Gennaio 23rd, 2019 Riccardo Fucile
L’EX CAPO DI STATO MAGGIORE DELLA DIFESA ED ESPERTO DI QUESTIONI INTERNAZIONALI: “IL GOVERNO E’ CONCENTRATO SUL PROPRIO OMBELICO, VEDE LE QUESTIONI INTERNAZIONALI SOLO IN FUNZIONE DELLA POLITICA INTERNA E BUTTANO TUTTO IN CACIARA”
“Il treno è partito e noi siamo ancora sul marciapiede”. Il “treno” di Aquisgrana, vale a dire il
Trattato di difesa siglato ieri nella città tedesca da Germania e Francia.
La metafora “ferroviaria”, non certo lusinghiera per l’Italia, è del generale Vincenzo Camporini, già Capo di Stato maggiore della Difesa, attualmente Vicepresidente dell’Istituto Affari Internazionali (IAI).
Generale Camporini, qual è la valenza strategica del Trattato di Aquisgrana sottoscritto ieri dal presidente francese Emmanuel Macron e della cancelliera tedesca Angela Merkel?
Prima di tutto va rimarcato che si tratta dell’evoluzione di una intesa politica saldata al tempo di De Gaulle e Adenauer. In pratica bisognava rifare il ‘tagliando’ al Trattato dell’Eliseo, rispetto al quale il ‘Patto di Aquisgrana’ è una evoluzione che stava nelle cose, a prescindere dalle circostanze politiche in cui è stato concluso. Va però subito aggiunto che queste circostanze politiche hanno accresciuto l’urgenza di questo ‘tagliando’. In pratica, negli ambienti europeisti, e non c’è dubbio che Macron e la Merkel ne facciano parte, cresce il fastidio per le lungaggini, i distinguo, i particolarismi che si avvertono in tutto il Continente. In questa ottica, personalmente leggo il ‘Patto di Aquisgrana’ come una sveglia…
Ma l’Italia questa sveglia l’ha sentita?
L’Italia è concentrata sul proprio ombelico, vive le vicende internazionali come funzionali alla politica interna, senza rendersi conto che così facendo la nostra capacità di influire sulle dinamiche globali e regionali è azzerata.
Si tratta di un processo irreversibile?
No, non è un processo irreversibile ma recuperare sarà molto difficile e faticoso. Da sempre la credibilità italiana non è mai stata assoluta. Noi abbiamo sempre dovuto dimostrare, anche a livello personale, che siamo bravi e capaci, mentre per altri, per fare un nome, l’Olanda — vedi il caso dell’Agenzia per il farmaco — la cosa era data per scontata. Quindi si faceva fatica prima, se ne farà ancora di più nel futuro.
Subito dopo la firma del Trattato di Aquisgrana, Berlino ha rimesso in discussione la sua partecipazione alla missione navale “Sophia”. Da cosa nasce questa presa di posizione da parte tedesca?
Una ipotesi potrebbe essere che infastiditi dalla gestione Salvini, a Berlino si sia considerata la missione ‘Sophia’ non più efficace a fronte dei fini dichiarati e dei costi che ne conseguono.
Generale Camporini, il Governo gialloverde ha una idea di difesa?
Temo che abbia una visione molto schematica, per non dire ideologica, della funzione dello strumento militare nelle dinamiche della politica internazionale. È storia vecchia, perchè non basta compiacersi della buona, e meritata, fama dei nostri carabinieri nelle operazioni di peacekeeping. Manca nella cultura della classe politica nazionale, la consapevolezza dell’esigenza ineludibile, in certe circostanze, dell’uso anche estrema, della forza.
La missione “Sophia” richiama un dossier caldissimo: la Libia. Quale giudizio dà dell’iniziativa italiana successiva alla Conferenza di Palermo del novembre scorso?
Dopo Palermo, sarebbe stato necessario un lavoro certosino, sotto le righe, per l’ideazione e l’applicazione di una politica comune, in particolare tra Italia e Francia. Invece, per dirla alla romana, si è preferita la ‘caciara’, con il risultato di un isolamento totale della posizione italiana. Non ci resta che sperare nei successi delle politiche dell’Eni…
Non da oggi si afferma da più parti che nel Governo in carica, esistano, e spesso confliggano, due linee di politica estera: quella “inclusiva” portata avanti dal ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi, e quella “muscolare” della quale il titolare del Viminale e vicepremier leghista, Matteo Salvini è l’indiscusso facitore. Si tratta di una forzatura giornalistica o c’è sostanza in questa lettura?
Credo che risponda in qualche modo alla realtà , che dà l’evidenza di quanto già detto prima, e cioè che taluni usano strumentalmente i temi della politica estera a fini di spiccioli vantaggi elettorali.
(da “Huffingtonpost”)
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Gennaio 23rd, 2019 Riccardo Fucile
STILE DI CRESCITA SBALLATE, CRITICHE ALL’AUSTERITA’ FUORI TEMPO MASSIMO, ANALISI APPROSSIMATIVE SUL CFA… IL GOVERNO COLLEZIONA SOLO GAFFE E IMPRECISIONI
Le sortite degli ultimi giorni dei maggiori esponenti della maggioranza gialloverde meritano di essere sottolineate: sulle stime del Pil di quest’anno, sulle responsabilità dell’Fmi nell’austerità e sulla area monetaria franco-africana, sono state collezionate gaffe e imprecisioni oggetto di contestazioni da tutte le parti.
Un tempo si sarebbe potuto avvicinare l’economia dei gialloverdi alla Patafisica, oggi si potrebbe parlare — con tutto il rispetto e la simpatia per l’attore — di Banfinomics.
Il primo punto è quello delle stime del Pil di quest’anno: non è un fatto irrilevante perchè il Pil è il “fatturato” dell’Azienda Italia e se continua a diminuire un giorno a l’altro lo avvertiremo nelle nostre tasche.
La Banca d’Italia e il Fondo monetario stimano che crescerà solo dello 0,6 per cento, il governo ha messo nei suoi documenti l’1 per cento dopo aver rinunciato — in seguito al negoziato con Bruxelles — all’obiettivo irrealistico dell’1,5 per cento.
Ogni stima si può contestare, ma non si possono contestare il buon senso e l’aritmetica.
Carlo Cottarelli in una nota dell’Osservatorio della Cattolica spiega molto bene che acquisito che gli ultimi due mesi del 2018 saranno negativi, il prossimo anno per arrivare all’1 per cento dovremmo correre come i cinesi: nella seconda metà dell’anno il tasso di crescita medio trimestrale dovrebbe essere dell’1 per cento e il tasso annualizzato addirittura del 4 per cento.
“A me sembra impossibile, a meno di miracoli”, commenta il rapporto di Cottarelli. Lottare contro queste cifre sembra inutile, anche perchè sulle stime per l’Italia c’è convergenza di istituti pubblici e di banche d’affari private di mezzo mondo, un processo cui partecipano centinaia di economisti che condividono metodologie e modelli.
La polemica contro l’austerità che è stata scagliata contro l’Fmi come ritorsione per le sue previsioni deludenti sull’economia italiana è fuori tempo.
Dato per scontato che oggi è difficile trovare fautori dell’austerità e della cura che fu imposta alla Grecia, è necessario aggiornare i propri giudizi.
Sia la Commissione europea che l’Fmi hanno abbandonato il super-rigorismo e l’idea dell’austerità espansiva proprio dopo la crisi greca del 2009-2012: la svolta avvenne nel 2013 con il capo economista dell’Fmi Olivier Blanchard che fece autocritica sui modelli econometrici dell’Fmi che sottovalutavano l’impatto dei tagli del deficit sul Pil. Inoltre, se si vanno a sfogliare le cronache degli ultimi anni delle riunioni dell’Fmi, si scopre che nel palazzone di Washington non si respira più l’aria di grisaglia di un tempo: imperversano temi dello sviluppo, dell’Africa e del Sud est asiatico, vengono misurate le diseguaglianze, si segnala la quantità del reddito mondiale che si è spostata dal lavoro al capitale e non vengono risparmiate critiche alla globalizzazione senza regole.
Anche l’Europa dopo la crisi greca ha cambiato rotta. Basti ricordare la cosiddetta Comunicazione Juncker, adottata all’inizio del 2015, che prevedeva una flessibilità del deficit in cambio di riforme: l’Italia ha beneficiato, grazie a queste politiche, di 30 miliardi di margini di bilancio.
Quanto all’intera Eurozona basta vedere un eloquente indicatore di austerità come l’avanzo primario che è costituito dalle entrate, meno le spese, al netto degli interessi: è ovvio che più è alto più c’è austerità , cioè non si spendono neppure le maggiori entrate.
Ebbene nel 2014 il surplus primario al netto del ciclo nell’Eurozona era pari all’1,5 per cento (4 per l’Italia), nel 2018 era sceso all’1 (1,9 per l’Italia) e oggi le previsioni Ue per il 2019 dicono 0,6 per l’area dell’euro e 0,8 in Italia.
Anche l’idea che l’unione monetaria franco-africana, in vigore sostanzialmente dal 1945, sia una espressione coloniale di Parigi, è sbagliata come hanno commentato economisti ed esperti di politica internazionale.
Lo dimostrano soprattutto i risultati dei 14 paesi della Communautè Financière Africane (CFA).
Queste nazioni hanno tratto solo benefici dalla moneta unica: negli ultimi 25 anni, soprattutto quelle occidentali, sono cresciute come “gazzelle nere” al tasso del 5-6 per cento e l’inflazione è rimasta al 2 per cento.
Un bel successo visto che altri paesi africani, come lo Zimbabwe, sono divenuti proverbiali per banconote da trilioni di dollari.
Peraltro nell’unione monetaria ci sono due paesi che non sono ex colonie francesi (la “portoghese” Guinea Bissau e la “spagola” Guinea equatoriale) mentre altri paesi sono usciti e poi rientrati liberamente.
Per finire: solo l’8 per cento dei migranti che arrivano in Europa provengono dalla Cfa.
Ma la Banfinomics dice il contrario.
(da “La Repubblica”)
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Gennaio 23rd, 2019 Riccardo Fucile
RISULTATI UFFICIALI PRIMARIE TRA ISCRITTI: ZINGARETTI 48,5%, MARTINA 35,1%, GIACHETTI 12,8%, BOCCIA 2,3%
C’è un sondaggio segreto che incorona Nicola Zingaretti. 
Il Messaggero racconta oggi che la chiusura del congresso dei circoli del Partito Democratico è slittata a sabato causa maltempo mentre il governatore del Lazio — secondo dati ufficiosi — è primo con il 50% e Maurizio Martina sarebbe fermo sotto il 32%. Terzo Roberto Giachetti, quasi al 14%.
Ma se da una parte il Nazareno è restio a dare i numeri dei circoli, dall’altra spunta un sondaggio segreto.
È stato commissionato dal partito alla società Swg: 30 pagine fitte di percentuali sulla sfida delle primarie, pesando i principali tre competitor.
Non mancano però accenni sulla fiducia in calo nei confronti del premier Conte (47%) e i giudizi sull’efficacia del governo (la somma di «poco» e «per niente» arriva al 61%).
Per rimanere in «casa dem», le rilevazioni non tradiscono il mood che sta emergendo dal voto dei tesserati.
E dunque si dice che Zingaretti (con il 70%) è il più noto del trio, seguito dal segretario reggente nonchè ex ministro Martina (61) e poi c’è il renziano Giachetti(39).
E proprio il presidente della Regione, sempre leggendo il sondaggio, sembra essere colui che riscuota più «fiducia» fuori dal Pd nell’alveo del centrosinistra, distaccando gli altri in scioltezza: 43, 34, 25.
La cosa curiosa — ma nemmeno tanto se ci si pensa — è che Giachetti fa breccia più di tutti nell’elettorato del centrodestra, viceversa il governatore va forte nella platea grillina.
Fondamentalmente le accuse storiche che le due opposte fazioni (o per meglio dire “blocchi”)si scambiano con allegria da saloon da tempo.
Intanto arrivano i risultati ufficiali: “Come stabilito all’unanimita’ dalla Commissione Nazionale, gli uffici del organizzazione del partito hanno fatto la fotografia dei risultati pervenuti dalle Commissioni provinciali entro le ore 18.00 di lunedi’ 21 gennaio, riferiti al voto nei Circoli fino a domenica 20 gennaio.
Gli iscritti interessati al voto sono stati pari al 46.5% della platea congressuale”.
Lo annuncia Gianni Dal Moro, Presidente della Commissione Nazionale per il Congresso.
“L’affluenza sulla platea degli aventi diritto e’ stata del 51.05% pari a 93.000 votanti. I risultati parziali di ogni candidato sono nel ordine: Zingaretti 48,5%, Martina 35,1%, Giachetti 12,8%, Boccia 2.3%, Saladino 0,67% Corallo 0,63%.
Gli iscritti relativi ai congressi svolti e pervenuti alla Commissione fino alle ore 18 di lunedi’ 21 gennaio sono stati nelle diverse regioni: Valle d’Aosta 29.75% Piemonte 68.29% Liguria 64.10% Lombardia 82.37% Veneto 45.87% Friuli V.G. 74.39% Trentino 24.41% Alto Adige 73.08% Emilia Romagna 61.28% Toscana 82.38% Marche 59.32% Umbria 23.40% Lazio 87.79% Molise 24.47% Abruzzo 29.75% Campania 12.87% Puglia 17.78% Basilicata 42.15% Calabria 24.29% Sardegna 14.83% Sicilia 7.43%”
I dati comunicati sono stati riconosciuti all’unanimita’ dalla commissione. L’approvazione definitiva con relativa certificazione avverra’ al termine delle convenzioni e resi ufficiali alla convenzione nazionale. La stessa commissione vista la difficolta’ manifestata da diversi circoli a terminare la propria fase di convenzione, ha deciso all’unanimita’ di prorogare la votazione nei circoli fino a domenica 27 gennaio”.
(da “La Stampa”)
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Gennaio 23rd, 2019 Riccardo Fucile
LA NEO-SOVRANISTA FU ALLONTANATA DALLA RAI PER AVER PRESENTATO UNA NOTA SPESE DI 150 MILIONI DI LIRE IN 18 MESI QUANDO ERA CORRISPONDENTE DEL TG2 NEGLI USA… ORA E’ DIVENTATA SOVRANISTA
Maria Giovanna Maglie dovrebbe tornare a lavorare alla RAI in primissima serata, con un approfondimento d’informazione quotidiano in onda alle 20.30, dopo il Tg1.
Il medesimo spazio televisivo de “Il Fatto ”di Enzo Biagi che secondo il quotidiano di Travaglio si starà rivoltando nella tomba, evidentemente perchè l’autore Gianluca Roselli non ricorda che i rivoltamenti, se ci sono stati, sono già cominciati quando venne sostituito da Pigi Battista.
La giornalista sarebbe la cantrice perfetta del Nuovo che è avanzato a Viale Mazzini:
Maglie, infatti, da anni passa da una testata all’altra (Libero,il Giornale,il Foglio, Ra dio 24), spesso chiudendo i rapporti con immancabili litigate, sempre su quel fronte della barricata.
E dopo i lustri del berlusconismo imperante e della lotta senza frontiere al terrorismo arabo, da tempo è abile e arruolata dall’esercito sovranista, filo-Trump e filo-Putin, veemente voce degli oltranzisti del refrain “popolo contro èlite”. Quelli che appena vedono un migrante (o qualcosa di sinistra) mettono mano all’Ak-47. E nel suo mirino è finito anche Sergio Mattarella
Per lei si tratterebbe di un ritorno, dopo l’uscita di scena poco onorevole da Viale Mazzini a seguito di un caso di “spese pazze”.
All’inizio dei Novanta, infatti, Maglie era la corrispondente negli Usa del Tg2 di Bettino Craxi. Le sue pirotecniche corrispondenze, però, erano costose: 150 milioni di lire di note spese in un anno e mezzo, dal gennaio del ’92 al giugno del ’93. Un’esagerazione per cui fu oggetto di un audit interno dell’azienda e di un’indagine della magistratura per truffa aggravata.
L’inchiesta finì con l’archiviazione (spese molto, ma non falsificò le fatture). Dalla Rai, però, dovette andarsene nel 1994.
E ora, a 25 anni di distanza, il possibile ritorno.
(da “NextQuotidiano”)
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Gennaio 23rd, 2019 Riccardo Fucile
“SI DIMETTA DA ISTITUZIONI INDEGNE DELL’ALTO RUOLO CHE SONO TENUTE A RIVESTIRE”… “LE SUE DIMISSIONI POTREBBERO SCARDINARE IL MIX DI MESCHINI INTERESSI E OPPORTUNISMI DEL POTERE”
Presidente Roberto Fico,
lei ha pronunciato parole importanti quanto rare da ascoltare in questo nostro tempo di latrati e grugniti.
“Siamo una Repubblica fondata sul concetto di accoglienza che è un valore di sempre, in ogni epoca e ogni tempo”.
Mentre lei affermava questo cento diciassette persone annegavano nel Mediterraneo,trecento novantatrè esseri umani che pensavano di essere finalmente in salvo, venivano riconsegnati nelle mani dei torturatori delle milizie libiche grazie alle “Pressioni” del presidente del Consiglio Conte, centocinquanta anime, private della “Protezione umanitaria” venivano deportate dal Cara di Castelnuovo di Porto grazie a un’inumana legge dello Stato.
Io ho ascoltato le sue parole Presidente. Le ho respirate come chi inala un refolo di aria pulita mentre è ammorbato dal tanfo del cinismo e della ferocia.
In una atmosfera che è una miscela di grottesco e di tragedia.
Ma non basta un refolo d’aria signor Presidente. Questo governo e questa maggioranza stanno compiendo veri e propri crimini contro l’umanità , piegando le Istituzioni a strumenti per perpetrarli, alimentando un “Consenso” fatto di paura e rancore cieco, rendendo una parte della popolazione tifoseria di nefandezze e consentendo il pestaggio squadrista contro chi ancora si oppone, anche solo in nome di quegli stessi Valori ai quali lei ha fatto riferimento.
Non basta un refolo d’aria,per quanto limpida possa essere, seve un atto. Io le chiedo un atto. Non glielo chiedo per provocazione.
Glielo chiedo per amore e disperazione. Si dimetta signor Presidente.
Si dimetta da istituzioni che stanno ogni giorno divenendo più indegne dell’alto ruolo che sono tenute a rivestire.
Le sue dimissioni forse potrebbero, accompagnate dalle sue parole, scardinare o almeno svelare l’alchimia di potere, di opportunismi, piccole furbizie e meschini interessi che alimenta la macchina della barbarie che, come una ruspa, sta smantellando ciò che rimane dell’idea stessa di Società Civile e di Coscienza Morale condivisa.
Si dimetta la prego, perchè le parole, nemmeno le mie, non bastano più per non essere complici.
Con Stima.
Vauro Senesi
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Gennaio 23rd, 2019 Riccardo Fucile
NON SOLO I MIGRANTI, SONO RIMASTI PER STRADA ANCHE 120 ITALIANI, QUELLI DI CUI I RAZZISTI SI RIEMPIONO LA BOCCA… MA LORO NON SONO EVASORI FISCALI, QUINDI NON MERITANO DI ESSERE TUTELATI
“Neanche il reddito di cittadinanza possiamo avere, perchè percepiremo lo stipendio di gennaio. Si parla tanto di lavoro che non c’è, e poi a noi che ce l’abbiamo non si danno rassicurazioni nè indicazioni di sorta”.
Umberto Dinoi allarga le braccia e scuote la testa. È coordinatore del Cara di Castelnuovo di Porto, è uno dei 120 dipendenti della cooperativa Auxilium che gestisce la struttura di accoglienza in via di chiusura.
Questione nella questione, il destino dei centoventi lavoratori, quaranta dei quali sono della zona circostante il comune, circa novemila anime, alle porte di Roma.
Medici, psicologi, operatori legali, assistenti sociali, addetti alle pulizie e alla cucina, solo per citare alcune categorie.
Molti hanno famiglia, diversi si sono conosciuti lì, lavorando nel Cara, e si sono sposati. Come Umberto: anche sua moglie è dipendente della cooperativa. Hanno due figli, un anno e mezzo e sette anni, e il mutuo da pagare. E ora si chiedono entrambi cosa sarà del loro contratto, del loro futuro.
“È incredibile Di Maio presentava il reddito di cittadinanza”, sospira Dinoi.
Proprio al vicepremier e ministro del Lavoro, Luigi Di Maio, chiederanno risposte i lavoratori della Auxilium, che hanno organizzato un presidio per le 15 di domani davanti al dicastero.
“Non abbiamo ricevuto indicazioni, non sappiamo che fine faremo – scandisce Akram Zubaudi, anch’egli dipendente della cooperativa e direttore del Cara – è il Ministero del Lavoro che deve darcele”.
Anche lui che è palestinese, ha 39 anni e nel Cara ha iniziato come mediatore culturale, per poi passare, nel 2016, a dirigerlo, è sposato e ha due figli. Sarà anche lui al presidio.
Come Giuseppe Asprella, che annuncia la volontà dei manifestanti di chiedere a Di Maio un incontro e considera: “Quello dell’accoglienza era il mestiere del nuovo millennio – sbuffa – ma in questo modo, vengono meno le premesse per svolgerlo”. Jean Michel Sombodey, 58 anni, che lavora per “Auxilium” come assistente alla persona nel Cara di Castelnuovo, si chiede “quali ammortizzatori sociali prevederanno per noi”, mentre Marilena Bartali, anche lei dipendente della cooperativa come il marito, “con due figli a cui pensare”, sbotta – a parlare con due rappresentanti sindacali. Giovanna Catizone, Cisl, e Antonio Amantini, Cgil sono venuti a supportare i lavoratori di “Auxilium”.
“Da quel che ci risulta – fanno notare all’unisono – nel Cara qui gli ospiti costano 21,90 euro al giorno e non è mancato loro nulla. Vorremmo capire dove andranno e quanto costeranno. Dicono che la struttura va chiusa perchè costa troppo. Ma adesso mandando gli ospiti altrove e togliendo l’impiego ai lavoratori risparmieranno davvero?”.
(da “Huffingtonpost”)
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Gennaio 23rd, 2019 Riccardo Fucile
OVVIO, IL GOVERNO ITALIANO NON VUOLE TESTIMONI DEI RESPINGIMENTI ILLEGALI IN LIBIA
“Operazione Sophia è stata ed è ancora un’eccellenza della politica di difesa europea. Ha
contrastato il traffico di esseri umani nel Mediterraneo fino quasi a fermarlo del tutto, addestrato la guardia costiera libica, e salvato vite. Sophia ha portato tutta l’Ue nel Mediterraneo, dove l’Italia era sola prima del 2015. Se oggi l’Italia, che ha il comando e il quartier generale dell’operazione, non vuole più Sophia, siamo pronti a chiuderla”. Lo riferiscono fonti vicine all’alto rappresentante per la politica estera Ue, Federica Mogherini.
Sulla questione è intervenuto anche l’Ammiraglio Enrico Credendino, comandante dell’operazione navale europea Sophia: “Abbiamo parlato ora con i tedeschi – ha detto -: la Germania non si ritira dall’operazione Sophia. Rimane uno dei principali partner dell’operazione”.
La Germania, ha spiegato, “ha posizioni chiave che rimangono nel mio quartier generale e sulla flagship”.
“La nave che doveva arrivare il 6 febbraio è stata designata”, si tratta della tedesca Berlin che “rimarrà in Germania pronta a muoversi in due settimane in attesa che si chiarisca la situazione dei porti di sbarco e il futuro dell’operazione”, spiega ancora. Quindi, ha aggiunto Credendino,”non cambia assolutamente nulla, la Germania rimane uno dei principali partner dell’operazione”.
Il portavoce di Angela Merkel ha detto a proposito: “Il governo tedesco s’impegna al livello europeo perchè la missione Sophia possa andare avanti”.
La ministra della Difesa ha accusato invece l’Italia riguardo alla gestione della missione Sophia: “Il comando italiano ha spedito la Marina tedesca da quasi un anno negli angoli più remoti del Mediterraneo. Dato che là non ci sono rotte di profughi nè tratte nascoste, da almeno sei mesi noi non abbiamo avuto un compito sensato nel Mediterraneo”.
Tuttavia Ursula von der Leyen ha chiarito che se “la lite” su Sophia verrà risolta, la Berlin potrà “entro dieci giorni” essere di nuovo operativa nel Mediterraneo.
Il commissario europeo alle Migrazioni, Dimitris Avramopoulos è intervenuto dicendo: “Se l’Italia, che è al comando, decide di mettervi fine, spetta a lei deciderlo. Secondo me l’operazione Sophia è un successo e deve continuare”, ha proseguito il commissario, aggiungendo: “La decisione finale spetta agli Stati membri, per ora nessuna decisione è stata presa”.
(da agenzie)
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Gennaio 23rd, 2019 Riccardo Fucile
SECONDO IL DELINQUENTE RAZZISTA SAREBBE UN “SACRILEGIO” LA MENSA NELLA BASILICA DI SANT’EUSTACHIO, A ROMA … DON PIETRO: “PER ME QUESTA MINACCIA E’ UN ONORE”
“Caro reverendo, la chiesa è la casa del Signore, non dei poveri! Risponderai davanti a Dio dei sacrilegi e delle profanazioni compiuti in questa chiesa”.
È questo il biglietto di ‘augurì ricevuto oggi, nel giorno del suo compleanno, da monsignor Pietro Sigurani, rettore della basilica di Sant’Eustachio nel cuore di Roma, a due passi dal Pantheon.
La colpa di don Pietro è quella di aver trasformato la basilica in un vero e proprio ‘polo per il sociale’: da sei anni, sotto il porticato, circa 120 persone ricevono ogni giorno un pasto completo, dal primo al dolce.
Da questo autunno, poi, nelle cripte della basilica è aperta ‘la casa della misericordia’, un centro di aggregazione con docce e lavanderia, un’aula pc, un presidio di supporto psicologico e, presto, un presidio medico. “Una specie di caffè in cui chiunque può trovare riparo, fare due chiacchiere e incontrarsi”, spiega don Pietro all’agenzia Dire.
La basilica è piena dei suoi “scartati”, che aspettano l’inizio del pasto per festeggiarlo: “facciamo queste attività da 6/7 anni, sicuramente non ci spaventano queste cose”, dice in riferimento al biglietto ricevuto.
“Anzi – aggiunge – queste cose per noi sono un onore, perchè vuol dire che capiscono che quello che facciamo è una cosa che gli da un pugno nello stomaco. Non so chi è stato e non mi interessa, c’è ancora gente che ha questo senso dei luoghi sacri ma l’unico luogo sacro è la persona, dice il signore. L’unico spazio sacro che esiste è in ognuno di noi”.
(da agenzie)
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Gennaio 23rd, 2019 Riccardo Fucile
I RESPONSABILI DELLA CARITAS AMBROSIANA HANNO DECISO DI MANTENERE A PROPRIE SPESE LE PERSONE A CUI IL GOVERNO HA NEGATO I DIRITTI
Disobbedienza civile e una risposta alla disumanità : le Caritas della Lombardia non
allontaneranno dai centri di accoglienza che gestiscono, i migranti che ne perderanno il diritto, in applicazione del cosiddetto Decreto Salvini
Gli ospiti, rimarranno nei centri, a totale carico degli organismi ecclesiali.
La decisione, comunicata ieri dal direttore della Caritas Ambrosiana e delegato regionale, Luciano Gualzetti durante il convegno organizzato con l’associazione “Città dell’uomo” riguarderà , in particolare, i titolari di permesso per motivi umanitari e coloro che riceveranno il nuovo permesso per protezione speciale che non potrebbero più essere accolti nel nuovo sistema di accoglienza (ex Sprar).
Si stima che saranno quindi almeno 500 gli ospiti che beneficeranno di questa scelta e che, diversamente, secondo il nuovo provvedimento del governo, sarebbero usciti dal sistema di protezione.
Inoltre, il direttore Gualzetti ha anche annunciato che se le Caritas diocesane parteciperanno alle nuove convezioni con le Prefetture, continueranno in ogni caso a garantire, sempre a proprie spese, i percorsi di integrazione avviati: corsi professionali, tirocini in azienda.
Al contempo proseguirà l’impegno, con Caritas italiana, per incrementare il numero degli ospiti accolti attraverso i canali umanitari, che consentono “ai migranti in condizione di grave vulnerabilità di giungere nel nostro Paese” senza dover affrontare i rischi delle traversate del Mediterraneo gestite dagli scafisti.
Gualzetti ha poi annunciato che se le Caritas diocesane parteciperanno alle nuove convezioni con le prefetture, continueranno in ogni caso a garantire, sempre a proprie spese, i percorsi di integrazione avviati: corsi professionali, tirocini in azienda. Inoltre continuerà l’impegno, con Caritas Italiana, per incrementare il numero degli ospiti accolti attraverso i canali umanitari, che consentono ai migranti in condizione di grave vulnerabilità di giungere nel nostro Paese senza dover affrontare i rischi delle traversate del Mediterraneo gestite dagli scafisti.
Su 26.864 ospiti complessivi accolti in Lombardia, attualmente sono 4.514 i migranti presenti nelle strutture delle dieci diocesi lombarde.
Di questi 3.129 si trovano nei centri di accoglienza straordinaria gestiti in convezione con le Prefetture, 847 negli Sprar dei Comuni, 163 nel centri per minori stranieri non accompagnati.
Oltre la metà , 2293, sono presenti nella rete di accoglienza diffusa della Diocesi di Milano, 1204 nella Diocesi di Bergamo e il resto nelle diocesi di Brescia, Como, Crema, Cremona, Lodi, Mantova, Pavia, Vigevano.
(da agenzie)
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