Marzo 20th, 2019 Riccardo Fucile
LA CORRUZIONE ENTRA NEL CUORE DEGLI EX LEGALITARI ED EX “HONESTI”… E ORMAI FINIRE SOTTO LA SOGLIA DEL 20% E’ VICINO
Dicono tutto “i volti dell’onestà ” tirati, le parole imbarazzate, la logica che si fa intermittente, nel
grande cortocircuito politico-morale tra lo scudo concesso a Salvini, in nome della ragion di governo, e l’espulsione di Marcello De Vito, perchè “quel che conta è la reazione”, nell’ansia di urlare che la “diversità ” non si è persa nelle manette scattate all’alba su un uomo forte del Movimento a Roma.
E che, in questo caso, vale quella fiducia nella magistratura che sulla Diciotti invece non vale.
La sintesi, in questo giorno della vergogna per i Cinque Stelle, è in poche istantanee.
A metà mattinata, ecco il povero Nicola Morra che attraversa la Sala Garibaldi al Senato, uno dei pochi cinque stelle che sfida l’imbarazzo, forse perchè, da quelle parti, è un po’ una Cassandra inascoltata.
Ma su questo torneremo tra un po’, sul suo “io l’avevo detto”.
In Aula ha appena finito di parlare Michele Giarrusso. Proverbiale la sua prosa da azzeccacarbugli meridionale, pomposa, roboante, eccessiva come il gesto delle manette che, qualche tempo fa, riservò ai senatori del Pd, quando i genitori di Renzi finirono ai domiciliari: “Nessuno può dubitare — dice con enfasi — che il cuore della democrazia si sta confrontando con se stessa e con i propri limiti. Il Movimento voterà no con orgoglio”.
Proprio così, “orgoglio” per aver consentito – assieme a Forza Italia – che il ministro dell’Interno fuggisse dal processo.
E orgoglio magari anche per aver stabilito che, in nome di un non ben precisato interesse nazionale stabilito dal Potere di turno, si possono tenere ostaggi migranti ed equipaggio su una nave dalla Marina Militare italiana.
Altra istantanea, di quelle che fanno titolo. Matteo Salvini si alza dai banchi del governo. E si avvicina per una calorosa, vibrante, stretta di mano.
Dicevamo, ecco Morra, uno dei pochi che si ferma, mentre altri senatori accelerano il passo perchè “siamo scioccati, è come se ti svegli la mattina con uno schiaffo e non sai perchè”.
Si immola, di fronte al plotone di esecuzione delle domande: “Ribadiamo la nostra fiducia nella magistratura. La Diciotti? C’è stata una riflessione. Ho accettato le decisioni della maggioranza”. È il primo a sapere che ci sono dei giorni in cui un uomo politico è costretto a fare a cazzotti con l’evidenza, consapevole che la valanga dei fatti travolge ogni appiglio.
Perchè qui non è questione solo di garantismo a corrente alternata, di giustizialismo a intermittenza, della più classica delle doppie morali per cui la corruzione degli altri è un “sistema” e quella propria “è un caso isolato”.
Qui è una questione più profonda. Che riguarda l’identità e la perdita dell’anima.
È questa perdita il filo che dà coerenza al tutto, la ragion di governo sulla Diciotti e la corruzione in Campidoglio, dove a metà mattinata sono ancora in atto le perquisizioni, come ai tempi di Mafia Capitale o dell’arresto di Raffaele Marra, altro snodo cruciale della catena di comando dell’amministrazione Raggi travolto da un’inchiesta per corruzione.
Almeno stavolta l’asfissiante propaganda pentastellata ha risparmiato la solita litania del “ci critica chi rimpiange quelli di prima”, di cui evidentemente sono stati assorbiti metodi e peccati, in una città eternamente uguale a se stessa, con i palazzinari che tengono la politica al “guinzaglio corto”.
Non ha risparmiato invece la solita immagine di un sindaco eternamente estranea agli scandali che si perpetuano a “a sua insaputa”, parte lesa per definizione, come se il “sistema” non fosse frutto di una mancanza di controllo e di capacità di governo.
E dunque, delle due l’una: o è una incapace o è politicamente complice di quel che accade nella sua amministrazione ove la complicità è anche tolleranza e far finta di non vedere. Incapace di prevenire, vedere, controllare, selezionare, appunto governare, perchè il primo antidoto alla corruzione è la capacità di governo, per cui occorre solo un buon sindaco e non un pubblico “ispettore” di polizia o chissà quali e quanti agenti provocatori infiltrati in assessorati e ministeri.
Torniamo a Morra, la Cassandra, da sempre voce critica.
Ci dice: “È agli atti. Io una volta dissi che non basta cantarsi da soli ‘onestà onestà ‘, semmai bisogna dire ‘umiltà , umiltà ‘. All’opposizione è tutto facile, ma è quando sei al governo che l’onestà la devi dimostrare, quando cioè hai la possibilità di rubare e non lo fai. E ora noi siamo al governo. Vediamo che succede alle Europee ma così è una emorragia”.
C’è poco da fare. La catastrofe politica e — perchè no — la bancarotta morale del Movimento a Roma è tutta qui, in un sistema che si scopre permeabile e vulnerabile nel suo cuore pulsante.
Il “salto di qualità ” è nel grado di coinvolgimento rispetto ai precedenti scandali, legati ai “tecnici”, come Romeo e Marra a cui il Movimento aveva delegato il compito di governare e amministrare.
In questo caso si configura un sistema che ha un perno politico in un uomo forte del Movimento come De Vito, nel ruolo grande facilitatore di delibere per agevolare un sistema d’affari.
È proprio questo sistema ad alimentare nei Cinque Stelle il terrore sugli sviluppi dell’inchiesta: il grado di coinvolgimento della macchina amministrativa o della giunta, l’eventuale complicità di altri pezzi di governo che attesterebbe la totale assenza di anticorpi.
Ed è questa assenza di governo (e di anticorpi) che proietta l’instabilità del caso Roma a livello nazionale dove una classe dirigente, presentatasi come il San Giorgio contro il Drago dell’immoralità collettiva e di un Sistema marcio precipita nel baratro tra le aspettative suscitate e la perdita della propria identità , in un gorgo di cui non si vede la via d’uscita oltre il governismo più stantio.
(da “Huffingtonpost”)
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Marzo 20th, 2019 Riccardo Fucile
TRA CONTRARI E ASSENTI LA MAGGIORANZA NON ERA AUTOSUFFICIENTE… NEL M5S TRE VOTI CONTRO IL SEQUESTRATORE DI PERSONE E SETTE ASSENZE DIPLOMATICHE … E A TORINO DUE CONSIGLIERE M5S: “CACCIATE I SERVI, NON LE RIBELLI”
Per il Movimento 5 Stelle è il giorno più nero. La giornata inizia con l’arresto del presidente dell’assemblea capitolina Marcello De Vito e finisce con la presa d’atto che i dissidenti ammontano a un numero tale da poter condizionare le sorti del governo.
I più intransigenti hanno mostrato i muscoli in Aula alla prova dei fatti.
Non più tweet e post su Facebook, la ribellione diventa sempre più dura. E infatti Matteo Salvini non andrà davanti ai giudici del tribunale dei ministri di Catania che lo ha accusato di sequestro dei migranti a bordo della nave Diciotti, ma la richiesta è stata respinta grazie al soccorso di Forza Italia e Fratelli d’Italia.
Fosse dipeso dalla sola maggioranza di governo, il ministro dell’Interno verrebbe processato.
Il conto è presto fatto.
La maggioranza assoluta, quella da raggiungere in questa votazione, era di 161 senatori.
La maggioranza gialloverde si è fermata a quota 157.
Hanno votato per non concedere l’autorizzazione a procedere nei confronti del ministro 97 senatori M5s (3 i senatori M5s contrari e 7 non hanno partecipato al voto) e 56 leghisti (2 assenti).
In più hanno votato 6 senatori del gruppo misto: gli ex M5s Buccarella, Martelli e De Bonis, e poi Nicola Calandrini, Cario Adriano, Ricardo Merlo.
Ma di questi solo 4 sono organici alla maggioranza di governo. Calandrini non lo è essendo appena subentrato al neopresidente abruzzese Marsilio, di FdI.
Cario, senatore eletto in America del Sud, ha invece già votato la fiducia al governo insieme a Ricardo Merlo, sottosegretario del governo Conte.
Gli ex M5s Buccarella e Martelli hanno votato la fiducia a Conte.
Mentre non lo ha fatto sul decreto sicurezza Saverio De Bonis che è stato espulso dal Movimento. Oggi però ha votato per salvare Salvini.
Sono da considerarsi invece estranei alla maggioranza tre senatori delle autonomie che pure hanno votato a favore di Salvini e cioè Pierferdinando Casini, Meinhard Durnwalder e Dieter Steger.
Pallottoliere alla mano, nonostante gli annunci del capogruppo M5s Stefano Patuanelli, la maggioranza non è autosufficiente.
Ciò apre uno psicodramma nel mondo pentastellato.
Paola Nugnes, Elena Fattori e Virginia La Mura si autodenunciano. Il capogruppo si mostra intransigente: “Parte la segnalazione ai probiviri”. E sui tempi per la decisione “c’è un termine ordinatorio e non perentorio di 90 giorni. I tempi possono essere più rapidi o più lunghi, non dipende da me”.
Sta di fatto che, se le tre senatrici venissero cacciate dal Movimento, i numeri del governo verrebbero davvero ridotti al minimo.
Non solo. Il dissenso delle senatrici M5s incontra il favore di due consigliere pentastellate di Torino, Daniela Albano e Maura Paoli, scottate dal caso Tav. “Io sto con Paola Nugnes. Cacciate i servi, non le ribelli”, scrive infatti su Facebook la prima.
Mentre l’altra esprime “solidarietà a Nugnes e Fattori. Il voto di oggi è una vergogna”.
Il clima è questo e dà gioco facile al Pd per attaccare.
Ecco Andrea Marcucci: “A difendere Salvini dai giudici scendono in campo Renato Schifani, l’uomo che Berlusconi ha voluto alla guida del Senato, e Michele Giarrusso, quelle delle manette”.
Pietro Grasso, in rappresentanza di LeU, ha rimarcato che “come tutti i cittadini, anche i ministri, nell’esercizio delle loro funzioni, commettono dei reati e devono risponderne davanti alla giustizia”.
Gregorio De Falco, ex M5s oggi confluito nel gruppo Misto, si è rivolto ai colleghi del Movimento invitandoli a votare “da donne e uomini liberi”.
La tensione nei corridoi, in casa M5s, è evidente. L’incrocio del caso De Vito e di quello Diciotti è fatale. “Avevamo capito che il voto sulla Diciotti avrebbe segnato una brutta giornata, ma non ci aspettavamo tutto questo”, ammette un senatore.
La Lega porta a casa il risultato, il Movimento ne esce ammaccato.
(da “Huffingtonpost”)
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Marzo 20th, 2019 Riccardo Fucile
DA DUE GIORNI PROTESTA CONTRO LA MANCATA CONVOCAZIONE DELL’USB AL TAVOLO PER IL NUOVO CONTRATTO: “NON ABBIAMO L’INAIL, NON ABBIAMO UN’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI”
“Sono qui e non andrò via, costi quel che costi, ma resterò fino a quando non verrà steso un
contratto decente per la nostra categoria”.
Raggiungiamo telefonicamente Costantino Saporito che ci risponde direttamente dalla sede del ministero dell’Interno. È lì che il portavoce del sindacato Usb dei Vigili del Fuoco si è barricato per protestare contro la mancata convocazione dell’Unione sindacale di Base (Usb) al tavolo di trattattiva per il nuovo contratto.
L’uomo ha infatti occupato il Viminale ritrovandosi denunciato, seduto in mezzo a poliziotti per ore e deciso a restare lì ad oltranza facendo lo sciopero della fame a rotazione con altri colleghi.
“Cinque giorni fa abbiamo fatto la nostra prima “irruzione” al Viminale per una riunione che c’era stata al dipartimento, poi saltata, e era tutto finito nel dimenticatoio”, spiega a TPI.
Per cosa sta protestando?
La legge di bilancio parla chiaro e dice che dall’inizio di questo mese parte la riapertura dei contratti, tra cui quello dei Vigili del Fuoco. A febbraio è stato stilato un contratto che possiamo definire “monco” , c’è solo un contratto di tipo economico ma non abbiamo diritti. Parliamo di pochi soldini. Per fare un esempio non abbiamo l’Inail, non abbiamo un’assicurazione infortunistica. Non abbiamo una previdenza degna di questo nome. Il Governo non sta facendo nulla. Da ieri siamo venuti qui al Viminale, come prima delegazione, per portare avanti uno sciopero della fame. Sono in qualche modo agli arresti.
È agli arresti, cosa significa?
In qualche modo lo sono. Dal momento che questo è il Viminale, è facile immaginare cosa può accadere a chi può esprimere dissenso all’interno di questo palazzo — senza contare che la 146 e l’83 del 2000 sono due leggi che limitano il diritto di sciopero. Se fai qualcosa che va fuori dai loro canoni, vieni segnalato e denunciato.
Le è stato notificato qualcosa?
Aspettano che esca da qui. Appena metterò piede fuori dal tornello del Viminale ci sarà tutto l’incartamento. Fin quando sono qui dentro non succede nulla. Veniamo segnalati in continuazione mentre protestiamo per i nostri diritti.
In passato lei ha denunciato il vicepremier Salvini per uso improprio delle divise, protesta anche per quello?
Protesto per tutto. Per me il ministro può anche indossarle, ma che le onori veramente. Che onori le promesse che ha fatto sul contratto di governo e sulla legge di bilancio. Perchè non lo fa?
Quali sono i piani adesso?
Semplici: io da qui non mi sposto, non ho intenzione di mangiare fin quando non ci riapriranno il contratto. Siamo determinati.
È solo?
Siamo in due attualmente, ma stiamo organizzando per fare una manifestazione fuori. Io però da qui non mi muovo.
Come si è organizzato?
Dormo seduto a terra davanti la porta della sala riunione. In bagno vado qui, per il resto non ho bisogno di niente, anche perchè non sto mangiando. È una questione mentale, di abitudine, sono nato orfano, con il digiuno ci sono nato.
Chi passa nei corridoi le dice qualcosa?
Qui sono tutti presenti. Ho 8 poliziotti di sopra. C’è anche la Digos. La notte ho la polizia accanto a me. Stanno qui in continuazione. Credono di prendermi per stanchezza, ma non hanno capito nulla. Faccio il pompiere, la resistenza ce l’ho.
(da TPI)
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Marzo 20th, 2019 Riccardo Fucile
“LA GUARDIA COSTIERA LIBICA E’ COLLUSA CON GLI SCAFISTI, LI RICONSEGNA A LORO”
Si è parlato molto del capo missione Luca Casarini ma poco dei volontari a bordo, tutti molto giovani. Tra questi c’è Mario, studente di giurisprudenza di 24 anni, che ha preso parte al soccorso su un dei due gommoni.
Mario, chi vi ha avvertito della presenza del gommone?
Ci ha avvertito Moonbird, l’aereo di Sea Watch che viene pilotato dai “Piloti Volontari” e che quasi ogni giorno pattuglia quel tratto di mare. Sappiamo che quel giorno c’erano 3 “target”, quello che abbiamo soccorso noi, uno che è stato intercettato dai libici e uno che è affondato.
Com’è andato il soccorso?
Quando siamo arrivati i migranti erano molto agitati, pensavano che fossimo della Guardia Costiera Libica. Alcuni di loro avevano provato la traversata diverse volte, ma erano stati sempre riportati indietro e mandati di nuovo nei campi di detenzione. Ci abbiamo parlato, hanno capito che non eravamo libici ma una nave da soccorso.
Però poi la Guardia Costiera Libica è arrivata davvero, cos’è successo a quel punto?
È arrivata una motovedetta, era vicina a noi e si sono agitati nuovamente. Erano molto nervosi, pensavano che li avremmo consegnati a loro. Abbiamo continuato a parlarci, a spiegare che eravamo europei, a quel punto hanno fatto il dito medio alla motovedetta libica.
Per loro, e questo ce lo hanno raccontato una volta a bordo, gli scafisti che pagavano per partire e la Guardia Costiera sono sempre d’accordo. Paghi gli scafisti per partire e se non muori, la Guardia Costiera ti soccorre ti riporta a terra per riconsegnarti a loro.
Giulia è un’altra volontaria. Studentessa di filosofia e anche lei ventiquattrenne. Lei era sulla ponte e si occupava dell’accoglienza dei migranti a bordo.
Ci puoi raccontare le condizioni in cui erano le 49 persone?
Erano abbastanza provati dal viaggio, la loro navigazione è durata circa 10 ore. Soprattutto però, vengono da anni in Libia dove sono stati torturati. Alcuni di loro venivano usati nell’edilizia e sottoposti a giornate infinite di lavoro, senza sosta. Gli davano degli antidolorifici per farli lavorare di più. Diciamo che complessivamente erano molto stanchi e provati ma non c’erano casi specifici tranne un caso di polmonite che è stato evacuato non appena siamo arrivati a Lampedusa.
C’erano minori con loro?
Si, 14 minori, tutti tra i 15 e i 16 anni. Tutti non accompagnati.
Dopo il soccorso com’è andata la gestione a bordo?
Poche ore dopo il soccorso sono arrivate onde di 3 metri e la notte è stata un inferno. Le persone soccorse sono state male. Alle 6 del mattino siamo arrivati a Lampedusa scortati dalla Guardia di Finanza e dalla Guardia Costiera. All’inizio pensavano fosse normale aspettare fuori dal porto poi hanno iniziato a sospettare qualcosa.
A quel punto avete parlato con loro e spiegato la situazione?
Avevamo la Guardia di Finanza a bordo, era chiaro che ci fossero dei problemi. Gli abbiamo spiegato che eravamo in stallo e in loro ha preso il sopravvento la frustrazione. Dopo 3, 4 o 5 anni in Libia, 10 ore di navigazione e una notte in mezzo alle onde di 3 metri, era assurdo che fossero bloccati a pochi metri da un porto europeo. Hanno preso coscienza, si sono perfettamente resi conto di tutto. Se non fossero sbarcati subito, sarebbe stato un problema e credo che avrebbero protestato. Sarebbe stato davvero troppo frustrante.
Quando avete dato la notizia come hanno reagito?
È stato bellissimo, un’esultanza pazzesca…sono esplosi di felicità . Tutto molto genuino.
E ora?
Ora siamo a Lampedusa e siamo in attesa di capire quello che succederà con la nave.
(da TPI)
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Marzo 20th, 2019 Riccardo Fucile
CAPACI SOLO DI FARE I BULLI CON I DISPERATI, POI SI CALANO LE BRAGHE CON AL SISI E NON CONCLUDONO UNA MAZZA CON CHI RAPISCE UNA NOSTRA CONNAZIONALE
Che dire se non speriamo bene? I rapitori di Silvia Romano in Kenya “sono gruppi che abbiamo
individuato, ne conosciamo la collocazione territoriale, ma non siamo ancora venuti a capo e non abbiamo quel risultato cui stiamo lavorando da mesi”
Lo ha ammesso il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, rispondendo alla domanda di uno studente della Luiss.
“Questo caso lo stiamo seguendo dal primo giorno, attraverso canali di discrezione in particolare più che canali diplomatici, è la nostra intelligence che ci sta lavorando. Nella discrezione che debbo mantenere, c’è stato un attimo che sono stato confidente che avessimo risultato nuovo a portata di mano. Sarei il più felice del ritorno a casa di Silvia Romano – ha concluso sul punto Conte – ma purtroppo a tutt’oggi ancora non abbiamo questo risultato”.
Silvia Romano è stata rapita il 20 novembre 2018 mentre era in Africa come volontaria.
Nulla su Regeni, nulla su Silvia Romano, grande efficienza del governo.
(da agenzie)
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Marzo 20th, 2019 Riccardo Fucile
LA POLIZIA: “NON ERA ARMATO, NON HA LEGATO I RAGAZZI, NON AVEVA PRECEDENTI PER VIOLENZA SESSUALE, NON AVEVA CONTATTI CON IL TERRORISMO ISLAMICO, HA AGITO PERCHE’ ESASPERATO DALLA POLITICA MIGRATORIA DEL GOVERNO”
Ha sequestrato un autobus con a bordo 51 studenti della scuola media Vailati di Crema che stavano andando in palestra e ha imboccato la strada che porta a Linate.
“Nessuno”, spiegano dal 118, è ferito. Tutto è durato circa 40 minuti e Ousseynou non avrebbe fatto alcuna invocazione all’Islam. I carabinieri sono ancora a lavoro per capire se Sy volesse davvero uccidere i presenti.
Ousseynou Sy “ha ammesso la premeditazione cioè di aver ponderato da giorni” il gesto compiuto oggi, come ha spiegato in conferenza stampa il responsabile dell’antiterrorismo milanese Alberto Nobili precisando che “ha detto di aver fatto tutto da solo, non ha ricevuto nessuna direttiva e non ha consultato nessuno, ma ha agito in un momento di esasperazione contro la attuale situazione migratoria”.
Il pubblico ministero ha poi aggiunto: “Aveva già registrato un video che aveva diffuso tra amici vari, anche in Senegal, per dire ‘Africa sollevati’ e chiedere ai suoi connazionali di non venire più in Europa”.
Ousseynou Sy ha spiegato che “non voleva fare male a nessuno e voleva arrivare a Linate e da lì prendere un aereo e scappare in Senegal. esasperato dall’attuale situazione migratoria“
”È stata una mia scelta personale, non ne potevo più di vedere bambini sbranati da squali nel Mediterraneo, donne incinte e uomini che fuggivano dall’Africa”: sono alcune delle parole che l’uomo ha detto ai pm nel corso dell’interrogatorio da cui è emerso anche che non è legato all’Isis nè ad altre organizzazioni terroristiche di matrice islamica.
Sposato e poi separato con un donna italiana, regolare cittadinanza italiana dal 2004, due figli di 12 e 18 anni, Sy aveva qualche precedente penale del 2007 e del 2011: di sicuro guida in stato di ebbrezza, ma non — come emerso in un primo momento — violenza sessuale su minori. L’uomo ora si trova in stato di fermo all’ospedale di San Donato, dove è stato trasferito dopo un primo ricovero al San Paolo: i carabinieri hanno effettuato una perquisizione nell’abitazione in cui viveva da solo.
Le forze dell’ordine, tuttavia, hanno smentito che Ousseynou Sy fosse armato e che avesse legato i ragazzini. “La cosa importante è la felice risoluzione di un evento, che poteva portare a un epilogo tragico, grazie al coraggio dei ragazzi che sono stati veramente bravi”: ha detto Luca De Marchis, comandante provinciale dei Carabinieri di Milano.
(da agenzie)
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Marzo 20th, 2019 Riccardo Fucile
SOLO DEI FESSI POTEVANO SCEGLIERE DI SOPPORTARE ANCORA UN RAZZISTA NEL PPE
“Il Ppe sono io: siete voi che vi siete allontanati dai nostri valori cristiani e fate i liberali. Ma i
valori liberali sono dell’Alde, non del Ppe”. E’ la lezione di Vktor Orban all’assemblea dei Popolari all’Europarlamento a Bruxelles, riunita per discutere la richiesta di espulsione per il premier ungherese avanzata dai paesi nordici ma anche da Grecia e Portogallo.
Orban punta i piedi. Alla fine vince la mediazione, avanzata da Germania e Austria in prima istanza, fatta propria dalla presidenza: Orban viene sospeso, non espulso. E solo per qualche mese, fino alle europee.
Nel frattempo su di lui vigileranno tre tutor: il belga Herman Van Rompuy, ex presidente del Consiglio europeo, il tedesco Hans-Gert Pottering, l’austriaco Wolfgang Shcussel. Proposta che passa quasi all’unanimità : 190 sì contro 3 no.
Alla fine di oltre tre ore di discussione “intensa, dura”, come dirà lo Spitzenkandidat del Ppe Manfred Weber, Orban sfoggia il risultato in conferenza stampa: è riuscito a restare nel Ppe, si sente vittorioso. La discussione è stata “noiosa”, si permette di scherzare in ascensore.
Può permetterselo. Ha battuto una fronda che sembrava invincibile fino alla scorsa settimana. Quella dei finlandesi, lussemburghesi, olandesi, belgi, svedesi, greci, portoghesi per espellerlo: hanno perso, eppure da statuto avevano la maggioranza per riuscire nell’intento.
Ma grazie al supporto dei partiti amici, da Forza Italia agli austriaci e tutti i paesi dell’est, Orban è riuscito a restare nel Ppe, anche dopo la campagna di manifesti contro il presidente della Commissione Ue Jean Claude Juncker e contro il miliardario statunitense, George Soros, accusati da Budapest di voler favorire l’immigrazione verso l’Europa.
E’ così tronfio del risultato che in conferenza stampa ha l’ardire di affermare che “quella non era una campagna contro qualcuno, ma solo una campagna informativa per gli ungheresi circa le intenzioni dell’Europa sull’immigrazione”. La bugia è così plateale che si scatenano risate in sala. “Ma ora la campagna informativa è finita – continua lui, impassibile – ad aprile, come stabilisce la legge ungherese, inizieremo la campagna elettorale del Ppe: tutti uniti per sconfiggere i socialisti”.
“Unità ” è la parola chiave della conferenza stampa, un modo furbo per sottolineare che il Ppe è ancora casa sua dopo tutte le polemiche. “Tredici partiti di ispirazione liberale avevano proposto la mia espulsione. Alla fine abbiamo assicurato l’unità del Ppe”.
Del resto, aggiunge sornione, “noi abbiamo preso il 57 per cento alle elezioni: come si può escludere una performance di queste dimensioni?”.
Fa promesse, vaghe. A proposito della Central european university, la Ceu fondata da George Soros nel 1991 e chiusa a Budapest, “parleremo con la Baviera”, il governo di provenienza della Ceu. Ma oggi è la sua forza che vuole sottolineare: nel Ppe e nelle tendenze politiche europee del momento: a destra.
“Rispettiamo la figura chiave del governo italiano – dice a proposito di Matteo Salvini – Ha dimostrato che si può bloccare l’immigrazione per mare. Noi lo abbiamo fatto a terra, lui l’ha fatto sul mare”.
Ma Orban non cade nella trappola di dire ora che vorrebbe allearsi con Salvini dopo le elezioni. Lo pensa, perchè è chiara l’unità di intenti con il leader leghista quando sottolinea “vogliamo che l’Europa blocchi l’immigrazione e ora abbiamo le prove che si può, a differenza di quanto dicono sinistra e liberali”. Lo pensa ma non lo dice per non rovinare l’unità del Ppe.
E infatti quando noi di Huffpost Italia gli rivolgiamo una domanda proprio su questo, sulle alleanze post-voto nell’Europarlamento, Orban risponde: “E’ la domanda delle domande, tutti si chiedono se andremo a destra o a sinistra ma noi non possiamo dirlo prima di vedere il voto del popolo. Quindi, in nome dell’unità del Ppe, non posso rispondere alla sua domanda”. Emblematico.
A distanza di quasi vent’anni, il Ppe si ritrova per le mani un altro caso di sospensione dal partito.
Successe nel 2000 con l’allora Cancelliere austriaco Schussel, proprio lui che ora dovrà vigilare su Orban insieme agli altri due tutor.
Il Ppe contestò la sua scelta di allearsi con l’estremista di destra Haider. Il Partito popolare austriaco fu sospeso da aprile a giugno. E poi basta.
E’ un precedente che piace a Orban, non a caso lo cita nella conferenza stampa quando racconta di come si è arrivati alla mediazione. “Non poteva che passare una via austriaca, anche perchè Schussel è membro del comitato di tutor”, dice indicandolo in platea, l’ex Cancelliere è seduto in prima fila.
Di nuovo risate in sala. Perchè Orban oggi è più spavaldo che mai. E ancora con domande aperte: “La giornata di oggi – ammette l’ungherese – lascia aperta la domanda sulle alleanze”. Appuntamento a dopo il voto, con tutte le incognite del caso.
(da “Huffingtonpost”)
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Marzo 20th, 2019 Riccardo Fucile
I SERVIZI SEGRETI DEI PRINCIPALI STATI EUROPEI HANNO AVVERTITO SUI RISCHI DI AZIONI DI ESTREMISTI SOVRANISTI
Allarme rosso per il terrorismo “bianco”. Un attacco in stile neozelandese potrebbe avvenire anche in Europa.
Una Europa dove l’estremismo radicale di destra, islomofobo, suprematista, è in costante crescita. A confermarlo è un documentato report di Associated Press.
I servizi di intelligence europei hanno da anni aumentato la sorveglianza dei gruppi di estrema destra che sono visti come una minaccia crescente e in grado di attuare attacchi simili a quelli che hanno provocato 50 morti in due moschee a Christchurch in Nuova Zelanda.
I servizi di sicurezza in Francia, Gran Bretagna, Germania e Italia hanno ripetutamente avvertito dei rischi associati alle crescenti tensioni all’interno delle società occidentali rispetto all’immigrazione e agli attacchi islamici.
“L’Europa è in grave pericolo: l’estremismo sta crescendo ovunque e noi, i servizi segreti, siamo impegnati a canalizzare le risorse verso l’estrema destra”, aveva affermato nel maggio 2016 Patrick Calvar, l’allora direttore del controspionaggio francese.
“Dobbiamo anticipare e fermare tutti questi gruppi che, prima o poi, vorrebbero scatenare scontri tra comunità “, aveva aggiunto.
Gli anni a seguire hanno rafforzato queste allarmanti considerazioni.
Peter Neumann, capo del Centro internazionale per lo studio della radicalizzazione con sede a Londra, ha detto oggi alla Cnn che “in tutti i Paesi occidentali abbiamo visto un aumento negli ultimi quattro-cinque anni nel numero di crimini di odio e anche nella violenza terroristica di destra. “Attribuisco questo a un approfondimento della polarizzazione che ha aumentato l’estremismo non solo dal lato jihadista ma anche dal lato dell’estrema destra”, ha aggiunto.
Brenton Tarrant, il terrorista “suprematista” autore della strage di Christchurch, ha scritto nel suo manifesto online di aver agito anche per vendicare Ebba Akerlund, una ragazza uccisa in un attacco jihadista in Svezia nel 2017.
In Europa i suprematisti bianchi che si rifanno all’ideologia “ariana”, con idee e programmi islamofobi e in molti casi antisemiti, contano ormai su oltre un migliaio di siti web che incitano non solo alla “caccia all’islamico” ma anche alla battaglia contro l’aborto e alle politiche sociali di aiuto a profughi e immigrati.
Il pensiero suprematista viene da lontano ma poggia le sue basi anche sulle tesi della cosiddetta Grande Sostituzione, (“Grand Remplacement” è il titolo del manifesto ideologico-terrorista di Tarrant) che il sociologo francese Renaud Camus teorizzò nel 2011 in un libro omonimo; ovvero la tesi che, a causa della riduzione drammatica della natalità della “razza bianca”, quest’ultima verrà sostituita da un’altra razza “immigrata”.
Per quanto riguarda l’Italia, La “Relazione sulla politica dell’informazione per la sicurezza”, inviata al Parlamento nel febbraio scorso, nel capitolo dedicato a “Eversione e estremismi”, evidenzia “il dinamismo della destra radicale”, il cui “attivismo, di impronta marcatamente razzista e xenofoba, si è accompagnato ad una narrazione dagli accenti di forte intolleranza nei confronti degli stranieri”. In proposito viene anche evidenziata “la spiccata proiezione internazionale delle principali formazioni d’area (della destra radicale – ndr), con assidui e stretti rapporti con i maggiori gruppi stranieri dell’ultradestra, funzionali all’affermazione di un ‘fronte identitario paneuropeo’, a difesa delle radici etnico-culturali dell’Europa…”.
Nel rapporto Global Terrorism Index, pubblicato l’anno scorso dall’Institute for Economics and Peace (Iep) è evidenziato che l’aumento d’attentati della “destra estrema” è stato drastico. Se nel 2013 il numero di morti in Europa e Nord America per attentati rivendicati dall’estrema destra era stato pari a zero, nel 2017 le vittime sono state 17.
Il Paese europeo che ha visto più attentati della “destra estrema” è il Regno Unito, con 12 episodi. A seguire la Svezia, con sei, e poi Grecia e Francia, con due attentati subiti ciascuno. Secondo lo studio, la maggior parte degli attacchi è stata compiuta da “lupi solitari che sono d’estrema destra, anti-musulmani e suprematisti bianchi”.
In Europa accanto ai movimenti razzisti legati al misticismo nazista o al cosiddetto “separatismo bianco”, è cresciuto negli anni ’90 il movimento del “nazionalismo bianco”, distinto dai gruppi razzisti o neo-nazisti perchè non afferma una superiorità della razza bianca ma enfatizza il timore che i cambiamenti demografici in provocheranno la sostituzione della cultura bianca con altre culture ritenute inferiori.
“I più ampi driver contestuali della violenza di estrema destra nel Regno Unito, in particolare in relazione agli attori solitari, sembrano derivare, almeno in parte, da un processo di radicalizzazione reciproca”, annota Graham Macklin, dell’Università di Oslo, in un articolo scritto a gennaio per CTC Sentinel, una pubblicazione militare statunitense.
L’ultra-destra, che è stata responsabile di numerosi episodi di violenza negli anni ’80, è ora saldamente tornata sugli schermi radar per i servizi di sicurezza.
Secondo gli analisti del Jane’s Terrorism and Insurgency Center (JTIC), le operazioni antiterrorismo legate all’estremismo di destra o ai crimini di odio sono aumentate dell’88% tra il 2016 e il 2017.
E il ministro della Sicurezza britannico Ben Wallace ha affermato oggi in una intervista alla Bbc che quasi il 50% delle persone inserite in un programma sostenuto dal governo per combattere la radicalizzazione sono stati coinvolti nell’estremismo di destra.
Il Governo sta ora cercando di aumentare il budget per il programma, noto come Prevent, dal suo attuale livello di 45 milioni di sterline) in risposta all’attacco terroristico in Nuova Zelanda, ha annunciato Wallace. Un attacco in stile neozelandese “assolutamente potrebbe accadere in Gran Bretagna”, ha aggiunto.
In Germania, le agenzie di intelligence incrementeranno, nel 2019, del 50% il personale impegnato nella lotta contro i gruppi di destra, ha anticipato l’anno scorso il capo dell’intelligence interna Thomas Haldenwang.
Un significativo numero di gruppi neo-nazisti è stato smantellato negli ultimi anni in Germania. L’operazione più recente contro di loro ha comportato la detenzione di sette membri del cosiddetto gruppo “Revolution Chemnitz” che avrebbe pianificato un attacco legato alle celebrazioni del 3 ottobre dello scorso anno.
E mentre molti gruppi di destra sono profondamente nazionalisti, alcuni, come l’Azione nazionale britannica (NA), hanno cercato di accrescere i legami in tutta Europa per guadagnare forza. “Gli attivisti di NA hanno coltivato legami con i militanti in Germania, nei Paesi Baltici e in Scandinavia”, secondo Macklin. “Ci sono anche prove di attivisti di NA che hanno operato nel battaglione di Azov, in passato una milizia di estrema destra che combatteva le forze russe, in Ucraina”, ha aggiunto.
Il terrorismo suprematista bianco negli ultimi anni è cresciuto a dismisura.
Il numero totale dei morti in attentati terroristici nel 2017 è diminuito del 27% passando da 25.774 a 18.814 (-44% rispetto al 2014, anno in cui c’è stato un picco). Calano sia gli attentati che i morti, ma sembra essere cresciuto proprio quello delle vittime di attentati di “estrema destra”. In particolare nel Nord ed Est Europa.
Un esempio, sono i “Soldati di Odino”, un gruppo di estremisti di destra che pattuglia le strade della Finlandia con l’obiettivo di “proteggere gli abitanti del posto dagli immigrati”: una pratica che si sta iniziando a diffondere in altre nazioni scandinave e baltiche, suscitando preoccupazione nelle autorità .
Questi autoproclamati “patrioti”, che prendono il proprio nome dal re degli dei della mitologia nordica, aspirano a diventare “gli occhi e le orecchie” dei poliziotti, i quali – secondo loro – farebbero oggi sempre più fatica a portare a termine i compiti assegnati.
Nel Regno Unito, l’estrema destra (suprematista, razzista, isolazionista, anti-migranti) fa proseliti e ha un seguito crescente.
Materiale estremista è disponibile ovunque sulla Rete. Un gruppo come National Action, quello che è nato per “celebrare” la morte della deputata laburista Jo Cox, conta su un centinaio di militanti, ma i suoi video su YouTube hanno quasi 2800 adepti.
Proclamano una “White Jihad”, una guerra santa bianca, che significa rendere omogenea e aderente “ai valori tradizionali inglesi” questa terra che oggi invece ospita persone provenienti da ogni angolo del mondo ed è un crogiolo di culture.
“I rifugiati non sono i benvenuti” si legge in uno dei loro proclami che va di pari passo alla proclamazione che “Hitler aveva ragione, i rifugiati devono tornare a casa”. Thomas Mair, 54 anni, l’assassino di Jo Cox era legato al gruppo suprematista bianco Springbok Club, visceralmente ostile all’Europa e simpatizzante del vecchio apartheid sudafricano. Le prove emerse al processo, conclusosi con la condanna all’ergastolo dell’assassino della quarantunenne deputata laburista, hanno dimostrato che Mair ha ucciso Jo Cox sulla spinta di un’ideologia neonazista, razzista e suprematista bianca. La polizia aveva trovato nella sua abitazione simboli e libri sul Terzo Reich, sul Sudafrica dell’apartheid e su movimenti razzisti di altri Paesi.
Dal Regno Unito alla Germania. Qui è nato il movimento “Pegida” i “patrioti europei contro l’islamizzazione dei Paesi occidentali” (Patriotische Europà¤er gegen die Islamisierung des Abendlandes), movimento che sta catalizzando l’attenzione di tutti i discorsi riguardanti l’islamismo e l’anti-islamismo in Germania.
Nel febbraio 2015, “Pegida” ha reintegrato nel suo comitato di direzione il leader del gruppo Lutz Bachmann, che si era dimesso il 21 gennaio dello stesso anno dopo che il giornale tedesco Bild aveva pubblicato una sua foto in cui mostrava un taglio di capelli e di baffi che ricordava quello di Hitler.
“Gli estremisti di destra — si legge nel rapporto — hanno scoperto come condurre la loro guerra via Internet, come usare la “elecronic warfare”. Simili tattiche hanno indotto le autorità di alcuni Stati a mettere in guardia contro le derive terroristiche dello spettro dell’estrema destra. In più la potenziale violenza è coltivata dai peggior tipi di giochi elettronici, diventati arma politica vera e propria utilizzata abilmente dai neo-nazi.
Questi siti hanno un pubblico fedele e ampio, costituito non di semplici curiosi, ma di persone che sull’odio hanno costruito il proprio rapporto col mondo e usano Internet per ritrovarsi, scambiarsi informazioni, infiammarsi reciprocamente, creare steccati, alzare barriere, scavare fossati. E oggi, assaltare moschee.
(da “Huffingtonpost”)
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Marzo 20th, 2019 Riccardo Fucile
PRIMA O POI TOCCA A TUTTI I BOIA RAZZISTI, ITALIANI AVVISATI
Il massacro di Srebrenica, l’assedio di Sarajevo, i crimini contro l’umanità . Radovan Karadžić è
colpevole di tutti i capi d’accusa che gli sono stati imputati in primo grado ma, al contrario della prima sentenza, la pena viene innalzata all’ergastolo.
L’Aja si è espressa in appello per riprendere il processo che tre anni fa aveva condannato il primo presidente della Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina a 40 anni di carcere.
In aula Karadzic è impassibile. Abito scuro e cravatta bordò. Davanti al tribunale invece, i familiari delle vittime hanno sistemato uno striscione poco prima del processo: “Radovan Karadzic – genocidio, Adolf Hitler – Olocausto”, si leggeva. Paragonando i massacri di cui è accusato il presidente bosniaco alla shoah
Il nome di Radovan Karadžić era tornato sulle pagine dei giornali proprio recentemente, quasi per caso.
Brenton Tarrant, suprematista autore dell’attentato in Nuova Zelanda, ascoltava, prima delle stragi nelle moschee, Serbia Strong. La canzone era un inno dedicato al leader dei serbi di Bosnia, che incitava Karadžić a “guidare i suoi serbi senza paura” contro Ustascia e Turchi, un riferimento ai fascisti croati e a chiunque fosse di religione musulmana.
Nel cuore dell’Europa, tra il ’92 e il ’95 infuriò una guerra violenta che Kofi Annan definì: “Una guerra mondiale nascosta”. Le stime dicono 100mila morti e due milioni di profughi in tre anni in un conflitto che vedeva opposti serbi, croati e bosgnacchi fino al giorno prima uniti sotto la bandiera panslavista di Tito e dell’ex-jugoslavia. Una guerra etnica e religiosa.
“In Bosnia fummo costretti a una «guerra santa» contro i fondamentalisti che volevano trasformare il Paese in una Repubblica islamica” disse a proposito del conflitto. In questa visione si inserisce una delle atrocità per cui lo psichiatra di Petnjica (oggi Montenegro) si macchiò durante la guerra: il massacro di Srebrenica.
8 mila musulmani della Bosnia massacrati in un territorio che in quel momento era zona protetta delle Nazioni Unite sotto la bandiera di un contingente olandese della forza di protezione dell’ONU (UNPROFOR).
Così, l’11 luglio del 1995, i serbi di Bosnia entrarono nella città dopo giorni di assedio e separarono i maschi dalle donne, dai bambini e dagli anziani per “essere interrogati”. Furono uccisi e gettati nelle fosse comuni.
Gli olandesi, che dovevano difendere la città , guardarono dall’altra parte consegnando di fatto i musulmani nelle mani dei loro futuri aguzzini, senza considerare la possibilità che le truppe di Ratko Mladic avrebbero finito per massacrarli.
Mladic, noto come il ‘Boia di Srebrenica’ è stato condannato in primo grado all’ergastolo nel novembre 2017, è rinchiuso nel carcere dell’Aja a Scheveningen in attesa della sentenza definitiva.
Altri sono gli orrori perpetrati durante l’assedio di Sarajevo. La capitale bosniaca fu ostaggio del fuoco e delle fiamme serbe per quattro anni in cui cambio anche la toponomastica della città . La strada che collegava parte dell’area industriale della capitale con la città vecchia fu denominata “Viale dei cecchini” per la grande quantità di tiratori scelti appostati tra i palazzi. Delle 225 persone uccise nella sola strada 60 erano bambini. Si parla di 12mila morti in totale, di tutte le etnie.
Srebrenica, come i bombardamenti sul mercato della capitale, passati alla storia come strage di Markale, furono secondo Karadzic un mito, “un falso storico” orchestrato dagli stessi Bosgnacchi per dare la colpa ai Serbi di Bosnia.
Oggi Radovan Karadzic ha 73 anni, psichiatra di formazione, fu arrestato a Belgrado il 21 luglio 2008 al termine di una lunga e rocambolesca latitanza condotta in Serbia sotto falso nome e favorita da appoggi, coperture e protezioni.
Si faceva passare per il dottor Dragan Dabic, una sorta di santone specialista in medicina alternativa e, da una fredda e anonima casa di Belgrado, andava a lavorare per due ospedali privati della capitale Serba con una lunga barba bianca e un cappello a falde larghe, un cittadino comune nel cuore di quell’Europa devastata dai conflitti intestini.
(da agenzie)
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