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SENZA PUDORE: UNA POLTRONA PUBBLICA DA 30.000 EURO PER IL COMMERCIALISTA DELLA LEGA

Febbraio 5th, 2019 Riccardo Fucile

IL TESORIERE CENTEMERO HA DESIGNATO PRESIDENTE DI SIN SPA ALBERTO DI RUBBA, ANIMATORE DI “PIU’ VOCI”, USATA PER INCASSARE LE DONAZIONI DI PARNASI

Una nomina pubblica da 30 mila euro all’anno. È quella appena ottenuta da Alberto Di Rubba, commercialista bergamasco molto vicino a Matteo Salvini e al tesoriere della Lega, il parlamentare Giulio Centemero.
Lo scorso 24 gennaio Di Rubba è stato infatti scelto come presidente del consiglio d’amministrazione della Sin Spa, società  privata che fa capo al ministero dell’Agricoltura. Dicastero, quest’ultimo, guidato da un altro leghista doc: il senatore Gian Marco Centinaio.
Per capire l’importanza della nomina di Di Rubba bisogna prima spiegare che cos’è Sin, acronimo di Sistema Informativo Nazionale per lo Sviluppo dell’Agricoltura.
Il 51 per cento delle azioni di Sin è in mano ad Agea, l’Agenzia per le Erogazioni in agricoltura.
Agea è un ente statale che ha tra sue le funzioni principali quella di erogare i fondi europei per l’agricoltura. Miliardi di euro pubblici che ogni anno vengono distribuiti a coltivatori e allevatori.
In tutto questo Sin ha una funzione specifica: gestire il sistema informatico attraverso cui vengono distribuiti questi denari.
Al di là  della missione della Sin, la nomina di Di Rubba colpisce per altri motivi. Innanzitutto perchè certifica l’importanza di questo commercialista nelle gerarchie leghiste. Da quando Salvini è a capo del partito, il 40enne bergamasco ha infatti inanellato una invidiabile serie di posti di rilievo: presidente di Lombardia Film Commission fino ad agosto scorso, la fondazione controllata dalla Regione che ha come scopo quello di promuovere sul territorio lombardo le produzioni video; consigliere d’amministrazione di Radio Padania (carica lasciata pochi mesi fa), la storica emittente del Carroccio in cui il segretario federale ha mosso i primi passi; amministratore unico di Pontida Fin, la cassaforte immobiliare del Carroccio, oggi rimasta l’unica azienda del partito con un patrimonio rilevante.
Ultimo, ma solo in ordine temporale, l’incarico di direttore amministrativo del gruppo parlamentare della Lega al Senato
C’è poi il ruolo avuto dal professionista lombardo nelle recenti vicende finanziarie leghiste. Insieme a Centemero e al collega Andrea Manzoni, Di Rubba ha infatti fondato l’associazione Più Voci, finita al centro delle cronache giudiziarie perchè ritenuta dai magistrati la scatola attraverso cui la Lega avrebbe incassato finanziamenti illeciti (tra cui i 250 mila euro ricevuti dal costruttore Luca Parnasi ). Non solo.
Nello studio professionale di Di Rubba, a Bergamo in via Angelo Maj 24, hanno sede sette società  controllate da un’anonima holding lussemburghese, la Ivad Sarl. Dopo che ne avevamo dato notizia (giugno 2018) la guardia di finanza ha perquisito l’ufficio di Di Rubba.
Gli investigatori ipotizzano che una parte dei 49 milioni della truffa leghista — quella per cui sono stati condannati in secondo grado Umberto Bossi e Francesco Belsito – siano finiti proprio nel Granducato.
E in questo vorticoso giro di denaro riciclato avrebbero avuto un ruolo anche le sette società  domiciliate a Bergamo, presso l’ufficio del nuovo presidente del cda di Sin Spa.*
Tutte ipotesi, tutto ancora da provare, ma di sicuro la scelta del ministro Centinaio manda un segnale chiaro a tutti gli osservatori.
Al di là  delle polemiche, dei sospetti e delle inchieste giudiziarie (Di Rubba, va ricordato, non risulta indagato) il commercialista continua a godere della massima fiducia dei vertici leghisti.
Tanto da essere stato inserito a pieno titolo nei beneficiari del nuovo spoil system, quello del governo del cambiamento. Che in realtà  assomiglia moltissimo alle tanto criticate lottizzazioni del passato. Di Rubba non è il solo a essere stato nominato in Sin Spa.
Neo consigliere è anche Giammateo Rona, che in rete si definisce avvocato penalista e appassionato di arte. Rona nel 2005 è stato candidato sindaco a Pavia: una candidatura sostenuta dall’estrema destra di Alessandra Mussolini.
Difficile capire in base a quali competenze l’avvocato lombardo sia stato nominato consigliere d’amministrazione della Sin Spa.
Di certo Rona ha un’amicizia importante: quella con il ministro Centinaio, anche lui pavese. «Giornata storica per la goliardia e per l’Università  di Pavia. Il mio fratello in Goliardia Gian Marco Centinaio, oggi Ministro della Repubblica, è intervenuto come ospite d’onore alla Prolusione del Rettore per l’inaugurazione dell’anno accademico con l’insegna dell’Ordo Clavis Universalis, l’ordine goliardico dove abbiamo fatto un pezzo di strada insieme», scriveva l’avvocato Rona su Facebook nel novembre dell’anno scorso.
Un legame che ha dato i suoi frutti.

(da “L’Espresso”)

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CON IL REDDITO NON SI ABOLISCE LA POVERTÀ: “AUMENTERANNO LE DISEGUAGLIANZE”

Febbraio 5th, 2019 Riccardo Fucile

SINDACATI, COMUNITA’ DI SANT’EGIDIO E CARITAS BOCCIANO LA MISURA DI DI MAIO

La precarietà  dei 6.000 navigator Anpal può innescare una vera e propria “guerra tra poveri” mentre il requisito dei 10 anni di residenza può paradossalmente “aumentare il disagio e la disuguaglianza nell’accesso al beneficio”.
I sindacati e le associazioni del Terzo settore che si occupano di povertà , chiamati in Senato a dire la loro sul Decretone che contiene le norme sul Reddito di Cittadinanza e su Quota 100, non si risparmiano con le critiche puntuali ai provvedimenti e, soprattutto sul primo, tirano fuori tutta una serie di timori e perplessità .
A non convincere Cgil, Cisl e Uil è soprattutto l’assunzione, con contratti di collaborazione, delle nuove figure professionali destinate a fare da tutor ai beneficiari del Reddito. “È una condizione che rischia di alimentare ulteriormente e con numeri abnormi il bacino di precari presenti in Anpal Servizi, innescando una vera e propria ‘guerra tra poveri’ “.
L’accusa è messa nero su bianco dai sindacati in un documento unitario depositato in commissione Lavoro del Senato, in cui si spiega che in questo modo vengono mettono in concorrenza i nuovi precari con i vecchi già  presenti in Anpal Servizi da diversi anni. Dai numeri forniti dai sindacati, emerge, infatti, che lì oggi ci sono già  654 lavoratrici e i lavoratori con contratto a tempo determinato o di collaborazione (il 60% del totale), e “non è accettabile correre il rischio di disperdere anche la loro professionalità  acquisita in anni di attività “.
Le tre sigle sindacali suggeriscono quindi al Governo, di prendere prima in seria considerazione la completa stabilizzazione di tutti i precari di Anpal Servizi.
Altra forte preoccupazione espressa dai rappresentanti sindacali è che le risorse previste dal Reddito di Cittadinanza non bastino a garantire il sostegno di tutti i cittadini che si trovano in condizioni di povertà  assoluta.
Il Rdc, infatti, “è una misura che viene finanziata fino ad esaurimento delle risorse stanziate per l’anno di competenza (limite di tetto) ” spiegano i sindacati e se le domande dovessero superare la disponibilità  delle risorse stanziate per l’anno in corso, può scattare la “tagliola” e in quel caso può essere ristabilita la compatibilità  finanziaria “attraverso la rimodulazione del sussidio ovvero la sua riduzione in modo tale da coprire tutti i beneficiari in regola con i requisiti”.
Il problema, quindi, è che non tutti i poveri – specialmente quelli nelle peggiori condizioni – vengano tutelati dalla misura. Per come è attualmente strutturato il meccanismo di distribuzione del Reddito, i sindacati fanno notare che potrebbe essere penalizzante per i disabili e per le famiglie numerose “in particolare se con minori”. Ecco perchè Cgil, Cisl e Uil suggeriscono di riequilibrare il sistema prevedendo delle maggiorazioni nel beneficio in caso di presenza di disabili nel nucleo familiare.
La misura, poi, non incide e non contrasta adeguatamente la cosiddetta “povertà  minorile”, che è in aumento, ma viene trattata marginalmente da questo provvedimento.
Per questo, le tre sigle chiedono che – come era previsto per il Rei – sia ripristinato l’obbligo e la previsione di interventi di sostegno sociale, per il diritto all’istruzione e all’educazione dei minori.
Elemento invece del tutto “inaccettabile” per i sindacati è il requisito della residenza in Italia da almeno 10 anni, di cui gli ultimi due consecutivi, per diventare beneficiari del Reddito. I rappresentati dei lavoratori parlano infatti chiaramente “di profili di incostituzionalità “, reputando questa previsione troppo vincolante nei confronti dei cittadini stranieri, iniqua verso l’intera platea di soggetti in condizione di bisogno, a partire dai senza dimora, ed escludente per i possibili “emigrati di ritorno”.
Su questo tema interviene a gamba tesa anche la Caritas, secondo la quale, la previsione di una residenza di 10 anni per i beneficiari del reddito “esclude certamente dalla misura le persone migranti regolarmente presenti sul nostro territorio e rischia di escludere le persone in condizione di grave marginalità , in particolare i soggetti senza dimora, a prescindere dalla loro cittadinanza”.
Per la Caritas si tratta di un vero e proprio paradosso, un provvedimento che si occupa di contrastare la povertà , infatti, “non può che essere inclusivo”, altrimenti “genera o implementa condizioni di disagio grave o di disuguaglianza nell’accesso”.
Della stessa opinione anche la Comunità  di Sant’Egidio che propone di superare il limite dei 10 anni, proponendo che il tetto sulla residenza sia ridotto a non più di 5 anni e avverte: la ripartizione del beneficio “tra Rdc propriamente detto e contributo all’affitto produce un”evidente distorsione poichè finisce per penalizzare chi non ha casa, cioè proprio coloro che versano in povertà  estrema”. Le persone senza fissa dimora, infatti, riceverebbero meno di chi comunque gode di un’abitazione, che sia di proprietà  o in affitto.
L’obbligo di spendere l’intero ammontare del beneficio in un mese “è controproducente” – sempre secondo la Comunità  di Sant’Egidio – a fronte dell’eventualità  di dover affrontare spese che richiedono forme anche molto limitate di accantonamento (ad esempio la caparra per un affitto, delle cure mediche straordinarie, o comunque altri eventi improvvisi).
Anche i sindacati reputano questa misura “inutilmente penalizzante”. Si tratta di una decurtazione “che non tiene in alcun modo conto della capacità  del nucleo familiare di operare una pianificazione delle spese fisse (non necessariamente mensili) che si affrontano”, dicono Cgil, Cisl e Uil, mentre il limite di prelievo di 100 euro può invece risultare “troppo contenuto nel caso in cui il beneficio sia elevato mentre può essere perfino esaustivo se il beneficio è contenuto. Sarebbe stato più opportuno fissare come massimo del prelievo una percentuale del beneficio”.
Ai rappresentanti dei lavoratori sembra poi che il Reddito di Cittadinanza attribuisca, nella lotta alla povertà , un ruolo prioritario all’avvio al lavoro, senza però considerare che già  oggi “molti lavoratori sono poveri”.
Una misura di sostegno al reddito, pur importante – concludono – “non può essere quindi scollegata dal tema della qualità  dello sviluppo economico, dalla qualità  della offerta di lavoro, dagli investimenti necessari a superare le strutturali carenze e i divari territoriali, dagli investimenti sul sistema di istruzione e per l’apprendimento permanente, tutte tematiche su cui non ci sono state finora le scelte politiche necessarie”
C’è, insomma, un rischio concreto che il Reddito di cittadinanza “si riveli la strada sbagliata per rispondere alle esigenze dei poveri senza raggiungere peraltro gli obiettivi di incremento occupazionale”, fa notare l’Alleanza contro la Povertà .
Per Bin Italia (il network italiano del Basic Income), invece, l’effetto “scoraggiamento” del Reddito – legato all’importo del beneficio citato da Confindutria, che lo considera troppo alto rispetto agli stipendi medi del primo ingresso nel mondo del lavoro – “sarebbe invece una prima vittoria del Reddito, soprattutto se portasse finalmente al rifiuto di offerte di lavoro con compensi troppo bassi e, di conseguenza, a un aumento dei salari”.

(da agenzie)

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QUANTO FA INCASSARE BAGLIONI ALLA RAI CON SANREMO: UN UTILE DI 10 MILIONI DI EURO

Febbraio 5th, 2019 Riccardo Fucile

LA RACCOLTA PUBBLICITARIA E’ SALITA A 29 MILIONI, TRE IN PIU’ DELL’ANNO SCORSO

In tempi di piccinerie da campagna elettorale sugli stipendi degli artisti della RAI, che vanno sempre di gran moda quando si tratta di aizzare la gente e distrarla dalla recessione, si è parlato molto dei compensi di Claudio Baglioni e delle accuse di conflitto d’interessi nei confronti del conduttore di Sanremo con il Baglioni artista sotto contratto per Sony Music per l’attività  discografica e con F&P Group per la parte live, aziende che per il secondo anno consecutivo hanno fatto il pieno di concorrenti in gara e ospiti alla kermesse.
Adesso che i conti in tasca alla RAI sono stati fatti, però, è bene segnalare come sta andando la partita più importante per Sanremo, ovvero quella degli incassi.
Il Sole 24 Ore ci fornisce oggi una stima interessante seppur ancora provvisoria:
Tim per il secondo anno si è riproposta come sponsor unico approfittando della kermesse anche per accendere a Sanremo antenne 5G e mostrare quella che sarà  la connettività  del futuro. Sponsor unico — ma anche evidentemente un’ottima vendita di break (complice una controprogrammazione inesistente) — hanno spinto il Festival verso un nuovo record della raccolta pubblicitaria che «viaggia tra i 28 e i 29 milioni, almeno 3 più dello scorso anno», ha spiegato la direttrice di Rai 1 evidenziando dall’altra parte «un lavoro molto forte di contrazione dei costi».
Mal contato il profitto, confrontando ricavi netti e costi, dovrebbe superare i 10 milioni di euro.
È noto infatti a tutti, tranne che a chi fa i meme gentisti sulla RAI ma ancora non ha finito le scuole elementari, che la valutazione di una trasmissione tv si fa confrontando i costi ed i ricavi.
In questa ottica, non sembra un affarone — ma tanto a Freccero che je frega — spendere 150mila euro per i vecchi filmati di Benigni nè darne 30mila a Grillo per un programma che poi non vede nessuno.
Mentre conviene all’azienda avere programmi in attivo come quelli di Fabio Fazio, Baglioni (appunto) e persino Bruno Vespa. Perderli vorrebbe dire perdere quei ricavi e quindi quei guadagni. Ma tanto a loro che gliene frega? Sono soltanto i soldi di tutti ad essere in ballo.

(da “NextQuotidiano“)

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SOLDI AL CLAN BELFORTE PER OTTENERE VOTI NEL CASERTANO: 19 ARRESTI

Febbraio 5th, 2019 Riccardo Fucile

TRA GLI INDAGATI POLITICI LOCALI DEL CENTRODESTRA… 7.000 EURO PER 100 VOTI

Il clan Belforte ha condizionato il voto per il consiglio regionale del 31 maggio 2015.
E’ lo scenario in cui si muove un’indagine coordinata dai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Napoli che ha portato i carabinieri della compagnia di Caserta a notificare 19 misure cautelari a indagati, tra cui politici locali, che devono rispondere a vario titolo di scambio elettorale politico-mafioso, estorsione, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, reati aggravati dal utilizzo del metodo mafioso. Indagata anche la compagna di Carmine Antropoli, l’ex sindaco di Capua e primario del Cardarelli arrestato ieri dai carabinieri con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa.
Anziani accompagnati fin dentro al seggio elettorale per votare i candidati imposti dal clan camorristico, voti comprati dai candidati a peso d’oro – 70 euro a preferenza – nomi sulla scheda corretti quasi nella cabina, minacce e intimidazioni persino al presidente del seggio.
Tra i 19 indagati, alcuni candidati alle Regionali del 2015 nel partito “Nuovo Centrodestra – Campania Libera” Pasquale Corvino, noto imprenditore titolare di laboratori di analisi e ex presidente della Casertana Calcio nonchè fratello dell’attuale assessore comunale di Caserta Elisabetta Corvino (tra le più votate alle scorse comunali, ndr), e Pasquale Carbone; entrambi, risultati non eletti, sono finiti agli arresti domiciliari per il reato di voto di scambio politico-mafioso.
Se nella vicina città  di Maddaloni, dove la Dda ha fatto arrestare poche settimane fa alcune persone indagando anche il sindaco in relazione alle elezioni comunali del 2018, i voti venivano comprati dagli esponenti del clan per pochi euro, dai 10 ai 30, a Caserta invece, durante le Regionali del 2015, l’acquisto illecito di pacchetti di voti avveniva in grande stile. Il candidato Carbone, hanno accertato gli inquirenti, ha versato ad Antonio Merola (finito in carcere), esponente del clan Belforte di Marcianise, 7000 euro per 100 voti, ottenendo alla fine solo 87 voti; Carbone, dopo le elezioni, ha pure chiesto a Merola la restituzione di parte dei soldi versati.
Dal canto suo il candidato Corvino avrebbe promesso ad Agostino Capone e Vincenzo Rea, altri due esponenti del clan oggi finiti in cella, la somma di 3000 euro ciascuno oltre a buoni spesa e carburante.
Figura anche la compagna del primario dell’ospedale Cardarelli ed ex sindaco di Capua (Caserta) Carmine Antropoli – arrestato ieri dai carabinieri con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa – tra le persone indagate nell’ambito dell’inchiesta sul voto di scambio, anche politico-mafioso, nel Casertano per le regionali del 2015 in Campania della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli.
Si tratta di Lucrezia Cicia, di Forza Italia, a cui viene contestato il voto di scambio. Insieme a lei è indagato anche un altro politico di Forza Italia, Domenico Ventriglia. Pasquale Corvino e Pasquale Carbone, entrambi tra le persone arrestate oggi, in passato hanno ricoperto, rispettivamente, le cariche di ex vicesindaco a Caserta ed ex sindaco a San Marcellino (Caserta)
Due le direttrici di intervento dei fratelli boss Giovanni e Agostino Capone nella tornata elettorale.
Da una parte hanno imposto ai candidati di servirsi per il servizio di affissione di manifesti elettorali a Caserta di una società  intestata alla moglie di Agostino, Maria Grazia Semonella, la Clean service; dall’altro hanno procurato voti a candidati che in cambio erano disposti a versare denaro al clan, buoni pasto e buoni carburante. Solo il business dei manifesti ha fruttato 17000 euro, versati in parte nelle casse della cosca per mantenere le famiglie degli affiliati detenuti. Giovanni Capone, all’epoca detenuto, ha utilizzato ‘pizzini’ per dare disposizioni al fratello Agostino perchè si occupasse dell’affissione dei manifesti elettorali nella città  di Caserta”.
Dalle intercettazioni realizzate dai carabinieri di Caserta, guidati dal maggiore Andrea Cinus – che oggi, coordinati dalla Dda di Napoli (sostituto procuratore Luigi Landolfi e procuratore aggiunto Luigi Frunzio) hanno arrestato 19 persone nell’ambito di un’indagine su voto di scambio politico-mafioso per le regionali del 2015 in Campania – è emersa tutta la forza intimidatrice del clan.
“Se non escono i voti devi vedere! Ti togliamo la macchina da sotto” dice Agostino Capone, fratello del boss Giovanni Capone, ad un elettore costretto a votare Corvino. E ancora: “li vado a prendere, li porto a votare fino a dentro. Con il telefono in mano faccio la foto, devo vedere suo telefono se no non hanno niente”, dice Capone riferendosi agli elettori cui erano stati promessi dei regali in cambio del voto a Corvino.
Sempre Capone racconta alla moglie di aver minacciato anche il presidente di un seggio dove aveva accompagnato un anziano a votare Corvino, quasi fin dentro la cabina. “Non mi ha detto proprio niente perchè io lo stavo menando là  dentro”.

(da agenzie)

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ARRESTATO COLONNELLO DELLA GUARDIA DI FINANZA PER SFRUTTAMENTO E FAVOREGGIAMENTO DELLA PROSTITUZIONE

Febbraio 5th, 2019 Riccardo Fucile

AVVENIVA ALL’INTERNO DEL SUO APPARTAMENTO DI BOLOGNA

Sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione.
Sono accuse molto gravi quelle a cui deve rispondere un tenente colonnello della guardia di finanza di Bologna, Alessio Costagliola, finito agli arresti domiciliari   nell’ambito dell’inchiesta del pm Flavio Lazzarini che ha coordinato il lavoro dei finanzieri del nucleo di polizia economica finanziaria. La misura cautelare è stata chiesta (e ottenuta) al Gip Alberto Gamberini.
Stando a quanto ricostruito, il tenente colonnello avrebbe avuto un ruolo in un giro di prostituzione nel suo alloggio privato di Bologna, e in cui erano coinvolte alcune ragazze sudamericane, una delle quali sua amica.
Non risulta che la presunta attività  illecita venisse svolta in locali riferibili alla guardia di finanza.
Le indagini sono tuttora in corso e i militari del Nucleo di polizia tributaria, vogliono capire con precisione il ruolo e il tornaconto avuto da Costagliola in questa storia.
La notizia, pubblicata dal Resto del Carlino, trova conferme in ambienti investigativi. Dal Comando regionale, filtra solo che “le indagini sono ancora in corso e che sono state avviate per iniziativa della stessa Guardia di finanza che le ha poi condotte sotto la direzione dell’Autorità  giudiziaria”.
Un concetto ripetuto dal comandante provinciale delle Fiamme gialle Luca Cervi: “Le attività  sono tuttora in corso, avviate su nostra iniziativa e condotte da noi sotto l’egida della Procura”. Costagliola, addetto al II gruppo, è stato sospeso dal servizio, come prevede la procedura in automatico per questi casi.

(da agenzie)

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PER SALVARE IL SEQUESTRATORE DI PERSONE ORA I VERTICI M5S PENSANO AL VOTO ON LINE

Febbraio 5th, 2019 Riccardo Fucile

DOVE NON ESISTE UN CONTROLLO DI SOCIETA’ TERZA CHE GARANTISCA LA CORRETTEZZA DEL VOTO

Il MoVimento 5 Stelle si appresta a organizzare sulla piattaforma Rousseau un voto online per salvare Salvini.
La mossa, rivelata da Luca De Carolis sul Fatto Quotidiano (solitamente molto addentro alle cose grilline), non servirà  però certo a rinvigorire il rapporto con la base ma avrà  un duplice effetto: scaricare Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista dalla responsabilità  di certificare l’immunità  dell’alleato e impegnare alla fedeltà  i dissidenti che sono usciti allo scoperto in questi giorni.
Il Fatto spiega che il M5S è attualmente diviso tra la vecchia guardia, in maggioranza per il sì “perchè non ci siamo mai opposti alle autorizzazioni a procedere”, e i nuovi eletti, per i quali il no non è un’eresia, ed è comunque la via per tenere a galla il governo.
“Ma è un gioco a perdere, perchè se diciamo sì Salvini ha il pretesto per far saltare tutto, e con il no invece rischiamo di spaccarci in aula” riconoscono tutti.
E soprattutto, al contrario di quello che scrive il Fatto, nella “vecchia guardia” la maggioranza è per salvare Salvini — per esempio: Michele Mario Giarrusso ha già  annunciato il suo no — anche perchè l’effetto sarebbe salvare sè stessi, non mettendo a rischio la legislatura in tempi in cui la regola dei due mandati è ancora in vigore e in molti si giocano la rielezione.
Ecco perchè torna in auge l’ipotesi del voto sul portale. Perchè nella partita sul caso Diciotti è il ministro dell’Interno a poter muovere le pedine dove preferisce.
Anche se per Capitan Coniglio il processo resta uno spauracchio. E il ricatto sulla TAV potrebbe rimanere comunque in piedi anche a salvataggio avvenuto.
Il ragionamento ovviamente dimostrerebbe l’incompatibilità  tra i ragionamenti politici del M5S e le democrazie dei paesi civili dell’occidente, le quali prevedono proprio per casi come questo la separazione tra il potere politico e quello giudiziario: affinchè la legge sia uguale per tutti e nessuno possa usare la “volontà  popolare” (espressa tra l’altro nell’occasione tramite sondaggio, di solito i grillini non li amano quando sono negativi e li adorano quando sono positivi) per sfilarsi dal giudizio della legge.
Ma questo non sarebbe che l’ennesimo indizio che la democrazia diretta da Beppe Grillo si trova attualmente ben al di sotto degli standard di civiltà  europei, somigliando invece di più ai sistemi di potere pre-democratici, dal culto di Quetzacoà tl al Re Sole.
Il punto in realtà  è un altro. Ovvero che i voti sul Blog delle Stelle li conosciamo tutti: come quello per Marika Cassimatis, che dopo aver vinto a sorpresa il voto per la candidatura a sindaco di Genova è stata cacciata dopo un post in cui Beppe diceva “Fidatevi di me” ed emanava la sua fatwa nei confronti dell’attivista insinuando chissà  quali porcherie di cui in seguito si scusò. Ma intanto il voto era stato fatto.
La stessa cosa successe per l’alleanza con l’ALDE, che venne dipinta come il paradiso in terra dopo che il M5S aveva indicato nei liberali i peggiori nemici nei mesi precedenti: anche lì il voto diede ragione a chi proponeva l’accordo che poi saltò per volontà  degli altri.
Con il giudizio di Dio del voto del popolo il M5S si impegna in una partita che è sicuro di vincere e così costringerà  anche chi non è d’accordo a impegnarsi a rispettare il voto del blog, annientando la già  debolissima opposizione interna. Una partita win-win. Per questo la giocano.

(da “NextQuotidiano”)

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IL PACCO E’ SERVITO: L’OFFERTA DI LAVORO PER IL REDDITO DI CITTADINANZA POTRA’ ESSERE A TERMINE

Febbraio 5th, 2019 Riccardo Fucile

OVVERO UNO DOVREBBE TRASFERIRSI A 500 CHILOMETRI DA CASA E DOPO SEI MESI RICEVERE UN CALCIO IN CULO

L’offerta congrua per il reddito di cittadinanza potrebbe essere anche con un contratto a termine. E questo obbligherebbe chi è iscritto al programma per la ricerca di un lavoro ad accettare un mestiere che potrebbe sfumare in poco tempo.
Trasferendosi da una parte all’altra d’Italia per un contratto di pochi mesi.
Valentina Conte su Repubblica va a cercare il diavolo nascosto nei dettagli della legge:
Le tre offerte di lavoro legate al reddito di cittadinanza — se rifiutate, si perde il sussidio — possono essere anche a tempo. E questo perchè sono offerte “congrue”, così come le definisce l’articolo 25 del decreto legislativo 150 del 2015, citato anche nelle slide sul sito del governo. Ovvero il Jobs Act di Renzi. Che il governo gialloverde non solo non cancella, ma recepisce quasi in pieno.
Il risultato è spiazzante. Perchè se — come spiegava ieri il ministro Di Maio — «entro un anno l’offerta di lavoro arriverà  su tutto il territorio italiano, quando non ce ne sono entro 100 chilometri, 100 minuti dalla residenza o 250 chilometri», questa unica offerta potrebbe essere all’altro capo della Penisola.
E, sorpresa, avere la veste di un contratto a termine. Significa quindi che il povero pur di non perdere il sussidio dovrebbe prendere armi e bagagli, trasferire la famiglia da Sud a Nord — caso che capiterà  più di frequente — e poi dopo 6 mesi o un anno tornare a casa e richiedere un nuovo giro di reddito di cittadinanza, alla stregua di un inedito ammortizzatore sociale.
L’offerta “congrua” — si legge sul sito di Anpal Servizi Spa (60% di dipendenti precari), la controllata di Anpal che deve selezionare e assumere 6 mila navigator entro maggio offrendo contratti biennali di collaborazione, cioè precari — è tale se ha quattro requisiti.
Il governo ne mantiene tre: coerenza dell’offerta con il curriculum, durata della disoccupazione (se lunga, offerta slegata dalle competenze), stipendio del nuovo impiego del 20% almeno superiore all’ultima indennità  percepita.
E cambia solo il quarto requisito: quello della distanza chilometrica da casa del nuovo posto di lavoro. Era entro 50 chilometri (o 80 minuti con i mezzi pubblici dal domicilio) per i disoccupati da non più di 12 mesi. Oppure entro 80 chilometri per i disoccupati da oltre un anno.
Nel meccanismo del reddito di cittadinanza, la prima offerta sarà  entro 100 chilometri o 100 minuti da casa, la seconda entro 250 chilometri, la terza ovunque in Italia.

(da “NextQuotidiano”)

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“PASQUARETTA HA OTTENUTO IL CONTRATTO CON CASTELLI GRAZIE ALLA APPENDINO”

Febbraio 5th, 2019 Riccardo Fucile

LA TESI DEGLI INQUIRENTI, I RAPPORTI CON LAURA CASTELLI E TIZIANA BEGHIN, LE COLLABORAZIONI IMBARAZZANTI PER IL M5S

Gli incarichi dati da Tiziana Beghin e da Laura Castelli all’ex portavoce di Chiara Appendino Luca Pasquaretta sono una delle evidenze che hanno portato la procura di Torino a indagarlo per estorsione.
E anche se la Castelli si è affrettata a scaricarlo non appena è uscita la notizia dell’indagine,   secondo il pm Gianfranco Colace, titolare del fascicolo insieme all’aggiunto Enrica Gabetta sarebbero il risultato della strategia delle minacce che lo ha infilato nei guai per la terza volta.
Pasquaretta in ogni caso è un grillino vero: la dimostrazione sta nella dichiarazione che ha rilasciato alla stampa dopo la notizia dell’ennesima inchiesta, quando ci ha tenuto a ricordare che “siamo tutti innocenti fino a prova contraria”.
Ovvero l’esatto contrario della propaganda grillina che ha portato a risultati come l’elezione di Appendino a sindaca: considerare l’avviso di garanzia più o meno come una sentenza di pena di morte per ghigliottina.
Oggi che tocca a lui, Pasquaretta scopre le virtù del garantismo e proprio per questo non si meritava di essere scaricato da Castelli & Co.
Spiega oggi La Stampa che la tesi degli inquirenti è che Pasquaretta avrebbe ottenuto un incarico e raggiunto un accordo per un altro attraverso una presunta estorsione.
Che pare sia stata indirizzata alla sindaca ma mai direttamente compiuta in prima persona. L’accordo raggiunto è quello con il viceministro (senza deleghe) al ministero dell’Economia Laura Castelli, di cui diventò collaboratore mesi fa.
L’altro «risultato» che sarebbe stato ottenuto con un pressing non lecito indirizzato alla sindaca è quello — secondo l’ipotesi d’accusa -che l’ex portavoce di Appendino pare avesse trovato con Tiziana Beghin, europarlamentare del M5S, 47 anni, imprenditrice.
La collaborazione non divenne mai ufficiale ma a un certo punto fu lo stesso Pasquaretta a parlarne. Pare non si concretizzò nulla quando Beghin, inizialmente indicata come tra le papabili candidate alle primarie per le elezioni regionali del 2019, uscì dalla corsa.
Pasquaretta oggi secondo il quotidiano di Torino non risponderà  alle domande del pubblico ministero, mentre i magistrati potrebbero sentire presto Laura Castelli e Tiziana Beghin, allo scopo di scoprire chi abbia suggerito alle due di prendere a lavorare con sè Pasquaretta (pur senza registrarlo tra i collaboratori ufficiali, visto che la sua nomina non compariva sul sito del ministero dell’Economia e delle Finanze probabilmente perchè nessuno voleva mettere il cappello sull’assunzione di una persona già  indagata per altri due reati).
Ieri in Aula a Torino la capogruppo del M5S, Valentina Sganga, si è spesa in un attacco durissimo nei confronti di «un personaggio salito sul carro dei vincitori, un’infezione venuta dall’esterno» su cui la sindaca ha «compiuto un errore di valutazione».
Lei, la sindaca, è stata ascoltata dai magistrati su sua richiesta proprio per tornare a difendere Pasquaretta. Alla faccia dell’errore di valutazione.

(da “NextQuotidiano”)

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“NON SIAMO IN GRADO DI GARANTIRE LA TUA SICUREZZA”

Febbraio 5th, 2019 Riccardo Fucile

LA PROVOCAZIONE DELLO STREET ARTIST SIRANTE: LA SAGOMA DI SALVINI E SCATOLA DI PISTOLE FINTE

Una sagoma di cartone raffigurante il ministro dell’Interno Matteo Salvini con la felpa della polizia è stata trovata stamattina a piazza Vittorio, al centro di Roma.
Accanto una scatola con delle pistole finte. Sul posto la polizia.
La sagoma è firmata da Sirante, lo street artist romano – noto per “I bari”, rivisitazione contemporanea in chiave politica del celebre quadro di Caravaggio comparso (e prontamente rimosso) il 13 aprile scorso e autore anche di una sagoma di Salvini seduto a terra nell’atto di mendicare con un cartello: “Italilano, 45 anni. Ho perso la mia carità , lucro sui più deboli. Donatemi un po’ della vostra carità “.
Questa volta in piazza Vittorio all’altezza del civico 99 l’artista, polemizzando con la legge sulla legittima difesa (ancora da approvare), ha realizzato la sagoma del ministro dell’Interno Matteo Salvini che indossa una felpa della polizia e si fa un selfie.
Accanto, una teca contenente sei pistole finte con un messaggio rivolto alla cittadinanza: “Norme di comportamento in caso di EMERGENZA. Si rende noto a tutti gli utenti che ogni abuso verra’ giustificato e premiato. Non siamo in grado di garantire la tua sicurezza. PROTEGGITI”.
“Legittima violenza. Continua con la proposta di legge sulal legittima difesa la scia di insegnamenti al’odio del Minstro degli Interni. Più armi vi sono in circolazione più la società  si sentirà  insicura. Il binomio odio/armi dovrebbe fare paura a tutti”, si legge nel post sulla pagina Facebook con cui l’artista ha diffuso le foto dell’opera realizzata – e già  rimossa – in piazza Vittorio.

(da agenzie)

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