DOPO MLADIC ERGASTOLO ALL’EX PRESIDENTE SERBO KARADZIC PER CRIMINI CONTRO L’UMANITA’
PRIMA O POI TOCCA A TUTTI I BOIA RAZZISTI, ITALIANI AVVISATI
Il massacro di Srebrenica, l’assedio di Sarajevo, i crimini contro l’umanità . Radovan Karadžić è colpevole di tutti i capi d’accusa che gli sono stati imputati in primo grado ma, al contrario della prima sentenza, la pena viene innalzata all’ergastolo.
L’Aja si è espressa in appello per riprendere il processo che tre anni fa aveva condannato il primo presidente della Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina a 40 anni di carcere.
In aula Karadzic è impassibile. Abito scuro e cravatta bordò. Davanti al tribunale invece, i familiari delle vittime hanno sistemato uno striscione poco prima del processo: “Radovan Karadzic – genocidio, Adolf Hitler – Olocausto”, si leggeva. Paragonando i massacri di cui è accusato il presidente bosniaco alla shoah
Il nome di Radovan Karadžić era tornato sulle pagine dei giornali proprio recentemente, quasi per caso.
Brenton Tarrant, suprematista autore dell’attentato in Nuova Zelanda, ascoltava, prima delle stragi nelle moschee, Serbia Strong. La canzone era un inno dedicato al leader dei serbi di Bosnia, che incitava Karadžić a “guidare i suoi serbi senza paura” contro Ustascia e Turchi, un riferimento ai fascisti croati e a chiunque fosse di religione musulmana.
Nel cuore dell’Europa, tra il ’92 e il ’95 infuriò una guerra violenta che Kofi Annan definì: “Una guerra mondiale nascosta”. Le stime dicono 100mila morti e due milioni di profughi in tre anni in un conflitto che vedeva opposti serbi, croati e bosgnacchi fino al giorno prima uniti sotto la bandiera panslavista di Tito e dell’ex-jugoslavia. Una guerra etnica e religiosa.
“In Bosnia fummo costretti a una «guerra santa» contro i fondamentalisti che volevano trasformare il Paese in una Repubblica islamica” disse a proposito del conflitto. In questa visione si inserisce una delle atrocità per cui lo psichiatra di Petnjica (oggi Montenegro) si macchiò durante la guerra: il massacro di Srebrenica.
8 mila musulmani della Bosnia massacrati in un territorio che in quel momento era zona protetta delle Nazioni Unite sotto la bandiera di un contingente olandese della forza di protezione dell’ONU (UNPROFOR).
Così, l’11 luglio del 1995, i serbi di Bosnia entrarono nella città dopo giorni di assedio e separarono i maschi dalle donne, dai bambini e dagli anziani per “essere interrogati”. Furono uccisi e gettati nelle fosse comuni.
Gli olandesi, che dovevano difendere la città , guardarono dall’altra parte consegnando di fatto i musulmani nelle mani dei loro futuri aguzzini, senza considerare la possibilità che le truppe di Ratko Mladic avrebbero finito per massacrarli.
Mladic, noto come il ‘Boia di Srebrenica’ è stato condannato in primo grado all’ergastolo nel novembre 2017, è rinchiuso nel carcere dell’Aja a Scheveningen in attesa della sentenza definitiva.
Altri sono gli orrori perpetrati durante l’assedio di Sarajevo. La capitale bosniaca fu ostaggio del fuoco e delle fiamme serbe per quattro anni in cui cambio anche la toponomastica della città . La strada che collegava parte dell’area industriale della capitale con la città vecchia fu denominata “Viale dei cecchini” per la grande quantità di tiratori scelti appostati tra i palazzi. Delle 225 persone uccise nella sola strada 60 erano bambini. Si parla di 12mila morti in totale, di tutte le etnie.
Srebrenica, come i bombardamenti sul mercato della capitale, passati alla storia come strage di Markale, furono secondo Karadzic un mito, “un falso storico” orchestrato dagli stessi Bosgnacchi per dare la colpa ai Serbi di Bosnia.
Oggi Radovan Karadzic ha 73 anni, psichiatra di formazione, fu arrestato a Belgrado il 21 luglio 2008 al termine di una lunga e rocambolesca latitanza condotta in Serbia sotto falso nome e favorita da appoggi, coperture e protezioni.
Si faceva passare per il dottor Dragan Dabic, una sorta di santone specialista in medicina alternativa e, da una fredda e anonima casa di Belgrado, andava a lavorare per due ospedali privati della capitale Serba con una lunga barba bianca e un cappello a falde larghe, un cittadino comune nel cuore di quell’Europa devastata dai conflitti intestini.
(da agenzie)
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