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NUOVA CONDANNA PER I SINDACI LEGHISTI DI ROVATO E PONTOGLIO

Febbraio 27th, 2019 Riccardo Fucile

LA CORTE DI APPELLO DI BRESCIA LI HA CONDANNATI PERCHE’ COLPEVOLI DI AVER AUMENTATO IN MANIERA SPROPOSITATA I COSTI DEL CERTIFICATO DI IDONEITA’ ALLOGGIATIVA PER DANNEGGIARE I CITTADINI STRANIERI

Nel 2015, nei comuni di Rovato e Pontoglio, i costi di un semplice certificato di idoneità  alloggiativa aumentarono rispettivamente del 624% e del 212%.
Così gli immigrati residenti nei due comuni bresciani allo sportello, quando hanno chiesto un permesso di soggiorno di lunga durata o un ricongiungimento familiare, si sono visti chiedere un balzello di 425 euro a Pontoglio e di 312 euro a Rovato.
Per questo motivo, una cittadina straniera, Sakyi Comfort, assistita dagli avvocati Alberto Guariso, Livio Neri e Marta Cavanna, ha presentato ricorso, insieme all’Associazione studi giuridici sull’immigrazione (Asgi) e alla Fondazione Guido Piccini per i diritti dell’uomo. Nel luglio del 2016 il Tribunale di Brescia in primo grado ha condannato per discriminazione i due sindaci, Alessandro Seghezzi (Pontoglio) e Tiziano Belotti (Rovato) entrambi alla guida di una giunta di centro-destra, ordinando loro di revocare le delibere con cui hanno stabilito gli aumenti delle spese di segreteria e di rimborsare gli stranieri che nel frattempo hanno pagato.
I sindaci hanno presentato ricorso, sostenendo, tra l’altro, che l’aumento dei costi di segreteria era stato deciso per coprire i tagli dei trasferimenti di fondi dallo Stato centrale ai comuni.
La Corte di appello di Brescia ha però confermato la condanna, con una sentenza pubblicata il 25 febbraio. “Rilasciare il certificato di idoneità  alloggiativa ad un costo troppo oneroso, anche se in astratto non è richiesto ai soli stranieri, è discriminatorio perchè solo per essi finisce per incidere su diritti fondamentali della persona come quelli alla unità  familiare”, spiegano in un comunicato Asgi e Fondazione Piccini.
In particolare i giudici della prima sezione civile della Corte d’Appello (presidente Donato Pianta) riconoscono che un’amministrazione comunale ha “un ampio margine di discrezionalità  nel definire la propria politica fiscale nel perseguimento delle finalità  che sono proprie di un ente pubblico territoriale; ma la discrezionalità  nell’esercizio della autonomia finanziaria, riconosciuto dall’art 119 Cost, trova un limite nei principi generali di parità  di trattamento e di ragionevolezza nonchè di tutela dei principi fondamentali della persona, come riconosciuti dalla Costituzione e dalla normativa comunitaria.
Orbene gli aumenti, indicati nel provvedimento impugnato, non trovano riscontro generalizzato presso altri Comuni, assoggettati al pari degli appellanti ai tagli dei trasferimenti erariali”.
Il sindaco di Pontoglio era stato condannato nel 2016 anche per i cartelli apposti dal Comune che invitavano ad andarsene quanti non condividevano la “cultura occidentale”.
Me nessun governo ha mai pensato di commissariare i due comuni

(da Globalist)

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INTERVISTA AL FONDATORE DEL MOVIMENTO PRO-IMMIGRATI “CARA ITALIA”

Febbraio 27th, 2019 Riccardo Fucile

IL FONDATORE STEPHEN OGONGO, GIORNALISTA ORIGINARIO DEL KENIA: “L’ITALIA E’ ANCHE CASA NOSTRA”

“Questa è anche casa mia, l’Italia è di chi la ama, di chi la vive. Questa è anche casa mia, ho tutto il diritto e il dovere di fare la mia parte per aiutare il Paese a migliorarsi e ad andare avanti”.
Stephen Ogongo, giornalista 44enne originario del Kenya, vive in Italia da oltre 20 anni. Racconta a TPI del movimento che ha fondato e che intende opporsi in maniera netta all’escalation razzista degli ultimi mesi.
Stephen è arrivato in Italia nel 1995, ha studiato scienze sociali con la specializzazione in comunicazione sociale alla pontificia università  gregoriana. Ha fatto il dottorato di ricerca lì e ha insegnato giornalismo per 4 anni. Contestualmente ha iniziato a coordinare la redazione di “stranieri in Italia”, un gruppo editoriale con una decina di testate per le comunità  di migranti, BCon il sito stranierintalia.it ha creato un punto di riferimento per il mondo degli immigrati in italia.
Con la sua redazione ha lanciato un nuovo movimento: “Cara Italia” che in poche settimane ha incassato seimila adesioni.
Cara Italia è un movimento che ha come protagonisti gli immigrati e gli italiani che lavorano insieme contro il razzismo e tutte le altre forme discriminazioni.
Come è nato il movimento?
Il movimento è nato spontaneamente come reazione al clima pericolosissimo di odio razziale che il Paese sta vivendo. Ultimamente ci sono stati moltissimi episodi violenti, prima erano più verbali che fisici. Questo passaggio ci ha allarmati. Non si può continuare ad accettare quanto accade. Così abbiamo deciso di creare una piattaforma dove poter condannare questi episodi, chi fa queste cose e sopratutto a cominciare ad aiutare le persone a capire che non devono tollerare questi episodi e reagire in modo legale.
La piattaforma ha 7mila iscritti, in meno di quattro mesi. Sta crescendo in modo rapido. Alla piattaforma partecipano sia italiani che stranieri. Ci sono tantissimi italiani che ci incoraggiano a fare i prossimi passi, sono stanchi di questo clima di odio che purtroppo qualcuno sta spingendo per interessi politici.
Chi fa parte del movimento?
Tutti, è un movimento aperto a tutti: italiani di nascita, italiani che lo sono diventati per cittadinanza, chi non è ancora cittadino italiano. Il movimento è per tutte le persone che vivono su questo territorio, per chi l’Italia la vede come la propria casa. Un problema che colpisce un cittadino italiano colpisce anche un immigrato che non è cittadino italiano. Vivendo nello stesso paese, nello stesse città , negli stessi quartieri, i problemi sono sempre quelli.
Cosa pensa dei commenti di chi dice: “fate le battaglie a casa vostra”?
Questa è anche casa mia, l’Italia è di chi la ama, di chi la vive, questa è anche casa mia ho tutto il diritto e il dovere di fare la mia parte per aiutare il Paese a migliorarsi e ad andare avanti.
Come mai il nome “Cara Italia”?
È un modo affettivo per comunicare il nostro sentimento all’Italia. Un Paese che per noi è come una madre e merita di essere trattata con rispetto.
In un momento delicato come questo, in cui si sente il vuoto di una certa parte di politica, voi pensate a colmare quel vuoto?
Sì, la direzione è quella. Mi sono reso conto che puoi fare tutte le battaglie che vuoi, ma se sei fuori le istituzione non puoi fare niente. Prima vogliamo formare una nuova classe dirigente, sta infatti per partire un corso di formazione per chi vuole presentarsi come candidato. Non alle europee intendiamoci. Vogliamo una crescita naturale in modo che quando saremo soddisfatti delle persone formate, quelle giuste per difendere i valori in cui crediamo, allora decideremo come procedere. Voglio evitare lo sbaglio di prendere una persona e metterla lì come candidato. Potrei farlo anche oggi, ma non è il nostro obiettivo, non è tanto per portare qualcuno. Servono persone che si impegnano per difendere i nostri ideali.
Quali sono i vostri obiettivi?
Il primo a cui teniamo tanto è costringere i politici che promuovono e tollerano il razzismo a cambiare atteggiamento. Bisogna contrastare questo con tutti i mezzi possibili. Queste persone lo fanno solo per potere politico e non si rendono conto del danno che stanno arrecando a questo Paese. Adesso si vive un clima di paura ovunque, c’è insicurezza. La gente non si fida più di nessuno. Bisogna smetterla, il nuovo governo ha sdoganato questo clima pazzesco di odio e razzismo. Noi vogliamo che queste persone si dichiarino apertamente razziste, cosa che non faranno mai, o si impegnino a smorzare i toni.
Come pensate di agire adesso che non siete ancora nelle istituzioni?
Con le campagne di denuncia pubbliche, raccontare e denunciare. Moltissime persone purtroppo si arrendono e non fanno niente, le persone devono capire che alcuni comportamenti che subiscono sono reati e devono denunciare e cercare la giustizia.
Vogliamo agire anche a livello mediatico. I politici che sono razzisti difficilmente lo ammettono, però lo tollerano, lasciano fare ai loro seguaci commenti razzisti e non li moderano. Vogliamo spingerli all’angolo paffinchè tutto questo finisca. Hanno paura dell’opinione pubblica e quando li colpisci lì qualcosa si ottiene sempre.
Non teme che sottolineare ogni episodio possa ottenere l’effetto contrario?
Quando c’è un clima di odio, tutti ne risentono. Questa cosa sta sfuggendo di mano, si sta passando dall’odio verso gli immigrati e rifugiati, a quello verso gli italiani che esprimono un’opinione, pensiamo ai casi di Claudio Baglioni ed Emma Marrone, per citare i più famosi.L’odio parte si riversa sugli immigrati ma poi va verso chiunque viene considerato un nemico. Chi sarà  il prossimo nemico? È un problema che colpisce tutti, dobbiamo affrontarlo.
Che percentuali di crescita prevede?
Nel giro di uno-due anni avremo i numeri per vincere in molte zone del Paese. Ci sono moltissime persone che seguono “Cara Italia” ma non si espongono pubblicamente. Fanno meno rumore di chi fa i commenti razzisti. Riceviamo messaggi ed email di chi ci sostiene. Vuol dire che in fondo c’è qualcosa che si sta muovendo e al momento giusto ci sarà  un’esplosione: sarà  una sorpresa per tantissime persone.
Sta incontrando i sostenitori?
Sto viaggiando moltissimo in diverse città  per vederli. Persone che ogni giorni mi invitano per creare le strategie e mettere in piedi i gruppi locali. Il movimento è più forte fuori che online.

(da TPI)

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UN ITALIANO SU CINQUE NON PAGA L’AFFITTO NELLE CASE POPOLARI

Febbraio 27th, 2019 Riccardo Fucile

RICERCA FEDERCASA: IL 18,6% DELLE FAMIGLIE NON PAGA L’AFFITTO DA PIU’ DI UN ANNO, L’11,2% E’ OCCUPATO ABUSIVAMENTE

Una ricerca di Federcasa, grazie ai dati raccolti su un totale di 80 azienda casa, rivela che   il 18,6% delle famiglie che vivono in uno dei 790mila alloggi di edilizia residenziale pubblica non paga l’affitto da oltre 12 mesi
I dati evidenziano inoltre che l’88,8% dei 644.044 alloggi censiti è locato regolarmente, mentre il restante 11,2 per cento riguarda alloggi occupati in modo abusivo e alloggi sfitti. Riguardo questi ultimi, il 60 per cento è sfitto perchè in ristrutturazione e/o in mobilità , il 20 per cento perchè in attesa di assegnazione da parte del Comune di riferimento, mentre un restante 20 per cento riguarda alloggi di risulta non assegnabili perchè inadeguati. Quasi un milione e mezzo (1,4 milioni) sono invece gli italiani che vivono in un alloggio popolare
“Siamo disponibili a mettere questi dati, che compongono il primo Osservatorio Permanente Nazionale sull’edilizia sociale, a disposizione del Mit e delle Regioni – commenta il presidente di Federcasa, Luca Talluri. – Questo strumento permetterà  di rendere più efficace ed efficiente l’attività  di proposta e analisi del nostro settore”
Dai dati dell’Osservatorio si nota poi che il 71,2 per cento degli alloggi Erp gestiti appartengono agli enti/aziende casa.
A questi si aggiunge una quota pari al 24%, di proprietà  diretta dei Comuni.
Infine, il 75,7 per cento delle abitazioni assegnate proviene dal riassetto di singoli alloggi e dal ripristino di alloggi di risulta sfitti, mentre il 7,9 per cento proviene da interventi di nuova costruzione.
Il restante 6,7 per cento proviene dal rilascio di alloggi dovuto alla decadenza.

(da agenzie)

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LA TAVERNA ORA MINACCIA PURE I SINDACATI

Febbraio 27th, 2019 Riccardo Fucile

DURANTE LA VOTAZIONE DI OGGI ESCE CON UNA FRASE DELIRANTE: “E’ FINITA ANCHE PER VOI”

L’approvazione del Senato di reddito di cittadinanza e quota 100 è stata condita da un intervento della sciamannata Paola Taverna, che ha come sempre utilizzato toni accesi per prendersela questa volta con i sindacati, rei secondo lei di essere “scesi in piazza contro il reddito di cittadinanza, peraltro insieme a Confindustria”.
“È finita anche per voi” ha minacciato la Taverna, “vi siete arroccati sulle vostre prerogative dimenticando che dovevate rappresentare i più deboli e non i più forti”.
La Taverna è stata contestata più volte dalle opposizioni, che le hanno contestato di negare la possibilità  di opporsi democraticamente ai provvedimenti di un governo.
La Taverna ha risposto citando addirittura Madre Teresa di Calcutta: “una volta lei disse, invitata a una conferenza sulla fame del mondo: ‘ci vengo solo se chi partecipa farà  tre giorni di digiuno. Per parlare di fame bisogna avere fame’.
Allora io ai colleghi senatori che vogliono parlare di povertà  dico: imparate a vivere con 400 euro al mese come hanno preteso che facessero i nostri pensionati’.
Ci sarebbe da ricordare una cosa a Paola Taverna: che il governo da lei sostenuto continua ad assicurare a organizzazioni una sede abusiva e pagata con le tasse di tutti gli italiani e che ci sono soggetti come Esposito e Casalino, con stipendi da capogiro per competenze inesistenti, mentre migranti e senzatetto continuano a morire di fame.

(da Globalist)

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DI MAIO HA GIA’ CAMBIATO IDEA ANCHE SULLA TAV?

Febbraio 27th, 2019 Riccardo Fucile

DA “NON SI FARA’ MAI” A “NON ABBIAMO ANCORA DECISO”

Qualcosa si muove sul fronte TAV—MoVimento 5 Stelle. E la notizia è che Luigi Di Maio ha di nuovo cambiato idea.
Oggi a margine di un incontro con Confartigianato il vicepremier e bisministro ha infatti detto: all’interno del governo “è noto che sulla Tav abbiamo opinioni diverse. Non ne parlo più finchè non abbiamo deciso”.
Ora, Di Maio fino a qualche giorno fa aveva invece deciso.
Ovvero aveva detto, accompagnato da Alessandro Di Battista a Chieti durante la campagna elettorale per le elezioni in Abruzzo, che con il M5S al governo “la Tav non si fa”.
«Guardi, più che lo scontro è aperto direi che il discorso è chiuso. Possiamo semplicemente dire che finchè al governo ci sarà  il MoVimento 5 Stelle quel cantiere non inizierà  a fare il buco, perchè non è stato scavato neanche un buco».
Il Dibba, nel frattempo desaparecido, già  che c’era puntualizzava ulteriormente: «Se la Lega intende andare avanti su un buco inutile che costa venti miliardi di euro tornasse da Berlusconi e non rompesse più i coglioni. Chiaro?».
Limpido, verrebbe da rispondere. Se non fosse che oggi Di Maio dichiara che sulla TAV non hanno ancora deciso, e quindi significa che tutte le opzioni sono aperte.
Ovvero che anche quella di fare il tunnel lo è.
Come mai Di Maio ha cambiato idea? Si dice che decisivo sia stato il vertice di governo di due sere fa con il ministro Tria, che qualche giorno fa stava per essere cacciato proprio per le sue dichiarazioni sulla TAV: «Giorni fa ho cenato in una casa milanese con imprenditori di Confindustria, Confapi, Confcommercio. Erano tutti delusi. Per loro il governo è immobile. Non è solo questione di Tav, è passata l’idea che il Paese è bloccato. Possibile che non lo capite?».

(da “NextQuotidiano“)

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LA FIGLIA DEL PORTAVOCE DI PUTIN STAGISTA AL PARLAMENTO EUROPEO: “CHIAMATA” DA EX DEPUTATO DI MARINE LE PEN

Febbraio 27th, 2019 Riccardo Fucile

POLEMICHE PER IL TIMORE CHE POSSA AVERE ACCESSO A DOCUMENTI RISERVATI

Si chiama Elizaveta Peskova, ha 21 anni ed è la figlia di Dmitry Peskov, portavoce del presidente russo Vladimir Putin.
Ma soprattutto lavora come stagista al Parlamento europeo, chiamata dal deputato francese Aymeric Chauprade (ex Front national e ora con Les Franà§ais Libres), che fa parte del gruppo Efdd, lo stesso dove siedono il M5S e altri partiti fra cui gli indipendentisti britannici.
Un tirocinio scoperto da Radio Free Europe che a Bruxelles è finito al centro delle polemiche, proprio in un momento in cui le relazioni fra Mosca e l’Unione europea sono contraddistinte da uno scontro politico senza precedenti.
L’Ue teme interferenze, in particolare dalla Russia, in vista delle elezioni europee di fine maggio.
Secondo quanto si apprende, la stagista non avrebbe accesso a informazioni sensibili, e tutta la responsabilità  politica del suo operato ricade sul parlamentare che ha deciso di prenderla per uno stage.
In un’intervista all’Ap, Chauprade ha precisato che “il Parlamento europeo ha convalidato il contratto” e che “tutte le procedure sono state rispettate”.
Chauprade ha poi aggiunto che Peskova non lavora su dossier legati alla Russia, ma sulle relazioni con il Senegal ed il Marocco.
L’europarlamentare francese è membro della commissione per gli affari esteri del Parlamento europeo, della sottocommissione per la sicurezza e la difesa e nella commissione di cooperazione parlamentare Ue-Russia.
Lo stage della figlia di Peskov, l’influente consigliere di Putin, è iniziato a novembre 2018 e dovrebbe concludersi a fine aprile.
La notizia ha alzato un gran polverone, perchè in molti temono che possa avere accesso a documenti riservati. A Bruxelles sono state tante le reazioni indignate, per la scelta di una tirocinante così vicina al presidente russo.
Il deputato Chauprade ha minimizzato i timori dicendo che   “Peskova non lavora in Russia, nè per privati nè per lo Stato”, sostenendo che non vi è alcun rischio di conflitto di interessi.
Il timore più grande dei deputati è dato dalla vicinanza alle elezioni europee, e in molti pensano che avere accesso a documenti riservati della Ue possa in qualche modo avere ripercussioni.
Chauprade è anche membro della commissione Esteri, della sottocommissione Sicurezza e Difesa e di una delegazione della commissione Ue-Russia, e non ha mai fatto mistero delle sue posizioni filo-russe.
In molti hanno inoltre criticato la scelta di una tirocinante russa, invece di una cittadina europea.
La stagista, come tutti gli altri, ha accesso a documenti, riunioni e a tutto ciò che le compete in base al suo ruolo.

(da agenzie)

argomento: Europa | Commenta »

“RAZZISTA, TRUFFATORE E IMBROGLIONE”: L’EX AVVOCATO DI TRUMP TESTIMONIA AL CONGRESSO USA

Febbraio 27th, 2019 Riccardo Fucile

MICHAEL COHEN SVELA GLI AFFARI RUSSI DEL PRESIDENTE, L’USO DI WIKILEAKS, I PAGAMENTI ALLA PORNOSTAR PER TACITARLA

Donald Trump è un “razzista”, un “truffatore”, un “imbroglione”.
Sono alcuni degli attributi che l’ex avvocato personale e tuttofare del presidente, Michael Cohen, utilizzerà  per definire il presidente degli Stati Uniti davanti alla Commissione investigativa della Camera.
Tre giorni di fila, a partire da oggi, con un’udienza a porte aperte. Michael Cohen accuserà  Donald Trump per WikiLeaks, per i progetti con Mosca, per i pagamenti a Stormy Daniels.
Cohen, condannato a tre anni e in procinto di andare in carcere (il 6 maggio) per uso illecito di fondi elettorali, potrebbe raccontare anche storie personali dei suoi dieci anni al servizio di Trump.
Il New York Times ha anticipato il testo del discorso di apertura della testimonianza, da cui emerge che, secondo Cohen, Trump sapeva che un suo ex consulente, Roger Stone, avesse avuto contatti con WikiLeaks prima che quest’ultima diffondesse le mail della Convenzione Elettorale Democratica che rivelarono l’orientamento dell’organismo, sulla carta neutrale, a favore della campagna di Hillary Clinton e ai danni di Bernie Sanders.
Cohen testimonierà  di essere stato a conoscenza di un progetto immobiliare in Russia che Donald Trump, al tempo candidato repubblicano alle presidenziali, stava portando avanti nonostante fosse già  in campagna elettorale.
“Nelle conversazioni che avemmo durante la campagna, mentre ero occupato a negoziare con la Russia per suo conto, mi guardò negli occhi e mi disse che non c’era nessun affare in corso con la Russia e di andare a mentire al popolo americano ripetendo la stessa cosa”, è la versione di Cohen, “in questo modo, mi stava chiedendo di mentire. Trump non mi disse in modo esplicito di mentire al Congresso. Questo è il suo modo di operare”.
Altra accusa riguarda i rapporti con l’ex pornostar Stormy Daniels.
Cohen dirà  che Trump gli ordinò di pagare 130 mila dollari alla donna per mettere a tacere la relazione sessuale subito dopo la nascita di Barron, l’unico figlio di Melania.
I documenti che Cohen consegnerà  alla commissione comprendono un assegno che Trump firmò dopo essere divenuto presidente, per rimborsare Cohen della somma pagata all’attrice porno Stormy Daniels che sosteneva di avere avuto una relazione con Trump. Secondo Cohen, il denaro proveniva direttamente dal conto bancario dell’ex tycoon.

(da agenzie)

argomento: Esteri | Commenta »

L’ABBRACCIO E IL PERDONO: IL MIGRANTE AGGREDITO AL RIONE SANITA’ INCONTRA I SUOI BABY AGGRESSORI

Febbraio 27th, 2019 Riccardo Fucile

HANNO 10 E 13 ANNI: “SCUSACI, NON SIAMO UNA BABY GANG”… IL COMMOVENTE INCONTRO NELLA CHIESA DI SAN SEVERO

Incredibile e commovente epilogo dell’aggressione ad un mediatore culturale di colore, avvenuta qualche giorno fa al rione Sanità .
I ragazzini che avevano spruzzato spray urticante negli occhi di Yacoubou Ibrahim, facendolo cadere rovinosamente, sono stati rintracciati dalle forze dell’ordine.
Ma l’uomo li ha voluti incontrare e perdonare. Si tratta di due bambini di 10 e 13 anni che si sono presentati con un disegno: “Scusaci, non siamo una baby gang”.
Yacoubou Ibrahim quando era stato aggredito con uno spray urticante, nel pieno del rione Sanità  a Napoli, era stato molto chiaro: aveva detto che non credeva ad una aggressione di stampo razzista.
Oggi, di questa storia, c’è stato un epilogo che riafferma anche un altro principio: che c’è bisogno più di ascolto che di rabbia, più di reciproca comprensione che di ostilità .
Cos’è accaduto? Qualche giorno dopo l’aggressione dell’uomo, le forze dell’ordine si sono messe sulle tracce dei ragazzini. E li   hanno trovati senza grande sforzo.
Ma la storia è andata diversamente da un epilogo teoricamente già  scritto. Yacoubou Ibrahim, che di mestiere fa il mediatore culturale e ha contatti con educatori del territorio e parroci, ha chiesto di incontrarli, i ragazzini.
E cosi i due sono presentati in chiesa, alla San Severo, e si sono mostrati per quelli che sono: birbanti che avevano fatto un pessimo gesto. Hanno portato un disegno. E lui li ha abbracciati. “Assieme agli educatori del territorio e ai parroci ci siamo messi alla ricerca di questi ragazzini, ci abbiano parlato, abbiamo ascoltato le loro famiglie, abbiamo coinvolto carabinieri e polizia. Oggi li abbiamo fatti incontrare, tutti attorno ad un tavolo — scrive Ivo Poggiani, presidente della Terza Municipalità , quella in cui ricade il rione Sanità  —   Vittima e ‘carnefici’. Si sono scusati con Yacoubou, lo hanno abbracciato.
E chi sono questi carnefici? 10 e 13 anni, scugnizzi del quartiere, ragazzi che hanno bisogno solo di un po’ di affetto e di una chance, che hanno bisogno di modelli positivi, di scuola, di spazi di aggregazione. Iniziamo noi a non chiamarli baby gang, magari poi non ci diventano”.

(da “Fanpage”)

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NOVANTA GIORNI SENZA SILVIA ROMANO, “RAPITA DUE VOLTE, ANCHE DALLA VOSTRA ATTENZIONE”

Febbraio 27th, 2019 Riccardo Fucile

LA DENUNCIA DI CIVATI: “GOVERNO ASSENTE”… IL CORTOCIRCUITO DELLA RETORICA POPULISTA DELL’ “AIUTIAMOLI A CASA LORO”

Novanta lunghi giorni senza Silvia Romano. La giovane cooperante milanese è stata rapita lo scorso 20 novembre in Kenya, dove si trovava per aiutare le popolazioni più in difficoltà  in un luogo che ogni giorno deve combattere tra la povertà  e le bande di criminali che continuano a devastare quel fazzoletto di terra dell’Africa Centrale.
Poche e frammentarie le notizie che arrivano da lì, per un caso che sembra esser finito nel dimenticatoio, fagocitato da questioni interne ed esterne che hanno messo il silenziatore sulle sorti della giovane partita dall’Italia per aiutare le persone più bisognose.
Le ultime notizie risalgono al 21 gennaio, quando le forze dell’ordine di Nairobi, capitale del Kenya raccontavano di come la giovane — probabilmente — si trovasse ancora nelle mani dei rapitori nella boscaglia del Tana river.
Indicazioni frammentarie, così come sembra essere frammentario l’interesse per le sorti di Silvia Romano, sparita dai radar dell’attenzione anche della politica che si è dedicata alle esternazioni pubbliche — al netto di un auspicabile lavoro sotterraneo — solo nelle prime ore del suo sequestro.
Un silenzio quasi assordante. «Silvia Romano è stata rapita due volte — spiega Giuseppe Civati, fondatore   di Possibile, a Giornalettismo -. La prima volta dai criminali che l’hanno sequestrata; la seconda dalla nostra attenzione».
La critica è mossa al disinteresse attorno alle sorti della 23enne cooperante, così come per quelle di tanti altri connazionali di cui non si hanno notizie da diverso tempo.
La Farnesina ha deciso di optare, fin dalle prime ore, per un profilo basso.
La famiglia di Silvia Romano tiene a mantenere uno stretto riserbo sul destino della giovane. La cosa che appare evidente, però, è l’atteggiamento che si è avuto attorno a questa vicenda fin dall’inizio. «Vorremmo sapere se c’è una strategia del governo — prosegue Giuseppe   Civati -. Per altri casi internazionali l’attenzione è stata più alta. Ma, forse, è il continuo ricorso alla propaganda a ottundere le menti».
Non si vuole buttare il rapimento di Silvia Romano nel più classico Colosseo della contesa e dei proclami. «Non bisogna cadere nella tentazione di gettare le sorti delle giovane cooperante nella polemica tra le varie fazioni politiche — spiega Civati -. Dobbiamo uscire da questo contesto per rispetto della ragazza e della famiglia che da mesi non ha notizie della loro Silvia. Io ricordo quotidianamente l’assenza di notizie e informazioni ufficiali a riguardo come valore simbolico e per fare una pressione affinchè ci siano date delle risposte».
Giuseppe Civati poi sostiene come, dal giorno del suo rapimento, la storia sia stata contornata da fake news e insulti liberi, senza che nessuno facesse nulla per bloccare tutto questo.
Poi il silenzio, utile per mettere a tacere i leoni da tastiera e i diffusori di bufale della prima ora. «In Italia si tende sempre a buttarla in caciara e a portare l’attenzione solamente su temi che poi hanno dei riverberi elettorali — prosegue il fondatore di Possibile -. Da come è vissuta la vicenda di Silvia Romano è evidente che il tutto sia stato vissuto come un cortocircuito della retorica nazionalista e populista. Il concetto ‘Aiutiamoli a casa loro’ è svanito con gli insulti rivolti all’unica vera vittima di questo rapimento».

(da “Giornalettismo”)

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