Marzo 8th, 2019 Riccardo Fucile
“LUNEDI’ PARTONO I BANDI? MARTEDI’ PRESENTIAMO UNA RISOLUZIONE IN PARLAMENTO PER DIRE NO ALLA TAV”… BUFFAGNI: “LA CRISI E’ GIA’ APERTA”… SALVINI MINIMIZZA PERCHE’ HA PAURA DI FINIRE IN GALERA: IL 20 SI VOTA SULL’AUTORIZZAZIONE A PROCEDERE
“Se Salvini decide davvero di rifiutare il dialogo, lunedì partono i bandi, e il giorno dopo presentiamo noi una risoluzione in Parlamento per dire no al Tav”. È su questa linea che la war room di Luigi Di Maio riunita a Palazzo Chigi si alza e si dirige verso la sala stampa di Palazzo Chigi.
Il capo politico del Movimento 5 stelle si presenta con gli occhi scavati da poche ore di sonno, evidentemente spiazzato dalla mossa del collega vicepremier, che ha fatto le valige ed è tornato a Milano salutando tutti e dando appuntamento a lunedì.
È in quel preciso momento della mattinata che cala il buio in casa 5 stelle, con il leader e gli sherpa pronti a una tre giorni di girandole di incontri in vista della pubblicazione delle manifestazioni di interesse che avverrà il primo giorno della prossima settimana, e costretti a rivedere improvvisamente la strategia.
Perchè fonti 5 stelle e di Palazzo Chigi fin dal mattino accreditavano un vertice serale, salvo poi cambiare improvvisamente versione dopo la porta sbattuta in faccia dal segretario della Lega.
“La crisi è a un passo”, ammette candidamente uno dei più stretti collaboratori del leader pentastellato. “La crisi è già aperta”, lo sorpassa a destra Stefano Buffagni.
I toni si fanno sempre più forti fino a quando interviene Salvini con una nota: “Nessuna crisi di governo, nessuna nostalgia del passato. Con il buonsenso si risolve tutto”.
E a stretto giro ecco Di Maio: “Io voglio che si rispetti il contratto e non si faccia cadere il governo, questo è buonsenso”.
La reazione di Di Maio, per indole e per difficoltà , non è violenta. Risponde alle domande dei giornalisti battendo sul tasto del rispetto del contratto, della lealtà , dell’attesa di un weekend di lavoro.
È iniziato il gioco del cerino. I 5 stelle sono all’angolo, e l’exit strategy è tra le più complicate. Ma non hanno alcuna intenzione di forzare la mano.
Un Consiglio dei ministri potrebbe deliberare il blocco dei bandi. I pentastellati avrebbero la maggioranza, il governo esploderebbe per un atto unilaterale.
Così la strategia è diversa: se il pressing su Salvini (che non è nuovo alla tattica dell’eclissamento meneghino quando la tensione si alza) fosse infruttuoso i bandi partissero pure. “Noi però il giorno dopo portiamo in Parlamento un voto sul Tav. E se Salvini lo vota insieme a Berlusconi e Zingaretti sarà lui ad assumersi l’onere della crisi”.
Il momento è delicatissimo, la posizione tra le più complicate.
Beppe Grillo e Alessandro Di Battista (il quale se lo scenario rimanesse questo starebbe valutando in silenzio una candidatura europea) hanno fatto arrivare i propri messaggi di approvazione della linea del leader.
E un intervento, più di tutti, ha colpito il vicepremier nell’assemblea fiume dei parlamentari tenutasi giovedì sera.
Quello di Alberto Airola, dna no-Tav per eccellenza, che ha minacciato di andarsene in caso di sì all’opera, che ha ingoiato a forza il rospo della Diciotti. “Lo sapete che io sono una testa dura su questo — il senso del discorso di Airola — ma sono orgoglioso di come il Movimento sta affrontando questa situazione”.
Luigi Gallo, uomo vicino a Roberto Fico, in piena notte tuonava: “Se qualcuno si è detto stanco di questo modo di procedere con la Lega? Ma tutti!”.
E su un possibile congelamento dei tempi ha sfornato quasi un aforisma: “Ogni passo in più che si fa in avanti costa un po’ più di fatica tornare indietro”.
“Noi lo sappiamo perfettamente che i bandi si potrebbero sospendere — spiega un colonnello del capo — ma ormai ci siamo spinti troppo in là . Qualsiasi cedimento sul punto farebbe esplodere gli uomini di Roberto”. E proprio su questo Di Maio ha lanciato un messaggio in bottiglia: “La sospensione? In gioco ci sono i soldi degli italiani, voglio garanzie che si faccia sul serio”
Il vicepremier ha condiviso una serie di ragionamenti con i suoi, e anche a una cena tenutasi nella notte di giovedì.
Presenti Alfonso Bonafede, Stefano Patuanelli, Francesco D’Uva e Sergio Battelli, luogotenente con delega all’Europa. Rompere adesso sarebbe complicatissimo. Si andrebbe incontro a un ridimensionamento sicuro dei voti, e alla necessità di un’ulteriore svolta a 360° sulla regola dei due mandati (già messa in conto).
Ma sul piatto della bilancia c’è il momento in cui, mai come prima, il corpaccione dei parlamentari 5 stelle si è saldato attorno al capo, e l’argomento della possibile rottura facile volano da campagna elettorale.
“Che succede se la questione si ripresenta, mettiamo, dopo le europee, con Luigi sfibrato dall’aver dato il via libera ai bandi e Salvini che ripropone lo stesso schema. Lì non ne usciremmo veramente”.
Sì, la questione è tutta politica perchè la geometria con cui i 5 stelle stanno costruendo i prossimi giorni prevede al momento che, al netto di colpi di scena, lunedì si avvii il Tav, e che solo dopo i 5 stelle cerchino la certificazione che l’alleato vuole far saltare il banco.
Con il gran treno della Torino-Lione che avrebbe già mosso i propri passi, guardando seraficamente dal finestrino i governi che verranno.
(da “Huffingtonpost“)
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Marzo 8th, 2019 Riccardo Fucile
LA TATTICA DELLA FUGA GLI E’ CONGENIALE, I PRECEDENTI SU PRESCRIZIONE E DECRETO FISCALE
Quando il gioco si fa duro, i duri abbandonano il campo. 
Sembra una tattica studiata quella di Matteo Salvini di smentire all’istante le ipotesi di nuovi e – almeno nelle intenzioni di chi le fa filtrare – risolutivi vertici di governo quando le cose nella compagine gialloverde iniziano a mettersi così male da far rimbalzare più volte l’espressione “crisi di governo”.
Di fronte allo stallo sulla Tav e in seguito ad alcune indiscrezioni che fissavano per questa sera un altro vertice con il premier Conte e l’omologo Di Maio per venire a capo della faccenda, il vicepremier leghista ha tagliato corto: “Oggi non c’è nessun vertice, ne riparliamo lunedì”. Problema: lunedì il Consiglio di amministrazione di Telt, la società italofrancese incaricata di costruire il tunnel ferroviario, dovrebbe pubblicare i bandi per 2,3 miliardi di appalti necessari all’avvio dei cantieri del tunnel di base.
Proprio quello che i 5 Stelle, come certificato dopo l’incontro di Di Maio con i suoi parlamentari ieri sera, non vogliono. “Non si possono vincolare i soldi degli italiani se non si arriva prima a una decisione”, ha detto il vicepremier grillino in una conferenza stampa a Palazzo Chigi convocata per l’occasione. “Quindi non mi si può dire ci rivediamo lunedì. Questo è un weekend che deve essere di lavoro”. Di Maio ha perciò chiesto al premier Conte di “non vincolare” risorse pubbliche.
Salvini però non ha avuto fretta nel rispondere al suo alleato di governo, per cui non è dato sapere come M5S e Lega pensano di uscire indenni dal week-end.
Mentre si fa strada l’ipotesi, avanzata dal leghista Siri, di pubblicare i bandi lunedì “con la clausola di dissolvenza prevista dal diritto francese”, emerge però una costante nelle reazioni di Salvini nelle fasi di maggior frizione con M5S: quella di chiudere la porta accampando altri impegni come giustificazione.
Così è successo, ad esempio, in occasione dello scontro più duro prima di quello odierno sulla Tav.
A ottobre scorso scoppia il caos sul decreto fiscale: Di Maio va nel salotto televisivo di Bruno Vespa e denuncia la manomissione del testo ad opera di una “manina” leghista, con l’introduzione di una maxisanatoria con annessa depenalizzazione dell’antiriciclaggio. I toni si fanno accesi, con accuse reciproche su presunti “aggiustamenti” successivi all’approvazione collegiale e su altrettanto presunte incapacità di comprensione elementare del testo letto ad alta voce in Cdm: “Conte leggeva e Di Maio scriveva”, disse Salvini.
Giovedì 18 ottobre si fa quindi largo la possibilità di un vertice risolutivo convocato per sabato, ma il leader del Carroccio nega: “Consiglio dei Ministri? Io sabato ho l’appuntamento con la Coldiretti e soprattutto con i miei figli. Il Paese è importante ma sono importanti anche i figli”, dice da Bolzano, dove si trova per la campagna elettorale per le Regionali.
“Spero che smettano tutti di fare polemiche, non possiamo convocare consigli dei ministri per riapprovare decreti già approvati ma chiamerò Conte che è una persona squisita”.
Per quanto squisita, il premier non gli risparmiò una replica piccata: “Se ci sarà Salvini al Cdm di sabato non lo so, perchè c’è anche la campagna elettorale al Nord. Il Cdm si svolgerà , l’ho convocato io, il premier sono io e decido io che si svolga un Cdm”. Alla fine, per la cronaca, il leader della Lega decise di partecipare al vertice.
Il mese successivo si imponeva la necessità di un altro imprevisto vertice dopo le nuove frizioni tra gli alleati, questa volta sulla riforma della prescrizione. I grillini hanno provato a inserirla attraverso un emendamento parlamentare al Ddl Anticorruzione ma la mossa fatta “dalla sera alla mattina” lascia di stucco i leghisti. La preoccupazione dei 5 Stelle è, in sintesi, quella di restare “fregati”, dando il via libera al Senato al decreto Sicurezza di matrice leghista ma restando indietro alla Camera sulla riforma della prescrizione di matrice grillina.
L’emendamento viene ritirato e poi riformulato ma è chiaro che senza un confronto tra Di Maio e Salvini non se ne fa nulla.
Il 6 novembre entrambi sono ritornati dai rispettivi viaggi, il primo dalla Cina, il secondo dal Ghana. Spuntano le solite indiscrezioni che vogliono a breve un chiarimento tra i due ma il leghista prontamente smentisce: “Ma quale vertice! Stasera vedo la Champions. Ho un vertice con rigatoni, ragù e Champions League”, dice.
Il giorno seguente, stessa storia: “Con Di Maio ci vediamo domani, il mio obiettivo è arrivare a domani sera senza litigi, guardare Betis-Milan e portare a casa almeno un pareggio. E poi domani c’è pure il Consiglio dei ministri”, ma “stasera sono libero”.
Dopo due giorni, Salvini è presente di buon mattino al vertice con Di Maio a Palazzo Chigi: il grillino in una intervista al Fatto Quotidiano aveva appena messo in chiaro che “o si trova l’accordo sulla prescrizione o salta il Governo”.
Al termine della riunione il compromesso dà il via libera all’inserimento della riforma nel ddl Anticorruzione, ma solo a partire dal 2020.
Nessuno, però, in realtà ha ben chiari i termini dell’accordo: secondo M5s la nuova prescrizione scatta automaticamente a partire dal 2020, secondo la Lega è subordinata comunque all’approvazione della riforma Bonafede sul processo penale. In altre parole: un pasticcio politico. Sulla Tav si va lentamente delineando uno scenario simile, attraverso le “clausole di dissolvenza” per la pubblicazione dei bandi.
(da “Huffingtonpost”)
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Marzo 8th, 2019 Riccardo Fucile
NE’ PREOCCUPAZIONE, NE’ MEDIAZIONE… NON STA CADENDO IL PAESE, AL MASSIMO CADE UN GOVERNO
Cosa pensi, in cuor suo, il capo dello Stato di un governo che rischia di cadere su una galleria e di questa gigantesca confusione, a pochi giorni dalla presentazione dei bandi per avviare i cantieri, dopo mesi di chiacchiere allegre, è immaginabile. Ma non è oggetto di questo articolo.
Lo è invece cosa intende fare Mattarella nelle prossime ore, per scongiurare un’eventuale crisi, o come abbia in mente, nel caso, di affrontarla.
O se ha intenzione, in queste ore, di ricorrere alla proverbiale moral suasion per impedire una figuraccia in mondovisione di un governo che in modo goffo e scomposto mette a rischio impegni sottoscritti e votati dal Parlamento.
E la risposta è nulla. Proprio così: nulla.
Non c’è nè un clima di preoccupazione — voi sapete: il presidente è sempre preoccupato per definizione, quando c’è uno snodo politico, stavolta no – nè c’è un tentativo di mediazione in atto, come pure avvenuto in altri momenti, come sulla manovra quando, sia pur con discrezione, il capo dello Stato fu un soggetto attivo nel comporre uno scontro deflagrante con l’Europa, nei giorni in cui lo spread bruciava titoli di Stato.
Questo “stare a guardare” dice molto. E non tanto che, in fondo, non pensa che gli eventi possano precipitare nei prossimi giorni e che, come spesso accade in questo governo, c’è una sproporzione tra parole ultimative e compromessi dell’ultimo istante. Magari finirà così anche questa volta. Sono altri tempi.
Nella Prima Repubblica, il governo sarebbe caduto in diretta tv ieri sera, alle prime dichiarazioni di Salvini e Di Maio, altri tempi.
La lontananza del capo dello Stato da questa vicenda dice, semplicemente, che Mattarella non vuole sporcarsi le mani in questo pantano.
Non sta cadendo il Paese, eventualmente cade un governo, oppure non cade, comunque la responsabilità ricade sui suoi protagonisti. Il che può avvenire per mille ragioni.
Quelle che si vedono, come la Tav o magari quelle che non si vedono, perchè una eventuale crisi oggi, poichè equivarrebbe al ritorno al voto, consentirebbe di evitare uno scoglio che già si intravede all’orizzonte, al netto della retorica dell’anno bellissimo. Ovvero quella “manovra correttiva” praticamente già scritta nei numeri di una crescita ben al di sotto delle previsioni e negli indicatori di una realtà più testarda dei proclami.
A dirla tutta sono apparsi anche un po’ patetici i tentativi di tirare in mezzo il capo dello Stato, come se in questa vicenda fosse un soggetto attivo. Addirittura i ben informati nei Palazzi raccontano che la conferenza stampa di Conte pomeridiana sia stata chiesta proprio per evitare che, una volta salito al Colle per il Consiglio supremo di Difesa, si lasciasse “avvolgere da Mattarella” lasciando solo Di Maio su una posizione oltranzista.
Se la situazione dovesse precipitare, e fino a quel momento non resta che aspettare e guardare, senza cambiare agende e programmi, a quel punto si muoverà come prevede la Costituzione e una lunga prassi.
Se c’è una maggioranza che vuole andare avanti, si va avanti, se c’è una maggioranza per il “voto” non farà nulla per impedirlo, limitandosi a certificare le posizioni, senza che ciò appaia a favore di uno o dell’altro.
Sbaglia chi gli attribuisce, altro riflesso condizionato, la volontà di tenere questo Parlamento, a dispetto dei santi e degli umani.
Un conto era lo scioglimento lo scorso anno, a legislatura iniziata, un conto sarebbe oggi. Finchè il quadro non precipita sta olimpicamente a guardare. Atteggiamento che contiene un giudizio incorporato.
Quello di una situazione che, parafrasando Flaiano, in attesa di capire quanto sia grave, non è seria.
(da “Huffingtonpost“)
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Marzo 8th, 2019 Riccardo Fucile
IGNOBILE SCENA ALL’USCITA DAL COMMISSARIATO: PARENTI E AMICI ACCLAMANO I DELINQUENTI, LA POLIZIA STA A GUARDARE
Nella zona di San Giorgio a Cremano, si è consumata la violenza sessuale ai danni di una ragazza
di 24 anni nell’ascensore della circumvesuviana.
Gli aggressori sono stati tre e sono stati tutti riconosciuti. Si tratta di Antonio Cozzolino, Alessandro Sbrescia e Raffaele Borrelli.
I tre protagonisti della vicenda sono stati trattenuti in commissariato dalle ore 2.00 alle ore 8.30 del mattino.
Al termine dell’interrogatorio, i tre ragazzi sono usciti e sono stati acclamati dalla folla di parenti e conoscenti che li attendeva.
Fuori dal commando di polizia, infatti, c’erano, parenti, conoscenti e amici che hanno incominciato a piangere e a mostrare nei confronti dei tre aggressori segni di approvazione e conforto
Un padre ha anche applaudito. E loro hanno sorriso.
Una scena penosa che deve interrogare tutti e far pensare a quanto peso abbia la responsabilità dei genitori rispetto ai figli che commettono atti violenti o criminali.
Tra i tre, scrive Il Mattino, è “Sbrescia a farsi notare maggiormente per la propria esuberanza. Una caratteristica sempre al limite tra stravaganza e illegalità , visti i precedenti per droga che il ragazzo, classe 2001, vanta a curriculum.
Uno dei tre è figlio di una famiglia benestante dei quartieri alti.
Il consigliere regionale dei Verdi Francesco Emilio Borrelli ha preso un’iniziativa: “Uno dei capitoli più inquietanti della triste vicenda dello stupro nella stazione della Circumvesuviana di San Giorgio a Cremano sono gli applausi e gli incoraggiamenti rivolti ai colpevoli dai genitori. Scene censurabili che vanno ben oltre l’accettabile. Abbiamo dato mandato all’avvocato Angelo Pisani per valutare gli estremi per l’avvio di un’azione legale che permetta di censurare l’atteggiamento di queste persone. Allo stesso tempo sto valutando gli estremi per procedere con un’azione volta a chiedere la revoca della patria potestà e della capacità genitoriale dei soggetti che hanno incitato e applaudito i figli, accusati di un reato particolarmente grave”.
(da agenzie)
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Marzo 8th, 2019 Riccardo Fucile
PER LA LEGA SI PUO’ ASPETTARE LUNEDI’, PER IL M5S NO… DI MAIO SI AUTODENUNCIA: “ABBIAMO VOTATO COSE CHE NON CONDIVIDEVAMO, COME LA LEGITTIMA DIFESA, FATE ALTRETTANTO”… CARO DI MAIO, IL 20 VOTATE PER IL PROCESSO A SALVINI E VI TOGLIETE IL PROBLEMA, SE AVETE LE PALLE
“Non si possono vincolare i soldi degli italiani se non si arriva prima a una decisione”. Lo ripete più volte Luigi Di Maio nel corso della conferenza stampa sulla Tav a Palazzo Chigi.
Il vicepremier vuole che la discussione sul tema prosegua in queste ore. Nessun rinvio a lunedì, come aveva chiosato Matteo Salvini.
Di Maio nasconde il disappunto per le parole pronunciate poche ore prima dall’alleato di governo e si dice interdetto per il fatto che la Lega abbia messo in dubbio la tenuta del governo sul tema.
Nelle sue parole anche una velata minaccia all’alleato di governo: “Mi rivolgo agli elettori della Lega “Sono rimasto interdetto del fatto che la Lega abbia messo in discussione addirittura il Governo, legandolo alla Torino Lione. Se io avessi messo in discussione la legittima difesa, voi vi sareste arrabbiati”.
Non manca una frecciatina al ministro dell’Interno che il 7 marzo, nel corso del suo intervento a Dritto e Rovescio, aveva affermato che sulla Tav si sarebbe visto “chi aveva la testa più dura”. Sul punto Di Maio dice: “Questi sono discorsi da bambini. Qui dobbiamo sederci a un tavolo, ridiscutere l’opera come da contratto ed evitare di vincolare i soldi degli italiani”.
Salvini ha preso tempo, affermando che la discussione sulla Torino Lione sarebbe ripresa lunedì. Ma per Di Maio non c’è un’ora da perdere: “Io penso che la giornata di oggi debba essere una giornata in cui continuiamo a lavorare per la ridiscussione dell’opera nel pieno rispetto della posizione francese e per evitare di vincolare i soldi degli italiani lunedì ad un’opera che va ridiscussa. Quindi non mi si può dire ci rivediamo lunedì. Questo è un weekend che deve essere di lavoro”.
In molti hanno visto oggi una leggera frenata di Salvini sulla eventuale apertura della crisi.
Il motivo lo diciamo noi: il 20 in Parlamento si deve votare l’autorizzazione a procedere per il sequestro di persona della Diciotti, servono almeno 40 voti del M5S o qualcuno finisce in galera.
Un buon motivo per Cuordileone di evitare la crisi, non sia mai che i grilini si incazzino
Sul fronte dei dissidenti, le spinte sono ancora più forti: “Sul dossier Tav è arrivato il momento, tardivo, di far valere il peso della nostra maggioranza” e se la Lega insiste col sì all’alta velocità Torino-Lione “a quel punto sarà il Carroccio a prendersi una responsabilità sul governo”, dando al Movimento 5 Stelle la spinta a cercare “altre alleanze in Parlamento” a partire dal Partito democratico, ha detto la senatrice dissidente Paola Nugnes.
(da agenzie)
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Marzo 8th, 2019 Riccardo Fucile
ABBIAMO 7.000 KM DI STRADE FERRATE ARRUGGINITE, NEANCHE LO SAPPIAMO… GUARDIAMO LE LUCCIOLE E LE SCAMBIAMO PER LANTERNE
Di quanti minuti si compone un’ora? E voi, come impiegate il tempo? 
Nello Yemen le donne impegnano duecento milioni di ore al giorno, togliendole al lavoro, allo studio, al piacere, per raccogliere l’acqua pulita per la propria sopravvivenza e della loro comunità .
In Italia da giorni impegniamo quasi lo stesso tempo per parlare di Tav.
Se si fa il binario veloce saremo in Europa, se non si fa verremo ricondotti alla barbarie.
E quanto tempo utilizziamo invece per domandare i motivi che hanno portato i governi, tutti i governi, a fare arrugginire settemila chilometri di strade ferrate?
Settemila, Non settecento. Non sette.
Siamo il Paese dei binari morti e neanche lo sappiamo. Non ci interessa, abbiamo altro a cui pensare.
Ieri i barconi, oggi il Tav. Domani chissà .
Guardiamo le lucciole e le scambiamo per lanterne.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Marzo 8th, 2019 Riccardo Fucile
VIOLATE LE REGOLE CHE DISCIPLINANO I FINANZIAMENTI AI PARTITI POLITICI CONSENTITI SOLO A CITTADINI TEDESCHI
Ancora guai per l’estrema destra tedesca.
Dopo essere finito nel mirino dei Servizi interni per politiche definite contrarie all’ordinamento democratico» Alternative fà¼r Deutschland (AfD) rischia adesso una multa di oltre 100.000 euro per presunte donazioni illegali al partito.
Secondo le accuse, riportate dalla stampa tedesca, il partito avrebbe ricevuto prestazioni e finanziamenti, pari a oltre 50mila euro, da una società svizzera, in occasione della campagna elettorale del 2017.
Anche il leader dell’AfD Meuthen avrebbe beneficiato di servizi gratuiti da parte della stessa azienda svizzera.
Le donazioni violerebbero le regole che disciplinano i finanziamenti ai partiti politici in Germania, consentiti solo a cittadini tedeschi, anche quando risiedono all’estero, alla condizione che siano all’interno dell’Unione Europea.
I criteri di trasparenza del Bundestag impongono poi di informare immediatamente le autorità quando la donazione supera i 50mila euro.
(da Globalist)
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Marzo 8th, 2019 Riccardo Fucile
L’INCONTRO CON I SOVRANISTI POLACCHI, PROBABILE L’APPRODO NEL GRUPPO DEI CONSERVATORI … E’ FINITA LA PACCHIA DI PRENDERE MILIARDI DALL’EUROPA E POI NON RISPETTARNE LE REGOLE
Il capogruppo dei Popolari Manfred Weber lo ha ripetuto più volte negli ultimi mesi: se il premier
ungherese Viktor Orban non rispetta i valori europei non può più rimanere nel Ppe.
E gli scontri negli ultimi mesi sono diventati sempre più pesanti, fino alla mozione di espulsione che sarà discussa il prossimo 20 marzo.
Ma se i moderati di centrodestra sono pronti a tagliarlo fuori, il sovransta Orban ha lasciato intendere che il suo partito potrebbe avvicinarsi ai polacchi di Diritto e Giustizia (PiS), che all’Europarlamento fanno parte del gruppo dei Conservatori europei (Ecr) e che sono al governo a Varsavia.
Se la decisione andasse in porto, i popolari perderebbero a6 seggi (stando agli ultimi sondaggi dell’Eurocamera) e Orban diventerebbe alleato di Fratelli d’Italia.
L’incontro coi conservatori polacchi è stato anticipato dallo stesso Orban all’emittente ungherese Kossuth radio.
“Sarò domenica in Polonia“, ha detto, dopo aver già dichiarato che, nel caso di un’uscita dal Ppe, “il primo posto in cui avviare colloqui sarebbe la Polonia dove il partito al potere non è membro del Ppe“.
Il premier di Budapest precisa che preferirebbe restare nel Ppe per “riformarlo” e “trasformarlo” per “permettere che al suo interno ci siano forze anti-migranti come noi”.
Il 20 marzo il Ppe discuterà la mozione presentata da alcuni partiti del gruppo che chiede l’espulsione di Fideszper le sue posizioni razziste, inconciliabili con i valori del Ppe
(da agenzie)
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Marzo 8th, 2019 Riccardo Fucile
IL PM PRESENTA IL DOCUMENTO DURANTE L’UDIENZA: NON SI POTEVA STABILIRE LA CERTEZZA DELLE CAUSE DELLA MORTE DI STEFANO
Nuova svolta nel processo Cucchi. Nel corso dell’udienza al processo-bis sulla morte del 31enne geometra, il pm Giovanni Musarò ha sostenuto che esiste una primissima relazione medica segreta svolta il giorno stesso del decesso, la sera del 30 ottobre 2009.
A differenza di quanto sostenuto sempre nell’autopsia e nella maxi-consulenza, l’analisi mai emersa finora contiene risultati completamente diversi da quelli scritti nell’autopsia che vennero anticipati nel carteggio interno fra i carabinieri.
Negli accertamenti preliminari infatti, che vennero negati anche all’avvocato della famiglia Cucchi, si parlava di due fratture e non precedenti, oltre a un’insufficienza cardio-circolatoria acuta e si diceva che non si poteva stabilire con certezza le cause della morte: “Allo stato degli atti essa (la morte, ndr) appare riconducibile ad insufficienza cardiocircolatoria acuta, mentre la definizione dei mezzi produttori della medesima necessita di ancor più approfondito esame”, legge nel documento.
“Se il medico nel 2009 non poteva sapere il motivo della morte di Cucchi, allora come è possibile che i carabinieri già lo sapessero?”, ha sottolineato Musarò in aula.
Per il medico legale per definire le cause della morte occorre “un più approfondito esame della documentazione sanitaria esistente in atti, nonchè della valutazione delle risultanze degli accertamenti di laboratorio chimico-tossicologico ed istologico, ancora da effettuare su materiale biologico vario prelevato in corso di autopsia”.
Nel suo intervento di fronte alla Corte d’Appello di Roma, il pm Giovanni Musarò ha sottolineato che “nei verbali a firma dell’allora comandante del Gruppo Roma Casarsa e dell’allora comandante provinciale Tomasone la relazione non viene menzionata. Nel documento, sottoscritto dal dottor Tancredi, si sottolineava che la lesività delle ferite allo stato non consentiva di accertare con esattezza le cause della morte. Ma già in quei giorni i carabinieri, pur sapendo di quella relazione preliminare segreta, nel verbale escludevano un nesso di causalità delle ferite con la morte”.
Musarò ha aggiunto che “gli stessi legali di Cucchi nel 2009 avrebbero fatto invano richiesta quel documento”.
(da agenzie)
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