Destra di Popolo.net

GILET GIALLI CRIMINALI: DATO ALLE FIAMME UN PALAZZO A PARIGI, MADRE E BIMBO SALVATI DALLE FIAMME, 11 FERITI

Marzo 16th, 2019 Riccardo Fucile

ALTRO CHE LACRIMOGENI, MACRON FAREBBE BENE A DISTRIBUIRE SPRANGATE ALLA TEPPAGLIA SOVRANISTA… IL MINISTRO DEGLI INTERNI: “QUESTI SONO ASSASSINI”

Undici feriti fra le persone evacuate da un palazzo in fiamme nei pressi degli Champs Elysèes. Il fuoco è stato appiccato dai manifestanti nella filiale di una banca in un edificio in Franklin Roosevelt Avenue a Parigi.
Lo riferisce il sito di Le Figaro nella sua diretta sulla manifestazione dei ‘gilet gialli’. “Due persone sono state salvate dalle fiamme, una donna e il suo bambino sono rimasti bloccati al secondo piano”, hanno detto i pompieri.
Il distretto è stato isolato e l’incendio è stato controllato poco prima delle 14. Tra i feriti, ci sono due poliziotti, secondo i vigili del fuoco, che hanno mobilitato dieci squadre.
“Non si tratta nè di manifestanti nè di casseur, questi sono solo assassini”: questo il commento del ministro dell’Interno all’incendio di un palazzo, partito dalle fiamme appiccate durante i disordini sugli Champs-Elysèes all’agenzia di una banca. L’incendio, ha annunciato Castaner su Twitter, è “domato”: “i pompieri e le nostre forze dell’ordine — precisa il ministro — hanno evacuato tutti gli abitanti” del palazzo.
Le fiamme si sono sprigionate da tutto l’edificio situato nel boulevard Roosevelt ed è stato necessario l’impiego di una decina di camion di pompieri.
Tra i 10 feriti ci sono due poliziotti. La mamma e il bimbo sono stati evacuati dai vigili del fuoco dopo che erano rimasti bloccati al secondo piano. L’edificio appare ora completamente devastato.
Altri incendi sono stati appiccati nella zona degli Champs-Elysees, molti gilet gialli vagano per la città , altri restano nella zona dell’Arco di Trionfo nonostante la pioggia di gas lacrimogeni di cui la polizia fa uso per tenere a bada i casseur.
Le persone fermate sono 82, secondo quanto reso noto dalla polizia.

(da agenzie)

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LICENZIATA PER AVER CRITICATO SALVINI, PEGGIO CHE NEI PIU’ INFAMI REGIMI MILITARI

Marzo 16th, 2019 Riccardo Fucile

DOPO UNA DIRETTIVA AD PERSONAM GIUNTA DAL VIMINALE, LA QUESTURA DI MILANO DOVE SVOLGEVA IL LAVORO DI INTERPRETE, LA LICENZIA SENZA PREAVVISO …IL SUO LEGALE: “FAREMO CAUSA”

Elizabeth Arquinigo Pardo, ragazza peruviana di 28 anni, è diventata nota per aver avviato un discorso costruttivo e civile con Matteo Salvini sul decreto sicurezza e sul tema dell’immigrazione.
Le sue lettere rivolte al vicepremier sono state pubblicate su possibile.com e stranieriinitalia.it, e lei ha pubblicato anche un libro «Lettera agli italiani come me».
Matteo Salvini l’aveva definita «amica»: la peruviana infatti, residente in Italia da 18 anni, faceva l’interprete alla questura di Milano, pagava regolarmente le tasse e sapeva parlare e scrivere in italiano corretto.
Tutte qualità  che la rendevano parte di quegli immigrati che al leader del Carroccio piacciono. Eppure, dalla sera alla mattina Elizabeth Pardo ha perso il suo lavoro, pare dopo l’arrivo in questura di una nota ad personam spedita direttamente dal Viminale.
Elizabeth Arquinigo Pardo racconta Fanpage di aver perso il lavoro nel giro di pochissime ore, senza nessun preavviso nè motivo. «Sono stata contattata fuori dall’orario lavorativo dalla mia responsabile, e mi è stato detto che dal giorno dopo non avrei dovuto più recarmi in Questura». Addirittura le sarebbe stato detto che se si fosse presentata al lavoro il giorno dopo, le sarebbe stato impedito di entrare.
Lei in realtà  in Questura ci è andata lo stesso, e nessuno le ha sbarrato la porta. Pardo ha quindi cercato di capire il motivo del suo allontanamento: secondo quanto ricostruisce fanpage, alla Questura Milanese dove Elizabeth lavorava come interprete sarebbe arrivata una direttiva ministeriale ad personam spedita proprio dal ministero degli Interni   che la esonerava dall’incarico.
La giovane non è riuscita a darsi una spiegazione valida, se non che la sua “colpa” risieda dell’attivismo per i diritti dei migranti che l’ha portata ad un’esposizione mediatica.
Ad avvalorare l’ipotesi, il documento che i suoi colleghi hanno firmato proprio il girono in cui lei è stata licenziata. Si tratta di una dichiarazione sostitutiva, ricostruisce fanpage, dove i dipendenti affermano di non far parte di nessuna associazione, gruppo o movimento che sia incompatibile con il ruolo ricoperto, e di non essere legati a partiti politici che possano porre un conflitto di interesse con la posizione lavorativa. Questo documento alla ragazza peruviana non è mai arrivato.
Andrea Maestri, legale di Elizabeth Arquinigo Pardo: «Ipotizziamo una discriminazione, intenteremo una causa civile»
Il problema è che, ora che è stata licenziata, Elizabeth Pardo vede a rischio la sua cittadinanza. «Non posso ottenere l’assegno di disoccupazione perchè non ne ho diritto con questo tipo di contratto» spiega a Fanpage.it, che riporta come Pardo fosse stata assunta «con un contratto di collaborazione con da un’agenzia europea (EASO), che ha stipulato attraverso una cooperativa che faceva da intermediaria, e che aveva ricevuto l’appalto per fornire il servizio di traduzione». Non solo: «Non posso ottenere il reddito di cittadinanza, ma avere un reddito per me è fondamentale, per questo devo trovare subito un nuovo lavoro» continua Pardo parlando con il sito.
Per questo motivo insieme al suo legale Andrea Maestri ha richiesto di accedere agli atti. «Se venisse confermata la nostra ipotesi, cioè se dalle carte emergesse una discriminazione subita da Elizabeth, sarebbe un fatto inedito e gravissimo — spiega il legale Maestri a Fanpage.it — Chiederemo il risarcimento del danno non patrimoniale, il danno biologico ed esistenziale, per lesione della dignità  umana e professionale della lavoratrice».

(da agenzie)

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INTERVISTA AL GIORNALISTA NORVEGESE CHE CAPI’ PER PRIMO LA STRAGE DI BREIVIK: “E’ IL RISULTATO DI CHI PARLA A SPROPOSITO DI MIGRANTI INVASORI”

Marzo 16th, 2019 Riccardo Fucile

“LA RETORICA DEI RAZZISTI HA UN PREZZO”

Il nome à˜yvind Strà¸mmen probabilmente non dirà  nulla a nessuno, eppure, quando Anders Breivik il 22 luglio 2011 mise in atto il suo folle piano stragista, facendo prima detonare una potente bomba davanti all’ufficio del primo ministro norvegese a Oslo (8 morti) e poi compiendo una lucida carneficina sull’isolotto di Utà¸ya dove si stava tenendo il camping di un’internazionale giovanile socialista (69 morti), Strà¸mmen fu il primo a capire cosa stesse succedendo.
Mentre i mezzi di informazione internazionale facevano rimbalzare i primi comunicati stampa norvegesi, indicando una matrice islamica comune ai due attentati, Strà¸mmen, che aveva studiato i fenomeni della nuova destra nordica nelle loro manifestazioni online, mise ordine nel caos mediatico.
Per questo, per circa ventiquattro ore fu assediato da telefonate e richieste di interviste da parte di media di tutto il mondo e in seguito venne nominato giornalista norvegese dell’anno.
Le assonanze tra la strage di Utà¸ya e quelle di Christchurch, Nuova Zelanda, sono quanto meno sinistre e à˜yvind Strà¸mmen, ormai considerato una delle voci più autorevoli dell’Europa settentrionale sugli estremismi di destra, ha risposto ad alcune nostre domande.
Qual è stata la sua prima reazione alla notizia della strage in Nuova Zelanda?
La notizia l’ho avuta di prima mattina, quando ero ancora nel dormiveglia. Ma la prima cosa che mi sono detto è stata: “No! Di nuovo?”. Ho fatto il seguente post su Facebook: “I can’t believe the news today”, faccio fatica a credere alle notizie di oggi. Vorrei poterlo dire
Trova somiglianze con ciò che ha fatto Breivik a Utà¸ya?
Ci sono indubbie somiglianze, sia sul piano ideologico che sulle modalità  dell’attacco terroristico stesso. Credo che molti norvegesi siano stati catapultati nuovamente al 22 luglio 2011. Inoltre, sembra che il sospetto autore dell’attacco terroristico neozelandese abbia citato Breivik come una delle sue principali fonti di ispirazione in un “manifesto” pubblicato online. Naturalmente, la cosa ha fatto molto scalpore in Norvegia.
Da quanto emerso finora, che idea si è fatto del modo in cui sono andate le cose? Inizialmente, si è parlato di un solo assalitore che avrebbe filmato tutto l’attacco, ma poi si è iniziato a parlare di quattro arresti. Insomma, lei pensa a un lupo solitario o no?
Per quanto ne sappia, resta ancora poco chiaro — per lo meno a giudicare da quanto riportato dai media neozelandesi e australiani — chi sono le persone arrestate e che ruolo hanno avuto. È ancora troppo presto per concludere se il terrorista era un “lupo solitario”. Tuttavia, i tratti tipici di quel tipo di attacco ci sono tutti e sembrerebbe l’ennesimo caso di un estremista di destra che si è convinto della necessità  di prendere delle misure concrete e che ha deciso di eseguire un attacco da solo. La domanda è: che cos’è un lupo solitario? I lupi si muovono in branco e, se guardiamo all’ideologia del presunto autore dell’attacco, non v’è dubbio che sia stato influenzato da diverse fonti dell’estrema destra. Ciò che resta da dimostrare è il fatto che abbia avuto o meno dei legami con organizzazioni vere e proprie. Non è raro, nel caso dei lupi solitari, che ciò avvenga, per quanto in parecchi casi si tratti di soggetti socialmente bizzarri e incapaci di inserirsi persino in gruppi di estremisti e che finiscono per ritenere se stessi qualcosa di simile a “veri credenti”, persone che non si limitano alle parole, ma che passano ai fatti. Anche in questo caso, nel manifesto pubblicato online ci sono determinati elementi che puntano in quella direzione. Tuttavia, è meglio non abbandonarsi alle speculazioni finchè non verranno divulgate maggiori informazioni dalle autorità  e dagli organi di informazione neozelandesi.
A quanto sembra, l’autore è australiano e avrebbe scelto di compiere l’attacco in Nuova Zelanda per dimostrare che nessun luogo è sicuro. Non pensa che la cosa sia alquanto strana? Non le sembra che un attacco in Australia, paese che ultimamente ha manifestato forti sentimenti anti-immigrazione, potesse essere meno complicato?
Non ho idee particolari al riguardo. A mio avviso, un attacco simile si sarebbe potuto svolgere in molti paesi occidentali.
Il terrorismo globale sembra sempre più una versione impazzita di un reality show. In questo caso, addirittura il terrorista ha trasmesso le sue gesta dal vivo su un social network…
Be’, gli estremisti di destra vivono nella stessa realtà  del resto della popolazione, come si evince dal fatto che il presunto autore della strage si sente in dovere di dire la sua, nel suo manifesto online, su Donald Trump, la Brexit e il fatto che sia stato influenzato da certi videogiochi. La globalizzazione è una realtà  e di certo non sorprende che un estremista di destra prossimo ai trent’anni faccia riferimento a modelli internazionali. Per un estremista di destra che abbia scelto di mettere in atto un attacco terroristico esiste una logica distorta nel fare riferimento a casi precedenti simili: per chi ha quelle intenzioni, basta una rapida ricerca su Google.
Com’è l’attuale situazione in Norvegia? Anders Breivik continua ad avere dei seguaci?
Breivik non ha mai avuto molti sostenitori in Norvegia e gli attacchi terroristici da lui messi in atto sembrano aver raccolto consensi principalmente tra gruppi neonazisti dell’ex-blocco dei paesi dell’Est e dei paesi un tempo nell’orbita sovietica. Tuttavia, in gruppi di odio antislamico più o meno consolidate, ci sono state persone che hanno espresso un certo sostegno per le idee di Breivik — che di certo non sono originali — e qualcuno ha addirittura tentato di “spiegare” la propria scelta terroristica come il risultato logico della presunta soppressione di diritti e via discorrendo. Ho visto diverse dichiarazioni di quel senso pure oggi, per esempio nella sezione dei commenti del sito della destra radicale Resett. Anche questo, mi sento di dire, spiega quanto la violenza sia una componente intrinseca dell’ideologia dell’estrema destra e di una parte della retorica della destra radicale. Quando l’estrema destra parla di “traditori”, “scambi di popolazione”, “invasori” ecc., quella retorica ha un prezzo.

(da TPI)

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IMANE FADIL AVVELENATA DA COBALTO?

Marzo 16th, 2019 Riccardo Fucile

LA 34ENNE TESTIMONE NEL PROCESSI DEL BUNGA BUNGA ERA STATA RICOVERATA IL 29 GENNAIO CON SINTOMI DI AVVELENAMENTO

Nata a Fez, in Marocco, cresciuta a Torino, arrivata a Milano per fare la modella. L’ospedale non ha segnalato alla procura che la donna era ricoverata in gravissime condizioni nonostante un protocollo di rischio che di solito viene attivato con molta efficienza. Prima del ricovero la donna avrebbe presentato sintomi da avvelenamento, mal di pancia e gonfiore. Imane Fadil si è sentita male a casa di un amico. Qui viveva da qualche tempo, in un appartamento a Milano. Da qui è andata all’Humanitas.
Il procuratore della Repubblica Francesco Greco ha convocato una conferenza stampa per annunciare di aver aperto un fascicolo sulla morte della ragazza, la prima delle grandi accusatrici di Silvio Berlusconi nei processi del caso Ruby. Ipotesi di reato: omicidio volontario.
L’indagine è affidata al procuratore aggiunto Tiziana Siciliano e al sostituto procuratore Luca Gaglio.
Secondo Repubblica i medici hanno provato ad eseguire un test molto più complesso attraverso un centro tossicologico specializzato. Lì è emerso che si tratta di un mix rarissimo, «del quale sono esperti in Russia, una cosa da film»: cobalto, più due altre sostanze radioattive.
Il quotidiano spiega che per trasformare il cobalto in un veleno occorrono centri molto sofisticati. Spesso si tratta di laboratori legati a programmi per lo sviluppo di armi nucleari.
Da anni – forse non è un caso – si parla di una bomba al cobalto, “l’ordigno dell’apocalisse” secondo il fisico Leà³ Szilà¡rd, capace di cancellare la vita sulla Terra. Al momento il cobalto sembrerebbe trovarsi solo nel siluro “Status-6”, una sorta di drone subacqueo.
Luca Sommi sul Fatto scrive che Imane Fadil il 6 aprile 2018 gli aveva rivelato di aver scritto un libro sulle notti di Arcore, intitolato “Ho incontrato il diavolo”:
Il suo racconto in quel caffè milanese arrivò a un risvolto incredibile anche se lucido, chiaro, tutti i dettagli al posto giusto. D’un tratto le parole che non ti aspetti: “In quella casa ho visto presenze strane, sinistre. Là  dentro c’è il Male, io l’ho visto, c’è Lucifero”.
Poteva essere presa per pazza, ma lei no, non ne volle sapere di indietreggiare: “Non mi importa niente di cosa dirà  la gente.E racconterò tutto, ma lo farò più avanti. Devo solo finire il mio libro”. Già , il suo libro, dedicato alla vicenda Berlusconi e Arcore. Cercava un editore, qualcuno che avesse il coraggio di pubblicarlo.
Emilio Fede invece non crede all’ipotesi di avvelenamento: «Francamente, le dico, non ci credo. Non penso che fosse depositaria di tali segreti da spingere qualcuno a ucciderla. Chi ha frequentato di più Arcore è un signore ancora vivo che si chiama Emilio Fede. Io sono stato allontanato da Mediaset in quattro e quattro otto, senza neppure la liquidazione. Se avessero avuto problemi il testimone potevo essere io. E lo sono…».
Paolo Colonnello sulla Stampa scrive che il file del libro adesso è nelle mani della Procura che finora, a quanto pare, non ha trovato nulla di particolarmente sconvolgente nei racconti un po’ confusi di questa ragazza:
Il cui omicidio, dovuto a un mix di sostanze radioattive difficilmente reperibili in commercio, assomiglia più a un’esecuzione di quelle messe in atto da qualche potente servizio segreto che a una vicenda legata alla semplice prostituzione o a qualche ricatto sessuale. Che senso aveva uccidere Imane Fadil adesso? Dopo che aveva testimoniato innumerevoli volte, dopo che aveva raccontato in video e nelle interviste le cose più assurde e stravaganti sulle sue esperienze nella villa di Arcore?
In una delle ultime interviste, rilasciate al Fatto Quotidiano esattamente l’aprile di un anno fa, Imane raccontò persino di essere convinta che nella magione di Berlusconi si fosse insediata una setta satanica composta quasi solo da donne diaboliche e che nei sotterranei vicini alla piscina vi fossero magazzini con lunghe tuniche servite più per delle messe nere che per i “bunga bunga” e una stanza tutta buia dove svolgere chissà  quali orgiastici riti. Non che qualcuno in Procura l’avesse presa sul serio
Imane Fadil Aveva frequentato la villa Casati Stampa ad Arcore, per un po’ aveva taciuto, poi s’era rivolta all’avvocato Danila De Domenico ed era andata in procura, per raccontare ciò che sapeva. I suoi interrogatori fanno parte dei fascicoli processuali.
Le sue confessioni hanno permesso di svelare i dettagli delle serate hot di Arcore che hanno portato a far esplodere, nel 2011, il caso Karima El Marough e al processo — oggi al filone ‘Ruby ter’ — con imputato Silvio Berlusconi.
Allora 25enne, Fadil partecipò a otto ‘cene eleganti’ e durante alcune di queste, a suo dire, vide di tutto: spogliarelli, palpeggiamenti, travestimenti bizzarri, ma anche pagamenti generosi per l’intrattenimento.
Dopo qualche tempo si presentò in procura per raccontare tutto, non omettendo nomi e cognomi delle ‘olgettine’. Le sue accuse messe a verbale, vengono ripetute a processo nel 2012.
Invitata da Lele Mora ed Emilio Fede, ricostruisce davanti ai giudici le serate a casa Berlusconi: ricorda Nicole Minetti e Barbara Faggioli che ballano vestite da suora, Iris Berardi travestita invece da Ronaldinho, fino al siriano che voleva mandarla ad Arcore in cambio di denaro.
Al pm racconta di aver partecipato alle serate “perchè ero disperata, lavoravo poco e ambivo a incarichi importanti”, poi in un’intervista a Il Fatto quotidiano, nell’aprile 2018, svela: “E stata una cosa devastante, impossibile descriverla. All’inizio ero sola contro tutti, nessuno credeva alla mia versione”.
Dopo le sue rivelazioni sul ‘Bunga bunga’, “Non riuscivo neanche a uscire di casa, mi è stata fatta terra bruciata intorno: la gente pensava fossi una prostituta, ho perso gli amici e quei pochi lavoretti che avevo. Ho vissuto un periodo di forte depressione, piangevo sempre, ho anche perso i capelli a causa del forte stress”, racconta la giovane marocchina. “In quella casa accadevano oscenità  continue. Una sorta di setta, fatta di sole donne. In quella casa ci sono presenze inquietanti. Là  dentro c’è il Male, io l’ho visto, c’è Lucifero”, dice ancora.
A distanza di nove anni dallo scandalo Ruby, — testimone nel primo processo, parte civile nel secondo — viene esclusa come parte civile dal processo Ruby ter (14 gennaio scorso) e non trattiene la sua rabbia davanti al Palazzo di giustizia.
“Ho sempre detto la verità  al contrario degli altri e ho respinto tantissimi tentativi di corruzione da parte di Silvio Berlusconi e di tutto il suo entourage”, spiega mostrandosi ancora fiduciosa nella giustizia e desiderosa di pubblicare il libro sulla sua vita.
Dopo solo 15 giorni viene ricoverata in condizioni gravi all’Humanitas nel reparto di terapia intensiva, e poi in rianimazione fino al decesso avvenuto il primo marzo.
Prima di morire ha detto al difensore e al fratello di avere il timore di essere stata avvelenata. Per capire la causa esatta della morte è stata sequestrata la salma ed “è stata disposta l’autopsia, che dovrebbe essere seguita a breve”, spiega il procuratore capo di Milano Francesco Greco.
“Non c’è una diagnosi precisa sulla morte, “ma dalle analisi emerge una sintomatologia da avvelenamento”, rimarca il procuratore aggiunto Tiziana Siciliano. Esito degli esami tossicologici che la clinica Humanitas “ha prontamente comunicato agli inquirenti” che ora indagano per omicidio volontario.

(da “NextQuotidiano”)

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L’ORRORE DI CAGLIARI: QUEL “DEVI MORIRE” URLATO A UNA PERSONA CHE STA MORENDO D’INFARTO SUGLI SPALTI

Marzo 16th, 2019 Riccardo Fucile

ALTRO CHE DARE LA MANO AGLI ULTRAS PREGIUDICATI, IERI A CAGLIARI BISOGNAVA SIGILLARE LA CURVA E IDENTIFICARE QUEI QUATTRO DEMENTI ULTRAS CHE HANNO INFANGATO IL TIFO VIOLA E METTERLI IN GALERA

L’orrore di Cagliari-Fiorentina, quel “Devi morire” urlato a una persona che sta morendo davvero di infarto.
Ci può essere qualcosa di più schifoso o barbaro? Come possiamo accettare qualcosa del genere? Serve tolleranza zero.
E stroncare anche quei comportamenti antisportivi che in un’escalation fuori controllo hanno ridotto il calcio ad un’arena barbara e selvaggia. Da cui tenersi lontani…
C’è una corsa spaventosa all’imbarbarimento del calcio. C’è un diffuso inselvatichirsi dei comportamenti ovunque: allo stadio, nelle strade, sui social.
Violenza fisica (gli scontri di Milano, con un tifoso morto), violenza espressiva, morale,   gli episodi di razzismo e cori contro i giocatori di colore.
E’ persino complicato fare una lista completa ora, tale è la gamma dell’imbarbarimento.
Ora sappiamo però che c’è anche il “devi morire” verso una persona che davvero sta morendo tra la disperazione dei suoi familiari e gli sforzi vani dei soccorritori.
Sedicenti tifosi della Fiorentina, per fortuna un gruppo piccolo però comunque in grado di farsi notare e sentire, che prima piangono la morte di Astori e poi augurano la stessa fine a un’altra persona. Un uomo con famiglia andato allo stadio e colpito da malore fatale.
Non ci farei molta sociologia nè cronaca intorno, è un atto talmente aberrante, schifoso, disumano che la condanna è così ovvia da essere addirittura banale.
Però vorrei anche che il calcio attuasse davvero quella “tolleranza zero” che dopo ogni fatto del genere sbandiera per poi volutamente dimenticarsene appena passata l’ondata di indignazione.
Certe persone vanno trovate, individuate, processate, condannate penalmente e cacciate per sempre dagli stadi.
In parte lo si fa, in parte si scende a compromessi, si annacquano regole e provvedimenti, si chiude un occhio, per non disturbare troppo, per non rovinare i rapporti tra club e ultras.
Si accetta cioè che lo stadio (e tutto quello che vi è connesso intorno di fisico o virtuale) diventi un’arena, si accetta un po’ quell’imbarbarimento dei costumi.
E poi al peggio del peggio. Perchè allo stadio così si fa, e tutto alla fine è ammesso. Fino ad arrivare a questo orrore insopportabile, fino a quando non c’è più ritorno.

(da “La Repubblica”)

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TIFOSO DEL CAGLIARI HA UN INFARTO SUGLI SPALTI, VERGOGNOSI CORI DA ULTRA’ VIOLA: “DEVI MORIRE”

Marzo 16th, 2019 Riccardo Fucile

A NULLA SONO SERVITI I SOCCORSI, CON LUI C’ERANO LA MADREE LA SORELLA… I TIFOSI VIOLA SI DISSOCIANO DA UNA MINORANZA DI DELINQUENTI

Tragedia ieri notte alla Sardegna Arena sul finale della partita tra Cagliari e Fiorentina. Negli ultimi minuti della gara, vinta dal Cagliari sulla Fiorentina, un tifoso 45enne, Daniele Atzori residente nell’hinterland del capoluogo sardo, ha avuto un malore ed è morto sugli spalti della Curva Sud da dove guardava la partita con la madre e la sorella.
Un attacco cardiaco, a quanto si apprende, che gli è stato fatale. Immediatamente soccorso dal personale sanitario, all’uomo è stato praticato a lungo il massaggio cardiaco e con il defibrillatore, ma purtroppo inutilmente.
La tragedia non è passata inosservata perchè non c’è stato neppure il tempo di portarlo in ospedale. E’ stato ricoperto con un telo bianco nel piazzale della curva sud con il personale del 118 e i vigili del fuoco che hanno tentato l’impossibile per salvarlo.
Ma qualche minuto dopo sui social si è scatenata l’indignazione di molti tifosi sardi che giurano di aver sentito frasi vergognose provenienti dalla curva che ospitava gli ultrà  ospiti: “Devi morire” scrivono nei loro profili Facebook diversi spettatori presenti al Sardegna Arena.
“Nemmeno di fronte alla morte di un ragazzo hanno avuto il minimo contegno”, scrive, come informa la “Nuova Sardegna”, Andrea P. “In una giornata del genere, a pochi giorni dal ricordo di Astori, in una partita dove assieme ai tifosi del Cagliari avete condiviso questo immenso dolore, avete dimostrato di essere disgustosi”, rincara la dose Paola P. E ancora centinaia di post in cui si parla di “Vergogna” e di “Episodio gravissimo”.
Da sottolineare, però, anche i numerosi gli attestati di solidarietà  della maggior parte dei tifosi della Fiorentina per il 45enne cagliaritano colto da malore in Curva Sud.
Solidarietà  e soprattutto ferma condanna degli altri viola presenti nel settore ospiti per i cori inqualificabili che si sono sentiti.
“Il calcio è diventato schifoso. Era iniziato tutto bene, i cori per Astori. Ero felice poi questo gruppo ha iniziato ad offendere i cagliaritani e la città  di Cagliari. Me ne sarei andato via volentieri, poi la tragedia – racconta Fausto Tagliabracci, presidente del club Scoglio-Nati Viola di Portoferrai – Si è subito capito che stava succedendo qualcosa di grave sugli spalti dalle corse frenetiche degli operatori del 118. E cosa trovano di bello da fare alcuni sostenitori viola? Urlare “devi morire…devi morire”. Beh il giovane sardo di 45 anni è morto! Vergogna assoluta…questo non è il calcio che amo.”.
Anche la testata dei tifosi della Fiorentina, viola news.com ha pubblicato le condoglianze alla famiglia del tifoso morto.
Un triste episodio proprio nella sera dedicata a Davide Astori, il capitano della Fiorentina scomparso un anno fa che proprio nel Cagliari e nella squadra Viola ha militato nella sua carriera.
Tra l’altro il destino ha voluto che Daniele Atzori avesse le stesse iniziali del nome, la stessa passione per il calcio e sia morto anche lui, come Astori, per problemi cardiaci.
Sembra proprio che il 45enne non abbia retto allo stress degli ultimi minuti di gara.

(da agenzie)

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GOVERNO DEL CAMBIAMENTO? INFATTI IL DEBITO PUBBLICO AUMENTA ANCORA

Marzo 16th, 2019 Riccardo Fucile

SALITO A GENNAIO A 23598 MILIARDI, NUOVO RECORD

Il debito pubblico è a quota 2358 miliardi, toccando un nuovo primato e a gennaio. L’aumento rispetto all’analogo mese del 2018 è di 72 miliardi, il balzo del 3,14% è superiore alle variazioni degli ultimi quattro anni. I dati sono di Bankitalia.
L’incremento è dovuto principalmente alle maggiori disponibilità  liquide del Tesoro.   L’analisi di Palazzo Koch, scrive oggi il Corriere, si sofferma anche sui sottosettori: i debiti degli enti di previdenza e delle amministrazioni locali rimangono pressochè stabili, mentre aumentano nelle amministrazioni centrali.
Roberto Petrini su Repubblica spiega che il dato della Banca d’Italia sul debito pubblico arriva mentre la politica economica del Paese è in fase di stallo: il Documento di economia e finanza (Def) che deve essere varato entro il 10 aprile rischia di venire alla luce senza le scelte chiave sugli obiettivi programmatici per il 2020 anno sul quale pesa il rischio di una manovra di 25 miliardi.
A pesare sulle scelte del governo anche la partita privatizzazioni: dopo il negoziato con Bruxelles della fine dello scorso anno il governo prese l’impegno di ridurre il debito con un punto di Pil, circa 18 miliardi, di cessioni di immobili e azioni di società  pubbliche. Su questo fronte ancora non ci sono stati segnali da parte del governo.

(da agenzie)

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L’URLO DEI RAGAZZI ITALIANI: “GUARIREMO QUESTO PIANETA SFREGIATO DAI NOSTRI GENITORI”

Marzo 16th, 2019 Riccardo Fucile

UN MILIONE DI GIOVANI IERI IN PIAZZA CONTRO I CAMBIAMENTI CLIMATICI: “CI AVETE ROTTO I POLMONI, IL FUTURO E’ OGGI”

A corteo appena partito, quando migliaia di mani iniziano a scandire all’unisono «We will rock you», è come imbarcarsi in un viaggio nello spazio e nel tempo. E atterrare nel cuore del Wembley Stadium di Londra, tra i 70 mila che assistettero all’oceanica esibizione dei Queen per il Live Aid, la mobilitazione dei big della musica contro siccità  e carestia in Etiopia.
Era il 1985 e basta uno sguardo ai volti dipinti di verde che affollano il centro di Torino per capire che allora la stragrande maggioranza di loro non era neppure nato.
Ma il battito delle mani è lo stesso. Soprattutto, è lo stesso il grido: «We will rock you. Vi stupiremo».
I primi a stupirsi alla fine, sono proprio gli organizzatori dello sciopero Friday for Future. «Avevamo avvertito la questura che saremmo stati duemila – dice fuori di sè per la gioia Luca Sardo, 19 anni, portavoce del ramo torinese del movimento -. Siamo stati troppo scaramantici, pare che ci siano oltre 30 mila ragazzi».
Si aspettavano un fiume e in piazza si è riversato il mare. «Greta chiama, Torino risponde» è il messaggio appeso al collo di Alessandro Mirigaldi, 25 anni, iscritto al dottorato al Politecnico. «È la prima volta nella mia vita che partecipo a una manifestazione – racconta -. Sono qui per dire basta a un modello economico basato sulla crescita senza controllo. Ho una formazione scientifica e conosco le prove inoppugnabili dei danni che questo sistema sta facendo al Pianeta. Bisogna invertire la marcia prima che il tempo sia scaduto».
Il senso dell’urgenza, della polvere che si assottiglia nella clessidra, si percepisce forte nella piazza torinese. È nelle centinaia di sveglie disegnate sui manifesti e in quelle vere impostate sui cellulari dei manifestanti, che puntuali trillano alle 11, quando il corteo raggiunge la piazza del Municipio «per dare una sveglia alla politica che dovrebbe agire e invece non fa niente, a partire dai mezzi pubblici, che nella città  più inquinata d’Europa dovrebbero essere gratuiti per tutti gli studenti».
Il messaggio recapitato al potere non si presta a equivoci: «Ci siamo rotti i polmoni!». È l’ironia l’arma affilata della protesta, che chiede «Più Cr7 e meno Co» e mostra sui cartelli un orso polare che implora: «Antò, fa caldo».
Rebecca, 8 anni, è tra le prime a salire sul piccolo palco allestito in piazza Castello. «Greta Thunberg ha detto che non si è mai troppo piccoli per fare la differenza», dice prima di snocciolare un Bignami di economia a basso impatto ambientale: «Abbassate la temperatura in casa, usate gli autobus e i treni, rinunciate ai cotton fioc, che vi bucano i timpani. Comprate cibo a chilometro zero, non sprecate acqua: una bottiglietta vive 400 anni e noi la beviamo in 20 minuti». La plastica in piazza è bandita, e dallo zaino di Sara Gasperini, 23 anni, spunta una borraccia riutilizzabile. «Chiedo l’ossigeno di cittadinanza – dice togliendosi la mascherina antismog – perchè prima ancora del reddito e del lavoro abbiamo il diritto di respirare aria pulita». Poi svela orgogliosa la sua vittoria: «Ho convinto i miei genitori a comprare un’auto elettrica. L’hanno fatto perchè si sentono in debito, la loro generazione ci ha consegnato un Pianeta malato, noi ora vogliamo provare a farlo guarire per i nostri figli».
L’immagine stilizzata della coraggiosa Greta, le trecce lunghe sotto il berretto di lana, è ovunque, icona globale che attraversa le 182 piazze italiane, dove secondo le stime dei Verdi si sono riversati oltre un milione di ragazzi.
«Greta ha tirato fuori quello che avevamo dentro, dobbiamo limitare i consumi prima che sia tardi, alcuni Paesi del mondo hanno già  l’acqua alle ginocchia» spiegano, sullo slargo davanti al Colosseo, i 16enni Sofia e Elvis, studentessa al liceo linguistico lei e lui iscritto allo scientifico. Sono arrivati in metro dal litorale romano e agganciano il serpentone che si snoda su via dei Fori Imperiali mentre alle loro spalle un ragazzo indossa muta, pinne e boccaglio per mimare il rischio che la Città  Eterna finisca sommersa.
Gli slogan rimbombano verso piazza Venezia: «Se ci bloccano il futuro noi blocchiamo la città », «La nostra protesta non è una passeggiata, ogni scuola sarà  una barricata», «Giro giro tondo, casca il mondo, casca la terra…»: non ci sono bandiere, nessuna sigla partitica, solo centinaia di cartelli su cartone riciclato.
Laura, Paolo e Dario, rispettivamente 16, 18 e 17 anni guidano lo spezzone dei licei Righi e Tasso, a cui segue la media Buonarroti: «C’interessa l’ambiente e pure la politica, le donne, l’anti-razzismo, sono cose connesse, i partiti ci hanno deluso ma non siamo contro il sistema, vogliamo cambiarlo».
A partire dalle piccole cose. «Ricordandosi ad esempio di chiudere il rubinetto quando ci si lava denti, o di spegnere la luce quando si esce da una stanza», concordano Virginia e Antonella, 13 anni, aspiranti infermiera e archeologa.
La loro scuola, la Don Bosco, si è sfilata, ma i genitori le hanno accompagnate: «La nostra è una battaglia giusta, la scienza è dalla nostra parte » .
A Milano il popolo di Greta è talmente vasto da prendersi l’intera Piazza Duomo. «Siamo centomila», scandiscono. Senza simboli di partito ma con la politica nel mirino. Miriam Martinelli, 16 anni, è l’attivista italiana più famosa di Friday4Future: «Sono stata all’Europarlamento. Tutti i politici mi hanno detto che il clima era il loro primo problema. Solo parole, poi non si fa niente».
La terra sempre meno verde se la dipingono in faccia e sui cartelli scrivono che «Non esiste un pianeta B». Sono soprattutto studenti, alcuni giovanissimi come la bionda Sveva accompagnata dalla mamma: «Ho solo 11 anni, che vita volete regalarmi?». Tra tamburelli, fischietti e megafoni c’è Ludovico, 16 anni: «Il nostro futuro è oggi. Greta ci ha dato la spinta per reagire».
Il messaggio agli adulti è chiaro: la bambina che ha messo i potenti del mondo con le spalle al muro ora non è più sola.

(da “La Stampa”)

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CESARE BATTISTI: “IO CONSEGNATO DAI BRASILIANI AGLI ITALIANI”

Marzo 16th, 2019 Riccardo Fucile

I LEGALI DELL’EX TERRORISTA PRESENTANO ISTANZA CONTRO L’ERGASTOLO, LUNEDI LA DECISIONE… ANOMALIE SUI PASSAGGI IN BOLIVIA

Si stava imbarcando, dopo l’arresto in Bolivia, salendo “la scaletta” di un aereo “della polizia federale brasiliana”, dopo essere stato preso in carico da “sette agenti” brasiliani, ma poi “c’è stato un conciliabolo” tra loro e gli agenti boliviani e alla fine l’aereo brasiliano è ripartito “senza di me” e sono poi arrivati i poliziotti italiani.
Così Cesare Battisti nel primo verbale reso ieri nel carcere di Oristano, dopo la latitanza durata quasi 40 anni, ha raccontato la sua “consegna”.
Battisti, infatti, è stato sentito ieri nel carcere di Oristano dal magistrato di Sorveglianza di Cagliari, in vista dell’incidente di esecuzione che si terrà  lunedì prossimo davanti ai giudici della Corte d’Assise d’appello di Milano.
“Le modalità  riferite dal detenuto – ha spiegato l’avvocato Davide Steccanella, che lo assiste col legale Gianfranco Sollai – trasferito praticamente sulla pista di decollo dell’aeroporto da un aereo brasiliano ad uno italiano, confermano che si è trattato di una mera consegna diretta alla polizia italiana di soggetto estradato dal Brasile. Si impone – ha aggiunto – quindi l’applicazione di quell’estradizione, perchè non penso che lo Stato italiano possa eseguire una pena nei confronti di chi è stato condannato per avere violato la legge, senza a sua volta rispettarla”.
Nelle scorse settimane, infatti, la difesa di Battisti ha depositato un’istanza di commutazione della pena dall’ergastolo a 30 anni, proprio sulla base dell’unico accordo di estradizione valido, secondo i difensori, ossia quello tra Italia e Brasile (nel Paese sudamericano non è previsto il carcere a vita). Da qui l’incidente di esecuzione e le dichiarazioni di ieri dell’ex terrorista ai magistrati per ricostruire i momenti della sua consegna all’Italia.
In un’ulteriore nota, da poco depositata dalla difesa alla Corte assieme a tre memorie, si riassume così la fase della consegna: “giunto in aeroporto è stato raggiunto da sette agenti della polizia brasiliana e accompagnato fino alla scaletta dell’aereo brasiliano che si trovata sulla pista; mentre saliva la scala vi è stato un conciliabolo tra polizia boliviana e brasiliana e sono rientrati nella sala da dove erano usciti; quindi l’aereo brasiliano è ripartito senza di lui”. Infine, “verso le 17 sono arrivati i poliziotti italiani che lo hanno imbarcato sull’aereo italiano che lo ha riportato in Italia”.
“Mi sono recato in Bolivia nel dicembre 2018 per incontrare dei colleghi per il progetto di un libro”, ha spiegato Battisti. In Bolivia “mi sono trattenuto per Natale e Capodanno e sono stato arrestato il 12 gennaio”. Sulle modalità  della sua consegna Battisti ha detto di non aver mai ricevuto “spiegazioni”.

(da agenzie)

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