del porto di Sampierdarena, a Genova.
Due anni dopo, nel 1937, riceve i gradi da maggior generale e, a quasi sessant’anni, accetta il gravoso incarico di Comandante del Porto di Tripoli che, con lo scoppio della Seconda guerra mondiale diverrà bersaglio di martellanti bombardamenti alleati.
In tale situazione, l’anziano ufficiale si spenderà in prima persona tanto da guadagnarsi, nel ’41, la Medaglia d’Argento al Valor Militare, con la seguente motivazione: «In occasione di attacchi aerei nemici dirigeva con prontezza, con decisione e con competenza, durante le stesse azioni di bombardamento, le opere di soccorso ed in particolare a bordo lo spegnimento di una nave incendiata con carico di tritolo e munizioni, dimostrando alto spirito del dovere e sereno sprezzo del pericolo».
(da “La Stampa”)
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Luglio 13th, 2018 Riccardo Fucile
“ERAVAMO DISPOSTI A TUFFARCI IN MARE PIUTTOSTO CHE TORNARE NEI LAGER LIBICI”…A BORDO UN RAGAZZO A CUI I LIBICI HANNO MOZZATO UN DITO… LA PROCURA DI TRAPANI: “SEGUIAMO LE REGOLE, NON CI MUOVIAMO SULLA SPINTA DI DICHIARAZIONI POLITICHE”
“Non abbiamo aggredito nessuno ci sono stati 5-10 minuti di grande confusione e paura, ma non
volevamo fare del male ad alcuno. Eravamo terrorizzati non volevano tornare in Libia. Eravamo pronti a tuffarci in mare e a rischiare la vita piuttosto che ritornare a terra”, a riportare le voci dei migranti sbarcati dalla nave Diciotti della Guardia costiera italiana è Sahar Ibrahim, l’operatrice italo-egiziana di Unicef/InterSos a bordo dalla nave della Guardia costiera italiana.
Tra loro c’è anche Mohamed, che è egiziano e ha solo 17 anni. Per tre anni ha vissuto in Libia. Un’esperienza terribile la sua: è stato derubato e rapito, sono arrivati persino a mozzargli un dito per darli “una lezione da non dimenticare”.
Ma, sostiene: “sogno ancora di cambiare la mia vita e quella della mia famiglia”.
Suo padre è morto quando aveva 9 anni e lui – come ha raccontato agli operatori di Intersos – ha scelto di venire in Italia per aiutare la sua mamma e le sue sorelle. Ecco perchè era terrorizzato, come i suoi compagni di viaggio, quando, una volta soccorso dal mercantile Vos Thalassa, temeva di essere consegnato ai libici.
Sulle dichiarazioni di Salvini è intervenuta la procura di Trapani: “Nulla è mutato rispetto a ieri e certamente non ci muoviamo sulla spinta delle dichiarazioni politiche, ma sulla base dell’attività di polizia giudiziaria. Seguiamo le regole”, hanno affermato i magistrati.
La condotta dei migranti sulla Vos Thalassa per la procura non è configurabile con minacce e tentato impossessamento della nave. Nessun fermo dunque. Nè sono stati ancora individuati al momento gli scafisti, che rappresentano un capitolo a parte, e comunque un aspetto legato alla prassi di ogni sbarco.
(da agenzie)
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Luglio 13th, 2018 Riccardo Fucile
L’EDIFICIO COMPRATO A 4 MILIONI E AFFITTATO A 7 MILIONI
Dopo la prima appassionante puntata che risale a ieri, emergono nuovi e interessanti particolari sull’immobile che il ministero della Giustizia ha affittato per usarlo come sede del tribunale di Bari e di proprietà di Giuseppe Settanni, amico di Gianpi Tarantini che ha versato centinaia di migliaia di euro all’imprenditore Michele Labellarte, che si è scoperto fosse il cassiere del clan Parisi, il più pericoloso della città .
Il ministero sceglie la Sopraf e il ministro Bonafede annuncia, trionfale, la risoluzione del “caso Bari” in una diretta Facebook. Magistrati e avvocati storcono il naso (il palazzo è piccolo e non può ospitare tutti gli uffici).
E soprattutto, come documentano gli atti di cui Repubblica è in possesso, ci sono varie circostanze singolari. Sopraf acquista il palazzo il 27 aprile del 2018, un mese prima della gara.
La proprietà era del Fip, il Fondo immobiliare pubblico, il cui presidente è Gianpiero Nattino, a cui il Mef negli scorsi anni ha ceduto una serie di immobili da cartolarizzare.
Per Settanni, secondo tutti gli analisti, è un grande affare: quattro milioni e 100mila euro più Iva, a fronte di una rendita catastale da dieci milioni.
Un mese dopo l’acquisto dell’immobile arriva la nuova ricerca di mercato. A cui la Sopraf, grazie alla variazione, può partecipare: non si cercano più immobili minimo di 15mila metri quadrati. Ma anche da 5mila vanno bene.
E così l’ex Inpdap, 223 vani, 7.100 metri quadrati più i garage, come da visura catastale, è della partita. Anzi la vince.
Assicurando così ai suoi proprietari 7,2 milioni per i prossimi sei anni. Il doppio quasi del prezzo a cui lo avevano appena acquistato.
(da “NextQuotidiano”)
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Luglio 13th, 2018 Riccardo Fucile
IL PRESIDENTE EMERITO DELLA CORTE COSTIZIONALE PREVEDE LA BOCCIATURA DA PARTE DELLA CONSULTA
«La misura adottata è illegittima e ingiusta. È dubbio che l’ufficio di presidenza avesse competenza.
à‰ illegittimo il procedimento. Priva i destinatari del diritto di difesa davanti a una corte indipendente»: in un’intervista rilasciata oggi a Repubblica Sabino Cassese fa a pezzi la delibera sui vitalizi ieri approvata dall’ufficio legislativo della Camera.
Il giudice emerito della Corte Costituzionale, già ministro del governo Ciampi, in un’intervista rilasciata a Maria Berlinguer
«L’assegno vitalizio per i parlamentari non esiste più dal 2012. Strano che si gioisca tanto. Per quel che si sa (la Camera non ha ancora messo sul sito la delibera), l’ufficio di presidenza della (sola) Camera dei deputati ha ora soltanto stabilito di ricalcolare con il metodo contributivo gli assegni vitalizi percepiti da coloro che non erano più deputati nel 2011 (1240 percettori, età media di 76,5 anni). Una decisione che presta il fianco a molti dubbi. Si può dire giusta una giustizia retroattiva?
Non crea ingiustizie un provvedimento preso per gli ex deputati, ma non per tutti gli altri ex rappresentanti che godono di assegni detti vitalizi, come i consiglieri regionali e i senatori? Che succede a coloro che in passato sono stati prima deputati, poi senatori, o viceversa? È giusto il ricalcolo anche delle pensioni di reversibilità , spettanti a familiari degli ex deputati (per lo più in età avanzata)?
È legittimo un provvedimento regolamentare dell’ufficio di presidenza adottato senza istruttoria in contraddittorio, non impugnabile davanti a un giudice e sottratta al sindacato costituzionale diretto?».
Gli ex parlamentari annunciano ricorsi e c’è chi parla di una class action. Hanno ragione?
«Penso di sì, anche se non è chiaro se vi siano rimedi giurisdizionali. Il problema è che si dovrebbe stabilire per legge che vanno ricalcolate tutte le pensioni o parti di pensioni che sono erogate con il metodo retributivo, adottando quello contributivo. E approvare misure draconiane anche nei confronti dei baby pensionati. Come si vede dai dubbi che ho espresso penso che l’intento punitivo o dimostrativo, dettato dalla esigenza del M5S di riprendersi una parte del palcoscenico, prevale sulla esigenza di giustizia».
C’è un problema sui diritti acquisiti
«I diritti acquisiti vanno rispettati, e possono essere limitati solo in maniera che sia ragionevole e proporzionale, al verificarsi di una situazione nuova che giustifichi il nuovo intervento. Se l’intervento è sproporzionato e non trova una spiegazione obiettiva in una situazione economica nuova, come può essere ritenuto legittimo?».
(da “NextQuotidiano”)
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Luglio 13th, 2018 Riccardo Fucile
IL MAGISTRATO PIU’ VOTATO DEL NUOVO CSM INTERVIENE SUL CASO DICIOTTI
Due giorni dopo la sua elezione al Csm, il magistrato Piercamillo Davigo interviene sulla questione migranti e attacca Salvini sulla vicenda della nave Diciotti, che ha stazionato per ore nel porto di Trapani perchè il ministro dell’Interno non aveva autorizzato lo sbarco dei migranti a bordo.
Lo fa in un’intervista di Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano: “La Costituzione della Repubblica riserva le decisioni sulla libertà personale all’Autorità giudiziaria, anche per convalida degli arresti – sostiene il magistrato – Escludo che un ministro possa dare ordini alla magistratura”.
Sul rilievo fatto anche da Armando Spataro, procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Torino, che ha avvertito il governo dell’illiceità dei respingimenti in mare, Davigo spiega al direttore del Fatto che si tratta di un “problema complesso che tutti, da ogni fronte, pensano di risolvere con soluzioni semplici”.
Davigo dice che, intanto: “È assurdo il principio degli accordi di Dublino: se esiste un’Europa, i migranti non possono essere accollati al solo Paese dove sbarcano”.
Un riferimento poi al soccorso in mare: “È un obbligo inderogabile. Per troppi anni – aggiunge il magistrato – i nostri governi hanno alimentato la clandestinità negando il visto a chi chiedeva alle nostre ambasciate di venire a lavorare qui, e poi facendo sanatorie per chi arrivava irregolarmente. E ogni condono genera altra illegalità . Sempre”.
E su quell’atteggiamento di Salvini interviene anche l’Associazione Nazionale Magistrati: “Il lavoro dei della Procura di Trapani venga lasciato proseguire senza interferenze”.
Ogni richiesta d’intervento è, si sottolinea, “ingiustificata e non in linea con i principi di autonomia e indipendenza fissati dalla Costituzione, cui tutti devono attenersi”.
(da agenzie)
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Luglio 13th, 2018 Riccardo Fucile
SALVINI VOLEVA LA SOSPENSIONE DELLO STATO DI DIRITTO SOSTITUENDOSI AL POTERE GIUDIZIARIO, ANDAVA INCRIMINATO LUI
Ieri un paese democratico, il nostro, ha assistito ad una sceneggiata incredibile e imbarazzante. 
Il ministro dell’Interno Matteo Salvini voleva imporre la sospensione dello stato di diritto sostituendosi al potere giudiziario. Il Segretario della Lega, a Innsbruck per il vertice UE, ha tenuto in scacco il governo (il suo governo) e bloccato una nave della Guardia Costiera impedendo per tutta la giornata lo sbarco dei 67 migranti a bordo del pattugliatore Diciotti della Guardia Costiera. Salvini voleva, in spregio a tutte le norme giuridiche, che i due “facinorosi” colpevoli di dirottamento scendessero in manette
Questa volta la pacchia è finita, per Salvini
È dovuto intervenire il Presidente della Repubblica, vista anche l’inconsistenza del presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che ha ricordato a Salvini la separazione tra i poteri dello Stato.
La trattativa con Salvini che fino dalla mattina si era asserragliato su Facebook tenendo in ostaggio i migranti, si è conclusa alle ore 21 e 15 di ieri sera quando un comunicato di Conte ha annunciato «Sta per iniziare lo sbarco. Sono state completate le procedure di identificazione delle persone che erano a bordo, con particolare riguardo a quelle a cui risulterebbero imputabili le condotte che configurano ipotesi di reato. Nei prossimi giorni proseguiranno gli accertamenti».
Salvini non ha ottenuto quello che voleva: l’immagine dei due migranti colpevoli a suo dire di dirottamento che scendevano in manette dalla Diciotti.
Quella foto probabilmente avrebbe risollevato la giornata del ministro dell’Interno che dal vertice di Innsbruck è tornato con le mani vuote.
Con i migranti in manette l’Italia non sarebbe diventata improvvisamente un paese più sicuro ma senza dubbio Salvini avrebbe potuto vendere quel — misero — successo spiegando che grazie alla Lega al governo ora tutti i criminali vengono puniti e nessun clandestino “facinoroso” se ne va in albergo a spese degli italiani.
Tutto questo non è successo. La giornata finisce con il Viminale che fa trapelare «lo stupore per l’intervento del Quirinale» e «il rammarico per il mancato intervento della Procura di Trapani perchè a bordo della nave c’era almeno uno scafista».
Su Facebook ai suoi fan Salvini invece racconta che la pacchia è finita «due indagati, scafisti individuati, tutti fermati e interrogati». Ma nessun arresto.
Per la Procura di Trapani non c’erano gli estremi per gli arresti. Per Salvini invece nessuno sarebbe potuto sbarcare senza che i responsabili dell’ammutinamento a bordo della Vos Thalassa fossero stati ammanettati. E possibilmente rispediti a casa senza processo, come ha sostenuto qualche commentatore televisivo spiegando che l’Italia non poteva permettersi di pagare l’avvocato d’ufficio.
La lunga giornata è iniziata ieri mattina intorno alle 8 quando la Diciotti arriva a Trapani. I migranti, salvati il 9 luglio dalla Vos Thalassa, sono da due giorni a bordo del pattugliatore della Guardia Costiera che però fino alla sera prima non aveva ancora ricevuto indicazioni in merito a quale sarebbe stato il porto di approdo.
Le operazioni di sbarco avrebbero dovuto iniziare alle 9, ma Salvini si impunta ribadendo quello che aveva detto già il giorno prima: i violenti dirottatori avrebbero dovuto scendere in manette dalla Diciotti. Nel frattempo però il quadro della “rivolta” a bordo del rimorchiatore Vos Thalassa si era fatto più chiaro.
La società armatrice aveva infatti fatto sapere che la situazione a bordo c’è stata sì una situazione di tensione quando i migranti hanno capito che l’imbarcazione stava facendo rotta verso Sud ma che non c’è stato alcun dirottamento o “ammutinamento”.
Lo dice da ministro e da papà ?
Salvini però continuava a negare l’autorizzazione all’attracco e allo sbarco. Solo alle tre del pomeriggio di ieri la Diciotti, da ore in rada a Trapani, ha potuto ormeggiare al molo Ronciglio. Per tutto il giorno il ministro dell’Interno ha continuato a fare la faccia cattiva, non dimenticandosi di rinfrancare l’umore dei suoi follower tra un proclama e una minaccia. Ad un certo punto si è divertito a sfottere una sentenza della Cassazione che ha stabilito che dire “andate via” può essere odio razziale. Nei commenti i sostenitori del Capitano fanno la ola.
Da ministro, da cittadino ma curiosamente non “da papà ”
Da ministro e da cittadino (stranamente non “da papà ”) scriveva ieri sera alle 21 Salvini “vorrei sapere di chi si tratta” prima di far sbarcare i migranti. I suoi fan erano d’accordo e molti erano entusiasti: mai avuto un ministro così in Italia.
Ed in effetti non era mai successo che un ministro dell’Interno pretendesse di avere voce in capitolo su materie che riguardano la magistratura.
Piccolo ripasso di educazione civica: la magistratura è un potere indipendente dalla politica. Ma questo per gli elettori della Lega non è un problema.
I due “facinorosi” sbarcano a piede libero? In ogni caso hanno già commesso un reato: quello di clandestinità che secondo alcuni commentatori «andrebbe modificato e inasprito, senza pene pecuniarie che tanto non pagano, ma con i rimpatri e il divieto di rimettere piede sul suolo invaso clandestinamente».
Durante tutto il giorno nessuno nel governo (nè il premier, nè i ministri Trenta e Toninelli) sono stati in grado di imporre a Salvini di rientrare nei ranghi. C’è voluto, come detto, l’intervento di Mattarella.
Intervento che ovviamente non è piaciuto a Salvini, che però non si sente assolutamente messo all’angolo. Anzi, scarica la responsabilità sul ministro delle Infrastrutture: «se vogliamo dirla tutta, se i magistrati pensano che a bordo non sia successo nulla, allora smentiscono il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli e la Guardia costiera che da lui dipende e che aveva parlato di rivolta: io a quello ero fermo. E gli elementi in mio possesso confermano altro. Se adesso è cambiato qualcosa…».
Insomma Salvini ritiene di aver fatto tutto il possibile per scongiurare lo sbarco dei “facinorosi”. Se poi i facinorosi non sono tali la colpa è dei magistrati e, in ultima istanza, di chi li ha definiti così: ovvero Toninelli.
Questa mattina a Rtl 102.5 Salvini ha spiegato di aver agito per garantire la sicurezza degli italiani. E ci sarebbe da chiedere che pericolo rappresentavano i due migranti che sono “insorti” solo perchè Salvini ha deciso di chiudere i porti e di rimandare tutti i migranti in Libia.
Anche sei i migranti sono sbarcati Salvini non si arrende e promette che sulla Diciotti «andrò fino in fondo fino a quando qualcuno non verrà assicurato alla giustizia». Questo è il ministro dell’Interno.
Tanto inflessibile nel voler punire i colpevoli di una rissa tra disperati (sono indagati per violenza privata continuata ed aggravata) da non rispettare l’autonomia della magistratura quanto preoccupato dalla tenuta dell’ordine democratico per il sequestro dei conti della Lega da parte dei giudici.
Nel frattempo il ministro Toninelli ha scelto non evitare accuratamente la vicenda.
Il vicempremier Luigi Di Maio oggi ad Agorà ha detto che se Salvini abbia «esagerato o meno, non me ne frega niente…» perchè «la cosa importante è che con l’intervento del Presidente Mattarella si è sbloccata la situazione».
Per Di Maio quindi è perfettamente normale che il ministro dell’Interno faccia il bello e il cattivo tempo, lui non ha seguito la vicenda perchè ieri era impegnato a fare altro (l’abolizione dei vitalizi).
(da “NextQuotidiano”)
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