Marzo 1st, 2019 Riccardo Fucile
DOMENICA L’INTERVISTA AL PRESIDENTE EUROPEISTA… SOVRANISTI ANNASPANO IN FRANCIA: MACRON SALE AL 23,5%, LE PEN SCENDE AL 19,4%
Il principale “antagonista” del governo italiano, e in particolare dei due vicepremier Matteo
Salvini e Luigi Di Maio, sarà ospite di Fabio Fazio a Che tempo che fa su RaiUno domenica prossima.
Stiamo parlando del Presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron.
A riportare la notizia è lo stesso Fazio in un tweet: “Domenica ‘Che tempo che fa’ ha l’onore di intervistare il Presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron”.
Con un tweet il conduttore di Che tempo che fa Fabio Fazio annuncia un’intervista al presidente francese Macron nella puntata di Che tempo che fa di domenica su Rai 1. “Domenica @chetempoche fa’ ha l’onore di intervistare il presidente della Repubblica francese @EmmanuelMacron”.
L’intervista cade dopo un periodo di forti tensioni tra Francia e Italia dopo le polemiche delle ultime settimane (dal caso Battisti, all’incontro del M5s con i gilet gialli, dalla Libia al “franco delle colonie”, all’immigrazione) che hanno portato al richiamo dell’ambasciatore di Francia in Italia.
Una telefonata fra il Capo dello Stato Sergio Mattarella e Macron ha disteso i rapporti, riaffermando l’importanza per entrambi i Paesi della relazione franco-italiana.
En Marche di Emmanuel Macron intanto continua a crescere, in vantaggio sul Rassemblement National di Marine Le Pen: 23,5 contro 19,4 per cento. I dati del 6 febbraio, li davano 22 contro 20 per cento.
Ora, En Marche alle Europee conquisterebbe 24 seggi, Le Pen 19.
(da agenzie)
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Marzo 1st, 2019 Riccardo Fucile
LA POLITICA DEI DUE FORNI DEL M5S … SE OGGI ABBIAMO I LEGHISTI AL GOVERNO SAPPIAMO CHI RINGRAZIARE
Roberta Lombardi, consigliera regionale nel Lazio ed ex candidata governatrice contro Zingaretti, parla con il Fatto Quotidiano dell’attuale situazione politica e delle opportunità per il MoVimento 5 Stelle in attesa della riorganizzazione voluta da Luigi Di Maio.
“Bisogna evitare che la paura di far cadere il governo mini l’identità del M5S. E la nostra identità è realizzare buone idee”.
Nel contratto di governo quante ce ne sono?
Molte, sia nostre che della Lega. Ma noi eravamo e restiamo equidistanti. E non dimentichiamo che noi il contratto di governo lo avevamo proposto sia al Pd che al Carroccio
Però vi siete accordati con Matteo Salvini.
È falso dire che abbiamo preferito la Lega. L’accordo con il Pd era praticamente chiuso, ma Matteo Renzi lo fece saltare
Quindi?
Quindi non si può escludere che un domani il Movimento torni a dialogare con il Pd come è avvenuto nel Lazio, dove Zingaretti ha avuto l’intelligenza di capire che il renzismo era morto, e di assorbire alcuni dei nostri temi.
Però proprio Zingaretti ripete sempre che non si alleerà mai con i 5Stelle. È sincero?
Non lo so. Ma ogni volta che dice questa frase io la segno sulla mia agendina…
(da agenzie)
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Marzo 1st, 2019 Riccardo Fucile
CI SONO 7000 EURO NON DICHIARATI NEI CONTI DELLA DEPUTATA GRILLINA
Ci sono 7000 euro di troppo nella storia di Giulia Sarti. Ovvero i soldi prestati al padre per
l’acquisto di un’automobile ma a quanto pare non rendicontati e dichiarati.
Per questi soldi, scrive oggi Il Fatto Quotidiano in un articolo a firma di Marco Franchi, la Sarti rischia l’espulsione.
L’aneddoto del prestito al padre è stato naturalmente raccontato da Bogdan Andrea Tibusche:
Aggiungendo, tra gli altri, un aneddoto, come ieri riportava il Resto del Carlino: “Una volta ha prestato del denaro 7mila euro a suo padre per l’acquisto di un’auto e la ristrutturazione della casa avvenuta nel 2017. Questi soldi sono venuti a mancare nel suo conto e quindi non sono stati rendicontati. ‘Con quale faccia non aiuto mio padre a comprare l’auto nuova che sono cinque anni che sono in Parlamento’, mi disse Giulia.
Così lei ha prelevato quei soldi dal suo conto per aiutare suo padre ”.
Questo racconta il suo ex compagno.
Ed è una verità su cui il Movimento si attende una risposta, da Sarti. E la deputata dovrà provare a darla nelle sue controdeduzioni ai probiviri, previste dal regolamento del M5S. Sarti avrà dieci giorni di tempo per formularle, una volta ricevuta dal collegio la emailche le notificherà l’avvio della procedura.
E dovrà essere molto convincente e precisa per evitare l’espulsione, su cui i “giudici”del Movimento dovrebbero esprimersi nei successivi 90 giorni:
Però su di lei pesano le parole di due giorni fa del capo politico Luigi Di Maio, duro: “Credo che la sua espulsione sia doverosa”.
E ieri durante Otto e mezzo anche il capogruppo in Senato Stefano Patuanelli è stato secco: “L’onorevole Sarti riceverà un procedimento dai probiviri, dopodichè immagino che sarà espulsa. Gli chiederemo di dimettersi dal suo ruolo di parlamentare, ma solo Sarti può decidere se farlo”.
Però la email dei probiviri non è ancora partita.
(da “NextQuotidiano“)
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Marzo 1st, 2019 Riccardo Fucile
E POI I GRILLINI SI CHIEDONO PERCHE’ HANNO PERSO VOTI IN SARDEGNA… NEL SULCIS DAL 53,6% AL 17%
A Popolo Sovrano, programma che sfascia da tempo tutti i record negativi dell’Auditel, abbiamo potuto ammirare un intervento di Antonello Pirotto, uno dei sindacalisti sardi che da anni sono in prima linea per difendere il posto di lavoro degli operai di Eurallumina a confronto con Dino Giarrusso dello staff di Lorenzo Fioramonti al ministero dell’Istruzione ma spesso mandato da Casalino a perorare la causa del M5S nelle trasmissioni RAI.
Nelle scorse settimane un operaio ALCOA aveva dato una bella lezione a Di Battista a Piazzapulita, mentre il flop del M5S in Sardegna è stato determinato anche dal tradimento degli operai: lo scorso 4 marzo a Sarroch, paese ai confini della città metropolitana di Cagliari, i 5 Stelle fecero il pieno di voti, raggiungendo il 53,65%.
Più di un elettore su due, terzo comune per consenso ai grillini di tutta l’isola.
Domenica si è di nuovo rovesciato tutto. E a Sarroch, paese di poco più di 5 mila abitanti, il M5S è sprofondato al 17%.
In questo clima ieri a Popolo Sovrano il conduttore Alessandro Sortino ha dovuto fronteggiare lo scontro tra Giarrusso e Pirotto: l’operaio e sindacalista ha ricordato che ha cominciato a lavorare in fabbrica quarant’anni fa e ha fatto un monologo di un paio di minuti, e poi, rispondendo a Giarrusso, ha messo sotto accusa il governo, reo, a suo dire, di non ascoltare i lavoratori e di non essere disposto a un reale dialogo per risolvere l’impasse della fabbrica manifatturiera di Portovesme, nel Sulcis (Sardegna), che dal 2009 ha chiuso le attività e ha messo in cassa integrazione 450 dipendenti.
A quel punto, dopo l’ennesima interruzione Giarrusso ha detto all’operaio: “Ma vada al diavolo, non mi fa parlare”.
(da “NextQuotidiano”)
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Marzo 1st, 2019 Riccardo Fucile
NELLA SUA SEGRETERIA IL MINISTRO HA ASSUNTO UN ESPERTO DI CAPPUCCINI E CHIUSURA CASSA
Lui si chiama Massimo Casiraghi, ha 34 anni, è stato candidato sindaco a Lodi per il MoVimento
5 Stelle senza arrivare al ballottaggio e oggi ha un nuovo mestiere: è stato assunto nella segreteria del ministero delle Infrastrutture guidato da Danilo Toninelli per studiare i dossier e filtrare gli appuntamenti del grillino più amato dagli operai dei cantieri.
Pasquale Napoletano, che racconta la storia oggi sul Giornale, dice che il suo compenso non è pubblico ma basta recuperare gli stipendi dei collaboratori delle segreterie degli altri componenti dell’esecutivo Conte: la somma oscilla tra i 25mila e 45mila euro l’anno.
In realtà l’ex barista piazzato da Toninelli potrebbe svolgere le mansioni anche a titolo gratuito.
Ma questo è un aspetto che solo il diretto interessato potrà chiarire. A firmare il decreto di nomina è stato GinoS caccia, capo di gabinetto del ministro.
Spulciando le due pagine di curriculum, consegnate nelle mani dei funzionari degli uffici del ministero Infrastrutture, saltano fuori due informazioni interessanti.
La prima: Casiraghi prima di assumere l’incarico non aveva avuto altre esperienze ai vertici della Pubblica amministrazione. Mentre può vantare,in passato, un impegno come capobarista in una caffetteria londinese.
Tra le mansioni la gestione del bar, l’avviamento del personale (come si preparano caffè e colazione) e la chiusura della cassa. Quest’ultima attività , magari, sarà stata utile al ministro Toninelli, quando avrà studiato il dossier costi-benefici sulla Tav.
Certamente, Casiraghi avrà avuto più confidenza con i numeri, rispetto al capo ministro. Lo staffista di Toninelli si è specializzato in grafica e comunicazione prima di candidarsi con il M5S come sindaco di Lodi, nel collegio elettorale di Toninelli.
Venne eletto consigliere comunale. Ora il salto al ministero.
(da “NextQuotidiano“)
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Marzo 1st, 2019 Riccardo Fucile
AVEVA DENUNCIATO IL PIZZO E FATTO CONDANNARE I SUOI ESTORSORI… LO STATO PER GRATITUDINE GLI HA FATTO PERDERE TUTTI GLI APPALTI… LE ASSURDE VALUTAZIONI DEL VIMINALE, MA SALVINI PENSA SOLO AGLI IMMIGRATI
Aveva denunciato il pizzo di Cosa nostra. Ma la perversa burocrazia italiana è arrivata lì dove i boss mafiosi non erano riusciti: eliminare Rocco Greco, l’imprenditore simbolo dell’antiracket a Gela. Umiliato da un sistema che ha distrutto la sua azienda, l’uomo si è ucciso nella sede della sua azienda in provincia di Caltanissetta. A raccontare la sua storia è il quotidiano La Repubblica.
L’imprenditore aveva fatto denunciare e condannare i suoi estorsori. I quali a sua volta lo avevano denunciato. Poi il Tribunale lo aveva assolto.
Quella sentenza, però, non è bastata per impedire alla prefettura di prevedere l’interdittiva per la sua azienda. Un provvedimento che gli aveva fatto perdere tutti gli appalti.
Mercoledì la decisione di farla finita. Si è ucciso con un colpo di pistola nella sua azienda, la Cosiam: è stato poi trasportato in ospedale dove è morto. “Denunciare i boss del pizzo mi è costato caro“, continuava a ripetere ai familiari.
“Mio padre era finito dentro una storia paradossale. I mafiosi che aveva fatto condannare lo avevano denunciato. Ma, poi, ovviamente, era arrivata l’assoluzione. Il giudice aveva ribadito che Rocco Greco era stato vittima della mafia, non socio in affari dei boss“, racconta il figlio Francesco al giornalista Salvo Palazzolo.
Nonostante ciò nell’ottobre scorso il ministero dell’Interno ha negato alla ditta dell’imprenditore l’iscrizione nella white list necessaria per partecipare ai lavori di ricostruzione dopo il terremoto in centro Italia.
Scrive la Struttura di missione antimafia sisma: “Nel corso degli anni ha avuto atteggiamenti di supina condiscendenza nei confronti di esponenti di spicco della criminalità organizzata gelese”. “Ma come si fa a dimenticare che aveva denunciato? Proprio con la denuncia aveva scelto di non essere più supino a quel sistema che vigeva a Gela”, dice sempre al quotidiano di largo Fochetti l’avvocato Alfredo Galasso.
La storia di Greco comincia nel 2007, quando denuncia i boss della Stidda e di Cosa nostra a Gela. Ma non solo. Riesce anche a convincere sette imprenditori a fare la stessa cosa. Quelle denunce di quegli imprenditori fecero scattare undici arresti.
E poi avevano portato a condanne per 134 anni di carcere. Una sentenza confermata dalla Cassazione. Che ha smentito le accuse dei mafiosi alla sbarra contro chi aveva denunciato: “Ma quale pizzo, gli imprenditori pagavano il nostro sostegno. E spartivamo gli utili”.
Nonostante persino la Suprema corte avesse confermato lo status di vittime degli imprenditori, però, per il Viminale rimaneva un dato: quelle vittime si erano relazionate con i boss, e fino a un certo momento avevano accettato di pagare il pizzo.
“Non dobbiamo dimenticare cos’era Gela all’epoca. Più di cento morti in un anno. E veniva ucciso anche chi non pagava il pizzo”, ricorda il figlio di Greco.
La burocrazia, però, non perdona. Dopo l’ultima intedittiva antimafia all’azienda di famiglia sono saltate tutte le commesse e 50 operai sono stati licenziati.
“Ormai, il problema sono io. Se vado via, i miei figli sono a posto”, dice l’imprenditore alla moglie.
Martedì sera l’ultima cena con la famiglia: “Papà era euforico. Mi sembrò strano. Diceva: che bella serata stiamo trascorrendo. Non capivo”, racconta il figlio.
Il giorno dopo si è svegliato all’alba, è andato in azienda e si è sparato. Non lo ha ucciso la mafia ma lo Stato.
(da agenzie)
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Marzo 1st, 2019 Riccardo Fucile
STASERA ARRIVA GRILLO, MA A TORINO I CINQUESTELLE IMPLODONO SE PASSA LA TAV
Il via libera alla Tav, in qualsiasi sua forma, potrebbe essere l’ultima crepa nella spaccatura
interna al Movimento5stelle sotto la Mole.
La decisione del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e le parole del ministro dei Trasporti, Danilo Toninelli, arrivano in Piemonte come un terremoto e il via libera ai bandi per gli appalti da parte di Telt potrebbero avere conseguenze ben più pesanti.
Non solo il senatore Alberto Airola, torinese, potrebbe lasciare il M5s, come annunciato ieri, in caso di pubblicazione degli appalti.
La maggioranza che sostiene la sindaca di Torino, Chiara Appendino, ha già fatto sapere più volte a Toninelli che senza lo stop all’opera non ci sarebbe più il Movimento a Torino e che questo potrebbe avere conseguenze enormi sull’amministrazione.
In Piemonte, come formalmente nel resto d’Italia, tutti i 5stelle sono No Tav, dalla sindaca Chiara Appendino alla sottosegretaria, Laura Castelli, fino al senatore Alberto Airola, tutti i volti più noti hanno preso parte alle manifestazioni in Valsusa contro il supertreno. Quest’ultimo ha già chiarito cosa farà , mentre la sindaca tace e la sua amica sottosegretaria, in privato, bastona chi critica l’azione del governo anche sulla Tav.
Sembra profilarsi quindi una divisione tra la base, gli attivisti e la maggior parte dei consiglieri comunali e regionali, convintamente No Tav e pronti a lasciare il M5s se non verrà cancellata la grande opera, e Appendino e Castelli che preferiscono non esporsi e non aprire un nuovo fronte con il capo politico, Luigi Di Maio, dopo quello sul voto della sindaca contro Salvini per il caso “Diciotti” e gli schiaffi per le Olimpiadi del 2026 e le Atp Finals arrivati dal governo gialloverde.
Anche per questo e per evitare rotture definitive stasera molti dei pentastellati piemontesi saranno al teatro Colosseo per ridere dello spettacolo del fondatore, Beppe Grillo, ma soprattutto per chiedere a lui di fare qualcosa.
Francesca Frediani, ma anche uno dei leader Davide Bono e il candidato presidente del Piemonte, Giorgio Bertola, saranno in prima fila.
Oltre a loro sicuri la capogruppo in Sala Rossa, Valentina Sganga, e Fabio Versaci, ex presidente del consiglio comunale e fedelissimo di Appendino.
Proprio la sindaca però, per ora, non ha confermato la presenza, nè di avere appuntamenti con Grillo per la giornata, anche questo forse un segnale sulle posizioni interne al Movimento.
“Se riuscirò a parlarci gli chiederò di far sentire la sua presenza. Nel M5S ma anche in valle: è sempre stato accanto a noi — spiega la consigliera regionale e attivista No Tav, Francesca Frediani – Gli attivisti in Valsusa si sentono un po’ abbandonati”.
Grillo, e con lui Alessandro Di Battista, ma soprattutto il presidente della Camera, Roberto Fico, sembrano essere gli unici punti di riferimento dei grillini piemontesi che, sui social, hanno già lanciato la campagna “stop ai bandi”, una scritta che campeggia sulle foto profilo di molti dissidenti, per far capire che ora è questa la battaglia fondamentale.
(da agenzie)
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Marzo 1st, 2019 Riccardo Fucile
SALDO NEGATIVO SAREBBE DI 3,5 MILIARDI, COMPENSATI PERO’ DALLE PENALI
La nuova versione dell’analisi sui costi e benefici della Torino-Lione da mercoledì è sul tavolo del presidente del Consiglio Giuseppe Conte.
Il ministro delle Infrastrutture Toninelli, su richiesta del capo del governo, ha incaricato due componenti della commissione tecnica – i professori Francesco Ramella e Paolo Beria – di adattare i risultati della precedente versione al solo fronte italiano: calcolare dunque spese e ricadute della Tav solo per quanto riguarda il nostro Paese e non nel complesso, considerando anche Francia e Unione Europea.
La differenza è sostanziale. L’esito anche.
«È sempre negativo», annota Ramella, che ieri a Torino ha partecipato insieme con Marco Ponti, a capo della commissione sull’analisi costi-benefici, a un confronto tra esperti.
Però i numeri sono diversi, meno sfavorevoli all’opera, ed è lo stesso Ramella ad ammettere che a questo punto diventano determinanti le valutazioni sulle penali e i rimborsi, perchè minacciano di sovvertire il verdetto degli esperti e renderlo positivo.
All’Italia terminare la Torino-Lione costerebbe ancora 4,7 miliardi: 3 per la tratta internazionale (gli altri 5,7 sarebbero a carico di Francia ed Europa) e 1,7 miliardi per la parte domestica.
Nell’ipotesi suggerita dalla Lega di congelare l’adeguamento della tratta italiana si scenderebbe a 3, con un ulteriore risparmio di 1,7 miliardi.
I nuovi calcoli rispetto all’incremento di passeggeri e merci porterebbero i benefici da 2,5 miliardi a 1,5 e il vantaggio sulle esternalità (inquinamento atmosferico e acustico, cambiamenti climatici, incidentalità ) scenderebbe di poco sotto il miliardo, mentre la riduzione della congestione sulle strade garantirebbe all’Italia mezzo miliardo.
Tra i costi resterebbero invece i 4,6 miliardi di minori introiti per lo Stato dai mancati pedaggi autostradali e dalle accise sulla benzina.
Una scelta che Ponti difende – «è un calcolo sacrosanto»- così come difende l’analisi nel complesso: «Nessuna grande opera pubblica è mai stata fermata perchè nessuno l’ha mai analizzata», ha spiegato ieri sera al convegno organizzato dal Collegio Carlo Alberto e dal suo vice presidente Giorgio Barba Navaretti. «È un bene che si cominci ora anche se per un lavoro completo sarebbero serviti due anni».
Il conto finale della nuova relazione passerebbe da un saldo negativo di 7 miliardi a uno aggiornato e sempre sfavorevole, ma “soltanto” per 3,5 miliardi.
A questo punto però entrano in gioco altri fattori. Il primo riguarda i costi di messa in sicurezza del cantiere di Chiomonte, dove i 7 chilometri di galleria finora scavati andrebbero sigillati: un’operazione lunga sette anni il cui costo per l’Italia è stimato in 400 milioni.
Il secondo aspetto è la messa a norma dell’attuale tunnel del Frejus: secondo i documenti dell’Osservatorio sulla Torino-Lione la spesa per adeguare i 14 chilometri del Frejus agli standard europei oscilla tra 1,4 e 1,7 miliardi.
Nell’analisi costi-benefici è scritto 1,5 miliardi, ma «il ministero sostiene che l’investimento necessario sia inferiore», precisa Ramella. Al momento però non è stata fatta un’altra stima e, per di più, sembrerebbe una spesa da mettere a totale carico dell’Italia (o quasi) dal momento che la Francia non è disposta a spendere risorse pubbliche per adeguare un tunnel boicottato dagli stessi operatori ferroviari perchè vecchio e poco conveniente (i treni, ad esempio, possono trasportare fino a 700 mila tonnellate di merci contro i 2 milioni delle gallerie moderne).
Infine ci sono le penali. L’avvocatura dello Stato le ha calcolate in 1,7 miliardi: scioglimento dei contratti in corso per servizi d’ingegneria e lavori (tra 130 e 400 milioni), e del trattato internazionale (16-81 milioni), rimborso delle spese sostenute dalla Francia (400 milioni), restituzione dei fondi già versati dall’Unione europea (535 milioni), più fondi Ue che la Francia perderebbe (297 milioni).
Il conto finale è presto fatto: l’opera ha un saldo negativo di 3,5 miliardi, ma comporta penali per 1,7, costi di adeguamento del Frejus per 1,5 e di chiusura dei cantieri per 400 milioni, per un totale di 3,6 miliardi.
Se poi si dovesse decidere di realizzare solo il tunnel internazionale, e sfruttare l’attuale linea sul versante italiano, il quadro diventerebbe ancora più vantaggioso.
Ecco il conto che potrebbe fornire al governo l’exit strategy sulla Tav.
(da agenzie)
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Marzo 1st, 2019 Riccardo Fucile
NEL PAESE DEL COMASCO “ACCORDI CORRUTTIVI TRA IL SINDACO E I CLIENTI DEL SUO STUDIO E VIOLAZIONI EDILIZIE”
Si chiama ‘Dolce Casa’ l’operazione della guardia di finanza di Como che ha portato all’arresto di
nove persone, tra cui il sindaco di Valsolda (in provincia di Como) Giuseppe Farina e un professionista, come riporta il Corriere della Sera.
Entrambi sono in carcere, mentre gli altri 7 sono ai domiciliari.
L’operazione, scattata alle prime ore di venerdì, ha per oggetto “numerosi casi” di presunti “accordi corruttivi tra il primo cittadino — che è un architetto — e clienti del proprio studio associato, nonchè violazioni edilizie”, come fanno sapere le fiamme gialle.
Farina è stato eletto sindaco di Valsolda, piccolo centro di circa 1500 abitanti nella provincia lariana, con una lista civica di area centrodestra.
L’indagine, diretta dalla locale procura della Repubblica, riguarda le province di Como, Sondrio, Milano e Roma.
Le misure di custodia cautelare sono state eseguite su disposizione del giudice per le indagini preliminari di Como. Valsolda è il paese dello scrittore vicentino Antonio Fogazzaro, autore di Piccolo mondo antico, che aveva nella frazione di Oria la sua dimora estiva, oggi villa del circuito Fai.
(da agenzie)
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