Marzo 10th, 2019 Riccardo Fucile
IL VIMINALE E TONINELLI CHE NON VOGLIONO MOSTRARE GLI ATTI UFFICIALI (SE ESISTONO), I 15 MINORENNI A CUI E’ STATO IMPEDITO LO SBARCO, LA NAVE DIROTTATA A CATANIA A UNA PROCURA “AMICA”… PREPARATEVI A QUALCHE SORPRESA
Perchè la Sea Watch è passata da un possibile sbarco a Siracusa a uno sbarco a Catania? Cosa è
successo e perchè le autorità ministeriali sono state reticenti nel trasmettere informazioni che — stando alle ultime rivelazioni — sarebbero state addirittura sottoposte a una sorta di segreto di Stato da parte del ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli?
Se lo sta chiedendo Avvenire, che ha scoperto altri particolari molto interessanti sul caso della nave Sea Watch.
Secondo il quotidiano, infatti, la procura di Siracusa sarebbe disposta ad andare fino in fondo per ravvisare eventuali irregolarità nella vicenda del mancato sbarco dei migranti a Siracusa, soprattutto dei 15 minorenni che erano stati salvati da un sicuro naufragio nel Mediterraneo dalla nave della ong tedesca.
Nel mirino della procura di Siracusa c’è l’atto con cui Danilo Toninelli avrebbe «secretato» i documenti sulla nave richiesti, con accesso agli atti, dall’Associazione Diritti e Frontiere.
Ma non solo: ci sarebbe da indagare anche su quanto richiesto al Viminale da Siracusa, che ha chiesto spiegazioni sul perchè lo sbarco non sia avvenuto nella città .
Dal ministero del’Interno hanno fatto sapere che queste decisioni non sono soggette a pubblicazioni obbligatorie.
Si ipotizza, tra le altre cose, una sorta di conflitto tra procure: stando alle ricostruzioni fatte sulla vicenda, si pensa che — spostando lo sbarco da Siracusa a Catania — si sia voluta sottrarre la competenza di eventuali irregolarità alla procura di Siracusa, affidandola invece a quella del procuratore Carmelo Zuccaro, che non ha mai dimostrato particolare simpatia per le ong.
Oltre alla procura siracusana, anche la città è sulle barricate.
Possibile che si venga a riproporre un nuovo caso Diciotti con altre istituzioni coinvolte in un’indagine
(da agenzie)
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Marzo 10th, 2019 Riccardo Fucile
E L’ITALIA CONTINUA A FINANZIARE GLI AGUZZINI LIBICI
L’ inchiesta realizzata da Piazza Pulita ha raccontato la terribili condizioni in cui versano i prigionieri dei centri di detenzione della Libia.
Dal lavoro del giornalista Formigli emerge una realtà inquietante, fatta di torture, violazioni continue, totale mancanza dei più elementari diritti umani, dove i detenuti sono chiamati “schiavi” e trattati come tali. Tra i circa 500 prigionieri che hanno manifestato contro le condizioni in cui sono costretti a vivere, molti sono migranti riportati in Libia dopo essere stati intercettati Guardia costiera.
Parliamo di quelle stesse forze dell’ordine che vengono finanziate dall’Unione europea, Italia compresa, e che portano i migranti recuperati nel Mediterraneo nei centri di detenzione.
Una volta rinchiusi in questi luoghi, i prigionieri non sanno se e quando saranno liberati. Come racconta l’inchiesta di PiazzaPulita, per lasciare il carcere bisogna pagare e nell’attesa del riscatto le guardie torturano i prigionieri che affollano le strutte detentive della Libia.
A far luce su quanto succede a Triq al Sikka è la giornalista di AlJazeera Sally Hayden, che spiega come 30-50 persone, 4-5 dei quali minori, sono stati rinchiusi in una cella sotterranea e sottoposti a torture.
Sempre la Hayden racconta di un’altra protesta svoltasi nel carcere di Triq al Sikka: i migranti si erano radunati fuori dal centro per parlare con i rappresentanti dell’alto commissariato delle Nazioni Unite, ma invece sono stati circondati dalle guardie.
Gli agenti hanno iniziato a colpire i detenuti con oggetti metallici e bastoni e i presunti capi della manifestazione sono stati portati nelle celle sotterranee.
Alcuni prigionieri invece sono stati trasferiti in altri centri di detenzione, tra i quali Sebha, noto luogo di tortura in Libia
Le nuove informazioni che giungono dal paese africano confermano quanto già noto da tempo: la Libia non è un porto sicuro, non è un paese in cui i diritti umani sono rispettati.
Ma l’Europa continua a pagare la Guardia costiera libica, senza batter ciglio.
(da agenzie)
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Marzo 10th, 2019 Riccardo Fucile
SI CREA UN “COMUNE SENTIRE” CHE TRASFORMA IN VERITA’ IRREFUTABILE UNA GIGANTESCA MISTIFICAZIONE…GLI SCENARI CAMBIANO VELOCEMENTE, L’ITALIA HA BISOGNO DI INTERVENTI IMMEDIATI SULLE INFRASTRUTTURE NON DI OPERE CHE FRA 30 ANNI NON SERVIRANNO A NULLA
Nell’odierno scontro su Tav sì o no, stavolta mi trovo a convenire senza se e senza ma con il
diniego espresso in materia da Luigi Di Maio e soci. Nella speranza che non ci riservino l’ennesimo voltafaccia tremebondo/opportunistico tipo Tap.
Ci tengo a precisarlo: un’adesione che non discende dagli esiti di risibili farse “analisi costi e benefici”, più consone a ragionieri del catasto che a una forza politica con pretese di governo.
E neppure da “bastiancontrarismo” congenito o da incistate sindromi minoritarie.
Nasce dall’irritazione civile nei confronti dei meccanismi mentali che stanno dilatando il fronte pro-Tav fino a coprire quasi per intero il concerto pubblico sulla questione: la creazione di un comune sentire che trasforma in verità irrefutabile una gigantesca mistificazione.
L’adozione al riguardo di un regime della doppia verità .
Come ebbi modo di rendermi conto anni fa, discutendone con un presidente di autorità portuale che considero tra i pochi realmente competenti di logistica, “se devo esprimermi in sede ufficiale affermerò sempre che il traforo in val di Susa, come il Terzo Valico (per l’alta capacità o l’alta velocità ?) tra Genova e la Padania e le altre grandi opere sono assolutamente irrinunciabili. Poi in privato ti dico che non abbiamo bisogno di interventi infrastrutturali che entreranno in funzione non prima di qualche decade dallo start, quando ci confronteremo con scenari trasportistici ad oggi imprevedibili. Per cui sarebbe di gran lunga preferibile concentrarsi su interventi a impatto immediato e che servono realmente, tipo il raddoppio del nodo ferroviario di Novara“.
Un gioco delle tre carte dietro il quale si celano interessi inconfessabili? Forse sarà così per qualche bieco prenditore di commesse pubbliche.
Mentre — in generale — la questione sembra a chi scrive di tutt’altra natura: un’immensa messa in scena come alibi e come placebo; un antiemetico da incertezza esistenziale.
Provo a spiegarmi: una delle caratteristiche di questa fase storica è che le classi dirigenti nella loro configurazione più estesa non hanno la benchè minima idea di cosa si possa fare per rimediare ai guasti della crisi sistemica che ci affligge.
Alla fine dei tempi belli in cui le ricette keynesiane e fordiste offrivano utili canovacci per politiche minimamente sensate.
Per tale ragione ci si arrabatta riciclando ricette vecchie (il mito del mercato autoregolantesi e — appunto — le grandi opere come epopea teatralizzata) o trovate nuove (tipo il workfare della formazione come garanzia di occupabilità o — appunto — il sussidio di disoccupazione presentato come reddito di cittadinanza).
Tutto ciò sul fronte dell’alibi, del “partiam partiamo” immobile.
L’altro fronte — quello dei placebo — risponde al bisogno irrisolto di prefigurare un lieto fine, un “arrivano i nostri” che non arriveranno mai ma che è temporaneamente consolatorio pensare di intravvedere.
Sicchè alcune madamine torinesi accantonano qualche giorno canasta e burraco per indossare i panni da Giovanna d’Arco contro il disfattismo anti-tunnel in val di Susa: una sorta di revival delle processioni con cui nel Medioevo i credenti pensavano di scongiurare la peste.
Sicchè un po’ di benpensanti, della cattedra o della carta stampata, si adeguano al pensiero pensabile per puro conformismo (e ansia da consenso).
Rabbiosi se qualcuno smaschera la loro condiscendenza pelosa.
Ci sarebbero altre vie per ricostituire sentieri di speranze plausibili? Certo che sì. Ma richiederebbero impegno, tempo e fatica.
Meglio sperare nei miracoli. Nel Paese dello Stellone d’Italia come mito unificante.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Marzo 10th, 2019 Riccardo Fucile
GIORGETTI: “DECIDE IL PARLAMENTO”… TELT LUNEDI FA PARTIRE GLI AVVISI
La Torino Lione si farà , magari riveduta e corretta dal punto di vista dei costi, ma è un treno che non si può fermare. Se non sarà Tav, sarà una mini-Tav, ma solo il Parlamento può fermare l’opera e i numeri per farlo i 5 stelle non ce li hanno.
È Giancarlo Giorgetti a chiarire lo stato dell’arte, intervistato da Mezz’ora in più, su Raitre: ci sono sei mesi di tempo e il premier Giuseppe Conte può ridiscutere il progetto – come da Contratto di Governo – con i partner Francia e Ue, può provare a convincere Emmanuel Macron e Jean-Claude Juncker a ridistribuire le spese con minori oneri per l’Italia oppure a rinunciare ad alcuni elementi ridondanti che fanno alzare il conto per lo Stato Italiano, ma non può dare lo stop. Per quello c’è il Parlamento, unico soggetto deputato a decidere su un trattato internazionale.
Se Giorgetti detta la linea, i vicepremier Matteo Salvini e Luigi Di Maio sono entrambi a Milano, non si incontrano, ma cercano una distensione nei rapporti. “Ieri Luigi mi ha fatto gli auguri di compleanno”, fa sapere il leader leghista: “Volete leggere il messaggio?”.
Entrambi stanno ben attenti a non attaccarsi troppo in un ping pong a distanza che va in scena in questa domenica meneghina per entrambi.
Milano diventa per un giorno il luogo in cui le dinamiche politiche si raffreddano dopo le minacce di crisi di governo. Di Maio appare un po’ imbarazzato e rifugge dal discorso sulla Tav, Salvini non nasconde la sua soddisfazione.
Come dice chiaramente Giorgetti, la soluzione individuata da Conte è quella che già mercoledì notte aveva indicato la Lega. “Salvini non è tornato a cuccia perchè sulla Tav è stata accolta la richiesta della Lega” dice respingendo la lettura di Marco Travaglio nel suo editoriale sul Fatto Quotidiano.
Lunedì Telt, la società che si occupa della realizzazione dell’Alta velocità Torino-Lione, riunisce il Cda e, come previsto, darà il via agli “avvisi” di manifestazione di interesse, ovvero la prima fase dei bandi.
La Lega rimette sul tavolo la proposta di mini-Tav. Una riduzione che comporterebbe un risparmio di un miliardo. Ipotesi che in realtà è stata già bocciata dal Movimento 5 Stelle che ne vuole il blocco.
Anche se circolano sondaggi secondo cui la soluzione troverebbe consensi nella base pentastellata. Per entrambi i leader di partito però non sono discussioni da affrontare adesso. Anzi, il dibattito sulla Tav per loro va depotenziato, ora bisogna provare a marciare uniti.
Di Maio, dai padiglioni del Villaggio Rousseau, prova a non pronunciare neanche una parola sulla Tav, fino a quando non si ritrova costretto a farlo. “In questo momento non vedo quale sia il dibattito sul tema Tav, c’è un contratto di governo che parla chiaramente. Adesso pensiamo alle cose serie. L’Italia ha bisogno di infrastrutture e il governo durerà quattro anni”.
A qualche chilometro di distanza, Salvini alla scuola di formazione della Lega, guarda già alle prossime mosse, parlando del decreto sblocca cantieri “che deve essere approvato subito”. Applausi dai ragazzi in platea che lo accolgono cantando “buon compleanno”. Lui ringrazia: “Sono vecchio”, dice con un atteggiamento decisamente più rilassato rispetto a quello di sabato quando ancora il caso politico non era del tutto chiuso.
L’obiettivo di rimandare la decisione Sì o No alla Tav a dopo le Europee è stato raggiunto quindi adesso sono iniziate le prove di distensione dopo le minacce di crisi: “Ho trovato in Luigi una persona corretta, leale, seria e coerente”.
Eppure, nell’ultima settimana, qualcosa si è rotto complice anche e soprattutto l’avvicinarsi della campagna elettorale delle Europee in cui i due partiti alleati hanno la necessità di marcare la differenza.
Il capo politico grillino lo punzecchia a distanzia. “L’obiettivo di M5s è dare tranquillità , non deve essere più possibile creare tensioni perchè se uno dall’altra parte dice ‘vediamo chi ha la testa più dura, vediamo chi va fino in fondo’, io dico che questo è folclore, pensiamo alle cose serie”.
Il riferimento è proprio alle parole dei giorni scorsi pronunciate dal vicepremier leghista a proposito della Tav. Salvini risponde a stretto giro: “La testa dura me la tengo ma non ho mai parlato di crisi”. Crisi che oggi negano tutti ma che fino a poche ore fa tutti si affannavo a sfoggiare.
(da “Huffingtonpost”)
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Marzo 10th, 2019 Riccardo Fucile
“QUI NON C’E’ PRESCRIZIONE E RESTIAMO SENZA SOLUZIONE PER IL PAESE”
“Mi scusi, ma secondo lei quella è una soluzione? Per me ci dovrebbe essere un limite
all’ambiguità “. Giovanni Maria Flick ne ha viste tante, da giurista e da ministro, ma non nasconde la sua preoccupazione per la gestione del Governo su alcuni dossier fondamentali, come la Tav Torino-Lione.
“Ma vogliamo dire che nella gran confusione delle lingue, ieri non è cambiato nulla? Non sono bandi, ma avis de marchès, le clausole di dissolvenza c’erano, i sei mesi di tempo ai Governi per recedere c’erano, era tutto previsto dalla normativa francese sugli appalti. Si sapeva già tutto; volerlo presentare come una soluzione nuova per risolvere la Tav può avere senso per fini politici, ma mi lascia molto più perplesso sul piano generale”.
Dopo la lettera di Giuseppe Conte alla Telt, però, sono tutti contenti.
Io discuto la filosofia alla base di un modo di governare. Vede, le regole e i procedimenti devono servire per arrivare a un risultato, qui sono serviti per non decidere. Ma c’è un limite all’ambiguità per evitare scontri o divisioni, perchè in questo modo si disorienta la gente, non è questo il modo per informare l’opinione pubblica, tanto più quando si pensa anche alla soluzione di un referendum.
D’altro canto Giuseppe Conte è un legale, l’Italia è il Paese degli avvocati e delle cause infinite.
Sì, lo abbiamo pensato in molti. A differenza delle cause, però, dove dum pendet rendet (Finchè il processo è pendente, rende), qui finchè la causa dura, peggiora la situazione. Oltre a non esserci la prescrizione, non c’è la soluzione. Come le dicevo, qui il metodo ha bloccato il merito: la Tav si fa o non si fa? Perchè non abbiamo preso prima una decisione? Cosa può pensare un elettore davanti a questa situazione, come può accettare che abbiano vinto tutti? Forse ciascuno ha perso un po’.
E la soluzione sulla Tav, infatti, è solo rimandata.
La dichiarata ambiguità della lettera del presidente del Consiglio alla Telt è dovuta alla volontà di evitare che si cristallizzi lo scontro e al tentativo di dare a ciascuno nella maggioranza quello che si vuole sentire dire. Resta un pretesto tecnico per perdere tempo e fra sei mesi Dio vede e provvede. Nel frattempo ci sono le elezioni europee e regionali in Piemonte.
Si prospetta un referendum popolare sulla Tav. Come dovrebbe funzionare?
Non ho le idee chiare, come molti altri. Devono essere sentiti i piemontesi che sono i primi a godere, o a soffrire, dell’opera, oppure tutti gli italiani che pagano per la realizzazione del tunnel? Ma a mio avviso c’è un problema più grande, che riguarda anche la riforma che si vuole introdurre sul referendum propositivo: servono condizioni di particolare chiarezza e trasparenza, altrimenti si arriva a risposte falsate. Guardiamo cosa è avvenuto per la Brexit, che oltretutto era un referendum consultivo: il giorno dopo una votazione in cui ha prevalso la via dell’istinto e dell’emozione, si è detto che forse abbiamo sbagliato. Ma pensiamo anche alla consultazione interna ai 5 stelle sul caso Diciotti, quando si votava Sì per fare No e viceversa. Chiarezza e trasparenza sono fondamentali: sono il segreto della nostra Costituzione, che si regge ancora nonostante contenga profili di compromesso, per l’estrema semplicità del linguaggio che consente a tutti di capirla e di seguirla o di rifiutarla.
Nove mesi fa si era fatto anche il suo nome come possibile premier del Governo gialloverde. Con il senno di poi, lo farebbe?
Per carità , io le posso confermare che per governare non mi piacciono i contratti, che sono strumenti tipicamente privatistici. Facilitano il do ut des fra interessi contrapposti, ma non sono il modo per affrontare temi di Governo e risolverli per l’interesse generale. E poi non si può essere l’avvocato del popolo italiano, perchè si è sempre avvocato di una delle parti in causa; fra l’altro non credo che nel caso della Tav l’interesse del popolo italiano sia quello di continuare a non decidere e prima ancora di non capire.
(da “Huffingtonpost”)
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Marzo 10th, 2019 Riccardo Fucile
“CONTE E’ UN AZZECCAGARBUGLI CHE PORTA AVANTI IL GOVERNO MA INDIETRO L’ITALIA”
“È solo fuffa, in Amici Miei si sarebbe definita una supercazzola, un’incredibile presa in giro. Prendono un piccolo parere giuridico per portare avanti il Governo, ma nel frattempo va indietro l’Italia”.
A dirlo è Matteo Renzi, intervistato a Mezz’ora in più, su Raitre, commentando la strategia del Governo sulla Torino-Lione.
“Bisogna dire sì alle infrastrutture” aggiunge il senatore Pd, “io ho sempre detto che quel percorso previsto non andava bene. E nel 2014, diventato premier, abbiamo fatto la revisione dell’opera e dal 2015 al 2016 abbiamo ridotto l’opera di 2 miliardi e 200 milioni e ridotto il percorso che oggi è una versione ristretta. Ma il collegamento Torino-Lione si deve fare, perchè collega pezzi d’Europa”.
Quella di Conte è una “non soluzione, non ha cambiato nulla sulla Tav”. Perchè “l’unico soggetto giuridico che può cambiare la decisione sulla Tav è il Parlamento” e in Parlamento “non c’è una maggioranza” per cancellare la Tav. Il Pd? “Questo non è tema di divisione nel partito”.
Secondo Renzi, al Governo sta per essere presentato il conto dei danni che ha provocato, quando servirà una manovra correttiva: “Questi non reggono la prossima legge di bilancio, altro che 4 anni”… “Salvini si sgonfia sull’economia, non sull’immigrazione. Insieme a Di Maio e al premier Azzeccagarbugli, ha bloccato la fase di crescita più interessante che l’Italia aveva da anni per fare due misure autogol: reddito di cittadinanza e quota 100. Sull’economia Salvini salterà in aria”.
Matteo Renzi tiene a distinguere fra la sua leadership e quella del vice premier leghista. “Salvini non ha una visione di Paese, segue l’algoritmo. Segue la vita più come influencer che come politico”.
In queste settimane, Renzi è in giro per la presentazione del suo libro, con grandi presenze di pubblico. “C’è gente che ti ama e che ti odia. Nell’ultimo periodo tanti mi hanno odiato. Poi vedi all’opera gli altri, vedi questo Governo cialtrone e incompetente, ti manda in recessione, allora dici “vabbè, Renzi era antipatico ma almeno era competente, questi sono simpatici, ma…”.
Capitolo Zingaretti. Renzi ribadisce il suo sostegno: “Questa settimana ha fatto due cose: è andato al cantiere Tav con Chiamparino. Ha fatto bene, per chiarire a chi dovrà votare la nostra posizione. Poi è andato in un’azienda salvata da un bravissimo imprenditore con gli strumenti del Jobs Act e di Industria 4.0 e ha rilevato Ideal Standard. Si sono salvati e creati posti di lavoro, è la via migliore per rispondere a Salvini e gli altri”. Poi, la “miglior cosa che può fare un ex segretario con un nuovo segretario è non dare consigli. Io farò il tifo”.
La prima distanza con il nuovo segretario si sta registrando nel rapporto in Europa con Emmanuel Macron. Renzi ha firmato il Manifesto Ue del presidente francese e dice che “”è di fatto rimasto l’unico leader europeo”, perchè “la Germania è debole, la Gran Bretagna è fuori a metà dall’Europa, la Spagna è in fase elettorale, Italia e Polonia sono in mano a governi populisti. Rimane solo Macron”.
Secondo Renzi “è sconvolgente che il vicepremier Di Maio abbia incontrato di nascosto il leader dei gilet gialli”. Si tratta di una “figuraccia” che a “livello di credibilità internazionale ci costerà più del bunga bunga”
(da “Huffingtonpost”)
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Marzo 10th, 2019 Riccardo Fucile
INTRODOTTA LA POSSIBILITA’ DI EFFETTUARE PRELIEVI IN CONTANTE
Le spese immorali, come le chiamava la cittadina Laura Castelli, ci saranno. O meglio, ce ne sarà
la possibilità . Il Messaggero riepiloga oggi le novità sul reddito di cittadinanza
La nuova lista delle spese effettuabili con la card non sarà messa a punto prima di aprile: a meno di imprevisti, verrà varata intorno alla metà del mese prossimo, ovvero quando saranno effettivamente distribuitele card.
La questione è delicata perchè se da un lato vi è l’esigenza di allargare il raggio di azione della card, dall’altro si teme di diluire ulteriormente l’impatto della misura sull’economia tricolore.
Secondo gli economisti, il reddito di cittadinanza come stimolo alla domanda delle famiglie darà una spinta risibile al prodotto interno lordo, persino inferiore allo 0,2 per cento.
Il divieto di effettuare spese immorali, nel frattempo, pare essere decaduto in via definitiva. Il vicepremier Luigi Di Maio aveva annunciato che non si sarebbe potuto utilizzare l’importo erogato per giocare al Superenalotto o tentare la fortuna al Gratta e vinci, in modo da non alimentare la ludopatia.
Ma introducendo la possibilità di effettuare prelievi in contante, il governo sembra aver gettato la spugna: l’utilizzo del contante difficilmente potrà essere tenuto sotto controllo.
I nuclei familiari più numerosi, per giunta, potranno prelevare anche più di 100 euro al mese: nel loro caso il tetto è stato fissato a quota 210 euro mensili. Il resto delle spese verrà tracciato, sebbene non siano state ancora definite le modalità tramite cui verranno monitorate le spese dei sussidiati.
(da “NextQuotidiano”)
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Marzo 10th, 2019 Riccardo Fucile
“NECESSARIO APPROVARE CON URGENZA IL DECRETO FLUSSI PER EVITARE IL LAVORO NERO”
«C’è il rischio di non avere manodopera per la campagna agraria di quest’anno. Serve con urgenza l’approvazione del decreto flussi che regola l’arrivo dei lavoratori dall’estero»: lanciano l’appello le organizzazioni agricole della Granda.
Gli immigrati che arrivano per l’impiego stagionale rappresentano un quarto della forza lavoro secondo Coldiretti, e, senza di loro, il settore va in crisi.
L’anno scorso furono 1100 gli extracomunitari, un numero considerato «insufficiente a coprire tutte le richieste».
«Anche nella nostra provincia – commenta il delegato confederale di Coldiretti Cuneo, Roberto Moncalvo – sono essenziali in molti comparti agricoli, dalla viticoltura nell’Albese, alla frutticoltura nel Saluzzese e nel Fossanese, fino all’orticoltura nel Braidese».
«Al ritardo nella pubblicazione del decreto, che sollecitiamo con urgenza – aggiunge -, si sommano ulteriori adempimenti burocratici che rallentano l’arrivo dei lavoratori». Una giungla di autorizzazioni: dal nullaosta dello sportello unico per l’immigrazione, al parere della questura e dell’ispettorato del lavoro, oltre al rilascio del visto d’ingresso dell’ambasciata.
Il ritardo è oggettivo, visto che lo scorso anno il cosiddetto «clic day», con le domande via Internet, fu il 31 gennaio, senza contare che dalla presentazione della domanda trascorrono settimane prima che i lavoratori possano essere operativi. E quest’anno il clima mite dell’inverno sta facendo maturare prima frutta e verdura.
«Il lavoro stagionale degli extracomunitari nelle nostre campagne ha un duplice valore — osserva Tino Arosio, direttore di Coldiretti Cuneo -: l’agroalimentare cuneese senza quei lavoratori sarebbe più povero; l’opportunità di lavoro che il nostro sistema agricolo offre a quei ragazzi è motivo di speranza. Siamo consapevoli che si debbano migliorare la sistemazione abitativa dei lavoratori stagionali. Da parte nostra porteremo avanti l’esperienza dei campi accoglienza, mentre le nostre imprese incrementano il numero di abitazioni a disposizione dei braccianti.Su questo versante vanno incrementate le risorse regionali di sostegno».
Claudio Conterno, presidente di Cia Cuneo: «Questo percorso di regolarizzazione è sempre più difficile, ma è essenziale. Occorre che si prenda una decisione con urgenza perchè se non ci saranno le regolarizzazioni in tempi utili il rischio è che le imprese si aggiustino in altro modo come avveniva anni fa. Nessuno vuole tornare al lavoro nero in questo settore».
(da agenzie)
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Marzo 10th, 2019 Riccardo Fucile
L’ARCHEOLOGO, IL MEDICO CON LA MOGLIE INFERMIERA, IL COMMERCIALISTA CHE LAVORAVA PER LA ONG, LE GIOVANI DONNE
Sebastiano Tusa
Nella lista passeggeri del Boeing 737 della compagnia aerea Ethiopian Airlines schiantatosi poco dopo il decollo da Addis Abeba, c’è anche l’archeologo italiano di fama mondiale Sebastiano Tusa, assessore ai Beni Culturali della Regione Siciliana ed è Sovrintendente del Mare della Regione.
Tusa era diretto in Kenya, per un progetto dell’Unesco, dove era già stato nel Natale scorso insieme con la moglie, Valeria Patrizia Li Vigni, direttrice del Museo d’Arte contemporanea di Palazzo Riso a Palermo. Il padre di Sebastiano, Vincenzo, morto nel 2009, è stato a sua volta archeologo, soprintendente alle Antichità della Sicilia occidentale dagli anni ’60 fino a metà degli anni ’80 e considerato il «padre» del sito archeologico di Selinunte.
Sebastiano Tusa era anche docente di Paletnologia all’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli e ha curato diversi «scavi» e ritrovamenti, a Pantelleria e a Mozia. Ha fatto parte anche dell’ufficio Unesco di Venezia e si è occupato della realizzazione dei siti archeologici in Albania. Nel 2018 era stato chiamato a ricoprire l’incarico di assessore regionale ai Beni culturali, al posto del critico d’arte Vittorio Sgarbi.
Carlo Spini e Gabriella Viggiani
Carlo Spini, medico di 75 anni e presidente di Africa Temila, da molti anni si recava in Africa per concretizzare alcuni dei più importanti progetti della ong.
Africa Tremila è un’associazione di volontari che opera nei Paesi in via di Sviluppo realizzando programmi umanitari a breve e medio termine. Con lui sul volo c’era anche la moglie Gabriella Viggiani, infermiera, che era volontaria per l’ong. La coppia, in pensione, viveva nell’Aretino, a San Sepolcro. Entrambi avevano lavorato per l’ospedale cittadino. Gabriella aveva raggiunto il marito ad Addis Abeba e insieme erano decollati per Nairobi.
Matteo Ravasio
Matteo Ravasio, commercialista, era il tesoriere della ong di Bergamo. La meta dei tre era un ospedale che la onlus sta realizzando in Sud Sudan, dove avrebbero dovuto consegnare le attrezzature mediche, in viaggio su alcuni camion. «Sono molto addolorato e esprimo alle famiglie il mio cordoglio personale e quello di tutta l’Amministrazione comunale – ha detto il sindaco di Bergamo Giorgio Gori – Sono vicino anche a tutti i membri dell’associazione».
Pilar Buzzetti, Rosemary Mumby
Tra le vittime anche giovani donne: Pilar Buzzetti, romana di 30 anni che lavorava per il World Food program per l’Onu: «Una persona solare e positiva», la ricorda commossa un’amica che l’ha salutata ieri: «Mi ha detto che sarebbe partita e ci saremmo riviste venerdì, non posso crederci». Pilar, che lavorava al World Food Programme dell’Onu, si stava recando a Nairobi dove avrebbe partecipato alla conferenza sul clima organizzato dalle Nazioni Unite. Poi nell’elenco tra le giovani vittime c’è anche Rosemary Mumby.
Paolo Dieci
Paolo Dieci, residente a Roma, presidente della ong Cisp e rete LinK 2007, un’associazione di coordinamento consortile che raggruppa importanti ong italiane. Dieci risiedeva a Roma.
Virginia Chimenti
Anche Virginia era romana – aveva frequentato il liceo scientifico Avogrado -e lavorava per una organizzazione non profit.
(da “Il Corriere della Sera”)
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