Novembre 3rd, 2018 Riccardo Fucile
“HA UN’IDEA PADRONALE DEL MOVIMENTO, NON C’E’ SPAZIO PER I PROFESSIONISTI DELLA POLITICA, AL PROSSIMO GIRO VA FUORI LUI”
Un malumore che cresce con il passare delle ore, con l’avvicinarsi dell’arrivo in aula al Senato –
all’inizio della prossima settimana – del decreto sicurezza.
A parlare è Gregorio De Falco, ex comandante della capitaneria di porto famoso per lo scontro con Schettino (“Torni a bordo…”) e ora senatore M5S. “Ci buttano fuori? Quando Di Maio dice o con me o fuori afferma un’idea padronale di un Movimento in cui oggi sembra venire meno la dialettica e la capacità di ascolto e risposta”, dice.De Falco è uno dei leader della cosiddetta fronda Cinquestelle, parlamentari vicini al presidente della Camera Roberto Fico (ci sono anche Paola Nugnes, Elena Fattori, Matteo Mantero) polemici con la linea Salvini in materia di immigrazione.
Al vicepremier pentastellato De Falco ricorda: “Si dovrebbe tenere presente che nel Movimento non c’è spazio per professionismi della politica. Qualcuno si dovrebbe ricordare che il secondo mandato è il raggiungimento del limite. Dobbiamo ricordarci che abbiamo tutti accettato di avere una data di scadenza”. Insomma, ricorda all’attuale leader Cinquestelle che dovrà , al prossimo giro, farsi da parte.
Per De Falco “non siamo noi ad essere fuori dal Contratto di governo che prevede sulla sicurezza il rispetto dei principi costituzionali. Il timore che non li rispetti non è solo nostro, illustri giuristi lo confermano. Qui bisogna capire chi è che sta fuori e chi sta dentro. Di Maio ci chiede il rispetto della maggioranza, ma io gli pongo la stessa domanda. Noi abbiamo un mandato e il Contratto di governo non dice quello che viene scritto nel decreto sicurezza sul tema: sul contratto c’è scritto anzi che avremmo cercato di incentivare gli Sprar” sottolinea il senatore che continua: “non è questo il modo di fare. Non c’è stato, se pur richiesto, un confronto sul tema. Ci è stato detto che il decreto era immodificabile e ora ci si dice che siamo fuori perchè diciamo quello che dicevamo in campagna elettorale”.
De Falco spiega poi la sua strategia nel caso in cui non venga posta la fiducia sul decreto sicurezza. “Se, come mi auguro, non verrà posta la fiducia al decreto sicurezza chiederò di sottoscrivere alcuni emendamenti presentati da altre forze politiche di cui condivido il contenuto: da Leu al Pd fino a Fi. E se questi emendamenti verranno bocciati chiederò di fare una dichiarazione di voto in dissenso al gruppo”.
E ancora: “Se metteranno la fiducia vedremo. Io confido molto nelle parole di Di Maio che ha detto che alcune correzioni al decreto potranno essere decise in Aula”.
Il segnale evidente di un malumore che cresce, soprattutto nell’ala sinistra del Movimento. Con contraccolpi anche nei sondaggi.
Ma anche la prova di un rapporto sempre più difficile con l’alleato leghista, come evidente dallo scontro tra i due ministri, Bonafede e Bongiorno, in materia di prescrizione.
In Senato i gialloverdi hanno solo 6 voti sopra la maggioranza assoluta. Ma i numeri sul decreto non dovrebbero essere a rischio. Il provvedimento – così caro a Salvini – può contare sul “soccorso” di Fratelli d’Italia. Ma per il Movimento si tratta di una grana. E l’assemblea dei parlamentari che era stata convocata nei giorni scorsi per affrontare la discussione è stata più volte rinviata.
(da agenzie)
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Novembre 3rd, 2018 Riccardo Fucile
RAPPRESAGLIA LEGHISTA SULLA PRESCRIZIONE, LA RICICLATA BONGIORNO CONTRO BONAFEDE, IL CONTENZIOSO SI ALLARGA OGNI GIORNO SU CORRUZIONE, OPERE PUBBLICHE, REDDITO CITTADINANZA, ROMA
Sul campo di battaglia la si definirebbe una rappresaglia. Giulia Bongiorno fa esplodere una bomba nei rapporti interni alla maggioranza andando a colpire uno dei temi più sentiti dai 5 Stelle, quello della giustizia, ponendo un veto – questo sì senza appello – alla riforma della prescrizione proposta da Alfonso Bonafede.
Di lì non si passa, afferma il ministro leghista, proprio mentre dentro il Movimento le tensioni interne tengono ancora sul filo il Decreto Sicurezza, in cima ai desiderata leghisti.
Così se è vero che c’è un Contratto di Governo da rispettare, il contenzioso fra M5S e Lega si allunga di giorno in giorno, il logoramento dei rapporti è sotto gli occhi di tutti.
Il problema lo solleva Luigi Di Maio in un’intervista al Corriere della Sera, in cui ribadisce la centralità del reddito di cittadinanza e non nega i problemi che deriverebbero da un rinvio della proposta economica chiave del Movimento 5 Stelle. “Operativo entro marzo” è il timing fissato da Di Maio, che richiama nuovamente tutti al rispetto del Contratto: “Se qualche membro del governo non crede in quello che stiamo facendo, allora è un rischio per i cittadini prima di tutto”.
Le parole del sottosegretario Giancarlo Giorgetti pesano ancora a 24 ore di distanza, malgrado l’incontro riparatore con il premier Giuseppe Conte di ieri sera fosse stato deciso proprio per gettare acqua sul fuoco.
La manovra di disturbo della Lega, agli occhi dei 5 Stelle e non solo, prosegue ancora oggi, con ministri e sottosegretari leghisti in campo per fermare alcune proposte messe in campo dagli alleati.
Come il reddito di cittadinanza, che oggi Matteo Salvini rinomina “reddito di reinserimento al lavoro” non a caso, perchè permane nel Carroccio la convinzione che come formulata dai pentastellati, sia una misura assistenziale, eccessivamente onerosa, squilibrata fra Nord e Sud, non utile alla crescita e alla ripartenza del mercato del lavoro.
Concetti che sviluppa il sottosegretario ai Trasporti, Armando Siri, quando propone che il reddito, nella sua dotazione finanziaria, “anzichè andare direttamente ai vari beneficiari, possa essere data a imprese e aziende che si facciano carico di formare” i lavoratori.
È necessario, secondo Siri, costruire “uno strumento condiviso che non crei fratture nel Paese”, perchè “con il reddito di cittadinanza tout court, così come viene presentato, c’è una frattura tra il Nord e il Sud del Paese”.
Parole che vengono respinte al mittente dal capogruppo alla Camera dei 5 Stelle, Francesco D’Uva, che avvisa i colleghi della maggioranza: “Non arretriamo di un millimetro sul reddito di cittadinanza”.
Scoppia poi nel Governo il caso della riforma della prescrizione, con la solenne bocciatura di Giulia Bongiorno, ministro della P.A. ma anche voce che pesa sui temi della giustizia nella Lega. “La sospensione della prescrizione” dopo il primo grado di giudizio “è una bomba nucleare sul processo penale. Sono molto preoccupata” ha detto il ministro a Sky Tg24, respingendo così l’emendamento ad hoc presentato dal Guardasigilli Alfonso Bonafede.
“Io questa cosa non posso accettarla, non posso non segnalarla” afferma la Bongiorno, perchè “la prescrizione ha una sua etica, anche un condannato deve avere un secondo grado di giudizio in tempi ragionevoli”.
Affermazioni distanti anni luce da quelle del ministro della Giustizia, secondo cui “l’unica bomba atomica che rischia di esplodere è la rabbia dei cittadini di fronte all’impunità “, per cui, aggiunge Bonafede, la Bongiorno “sbaglia” e con la riforma “gli unici a dover temere sono i colpevoli”.
Non c’è solo questo ostacolo politico sul disegno di legge “anticorruzione”.
Sulle pagine del Fatto, è Igor Iezzi, capogruppo leghista in Commissione Affari Costituzionali, un fedelissimo di Matteo Salvini, a mettersi di traverso, soprattutto alla nuova legge sul finanziamento ai partiti. Parla di “norma controproducente” e di “logiche demagogiche”, chiede di sedersi a un tavolo, ma respinge in toto “il modo di trattare i partiti come fossero delle cosche mafiose che hanno unico scopo quello di delinquere”.
Alle parole di Iezzi risponde Stefano Buffagni, sottosegretario M5S agli Affari Regionali, spiegando che “la trasparenza per i bilanci dei partiti e delle fondazioni ad essi collegate è una norma fondamentale che i cittadini ci chiedono da decenni ormai”. Spazio ai miglioramenti, non a stravolgimenti, perchè con la riforma “la politica diventerà una casa di vetro e potremo dire addio all’affarismo e alla malapolitica”.
Se a questi dossier caldi si aggiungono quelli sulle grandi opere – come Tav, Tap, Pedemontana, Brennero, Terzo Valico, Muos — ma anche il decreto Sicurezza, battaglia leghista che accende il dibattito interno al Movimento, in attesa della madre di tutte le battaglie — l’iter parlamentare della legge di bilancio — ecco che l’elenco del contendere fra M5s e Lega si estende a dismisura.
Non aiutano poi gli sgarbi fra alleati a livello locale.
Ancora una volta è la Lega in manovra di disturbo: Giulia Bongiorno torna a denunciare il “degrado ovunque” di Roma, rendendo sempre più palese l’Opa leghista sulla Capitale a una settimana dalla sentenza di primo grado su Virginia Raggi.
Diventa allora perfino risibile la linea ufficiale sbandierata dai due vice premier.
Da Matteo Salvini che dice “nessuna polemica, stiamo lavorando bene, andiamo avanti uniti per il cambiamento del paese” e da Luigi Di Maio che dice “andiamo avanti, c’è un contratto di governo firmato e da realizzare”.
Sotto la superficie, il magma ribolle.
(da “Huffingtonpost”)
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Novembre 3rd, 2018 Riccardo Fucile
IL PROCURATORE ZUCCARO A QUANTI INDAGATI SCRIVE PER AVVERTIRLI DELLA RICHIESTA DI ARCHIVIAZIONE?… IL PROCURATORE SI E’ SOSTITUITO AI TRE MAGISTRATI DEL TRIBUNALE DEI MINISTRI SENZA AVERNE TITOLO
“Ho formulato richiesta motivata di archiviazione”: lo dice il procuratore di Catania Carmelo
Zuccaro nella lettera che Matteo Salvini, vicepresidente del Consiglio e ministro dell’Interno ha sfoggiato in diretta televisiva e internet.
Il caso è quello della nave Diciotti e dei migranti trattenuti a bordo della nave una volta arrivata in porto a Catania, a fine agosto, che aveva valso al ministro dell’Interno l’accusa di sequestro di persona.
La lettera arrivata a Salvini è stata letta in diretta dallo stesso ministro collegato in video su Facebook dal suo studio al Viminale. L’indagine su Salvini era partita dalla Procura di Agrigento.
Successivamente, il tribunale dei ministri ha sentito funzionari del Viminale e ufficiali della Guardia costiera per ricostruire dove il reato di sequestro di persona avrebbe avuto inizio: nelle acque di Lampedusa, come aveva ipotizzato la Procura di Agrigento che per prima aveva indagato Salvini radicando a Palermo la competenza, o in quelle catanesi, visto che per giorni la nave con a bordo i profughi era stata ferma nel porto della città etnea?
A complicare il tutto stava la circostanza che nessun divieto di sbarco è mai stato dato dal Viminale, circostanza disvelatrice peraltro dell’ipotizzabile sequestro.
In soli 42 giorni, meno della metà del termine massimo previsto dalla legge, i tre giudici del Tribunale dei Ministri di Palermo chiamati a decidere nel caso Diciotti, si sono spogliati del procedimento, passando la palla ai colleghi catanesi.
In un decreto di 60 pagine, trasmesso alla Procura che l’ha girato ai pm etnei, il collegio ha sostenuto di non poter entrare nel merito delle accuse rivolte al ministro, indagato di sequestro di persona per aver impedito lo sbarco di un gruppo di migranti soccorsi il 16 agosto dalla Guardia costiera.
E ha indicato in Catania la sede giudiziaria “giusta” per proseguire l’inchiesta
Ma la procedura dinanzi al Tribunale dei Ministri non prevede affatto la trasmissione di atti con richieste del pm, bensì la mera trasmissione al Tribunale , in assenza di indagini (e dunque di spese, checchè ne dica a sproposito il soggetto interessato e indagato ) .
Il pm deve solo acquisire la notizia di reato. Sono i magistrati sorteggiati a comporre il tribunale per i ministri che, svolte indagini e sentito il pm (che quindi farà in questa fase le sue richieste), decideranno se archiviare o restituire gli atti al pm perchè chieda al Senato l’autorizzazione a procedere.
Nel caso di specie ci si doveva aspettare questo e che il Senato, come suggerito dalla Bongiorno che di diritto mastica qualcosa , negasse l’autorizzazione proprio affermando che si era trattato di un’azione” politica”.
Cosa politica per definizione e non difficile considerandosi la maggioranza pentastellata.
Invece il pm Zuccaro, quello delle indagini su onlus e taxisti del mare finite nel nulla ad oggi, si è “portato avanti”, così mettendo in difficoltà i magistrati il cui diverso avviso a questo punto andrebbe solo ad alimentare le polemiche sulla politicizzazione della magistratura.
Quasi che anche il gesto extra ordinem, davvero inusuale dello scrittore di epistole, pm, non possa anche esso essere considerato “politicizzato”, se non altro perchè non dovuto e anzi escluso dalla procedura.
Sorvolo sulla motivazione a sostegno della richiesta di Zuccaro, che appare inconcludente a molti in diritto e semmai adducibile dal Senato, organo politico, a sostegno del diniego della autorizzazione a procedere.
Questo è previsto dal codice. E non si tratta di una lettera personale del pm all’indagato, in cui si avvisa che sarà notificata l’iscrizione a registro indagati.
Si tratta qui della notifica che c’è stata l’iscrizione. Mentre non è previsto che si scrivano lettere all’indagato per dirgli che si ha intenzione di chiedere l’archiviazione. Quanti indagati ricevono una tal lettera unicamente personale?
V’e’ di piu’: Zuccaro si spinge a richiedere , anticipandola all’interessato, l’archiviazione, con una motivazione politica che non gli compete, perchè il trattenimento illegale “e’ giustificato dalla scelta politica, non sindacabile dal giudice penale per la separazione dei poteri, di chiedere in sede di europea la distribuzione dei migranti in un caso in cui secondo la convenzione Sar, sarebbe toccato a Malta indicare il porto sicuro”, pur non negando il fatto , ovvero il trattenimento , così sostituendosi de facto al Tribunale del Ministri.
Insomma insindacabilità dell’agire politico dichiarata dal pm in anteprima assoluta. o riedizione dell’unto dal signore legibus solutus.
Chissà che il CSM non ritenga di intervenire come parrebbe opportuno se non necessario a tutela della indipendenza della funzione del Tribunale dei Ministri , della legge uguale per tutti e della stessa funzione del pm. Dello stato di diritto. E della verità dei fatti e di una procedura stravolta.
La comunità dei giuristi batta un colpo!
Antonio Caputo
Avvocato
(da “Huffingtponpost”)
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Novembre 3rd, 2018 Riccardo Fucile
CITTA BLINDATA PER I 100 ANNI DALLA GRANDE GUERRA… LA BATTAGLIA DEI NUMERI: 5000 IN PIAZZA CONTRO I 2000 DELLA MANIFESTAZIONE NAZIONALE DI CASAPOUND
Corteo nazionale di CasaPound da un lato, manifestazione antifascista dall’altro: ecco come si è presentata oggi Trieste in occasione delle commemorazioni per il centenario della Prima Guerra Mondiale.
Un doppio corteo che assume una valenza simbolica ancora maggiore, visto che si è svolto in una città simbolo della Grande Guerra.
Da una parte, dunque, CasaPound Italia che ha voluto celebrare l’anniversario della vittoria nella Prima Guerra Mondiale, con tanto di striscione tricolore “Difendere l’Italia fino alla Vittoria”, seguito dalle bandiere delle “terre irredente” di Istria, Fiume e Dalmazia.
Dopo settimane di tensioni e polemiche che hanno anticipato l’iniziativa, il corteo di CasaPound è partito da Largo Riborgo sulle note dalla “Cavalcata delle Valchirie” di Wagner, alla presenza dei due leader, Iannone e Di Stefano.
Dall’altro lato, il contro-corteo della rete antifascista e antirazzista, promosso da Anpi e Cgil cui hanno aderito associazioni, gruppi, collettivi, sindacati, singoli cittadini e diversi esponenti politici (fra cui la deputata del Pd, Debora Serracchiani, e il Dem Gianni Cuperlo)
I militanti del partito della tartaruga frecciata sono giunti da tutta Italia: circa 30 bus per un totale di 2mila persone.
La rete antifascista ha risposto con un corteo ancora più affollato: circa 5.000 persone, secondo le stime della Questura.
Da parte dei manifestanti antifascisti ci sono state trattative da parte dei collettivi alla testa del corteo per ottenere di arrivare in piazza Libertà e promotori hanno chiesto di potersi “riappropriare della città e di fermare l’invasione di CasaPound”. Alla fine, non sono stati registrati scontri.
Molte erano le paure dei cittadini e delle comunità religiose di Trieste, che nei giorni scorsi avevano rivolto appello rivolto alle istituzioni a favore “della pace” e contro il “clima di razzismo e di intolleranza che si respira in Italia e in Europa”.
Per le istituzioni locali, il diritto a manifestare era rimasto inviolabile.
(da “Huffingtonpost”)
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Novembre 3rd, 2018 Riccardo Fucile
ZINGARETTI IN FUGA MA SENZA MAGGIORANZA: SE NESSUNO RAGGIUNGE IL 50% DECIDE L’ASSEMBLEA NAZIONALE
Alla chiusura delle urne delle primarie il PD sarà ancora senza Segretario. È quanto emerge dal
sondaggio pubblicato oggi da Bidimedia, a pochi giorni dall’indizione delle consultazioni per la scelta del nuovo segretario, che ricadrà probabilmente su uno tra Zingaretti, Minniti e Richetti.
Il governatore del Lazio, primo a candidarsi, si ferma al 44%, non riuscendo quindi ad ottenere l’elezione a Segretario tramite le urne.
Il Presidente della Regione Lazio, infatti, soffre la candidatura dell’ex Ministro dell’Interno Marco Minniti, che pur senza aver confermato la sua corsa, gode già del 29% dei consensi.
In terza posizione si trova Matteo Richetti. L’ex portavoce della Segreteria di Matteo Renzi non supera il 14% dei voti. Molto distaccati gli altri tre sfidanti. Francesco Boccia, esponente della corrente di Michele Emiliano, non riuscirebbe a confermare i voti conquistati dal Governatore della Puglia nel 2017, fermandosi al 6%. In penultima piazza, con il 4%, Dario Corallo, il giovane Siciliano che promette di rottamare l’intero gruppo dirigente del Partito Democratico. Ultimo, con il 3%, l’ex Ministro del Lavoro Cesare Damiano.
In attesa delle conferme delle candidature, che dovranno prima superare il voto nei circoli, il risultato è che il nuovo Segretario potrà essere eletto solo durante l’Assemblea Nazionale.
Il rischio caos è dietro l’angolo per il Partito Democratico.
(da agenzie)
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Novembre 3rd, 2018 Riccardo Fucile
ANNULLATO PER LA SESTA VOLTA IL BANDO RIMOZIONI PER ERRORI E VIZI FORMALI
A Roma gli alberi cadono per tragiche fatalità , ovvero esattamente per lo stesso motivo per cui si parcheggia in doppia fila.
No, non è un paragone assurdo perchè pochi giorni fa è stato annullato per la sesta volta il bando rimozioni che il MoVimento 5 Stelle tenta di varare ormai da anni trovandosi sempre costretto ad annullarlo perchè contiene errori, vizi formali o, come nell’ultimo caso, a causa di “violazione dei principi e delle regole dei contratti pubblici a garantire la tutela della concorrenza”.
E il fatto che tutto ciò non costituisca una casualità è confermato dal bando per la manutenzione del verde orizzontale e verticale di cui racconta oggi Il Messaggero: un rapporto di Confartigianato Imprese di Roma — su tutte le gare bandite dal Campidoglio in questo settore negli ultimi due anni tra dipartimento ambiente, centrale unica e Municipi — commissionato allo studio legale AdLaw dimostra che sono bloccati sette milioni di euro già stanziati per la difficoltà a formare le commissioni aggiudicatrici:
All’occhio balzano immediatamente i due grandi appalti bloccati, quelli che dovrebbero assicurare una reale — e programmata — manutenzione del verde cittadino. In primis quello che riguarda il «servizio per interventi di manutenzione delle alberature»: una procedura aperta dal valore di 4.085.060 euro, è stato bandito ad aprile del 2017.
Stessa data in cui era stata lanciata la gara per i «servizi di manutenzione del verde orizzontale» — ossia giardini, aiuole e altre aree simili — per un valore di 3.268.478 euro.
Quasi sette milioni e mezzo fermi, insomma, da un anno e mezzo.
Il motivo? «Le commissioni di gara sono bloccate perchè tanti funzionari le schivano, c’è gente che si dà malata», sottolinea Mauro Mannocchi, presidente romano di Confartigianato Imprese.
Una situazione che potrebbe portare anche alla nomina di un commissario ad acta, anche da parte della Regione, che porti avanti le gare principali.
Nel frattempo, sono state lanciate altre 42 mini-gare da qualche centinaio di migliaia di euro,di cui 35 regolarmente assegnate, per tamponare la situazione soprattutto nelle aree verdi delle scuole e nelle altre aree pubbliche molto frequentate.
Ma nel loro parere di legittimità richiesto, la professoressa Elisa Scotti e l’avvocato Carlo Contaldi La Grotteria puntano il dito anche contro le procedure scelte, che secondo i legali presenterebbero «una serie di profili di illegittimità , con conseguente lesione degli interessi degli operatori economici del settore e dei cittadini che, a valle, ricevono l’erogazione di un servizio qualitativamente scarso».
(da “NextQuotidiano”)
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Novembre 3rd, 2018 Riccardo Fucile
L’80% % E’ CONTRARIO ALL’ANALISI COSTI-BENEFICI DI TONINELLI
Il Terzo valico è già in costruzione, la Gronda è ancora in fase di progettazione, ma per entrambe
le opere potrebbe anche arrivare uno stop.
Il Governo, infatti, ha avviato un’analisi costi-benefici delle principali grandi opere infrastrutturali e due di queste toccano da vicino la Liguria: il Terzo valico e la Gronda.
È giusto rimetterle in discussione? A questo proposito, quanto sono informati e cosa ne pensano i cittadini della nostra regione?
Il sondaggio del Secolo XIX ha coinvolto 1.048 persone su un tema tanto strategico quanto largamente dibattuto.
Il grado di informazione degli intervistati, infatti, raggiunge la quasi totalità dei residenti, con il 95,6 per cento delle indicazioni, se si tiene conto di chi dichiara di essere molto (41,2%) o abbastanza (54,4%) informato mentre decisamente residuale risulta chi lo è poco (3,6%) o per niente (0,8%).
Tale conoscenza porta con sè un posizionamento molto netto, da parte dei cittadini liguri, nei confronti delle Grandi opere e della valutazione “costi-benefici” fatta dall’attuale Governo.
Innanzitutto, a livello generale, possiamo notare come il livello di propensione nei confronti di tale azione sia pari al 35,2% a fronte di un 63,6% di contrari. Successivamente, focalizzando l’attenzione sul Terzo valico, una valutazione costi-benefici per un’opera in avanzata fase di realizzazione riscuote il favore del 19,1% degli intervistati (meno di uno su cinque) mentre la parte più rilevante del campione, pari all’80,3%, si dichiara contrario.
Scendendo ulteriormente nel particolare, possiamo rilevare come Gronda e Terzo valico godano, oggi più che mai, di un esteso consenso. Nel primo caso, il 77,3 per cento degli intervistati ritiene che questa opera sia in grado di portare più benefici che costi (a fronte di un 12,8% di persone che la pensano in maniera opposta) mentre nel secondo caso la percentuale sale addirittura al 78,4 per cento (contro un 11,5%).
Per concludere, come ci si dovrebbe comportare con il raddoppio ferroviario a Ponente: è giusto sottoporre anche questo ad un’analisi costi-benefici?
In maniera coerente rispetto alle altre domande, i risultati che emergono ci indicano un favore molto contenuto (pari al 15,3%) e un esteso fronte di contrarietà che raggiunge l’82,0%.
Tra Virgilio e Lewis Carroll, la locuzione latina “tempus fugit” sembra essere oramai largamente usata anche in Liguria.
Le risposte al sondaggio, come abbiamo avuto modo di osservare, ne rappresentano un’ulteriore cartina al tornasole.
(da “il Secolo XIX”)
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Novembre 3rd, 2018 Riccardo Fucile
LA DENUNCIA DI ILARIA SU FACEBOOK: “UN’AZIONE COORDINATA E CON LA STESSA MATRICE POLITICA”
Già poche settimane fa aveva denunciato insulti e minacce che aveva ricevuto sui social. Pochi giorni prima invece, era stata recapitata all’abitazione dei genitori di Cucchi a Roma, che era la stessa di Stefano e Ilaria, una lettera anonima scritta a mano con insulti alla sorella del geometra morto.
Ma nel mirino delle minacce e degli insulti, c’è anche Francesco Tedesco, il carabiniere che a distanza di 9 anni dalla morte del geometra romano, ha confessato di aver preso parte al violento pestaggio ai danni del ragazzo allora in custodia cautelare, insieme ai colleghi co-imputati D’Alessandro e Di Bernardo, confermando di aver taciuto per anni la verità .
La denuncia di Ilaria
Oggi è sabato. I miei figli dormono. Io e Fabio abbiamo appena fatto colazione. Lui deve studiare un processo importante ed io vorrei stare in casa con lui. Ma ho altre quattro denunce da presentare. Debbo andare al commissariato dove oramai mi reco ogni giorno. Le minacce ed insulti hanno più o meno la medesima targa politica. Spesso appaiono provenire da profili di poliziotti o carabinieri. Mi rendo conto che queste non sono iniziative isolate ma coordinate tra loro. È diventata una vera e propria emergenza che sconvolge la mia vita quotidiana. Per non parlare delle telefonate mute. Che devo fare Stefano mio? Evidentemente a qualcuno la verità non piace proprio.
Arriveremo in fondo ma a quale prezzo? Sono preoccupata per i miei figli e per i miei poveri genitori
(da agenzie)
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Novembre 3rd, 2018 Riccardo Fucile
LA TESTIMONIANZA DI DANIELE CHE PIU’ VOLTE SI E’ TROVATO DAVANTI A TIROCINI FARLOCCHI
Tempo fa il sito web di Sardegna Lavoro ha riportato la notizia della sospensione dei Tirocini
Regionali dacchè sono terminati i fondi.
In Sardegna, in dodici mesi, sono stati attivati migliaia di tirocini rivolti agli under 29 (Tipologia A) e over 30 (Tipologia B ), quest’ ultima tipologia creata solo nel 2017 per coloro che non studiano e non lavorano.
Il numero che mi ha fatto rabbia è: 3.431. È il numero di tirocini over 30 attivati nell’ ultimo anno.
Tenendo conto che è possibile rinnovare il tirocinio – di durata minima di 6 mesi – per altri 6 mesi (ma non più di 12), ci sono stati almeno 1.716 over 30 che hanno lavorato almeno 6 ore al giorno per cinque giorni la settimana per 450 euro al mese il quale non è uno stipendio, ma un’ indennità di frequenza che non permette di veder contributi versati.
Come mai i soggetti privati hanno attivato così tanti tirocini?
Semplice, perchè si sono ritrovati un lavoratore, spesso esperto, pagato 150 euro al mese. Certo, perchè gli altri 300 sono fondi pubblici.
Negli ultimi anni sono stati tanti i ragazzi che hanno segnalato inserzioni dove si ricercavano candidati per i tirocini regionali che avessero però una certa esperienza del mestiere. Nessuno vigila su questo, e quindi sono state molte le attività che hanno preso soggetti esperti anzichè veri tirocinanti – affiancati obbligatoriamente da un tutor – ai quali insegnare il mestiere.
Mi è capitato di svolgere dei colloqui e interagire con soggetti ospitanti e posso affermare che i Tirocini Regionali non sempre formano: troppe volte servono alle attività e aziende per avere un lavoratore da sfruttare
Una volta ebbi un colloquio con un’industria che produce prodotti alimentari, e il ruolo da svolgere non richiedeva un tutor – così come stabilito dal regolamento regionale – ma imponeva lo svolgere diverse mansioni, come un normale lavoratore, perchè non c’era niente da imparare: pulizia, impacchettamento dei cibi, spazzare, trasportare i pacchi con le materie prime… il tutto pagato solo 150 euro al mese.
Il titolare disse che, le troppe tasse, gli impedivano di assumere personale per ogni ruolo (uno per impacchettare, uno per le pulizie…). Mi fece tenerezza. Peccato che, nel parcheggio, alle 8.15 del mattino, quando stavano per aprire, ci fossero solo due auto di grossa cilindrata.
In un altro incontro, il tizio affermò di volere un tirocinante che sapesse usare un dato programma informatico. Io domandai ‘Ma… lo scopo del tirocinio è insegnare il mestiere, o sbaglio?’. Lui rispose che, in quel modo, avrebbe perso tempo con me: necessitava di un tirocinante già esperto.
Mi domando: tutte queste attività hanno problemi economici così gravi da impedir loro di assumere personale evitando ricorrere a stratagemmi come il tirocinio oppure lo fanno di proposito, per incrementare i propri introiti, fregandosene del prossimo, di chi non ha lavoro, di chi non ha qualifiche, di chi ha poche esperienze documentabili? Che società è quella dove ognuno pensa al proprio guadagno?
Che società è quella dove si sfrutta una legge a proprio favore e a discapito di chi ne ha veramente bisogno?
Daniele Lapenna
(da “La Repubblica”)
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