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CARLO SIBILIA TORNA A FARE DANNI E MANIPOLA UNA FRASE DI DRAGHI

Dicembre 17th, 2018 Riccardo Fucile

SCALZATO DA TONINELLI E LAURA CASTELLI NELLA CLASSIFICA DEI GAFFEUR, CERCA DI RECUPERARE

Se esistesse il titolo di politico gaffeur dell’anno, Carlo Sibilia guiderebbe con ogni probabilità  la classifica.
Nel nostro personalissimo cartellino gli andrebbe attribuito senza alcun dubbio il titolo per gli anni 2013, 2014, 2016 e 2017.
Più complessa sarebbe l’assegnazione del premio nel 2015. In quell’anno, infatti, ci fu il clamoroso post del senatore Vito Crimi che aveva scoperto che camminando scalzi in un appartamento le piante dei piedi si sporcano. In altre parole aveva scoperto la polvere sul pavimento.
Il 2018 è stato un anno durissimo per Carlo Sibilia, le straordinarie performance del ministro Danilo Toninelli e del sottosegretario Laura Castelli, lo hanno senza dubbio messo in secondo piano.
Sono loro che con ogni probabilità  si contenderanno il premio per l’anno in corso. Sabato 15 dicembre, tuttavia, il nostro sottosegretario all’interno scrive su Facebook e su Twitter una riflessione che lo rimette di diritto in corsa, almeno per la terza piazza. Ecco il testo.
Mario Draghi :«La possibilità  di STAMPARE MONETA per finanziare il deficit non è stata considerata neanche dai Paesi che fanno parte del mercato unico (Ue, ndr) ma non sono parte dell’euro».
STAMPARE MONETA se lo dice Draghi si può, se lo dicono altri “ignorante, idiota, folle”
Si tratta di una parte del discorso tenuto dal governatore della BCE Mario Draghi alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, in occasione del conferimento di una laurea Honoris causa.
Chiunque tra i lettori abbia il pollice opponibile avrà  capito che Mario Draghi non stava criticando i paesi UE non appartenenti all’eurozona che non stampano moneta per finanziare il deficit.
§Al contrario stava sottolineando la follia delle istanze sovraniste, le quali, infatti, non sono seguite neanche da quegli stati che potrebbero farlo.
Sibilia, invece, interpreta quelle parole come un invito ad attuare politiche di questo tipo. Forte della presunta identità  di vedute con Draghi, Sibilia si lamenta del fatto che quando in passato altri hanno sostenuto queste idee (che Draghi non si sogna di sostenere) sono stati definiti “ignoranti”, “idioti” e “folli”, già … “ignoranti”, “idioti” e “folli”… (qui ci starebbe stata una battuta ma l’autore ha deciso di auto censurarsi).
Andiamo oltre, molti utenti hanno fatto notare al sottosegretario al ministero dell’interno che aveva preso un granchio grande come l’oceano Pacifico, ma Sibilia non ha fatto una piega.
Addirittura ha dato del saccente a un utente di Facebook che cercava di spiegargli il senso delle parole del governatore della BCE. Non vorremmo sembrare saccenti anche noi, ma siamo piuttosto certi che Mario Draghi non sia un sostenitore del finanziamento dei deficit con la stampa di moneta, anzi, ne siamo assolutamente sicuri.

(da “NextQuotidiano”)

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I MILLENNIALS CHE CREDONO NELL’EUROPA HANNO UN LORO PARTITO, SI CHIAMA VOLT

Dicembre 17th, 2018 Riccardo Fucile

UN MOVIMENTO PANEUROPEO FONDATO DA TRE GIOVANI DI TRE NAZIONALITA’ DIVERSE, UNO E’ UN ITALIANO

Alle elezioni europee di giugno ci sarà  un nuovo protagonista con il quale – a quanto sembra –   le forze politiche tradizionali, quelle populiste, quelle sovraniste e antieuropee dovranno fare i conti.
Lo chiamano ‘il partito dei Millennial’, ma senza alcun intento beffardo perchè i ragazzi di Volt sono pronti non a dare battaglia, ma a imporre la loro presenza in ogni angolo d’Europa.
Per colmare quel vuoto che la generazione che li ha preceduti non è stata capace di riempire.
Un movimento paneuropeo, scrive il Sole 24Ore, fondato da tre giovani di tre nazionalità  diverse nel 2017 in reazione al referendum su Brexit e l’affermazione, al primo turno delle presidenziali francesi, del Front National di Marine le Pen.
Volt ha iscritti in 30 paesi — nei 28 dell’attuale Unione, ma anche in Svizzera e Albania — ed è già  articolato in 8 partiti “nazionali” (Italia, Germania, Spagna, Svezia, Danimarca, Bulgaria, Olanda, Francia).
Volt Italia, guidato da Federica Vinci, presidentessa, e Michele Quagliata, vicepresidente, è stato ufficialmente fondato a Bologna il 14 luglio, e ha già  preso posizione, per esempio a favore della Tav. Conta circa 1.500 aderenti.
L’idea, racconta a Linkiesta Andrea Venzon, l’italiano tra i tre fondatori, è venuta in un periodo in cui lavorava come consulente nel settore privato e si prospettava di allacciare rapporti con Gran Bretagna che si preparava a uscire dall’Unione.
“Mi accorsi di quanto la politica influiva davvero sulla vita di tutti giorni delle persone e sull’economia degli Stati. A quel punto mi sono detto che forse era davvero il momento di dare vita a qualcosa, che l’Europa stava andando nella direzione sbagliata. Ho condiviso queste mie riflessioni con una ragazza francese e un tedesco. Ci siamo trovati d’accordo e abbiamo deciso di prendere l’iniziativa”.
Volt nasce come partito progressista che vuole superare la dicotomia destra-sinistra, ma ha posizioni molto avanzate in termini di diritti civili ma è più rigoroso di una forza tradizionale di sinistra sui temi dell’economia e della finanza pubblica, con una particolare attenzione alla crescita in generale e allo sviluppo delle piccole e medie imprese.
Volt si presenta in modo leggermente diverso a seconda dei Paesi – in Italia, ad esempio, come moderato — ma non cambia il messaggio politico concreto, decisamente proeuropeo.
Andrea Venzon, 26 anni e una carriera già  avviata nel settore privato, milanese e bocconiano doc, un master alla London Business School, nell’autunno 2016 parla della sua idea a un gruppo di amici, trova sponda in particolare in due coetanei conosciuti durante gli studi: il tedesco Damien e la francese Colombe.
I tre, scrive il Corriere della Sera iniziano a scrivere la bozza di un manifesto politico per l’Europa che vorrebbero.
L’età  media dei suoi aderenti, ormai più di 10 mila, è 35 anni e non permette di caratterizzare in modo definitivo questo movimento come pura espressione di una “classe demografica”.
Social network, meetup. Il suo statuto prevede anche il voto elettronico tra gli iscritti. Lo statuto di Volt Europa ha un articolato sistema di pesi e contrappesi tra i vari organi: l’assemblea degli iscritti, il presidente, il board e il consiglio regionale (composto dai rappresentanti dei partiti nazionali).
L’idea di fondo del progetto è quella di creare un partito transnazionale, ma dato che attualmente non possono esistere per legge, si è deciso di replicare in ogni Stato brand e valori di Volt, riadattati in partiti nazionali e gestiti in maniera pseudo-federale.
Il programma di Volt si articola su sei obiettivi:
“Smart state”:   Stati più efficienti, che abbiano una gestione migliore di sanità , educazione e istruzione.
“Rinascimento economico”: mettere in gioco e incrociare le risorse che i Paesi hanno a disposizione con l’obiettivo primario di aumentare il livello di benessere dei cittadini
“Uguaglianza sociale”: il continente è ricco, ma ci sono fasce di persone svantaggiate, ovunque, non solo in Paesi in crisi come Italia e Grecia
“Equilibrio globale”: l’idea che ci siano trend come il cambiamento climatico e l’emigrazione che l’Europa può gestire solo come realtà  unica transnazionale.
“Partecipazione democratica”: anche senza andare all’estremo della democrazia diretta, è sicuramente necessario superare le norme della partecipazione politica rimasta ferma a sessanta anni fa.
“La sfida +1”: la riforma dell’Unione europea concentrata sulla revisione del modello attuale di gestione delle istituzioni: via gli sprechi, più potere al parlamento e più vicinanza ai cittadini
La maggior parte del denaro, decine di migliaia di euro, è stato raccolto attraverso crowdfunding.
I promotori parlano di molte fondazioni interessate a finanziarli.

(da Globalist)

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I RISTORANTI PREFERITI DAI PARLAMENTARI

Dicembre 17th, 2018 Riccardo Fucile

FINITI I TEMPI DELLA MENSA DELLA CAMERA, ORA ANCHE I GRILLINI PREFERISCONO LOCALI ALLA MODA

Patricia Tagliaferri sul Giornale oggi ci racconta quali sono i ristoranti preferiti da onorevoli, senatori e figure di spicco del governo e dell’opposizione:
Non c’è più un vero e proprio ritrovo, come nella Seconda Repubblica poteva essere il ristorante «I due Ladroni», in piazza Nicosia.
I gialloverdi non hanno un posto fisso dove incontrarsi per uno spuntino veloce, un pranzo tra una votazione e un’altra o una cena al termine dei   lavori in aula.
Ma almeno sulla cucina vanno d’accordo. Litigano su tutto, sulla manovra, sulle pensioni, sul decreto sicurezza,ma a tavola si ritrovano spesso negli stessiposti.
Locali alla mano, a prezzi accessibili, nel centro storico, vicino ai luoghi della politica.
La cucina romanesca ha conquistato tutti, grillini e leghisti, che però hanno ceduto anche al richiamo della cucina giapponese, un must tra i più giovani, come del resto sono molti parlamentari.
Gettonatissimo,infatti, il sushi di«Daruma», in piazza Parlamento, comodo, veloce e trendy.   Così come l’aperitivo alle buvette di Montecitorio, ma anche fuori dal Parlamento.
Se all’inizio i grillini preferivano mangiare alla mensa della Camera stando alla larga dal ristorante di Montecitorio, considerato privilegio della casta, adesso che al potere ci hanno fatto l’abitudine capita di incontrarli anche nei locali frequentati dai big politici di una volta.
Tra i luoghi ad alta densità  di gialloverdi c’è il «Pastation», in piazza Campo Marzio, gestito tra gli altri dal figlio del leader di Ala, Denis Verdini.
I Cinque Stelle lo frequentano a pranzo,i leghisti la sera.
Concluso il capitolo della pizzeria «Gusto», in piazza Augusto Imperatore, recentemente chiusa per lasciare il posto al resort di Bulgari, i seguaci del Carroccio amano mangiare le linguine al pesto genovese di «Maxela», in via delle Coppelle, i piatti sofisticati di «Casa Coppelle», nell’omonima piazza, dove i piatti della cucina tradizionale romana incontrano l’haute cuisine francese, o la grigia di «Laganà », in via dell’Orso.
Salvini preferisce fermarsi dove capita per mangiare un trancio di pizza Margherita accompagnato da una birra ghiacciata o organizzare cene con i parlamentari nell’appartamento in cui abita, quello riservato al ministro dell’Interno in piazza Grazioli.
Serate preferibilmente a base di pizza a birra. Luigi Di Maio, invece, ama mangiare fuori. Uno dei suoi posti del cuore è «Maccheroni», cucina romana doc,tra piazza Navona e piazza del Pantheon, dove pranza spesso con i suoi stretti collaboratori.

(da “NextQuotidiano“)

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APPALTI PILOTATI, ACCUSATO IL PRESIDENTE DELLA REGIONE CALABRIA

Dicembre 17th, 2018 Riccardo Fucile

PER OLIVERIO OBBLIGO DI DIMORA, AVREBBE FAVORITO LA ‘NDRANGHETA

Abuso d’ufficio aggravato dall’aver favorito la ‘ndrangheta e le sue imprese. È questa la pesantissima accusa che la procura antimafia di Catanzaro, diretta dal procuratore capo Nicola Gratteri, ha contestato oggi al presidente della Regione Calabria, Mario Oliverio, per questo destinatario di un provvedimento di obbligo di dimora a San Giovanni in Fiore, piccolo paese del cosentino.
Per i magistrati, il governatore avrebbe agevolato le scorribande imprenditoriali di Giorgio Barbieri, nome noto nel mondo dei grandi appalti del cosentino, già  in passato finito al centro di una maxi-inchiesta come braccio economico del clan Muto, già  in passato arrestato per i suoi legami con i clan e oggi nuovamente finito in manette.
Ma nei guai è finito anche l’ex sindaco di Pedace, Marco Oliverio, destinatario di un provvedimento di obbligo di dimora.
Al centro dell’indagine, diversi maxiappalti pubblici fra cui la riqualificazione del comprensorio sport-natura di Lorica, una delle più famose e frequentate località  sciistiche del cosentino.
L’appalto già  in passato era finito al centro di un’indagine che aveva rivelato come i clan Muto, di Cetraro, e Piromalli di Gioia Tauro, avessero creato un vero e proprio cartello di ditte per aggiudicarsi in via diretta o indiretta i maggiori appalti in tutta la Calabria.
Nel cosentino, hanno scoperto gli investigatori, il gruppo di riferimento sarebbe stato proprio quello dei Barbieri. Nel corso dell’indagine erano stati individuati anche trasferimenti diretti di denaro da uomini di Franco Muto, il boss di Cetraro che sul controllo del mercato ittico ha costruito il proprio impero.
Da un’intercettazione ascoltata nel corso di quell’inchiesta erano emersi contatti fra il governatore Mario Oliverio e uno degli uomini di riferimento per i clan nel mondo degli appalti, Giorgio Morabito.
Ascoltato dalle cimici, era stato proprio Morabito a raccontare all’imprenditore Barbieri di aver passato una giornata a Lorica, per poi vedere a cena Oliverio che —   si ascolta dire in quella conversazione —   sarebbe “un Presidente molto accentratore e per prendere delle decisioni non delega nessuno e facendo questo rallenta la Regione”.
Un problema per Morabito, che in quella occasione si lagnava “ti giuro sto in un momento di crisi (con) le campagne elettorali, si ferma il mondo”.
Maggiori particolari sugli sviluppi dell’operazione saranno resi noti nel corso di una conferenza stampa, in programma nelle sede di Catanzaro delle Fiamme Gialle, presieduta dal Procuratore della Repubblica Nicola Gratteri alla presenza del comandante regionale della Calabria della Guardia di Finanza, Fabio Contini e del comandante provinciale Marco Grazioli.

(da agenzie)

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